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Ambiente e Lavoro Toscana ONLUS


Rifiuti: dai "mercuriali" alla definizione di "disfarsi"

Il Ministro dell'ambiente e, in sede referente, la Commissione Ambiente del Senato, nel mese di luglio sono stati impegnati nel dare una interpretazione e quindi una definizione corretta ai rifiuti cosiddetti "mercuriali" e all'interpretazione del verbo "disfarsi" di un rifiuto. Con una circolare del Ministero dell'Ambiente del 28 giugno 1999 si è voluto dare una corretta interpretazione al concetto di "disfarsi" di un rifiuto, particolarmente rivolto ad eliminare i dubbi che erano sorti da parte dei produttori e gestori dei materiali elencati nell'Allegato 1 al decreto ministeriale 5 settembre 1994 il quale prevedeva, per fine giugno, l'obbligo di conformarsi alla normativa di cui all'art. 57, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche ed integrazioni. L'obiettivo della circolare è stato quello, in particolare, di far capire quando i mercuriali, cioè quelle sostanze che vanno dalle rese dei giornali agli scarti alimentari, che vengono riutilizzati, sono da considerarsi rifiuti oppure no. In altri termini - si legge nella circolare ministeriale - si tratta di chiarire se l'obbligo di conformare alla disciplina dei rifiuti i "mercuriali" riguarda o meno tutte le sostanze e i materiali elencati nell'allegato 1, al DM 5 settembre 1994, e di precisare se le sostanze e i materiali che presentano le caratteristiche delle materie prime secondarie stabilite dal DM 5 febbraio 1998 ma non derivano da un'attività di recupero siano assoggettate al regime dei rifiuti oppure, e a quali condizioni, al regime delle materie prime. Entrambe le questioni devono essere affrontate - continua la circolare - partendo da una premessa di fondo: il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e il DM 5 febbraio 1998 disciplinano solo le attività di gestione dei rifiuti e non l'utilizzo o l'impiego di beni e prodotti che non rientrano nella definizione di rifiuto. Il che equivale a sottolineare l'esigenza di precisare, in primo luogo, i criteri e i metodi in base ai quali un materiale o una sostanza deve essere qualificato "rifiuto" e assoggettato al relativo regime giuridico. "A tal fine, si ricorda che l'art. 6, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 22/97, in recepimento della direttiva 91/156/CEE definisce rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi, abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi". Da sottolineare, che secondo una sentenza 18 dicembre 1997 (C-129/96) della Corte europea di giustizia al punto 26 ha ritenuto precisare che l'ambito "di applicazione della nozione di rifiuto dipende dal significato del termine disfarsi". E intorno al concetto di "disfarsi" di cui alla definizione di "rifiuto" è venuta a crearsi una lunga e puntigliosa discussione, partendo dall'assunto che con il "disfarsi" il legislatore comunitario abbia voluto intendere la destinazione ad operazioni di smaltimento o recupero indicate negli allegati B e C al decreto "Ronchi" di quel materiale. Come precisato nella circolare ministeriale, si tratta, peraltro, "di una elencazione puramente esemplificativa: le operazioni di smaltimento e di recupero sono individuate così come avvengono nella pratica, come categorie generiche di attività che comprendono, rispettivamente, tutte le operazioni finalizzate all'eliminazione definitiva di un rifiuto e tutte le operazioni di trattamento necessarie per ottenere una materia prima seconda, una materia prima o un prodotto, nonché quelle ad esse preliminari. Finalmente, il 27 luglio scorso, in sede deliberante, la Commissione Ambiente del Senato ha potuto dare il via al disegno di legge recante "Norme di corretta interpretazione di rifiuto". Il provvedimento, che passa così direttamente all'esame della Camera, prevede che i residui di produzione, e tra essi molti dei "mercuriali", non sono rifiuti quando "vengano riutilizzati nel medesimo o in altri cicli produttivi o di consumo, anche dopo aver subito trattamenti espressamente qualificati come recupero di rifiuti o i materiali non facciano parte dell'elenco dei rifiuti pericolosi. Il Presidente della Commissione Ambiente del Senato, Fausto Giovanelli (DS) ha spiegato che "il provvedimento si è reso urgente in seguito alla fine dell'esclusione dei mercuriali dal regime dei rifiuti. Ma ha anche un valore di principio: la pratica ecologica tutta italiana del riutilizzo dei materiali va incoraggiata piuttosto che penalizzata con vincoli alla libertà e alla concorrenza che ne riducono l'economicità". L'approvazione del nuovo testo, incentrato sull'interpretazione controversa del termine "disfarsi", contenuto nell'art. 6, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 22/97, rappresenta la precisazione di un concetto fondamentale del diritto ambientale italiano ed europeo. Anche se questa interpretazione non chiuderà definitivamente il dibattito, è comunque servita a mettere un punto fermo, almeno in Italia, su una questione sulla quale regna ancora, in Europa, una grande incertezza. In particolare, "si disfi" va interpretato come "qualsiasi comportamento attraverso il quale, in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero"; "abbia l'obbligo di disfarsi" indica invece "l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene a operazioni di recupero o di smaltimento stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità", come nel caso dei rifiuti pericolosi; "abbia deciso di disfarsi" significa "la volontà di destinare a operazioni di smaltimento e di recupero". Si può affermare, quindi, che è stata trovata una soluzione innovativa ed equilibrata che rimane nell'ambito di una autentica interpretazione della normativa europea.



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