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Ambiente e Lavoro Toscana ONLUS


Un'opportunità offerta dalle nuove tecnologie informatiche: il "telelavoro"

Fra le innovazioni tecnologiche del nostro tempo, possiamo affermare che quello dei sistemi di gestione aziendale attraverso l'uso del computer è stato il più rivoluzionario e lo sarà sempre più nel futuro. Una, fra le tante rivoluzioni informatiche, è rappresentata, ad esempio, dalle forme di lavoro a distanza, il cosiddetto "telelavoro" che ormai si sta imponendo come un modello efficace per razionalizzare l'organizzazione del lavoro e realizzare economie di gestione, specialmente in particolari settori, come quello bancario, assicurativo ed in genere dove prevalgono attività di carattere commerciale ed amministrativo. Il "telelavoro", conosciuto nei paesi di lingua inglese come Telework o, nella sua versione americana, Telecommune (telependolarismo: possibilità di sostituire gli spostamenti delle persone con il trasferimento telematico del lavoro), va inteso come un "modo" di lavorare stando a distanza dall'ufficio o dall'azienda, ed è facilitato dallo sviluppo delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni. Ma il telelavoro è però molto di più di una semplice tecnica per delocalizzare gli uffici. Esso permette di rendere il lavoro indipendente sia dalle restrizioni geografiche che temporali: le persone possono così decidere modi e luoghi del proprio lavoro. Per lo svolgimento del lavoro delocalizzato a distanza non c'è più bisogno di strumenti specializzati o di edifici attrezzati ed, inoltre, il "telelavorista" non deve necessariamente recarsi in ufficio tutte le mattine dalle 8 alle 17: il suo posto di lavoro può essere ovunque vi sia un client, una connessione al network aziendale, la possibilità di spedire files e messaggi. Insomma, basta avere un telefono, un fax, un modem ed un personal computer per svolgere quotidianamente e proficuamente il proprio telelavoro. Se opportunamente sfruttato, il telelavoro può permettere di fornire risposte (seppure parziali) anche a problemi apparentemente non direttamente connessi. Basti pensare ad uno dei più drammatici problemi nazionali, quale lo squilibrio territoriale dell'occupazione, relativamente al quale lo sviluppo del telelavoro permetterebbe di distribuire le opportunità limitando la mobilità da una zona all'altra del Paese. Inoltre, non sono da sottovalutare le opportunità che il telelavoro può offrire a molte persone disabili. Altrettanto positivamente si può pensare che il telelavoro possa contribuire all'occupazione femminile, grazie alla maggiore flessibilità che esso offre. Proprio relativamente alla richiesta di flessibilità individuale avanzata da varie categorie di lavoratrici, e talora anche dalla donna in cerca di occupazione, al fine di meglio ripartire le responsabilità familiari con quelle professionali, il telelavoro è uno strumento più adatto di altri; probabilmente preferibile al "part-time" ed allo "job-sharing". Contrariamente a quello che si può pensare, l'idea del lavoro delocalizzato a distanza non è venuta dagli USA ma da un funzionario di un comune svedese situato in un'isola del Mar Baltico. In Svezia, tutti i comuni di maggiori dimensioni dispongono di un ufficio di architettura, che fornisce dati ad un elaborato sistema informativo nazionale sul territorio detto GIS (Geografic Information System). E' proprio all'interno di tale ufficio, situato nel comune di Gotland, che nasce la prima esperienza di telelavoro. Fautore dell'iniziativa è stato il direttore della sezione architettura, Ulf Johanson da cui dipendono 42 persone, in maggioranza architetti, ai quali è demandata la mappatura del suolo e l'attività di misurazione geotermica dell'isola. Johanson, nel 1993, inizia a discutere con i suoi dipendenti di lavoro delocalizzato a distanza, cioè di telelavoro domiciliare, impostando un percorso di studio e di approfondimento dell'argomento, partendo dalle possibilità offerte dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per poi passare a letture sui processi di organizzazione aziendale (un testo base, ad esempio, diventa il saggio di Hammer e Champy, Reengineering the Corporation). Nonostante l'iniziale scetticismo, dovuto soprattutto alla questione della rinuncia alle singole scrivanie, cioè all'abitudine di avere un proprio spazio esclusivo, dopo vivaci discussioni, la maggior parte dei dipendenti si rende conto dell'inutilità di uno spazio dedicato alle scrivanie in ufficio, preferendo uno spazio personalizzato a casa. Gli altri aspetti del problema legati al telelavoro erano altri, come la misurazione delle prestazioni, la soluzione dei problemi legati alle assicurazioni contro gli infortuni, le deduzioni per gli spostamenti di lavoro, ecc. per i quali viene richiesto il parere dei legali del Comune e dei sindacati. Le linee e il traffico telefonico sono a carico del Comune, mentre non esiste alcun rimborso per lo spazio casalingo messo a disposizione dei telelavoratori; il risparmio in costi di spostamento da casa all'ufficio è stato unanimemente ritenuto più che compensativo delle spese aggiuntive. Il gruppo, prima di iniziare, fissa anche un obiettivo di produttività: il telelavoro, per essere accettabile per l'amministrazione comunale di Gotland, deve portare ad un incremento di produttività del 10% in modo da lasciare al comune stesso un sufficiente margine per finanziare le spese aggiuntive derivanti dall'equipaggiamento necessario per ogni telelavoratore, cioè un PC, un telefono, un fax, un modem e una stampante. Un ulteriore aspetto, affrontato nella fase preparatoria, è stato quello della socialità. Telelavorando a casa vi era il serio rischio di perdere contatto con i colleghi e i capi e, di conseguenza, perdere anche il senso di appartenere a una comunità lavorativa. Per evitare ciò i telelavoratori si incontrano tra di loro e con gli altri per un meeting che si tiene tutti i mercoledì. Il meeting è sempre seguito da un pranzo dell'ufficio. Si tratta di un uso (meeting e pranzo) che non esisteva prima del telelavoro, ma che è ora divenuto un momento importante nel lavoro di ciascuno, sia esso o meno un telelavoratore. In questa vicenda, l'idea del telelavoro è venuta "dal basso" in quanto il ruolo della pubblica amministrazione ha avuto soltanto il ruolo di facilitare una autonoma decisione dei dipendenti di un suo ufficio. L'esempio del comune svedese si è diffuso rapidamente in molti paesi europei e, ovviamente, negli Stati Uniti. Infatti, nei principali paesi industrializzati, il telelavoro è progressivamente cresciuto negli ultimi anni. Recenti stime dicono che negli Stati Uniti, tra aziende private e P.A., ci siano già diversi milioni di telelavoratori. In Europa la penetrazione del telelavoro coinvolge oggi circa 9 milioni di lavoratori, pari a circa il 6% della manodopera totale. Nel 1994, cioè agli esordi del telelavoro in Europa, erano 1.437.000, pari all'1% della forza lavoro. Il "Rapporto sul telelavoro europeo", presentato come ogni anno da EDT-European telework development, organizzazione che lavora sotto l'egida della Dg XIII della Commissione Europea, dice che il decollo del telelavoro nel 1997 è la conseguenza dello sviluppo rapido di tecnologie come la telefonia mobile (soprattutto Gsm con 85 milioni di utenti in Europa) e di Internet, sotto forma di Intranet e Extranet usate dalle aziende. Il 1998, si legge nel Rapporto, è stato un anno di svolta anche per il supporto comunitario al telelavoro. Per la prima volta, l'ammontare degli aiuti finanziari destinati ai Fondi strutturali è stato superiore a quello proveniente dai fondi europei stanziati per la ricerca, dai quali i progetti di delocalizzazione hanno finora principalmente attinto. La pratica del telelavoro nei paesi UE sta prendendo strade sempre più differenziate. Tanto da prospettare il tramonto, in tempi brevi, dello stesso termine di telelavoratore, da sostituire con il più appropriato networker, o "retelavoratore". In Italia si è cominciato a parlare di telelavoro, a livello sperimentale, all'inizio degli anni '80, quando alcune grandi aziende produttrici di computers e di telecomunicazioni avviarono i primi progetti di home working. Allora le possibilità tecniche di comunicazione a distanza erano riservate alle imprese "addette ai lavori" e perciò spinte da volontà sperimentale, anche se le tecnologie disponibili risultavano ancora economicamente non convenienti. Secondo recenti dati statistici forniti dalla Commissione europea, il 1999 viene considerato l'anno della svolta, anche per l'Italia, dove il telelavoro è decollato, soprattutto grazie a Internet, a livelli abbastanza elevati. Infatti, i telelavoratori italiani risulterebbero ben 720.000 di cui 315.000 considerati part-time in quanto lavorano a casa per almeno uno o due giorni a settimana; 90.000 sarebbero telelavoratori autonomi che hanno l'ufficio a casa; 270.000 sono considerati telelavoratori mobili e 135.000 telelavorano occasionalmente da casa, cioè qualche giorno al mese, ma lo farebbero per più tempo se fosse data loro la possibilità. Dobbiamo rilevare che la mancanza di una espressa disciplina legislativa in materia abbia sicuramente contribuito a rallentare lo sviluppo e la diffusione del telelavoro in Italia. Anche se a partire dal 1996 sono state presentate in Parlamento varie proposte di legge intese a regolamentare, facilitare, promuovere il lavoro a distanza nel settore privato, ma nessuna di queste proposte è giunta in sede di approvazione, anche se la Commissione lavoro del Senato sta preparando un testo di sintesi. Al contrario, il telelavoro è stato autorizzato nel pubblico impiego dall'art. 4, comma 1, della legge 16 giugno 1998, n. 191, la c.d. "legge Bassanini-ter". Conseguentemente, con DPR 8 marzo 1999, n. 70 il Consiglio dei Ministri ha approvato un "Regolamento recante norme organizzative in materia di telelavoro nelle pubbliche amministrazioni" attraverso il quale le singole amministrazioni "adeguano i propri ordinamenti e adottano le misure organizzative coerenti con le disposizioni di cui al presente decreto". L'ipotesi di accordo quadro nazionale sul telelavoro nelle pubbliche amministrazioni è stato siglato il 21 luglio scorso tra l'ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) e le organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Confsal, Cisal, Confedir, Cida, Ugl; contraria all'accordo la Confederazione RdB/Cub). Con tale accordo, gli impiegati della pubblica amministrazione potranno scegliere di lavorare a casa. In caso di eccesso di domande rispetto alla disponibilità saranno avvantaggiati i lavoratori disabili, chi ha esigenze di cura di bambini con meno di otto anni e la distanza tra l'abitazione e il luogo di lavoro. Il dipendente dello Stato che sceglie il telelavoro avrà diritto allo stesso trattamento retributivo e normativo dei colleghi che lavorano in ufficio e le spese per l'installazione della postazione telematica saranno a carico dell'amministrazione pubblica. In base all'art. 2 dell'accordo di cui sopra:

"1. Le parti convengono preliminarmente sul fatto che le potenzialità positive del telelavoro, sul piano sociale ed economico, necessitano di appropriate regole e strumenti idonei ad assicurare:

a) alla pubblica amministrazione la concreta possibilità di avvalersi funzionalmente di tale forma di flessibilità lavorativa;

b) al lavoratore di scegliere una diversa modalità di prestazione del lavoro, che comunque salvaguardi in modo efficace le relazioni personali e collettive espressive delle sue legittime aspettative in termini di formazione e crescita professionale, senso di appartenenza e socializzazione, informazione e partecipazione al contesto lavorativo e alla dinamica dei processi innovativi".

Le Relazioni sindacali sono regolate dall'art. 3 e "si svolgono secondo criteri di responsabilità, correttezza, trasparenza e tempestività; gli istituti di partecipazione sindacale debbono essere attivati e conclusi in tempi strettamente congrui rispetto all'avvio e all'attuazione dei progetti". Le amministrazioni dovranno consultare preventivamente le organizzazioni sindacali sui contenuti dei progetti di cui all'art. 3 del DPR 8 marzo 1999, n. 70 il quale stabilisce che:

"1. Nell'ambito degli obiettivi fissati annualmente, l'organo di governo di ciascuna amministrazione, sulla base delle proposte dei responsabili degli uffici dirigenziali generali o equiparati, individua gli obiettivi raggiungibili mediante il ricorso a forme di telelavoro, destinando apposite risorse per il suo svolgimento.

"2. Il ricorso a forme di telelavoro avviene sulla base di un progetto generale in cui sono indicati: gli obiettivi, le attività interessate, le tecnologie utilizzate e i sistemi di supporto, le modalità di effettuazione secondo principi di ergonomia cognitiva, le tipologie professionali e il numero dei dipendenti di cui si prevede il coinvolgimento, i tempi e le modalità di realizzazione, i criteri di verifica e di aggiornamento, le modificazioni organizzative ove necessarie, nonché i costi e i benefici, diretti e indiretti".

L'art. 4 dell'accordo-quadro, riguardante la postazione di lavoro e gli adempimenti dell'amministrazione, stabilisce che:

"1. Il telelavoro si realizza secondo le modalità previste dal progetto, quali lavoro a domicilio, lavoro mobile, decentrato in centri-satellite, servizi in rete o altre forme flessibili anche miste, ivi comprese quelle in alternanza, comunque il luogo idoneo, dove sia tecnicamente possibile la prestazione "a distanza", diverso dalla sede dell'ufficio al quale il dipendente è assegnato.

"2. Le spese per l'installazione e la manutenzione della postazione di telelavoro, che può essere utilizzata esclusivamente per le attività attinenti al rapporto di lavoro, sono a carico dell'amministrazione; sono, del pari, a carico dell'amministrazione le spese relative al mantenimento dei livelli di sicurezza. Le attrezzature informatiche, comunicative e strumentali, necessarie per lo svolgimento del telelavoro, vengono concesse in comodato gratuito al lavoratore per la durata del progetto. I dati raccolti per la valutazione della prestazione del lavoratore nel rispetto di tali modalità possono essere utilizzati ai fini dei poteri datoriali.

"3. ..... Omissis......."

"4. ..... Omissis......."

"5. L'amministrazione deve garantire che le prestazioni di telelavoro si svolga in piena conformità con le normative vigenti in materia di ambiente, sicurezza e salute dei lavoratori. L'amministrazione è tenuta a fornire al lavoratore la formazione necessaria perché la prestazione di lavoro sia effettuata in condizioni di sicurezza per se e per le persone che eventualmente vivono negli ambienti prossimi al suo spazio lavorativo".

Infine, l'accordo prevede che gli orari di lavoro restino gli stessi di chi è impegnato in ufficio, anche se la distribuzione nella giornata potrà essere diversa; per garantire la partecipazione all'attività sindacale di chi sceglie il lavoro a casa, sarà istituita una bacheca elettronica presso l'amministrazione e una e.mail. In considerazione della sperimentalità del telelavoro, sarà istituito presso l'ARAN per il primo biennio di attuazione, un Osservatorio formato da un componente per ciascuna delle organizzazioni sindacali firmatarie dell'accordo e da tre componenti nominati dall'ARAN. Tale osservatorio dovrà raccogliere dati e informazioni circa l'andamento delle esperienze in corso, il loro impatto sul funzionamento dell'amministrazione e sull'organizzazione di vita dei lavoratori. Al termine del biennio l'Osservatorio redigerà un rapporto, che sarà reso pubblico, ed orienterà le parti per introdurre eventuali modificazioni e/o adattamenti nella contrattazione collettiva. Da parte nostra, intanto, auguri di buon ....telelavoro!



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