Il problema amianto e il "caso" di Castellammare: come inquinare "decoibentando" - parte 1 di 3
La scoperta fatta dai carabinieri di Castellammare di Stabia di una discarica nella quale una azienda locale, la AVIS, incaricata della decoibentazione delle carrozze ferroviarie, seppelliva le scorie di questa particolare attività, ripropone il problema dello smaltimento dell'amianto sia sotto il profilo della costante pericolosità di tale sostanza, sia sotto l'aspetto di una più attenta vigilanza circa la serietà professionale di alcune di queste aziende che operano nel settore della decoibentazione. Secondo alcune testimonianze, le scorie di amianto provenienti dalla decoibentazione venivano "seppellite", dopo essere state confezionate in grossi sacchi di politene, in fosse scavate addirittura sotto il pavimento di uno dei capannoni dello stabilimento della AVIS che occupa una vasta area alla periferia di Castellammare. Questo "ecocidio" - come è stato definito da Legambiente - secondo la denuncia di alcuni operai della fabbrica risalirebbe ad alcuni anni or sono e soltanto ora è venuto alla luce grazie ad un dipendente della azienda stabiense - azienda che, fra l'altro, risulta appartenere al Gruppo Ansaldo della Finmare e quindi a capitale pubblico - che ha potuto documentare con una serie di fotografie consegnate agli inquirenti questo atto di assoluta gravità che potrebbe aver determinato, in conseguenza della inosservanza delle normative esistenti circa lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, effetti diffusi di asbestosi tra i lavoratori e un guasto ambientale di enormi proporzioni. Infatti, la Procura di Torre Annunziata ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, ipotizzando i reati di omicidio plurimo e di inquinamento epidemico delle acque del fiume Sarno. Per il "caso" AVIS, le autorità inquirenti non solo dovranno accertare le violazioni operate dall'azienda sulle normative per lo smaltimento dei rifiuti all'amianto e le mancate condizioni di tutela di igiene e sicurezza nel luogo di lavoro, ma anche su altri episodi sconcertanti. Infatti, sembra che l'asbestosi abbia compiuto una vera e propria decimazione tra i lavoratori dell'AVIS: dai 700 addetti del 1994, oggi le tute blu di questa azienda risultano essere soltanto 193 unità. Una "strana" riduzione di personale, come altrettanto strani risulterebbero alcuni finanziamenti che l'azienda di Castellammare di Stabia ottenne dall'Unione Europea, fingendo di stoccare le scorie all'estero. Anche per questo ennesimo episodio di malaffare è stata ipotizzata dagli inquirenti l'ipotesi di truffa ai danni della stessa U.E.. Indubbiamente, questa brutta storia non è soltanto classificabile come uno dei soliti episodi di "ecotruffa", con l'aggravante di emergere da una azienda controllata dal capitale pubblico, ma come episodio di indifferenza e di disprezzo verso quelle leggi con le quali si è cercato di costruire una società più civile, passando attraverso la tutela dell'ambiente e quindi della popolazione e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e quindi dei lavoratori. In questi ultimi dieci anni, le normative riguardanti le problematiche connesse all'uso e allo smaltimento di questa sostanza cancerogena (etichettata con la frase di rischio R45= "Può provocare il cancro" e R 49= "Può provocare il cancro per inalazione"), hanno trovato una particolare attenzione nel nostro ordinamento legislativo, accompagnato da regolamenti attuativi ed anche sanzionatori, comunque corrispondenti alle esigenze di una moderna società industrializzata. Il riscontro patologico sulla tossicità dell'amianto risale a molti anni orsono, cioè dal momento in cui esperti di prevenzione oncologica riscontrarono che il mesotelioma maligno risultava essere una patologia tumorale a breve sopravvivenza, osservata nella pressochè totale maggioranza dei casi in soggetti esposti ad amianto, per lo più per motivi professionali. Ed è proprio in seguito al riscontro scientifico di queste patologie professionali che fu preso atto, in sede politica, della necessità di emanare apposite normative prevenzionali. Secondo alcuni specialisti di malattie professionali, l'amianto "se lo conosci non ti uccide", intendendo con questo affermare che la conoscenza della normativa prevenzionistica, se applicata correttamente nei luoghi di lavoro può evitare, per coloro che sono esposti a rischio, conseguenze letali. Partendo, quindi, da tale premessa e dal "caso" emblematico di Castellammare di Stabia impariamo a conoscere l'amianto, un minerale che era già noto fin dall'antichità. L'archeologia dimostra, infatti, che era usato nella preistoria. I reperti più antichi, trovati in Finlandia, risalgono addirittura al 4000 a.C.; lo storico Erodoto cita lenzuola da cremazione costituite da questo minerale; lo scrittore latino Plinio il Vecchio - nella Storia Naturale - afferma che l'amianto assicura protezione contro tutti gli incantesimi; Marco Polo ne "Il Milione" scrive che i vestiti di alcuni guerrieri tartari sono tessuti con le fibre del minerale. L'amianto (dal greco amiantos = immacolato, incorruttibile) detto anche asbesto (dal greco asbestos = indistruttibile) è un termine generico che raggruppa un insieme di minerali, silicati idrati, che cristallizzano in forma di fibre lunghe, forti, flessibili e che possono facilmente separarsi in fibre estremamente sottili. E' proprio questa proprietà di separazione longitudinale delle fibre che differenzia l'amianto da altre varietà di silicati e che ne caratterizza conseguentemente la pericolosità. La lunghezza delle fibre è importante ai fini della patologia: sono definite lunghe le fibre superiori a 10 micron e corte quelle di lunghezza inferiore. Le varietà più comuni di amianto sono sei. Ai sensi dell'art. 23 del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 271 (Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212) la classificazione dei minerali di asbesto è la seguente:
asbesto (silicati naturali fibrosi) suddiviso in due gruppi mineralogici, ovvero:
- Gruppo del serpentino: Crisotilo ( dal greco crisòs tùlos = callo d'oro) o amianto bianco il quale costituisce la più diffusa varietà di amianto ed è un silicato di magnesio che si rinviene in natura - sotto forma di aggregati bianchi, giallicci, verdognoli - in talune fratture (litoclasi) delle rocce serpentinose (Valtellina);
- Gruppo dell'anfibolo: una particolare varietà fibrosa che comprende Crocidolite (amianto blu), Amosite (amianto bruno), Antofillite, Actinolite, Tremolite.
I minerali di amianto si estraggono, per lo più, in coltivazioni a giorno su miniere affioranti (cave), ma anche, in caso di minerali situati a profondità più o meno cospicua, in coltivazioni in sotterraneo (pozzi o gallerie). La coltivazione dell'amianto si effettuava, in passato, attraverso le fasi di cardatura (azione delle carde che orientano le fibre parallelamente tra loro ed eliminano, nel contempo, corpi estranei), di filatura, bobinatura, tessitura (per ottenere fili, trecce e tessuti, isolanti e ignifughi), di sfilacciatura dei cascami e loro cernita (riavvio delle fibre lunghe in ciclo e utilizzazione delle fibre corte per usi particolari). In particolare, mentre le fibre lunghe erano impiegate prevalentemente per realizzare corde e tessuti destinati a usi particolari (tute ignifughe, sipari per teatri, ecc.), le fibre corte erano destinate alla produzione di giunti per motori, guarnizioni a tenuta per tubi sottoposti a elevate temperature, cemento-amianto (materiale da costruzione e da opera tipicamente incombustibile, noto con i nomi depositati di eternit, isolit, asbestil, fibrocemento, termolit, salonit, ecc.), ascarite (soda caustica con supporto di amianto, impiegata nell'industria chimica).