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Sopralluoghi

University of St.Thomas, Houston, Texas

Pietro Valle

Questo č un viaggio nello spazio fisico e virtuale, nel presente e nella memoria di una scoperta folgorante. Marzo 2004: una visita in rete al sito della University of St. Thomas a Houston, Texas (www.stthom.edu), rivela che al termine della mall centrale del campus, č stato aggiunto un edificio, la cappella di questa piccola universitą privata. L'edificio, di un forzato formalismo, ha un volume cubico con uno dei muri che si piega come un foglio di carta a rivelare una fessura d'ingresso, il tutto sovrastato da una cupola dorata. L'architetto č lo stesso del campus originale, l'ultranovantenne Philip Johnson, vampiro immortale dell'architettura americana che qui, con l'ennesimo colpo di mano, cannibalizza addirittura se stesso.

[21mar2004]

Mall.
L'antecedente. Dicembre 1988, è una grigia mattina d'inverno, anche il soleggiato Texas ha i suoi momenti nebbiosi. Stiamo vagando negli indistinti suburbs residenziali di Houston alla ricerca della Rothko Chapel, la cappella costruita da Philip Johnson per la famiglia De Menil alla fine degli anni '60 che ospita gli straordinari dipinti oscuri del grande astrattista newyorkese. L'auto attraversa successioni di casette unifamiliari costruite con il balloon frame e rivestite di assi di legno. Gli edifici sono bordati da curati praticelli con gruppi di live oaks, le basse querce sempreverdi che allietano l'arido Texas con le loro chiome. Improvvisamente, tra i bassi volumi di legno, si intravede un alto colonnato formato da esili pilastrini di metallo dipinti di nero.


Sul ballatoio.

Cos'è? Fermiamo l'auto. La struttura si rivela doppia: due ali parallele lunghe più di trecento metri ritagliano un rettangolo di prato verde centrale. Il colonnato è a due livelli: è contemporaneamente loggia, portico e ballatoio che serve una serie di edifici, anch'essi con telaio di ferro a vista e tamponamenti in mattoni. I loro volumi sono puro Mies, sembra di trovarsi all'Illinois Institute of Technology a Chicago, ma il colonnato, anche se costruito con lo stesso linguaggio non può essere del maestro tedesco: Mies non avrebbe progettato mai una struttura così eccessiva all'esterno dei suoi edifici. Dopo alcune indagini scopriamo alcuni dati: siamo all'University of St. Thomas, un piccolo campus religioso privato progettato da Philip Johnson nella seconda metà degli anni Cinquanta. Il modello è il neoclassico insieme della University of Virginia creato da Thomas Jefferson a Charlottesville nel 1819. Lì, due lunghe stoį parallele schermano i vari edifici dei dipartimenti e circondano uno spazio verde centrale, la mall, che, su uno dei lati corti, si apre sul paesaggio, su quell'openness che ben rappresenta il senso della frontiera. Sintesi di classica compostezza e proiezione nel futuro, il modello di Jefferson viene reiterato con straordinaria leggerezza: è questo quello che colpisce immediatamente a St. Thomas. I due lati che si aprono sui quartieri residenziali formano due schermi-diaframmi che inquadrano lateralmente l'ambiente circostante con il loro aereo telaio: si guarda attraverso i due fronti e l'intorno è parte della percezione della struttura senza stabilire un interno e un esterno.


Colonnato.


Patio e laboratori.

Trampolino sull'infinito.


Il ballatoio finisce, il telaio continua.

Ingresso.

Il colonnato di St. Thomas è impensabile senza il paesaggio oltre ad esso, è un apparato che alternativamente definisce una dimensione dell'ambiente e ne isola dei dettagli. Non c'è selezione di quello che si vede: i pilastrini inquadrano alternativamente un'anonima casetta, un brano di giardino o lo spazio centrale. L'apertura si ritrova nel rapporto tra colonnato e padiglioni-laboratori del campus. Questi non sono direttamente attaccati alla struttura comune ma hanno una planimetria a C con portico-ballatoio che si apre su una corte-patio collegata allo spazio principale.

L'accesso dalla mall agli edifici è quindi diverso da quello di Jefferson e si configura come una sequenza di spazi esterni: la mall centrale, il diaframma del colonnato, le corti degli edifici e, alla fine, l'ingresso all'interno. In ognuna di queste tappe il visitatore è proiettato continuamente sul paesaggio circostante. Il portico è altissimo (i due livelli sono cadauno di almeno cinque metri) e i pilastrini esili. Alla classica linearità dell'insieme subentra un senso di instabilità e sospensione. Camminare lungo il portico sovrappone la prospettiva formata dal telaio nero alla visione del prato centrale e dell'altro colonnato prospiciente. Sul ballatoio si ha l'impressione di volare su di un trampolino proiettato sull'infinito e, sorprendentemente, il solaio a un certo punto termina e la struttura continua come una quadratura del paesaggio verde antistante.


Dai laboratori, doppia trasparenza.

Da questa esperienza, così fisica, così temporale, così paesaggistica, sono emerse una serie di riflessioni sul rapporto architettura-ambiente.
- La trasparenza sul paesaggio non è apertura assoluta ma definizione di diaframmi che formano strati di distanza, attraversabili staticamente con lo sguardo e con il movimento che si dispiega nella durata. I vari livelli spaziali di St. Thomas supportano questa lettura più di tante architetture più celebrate.
- La simmetria non è statica se si integra alla percezione della confusione dell'intorno mettendola in relazione con un ordine astratto ma proiettivo.
- Un colonnato può essere letto come tradizionale rapporto colonna-architrave, come memoria di un certo linguaggio (classico o moderno? Qui non si sa), come materializzazione di un reticolo geometrico isotropo, come diaframma di inquadramento di figure che stanno oltre ad esso e come fuga prospettica. Se si riescono a tenere tutte queste letture in sospensione (come avviene qui) l'architettura è ricca di una densa ambiguità.
- St. Thomas sintetizza una serie di sperimentazioni moderniste col telaio ortogonale (si pensi solamente al Razionalismo nostrano degli anni '30) ma anche anticipa di quasi dieci anni l'interazione delle strutture Minimaliste con il paesaggio (correndo sul ballatoio si ha l'impressione di abitare un telaio di Sol Lewitt o di mettere un ponte sul Lighting Field di De Maria). Se confrontato con il Minimalismo architettonico alla moda degli ultimi anni, St. Thomas è straordinariamente interattiva: oggigiorno ci sono solo involucri patinati, mentre lì l'unico involucro è il paesaggio circostante.
- L'idea di spazio centrale con due ali aperte sull'infinito è qui risolta in maniera meno gerarchica che ai Salk di Louis Kahn. Lì due ali opache selezionano il mare all'orizzonte, qui due fronti trasparenti alternano la fuga centrale con la presenza dell'ambiente laterale. A La Jolla il terreno è costruito, è un piedistallo che stacca dall'intorno; a Houston il colonnato affonda i suoi pilastri nello stesso prato verde della suburbia circostante e questa base comune si dilata oltre all'edificio.
- La possibile continuazione del colonnato con l'aggiunta di ulteriori laboratori configura St. Thomas come un antesignano delle megastrutture aperte degli anni '60, qui senza enfasi tecnologiche. La leggerezza del telaio del colonnato fa pensare alle città aeree di Yona Friedman che volano al di sopra della natura.
- L'architettura può, a volte, essere indifferente al linguaggio adottato e rimanere comunque efficace. Guardate il vampiro Philip Johnson: per tutta la sua vita ha copiato (o forse si potrebbe dire ha succhiato) le architetture altrui e le ha trasformate in marketable styles da vendere alla scena architettonica americana e, tuttavia, in casi come St. Thomas, è dannatamente bravo a tenere insieme programma e struttura, spazio e sito (mi è capitato spesso di visitare i suoi edifici e rimanere colpito dal loro impatto fisico). Certamente ci sono dei colpi bassi come l'attuale cappella alla fine della mall ma questo fa parte degli imprevisti del mercato che un venditore come Johnson deve affrontare.


Paradossalmente, in tanti anni di attività nel campo dell'architettura e ricco di un'approfondita conoscenza della scena architettonica americana, non ho mai sentito menzionare St. Thomas: è forse considerata un'opera minore, un esercizio miesiano poi superato da Johnson stesso. Ne parlo da anni in ripetute lezioni su 'architettura e paesaggio' insieme a illustri paralleli come le sculture di Donald Judd a Marfa, l'asilo dei BBPR a Legnano, il Pasadena College of Art di Craig Ellwood e la casa con il pavimento di terra di Kazuo Shinohara.

Forse è meglio che quell'apertura sia stata una folgorazione irripetibile, forse è meglio che oggi non ci sia più, che appartenga a un ricordo e questo si alimenti da sé. Rimane il fatto che pochi edifici hanno un impatto ambientale come la University of St. Thomas, 3800 Montrose, Houston, TX, 77006.

Pietro Valle, foto di Elena Carlini
pietrovalle@hotmail.com

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