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Ambiente e Lavoro Toscana ONLUS


Sempre più preoccupante la situazione degli infortuni sul lavoro. Nei cantieri edili 28mila infortuni nei primi 4 mesi del 1999

In occasione di un recente Convegno, promosso dal CNEL sulle "riforme in cantiere", è emerso un dato preoccupante: sono stati oltre 28.000 gli infortuni e 45 i morti nei cantieri edili nei primi quattro mesi del corrente anno, sottolineando che l'edilizia resta uno dei settori lavorativi più a rischio. Nonostante un certo calo degli infortuni e delle morti nei cantieri (la diminuzione è, rispettivamente, del 20% e del 10% rispetto al 1994), il tasso di mortalità è infatti costantemente aumentato negli ultimi anni (0,23% nel 1996, 0,26% nel 1997 e 0,27 nel 1998). All'interno del macrosettore delle costruzioni, infatti, gli infortuni sul lavoro relativamente alle sole "costruzioni edili" rappresentano ben il 53% del totale (seguiti dal settore "impianti" al 30% e da quello relativo al "movimento terra" che invece arrivano a toccare il 10%), cifra che corrisponde a grandi linee al tasso di incidenti mortali dove la percentuale relativa ai lavori edili è del 60%. Indubbiamente, la situazione infortunistica nei cantieri edili è ancor più preoccupante in quanto, sin dallo scorso anno, con la Circolare n. 48 del 31 marzo 1998, il Ministero del lavoro, ribadendo la propria competenza in materia di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, ha ridato un importante ruolo di vigilanza all'Ispettorato del lavoro, in particolare nei cantieri edili dove l'inosservanza della normative antinfortunistiche è stata sempre particolarmente dilagante. La citata circolare, richiamandosi al DPCM del 14 ottobre 1997, n. 412, ribadiva le linee operative per dare effettiva attuazione alle previsioni del decreto, cioè quella di aprire, in modo incisivo, i cantieri agli Ispettori con funzioni di polizia giudiziaria in materia di tecnica e prevenzione anche tenendo conto dell'avvento del D.Lgs. 626/94 il quale prevede il coinvolgimento dell'Ispettorato del lavoro in quei particolari settori dove più elevato è il rischio di infortunio. Il DPCM 14 ottobre 1997, n. 412, ha individuato proprio nell'attività edile il settore da sottoporre ad una costante vigilanza, tenendo conto dell'alto indice della frequenza degli infortuni accaduti in questi ultimi anni e dei loro indici di mortalità. Nonostante le raccomandazioni ministeriali, tendenti a mettere ordine nei rapporti da impostare tra gli Ispettorati e le ASL, e con gli altri enti interessati al fine di garantire una migliore e più qualificata presenza nei luoghi di lavoro, gli infortuni nei cantieri edili continuano a verificarsi in modo impressionante. Nel frattempo, un preoccupato grido di allarme è venuto dal settore marittimo, in seguito al gravissimo incidente mortale avvenuto al Porto di Genova, a bordo della nave portacontainer "Jolly Rosso", omonima della tristemente famosa "nave dei veleni" che alla fine degli anni ottanta aveva solcato il Mediterraneo con 9000 fusti di sostanze tossiche e poi demolita. In tale incidente hanno perso la vita il terzo ufficiale di coperta di 25 anni ed un mozzo di 33 anni. Questo grave episodio di morte sul lavoro è avvenuto il 9 luglio, mentre erano in corso le operazioni di attracco al molo Ronco del terminal della compagnia Messina. Durante questa operazione di routine, una grossa carrucola, chiamata "monachella", si è improvvisamente staccata, andando a colpire con inaudita violenza i due marinai che sono morti sul colpo. La tragica vicenda della "Jolly Rosso" ha fatto diventare il problema della sicurezza dei lavoratori marittimi una questione allarmante, tanto che alcuni parlamentari genovesi hanno rivolto una interpellanza al Ministro dei Trasporti e della Navigazione. Infatti, altre quattro "morti bianche" sono avvenute nel Porto di Genova nel 1998, in particolare presso lo stesso Terminale Messina:

- il 30 aprile 1998 un carrello travolge e uccide sulla portacontainer "Jolly Rubino" un marinaio di 26 anni;

- l'8 luglio 1998 un carrellista muore a bordo della "Jolly Mazzone" cadendo dal "muletto" e travolto dalle ruote di un rimorchio mentre scaricava una partita di granito;

- il 13 agosto 1998 al Terminal Europa di Voltri moriva un marittimo cinese in seguito ad una caduta mentre stava lavorando nella stiva di una nave;

- il 23 dicembre 1998 a Ponte Assereto uno stagista di 22 anni finiva stritolato da una "ralla" durante le operazioni di scarico di un traghetto.

E' stato sottolineato che, oltre alle due vittime della "Jolly Rosso", lo stesso giorno moriva per infortunio sul lavoro anche un operaio edile. E a proposito di cantieri edili, gli incidenti avvenuti in questo settore lavorativo nella provincia di Genova sono stati 478 nei primi sei mesi del 1999. Nel 1998 gli incidenti sul lavoro nei cantieri edili , sempre nella provincia di Genova, sono stati complessivamente 717.

INAIL, governo e parti sociali intervengono per frenare la strage infortunistica

I casi precedentemente segnalati, rappresentano solo una parte di quella tragica realtà che pone il nostro Paese al primo posto in Europa in fatto di incidenti e vittime nei luoghi di lavoro (anche se in compagnia di altri paesi come Spagna e Portogallo) Infatti, ogni giorno tre lavoratori italiani perdono la vita in seguito ad incidenti sul lavoro: il tasso di frequenza degli infortuni e quello di mortalità sul lavoro sono più alti della media europea (5,5 rispetto al 3,9 ogni 100.000). Un dato statistico significativo e che ci deve far riflettere: dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi più di centomila uomini, donne, ragazzi sono morti sul lavoro. Ogni anno in Italia quasi un milione di persone subisce un incidente sul lavoro, con conseguenze di invalidità permanente per oltre 27.000 casi e con esiti mortali per 1300 lavoratori. Solo nei primi quattro mesi del '99 sono morte 298 persone per incidenti sul lavoro e le denunce per infortuni hanno sfiorato i 300mila casi. Sicuramente si tratta di cifre approssimative per difetto in quanto quel che accade nel sommerso sfugge ai censimenti dell'INAIL. In base ai dati forniti dall'INAIL che li ha elaborati in collaborazione con il CENSIS e l'ISTAT, il fenomeno ha un costo assai elevato, valutabile in 16 milioni di giornate lavorative perse per inabilità temporanea e in 55.000 miliardi all'anno (all'incirca pari a tre manovre finanziarie) ed ammonta al 3,2 % del PIL a fronte dello 0,6% del prodotto speso dalla Francia e dell'1,1% del Regno Unito. Fra l'altro, l'INAIL spende oltre 10mila miliardi l'anno per prestazioni agli infortunati. Il settore più colpito è quello dell'edilizia (seguito dal settore minerario e dalla lavorazione del legno) con 49,7 infortuni ogni milione di ore lavorate, senza contare che il 37% degli edili lavora in nero e quindi beneficia di ridotte misure di sicurezza. Tanto è vero che nelle costruzioni avvengono in Italia circa 100.000 infortuni all'anno, di cui 6.500 con conseguenze di invalidità permanente, mentre 300 sono i casi mortali, vale a dire quasi un morto al giorno. L'INAIL ha fornito questi dati nell'ambito del Convegno sulla sicurezza nei luoghi di lavoro "Dalla tutela alla prevenzione" che si è tenuto il 16 luglio c.a. presso la sede del CNEL, alla presenza del Ministro del Lavoro, Salvi, e dei rappresentanti degli istituti assicurativi, della magistratura del lavoro, delle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori. Da tale Convegno, di fronte ai dati sconvolgenti degli infortuni che ogni giorno avvengono nel nostro paese, sono anche emerse indicazioni positive per fronteggiare una situazione di fronte alla quale non è possibile rimanere indifferenti. Di particolare importanza, è da considerare l'intesa raggiunta fra le organizzazioni dei lavoratori e gli imprenditori per il "piano" presentato dall'INAIL che prevede un investimento di 1.100 miliardi in tre anni, stornati dal bilancio ordinario, da destinare alla incentivazione delle imprese per il loro adeguamento alle normative sulla sicurezza, finanziando sia la riduzione dell'onere contributivo, ovvero i premi pagati all'INAIL, sia facendosi carico degli interessi sui mutui contratti per mettere le strutture dell'impresa in regola con le normative antinfortunistiche. In particolare dovrebbe aumentare lo sconto tariffario (più di 10 punti) che già adesso l'INAIL pratica alle aziende che non hanno incidenti, a condizione che l'impresa abbia investito su misure di sicurezza di dimostrata efficacia. Se l'azienda ha dovuto indebitarsi per questo, l'INAIL pagherà, tutto o in parte, gli interessi sul mutuo. Gli stanziamenti INAIL previsti per il prossimo triennio saranno così ripartiti:

- 150 miliardi per il finanziamento di progetti di adeguamento delle strutture di piccole e medie imprese alle normative di sicurezza (mediante accollo parziale degli interessi dovuti agli istituti di credito);

- 50 miliardi per la realizzazione, a livello locale, di progetti di formazione alla sicurezza sul lavoro, da mettere a disposizione delle imprese;

- 270 miliardi a copertura dell'indennizzo del danno biologico;

- 500 miliardi per l'abbattimento delle spese assicurative.

In tal modo, dovrebbero essere anche superate le "osservazioni" di quegli imprenditori che, proprio in nome degli alti costi, hanno ritenuto risparmiare in materia di sicurezza, considerando questa un costo aggiuntivo e un ostacolo alla competitività della propria azienda. Un altro importante aspetto che è emerso dal Convegno, è quello concernente le malattie professionali, per le quali un forte richiamo è stato fatto dal sostituto procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, affermando che "nel capoluogo piemontese negli ultimi anni sono stati segnalati 8mila casi di tumori con sospetta origine lavorativa. ...E' augurabile che questo tipo di ricerca venga estesa a tutto il territorio nazionale, perché si rischia di morire per cause di lavoro senza sapere che si perde la vita per questo. Abbiamo già fatto dei processi e stiamo garantendo i risarcimenti. Ma stiamo anche scoprendo nuove, insospettate, sedi di rischio". Il messaggio, forte e chiaro, è stato recepito dal presidente dell'INAIL, Gianni Billia, il quale ha dichiarato che l'ente mutualistico, copiando la procura torinese, allestirà un osservatorio nazionale per registrare tutti i casi di tumore professionale, monitorando tutta la storia sanitaria del lavoratore e rimuovendo "gli ostacoli che attualmente esistono nella prevenzione di tutti i rischi da lavoro". In sostanza, la via da percorrere potrebbe essere per Billia la previsione di un unico ente di gestione della malattia - ordinaria e professionale - anziché i due, INPS e INAIL, come accade oggi. "Una pubblica amministrazione - ha affermato Billia in una intervista - che faccia "rete" per conoscere anche quelle malattie professionali che oggi non si conoscono e qui si dovrebbe comprendere l'importanza di non avere più un INPS che paga le malattie ordinarie e l'INAIL che segue le malattie professionali. Sarebbe più opportuno conoscere tutta la storia sanitaria del lavoratore, concentrata presso un unico ente, e conoscere anche l'incidenza delle malattie per azienda, per lavoratore, e capire se per caso sta insorgendo un rischio non ancora conosciuto dalla medicina ufficiale". Insomma, sembra che, finalmente, si voglia imboccare la strada giusta per arrivare a quel traguardo auspicato per ridurre in modo consistente le "morti da lavoro". Intanto, prendiamo atto che per quanto riguarda i cantieri edili, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che contiene norme più stringenti per la sicurezza in uno dei luoghi di lavoro a più alta percentuale di infortuni. Ma su questo decreto avremo modo di parlarne in uno dei prossimi "argomenti".



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