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ANTONELLA MARI. Progetto per il nuovo museo di Castelmola





Il rapporto tra la città di Castelmola ed il luogo scelto per il suo museo -un suolo in leggera pendenza sul monte Ziretto- non è semplicemente di distanza e di reciproco richiamo, ma di continuità, di sotterranea unità. Tra la città ed il nuovo edificio si instaura un complesso gioco di relazioni che supera l'autonomia delle singole entità e implica un forte coinvolgimento dell'ambiente circostante.

[13oct2002]

Pianta primo livello.


Pianta secondo livello.
Dalla sua locazione sul lato opposto della valle, il nuovo museo non si esibisce: la sua presenza è discreta e induce ad un'azione volontaria di scoperta, ad una sorta di percorso iniziatico analogo a quello che la produzione dell'arte e la sua fruizione impongono. Arroccata sulla cima di un monte, Castelmola si caratterizza per una fruizione verticale dello spazio urbano: una successione continua di scale e rampe conduce, alle varie altezze, ad improvvisi scorci sulla valle e il mare. Secondo un meccanismo analogo, il visitatore dovrà cercare il suo museo, muoversi per scoprirlo, salire e ridiscendere per attraversarne gli spazi chiusi e infine ritrovare le aperture sul paesaggio.



Il nuovo edificio si fonde con il luogo, non si sovrappone ad esso. Fuoriesce dal ventre del monte Ziretto, come fosse lì da sempre, in stato di quiescenza. Si decide di non intervenire sulla superficie del monte ma di penetrarne lo spessore procedendo trasversalmente al declivio, evitando così di alterarne la natura tutelata da forti vincoli ambientali.

L'unica preesistenza sull'area, oltre la villa che incombe dalla sommità della montagna, è una costruzione ipogea, un tunnel che conduce nella profondità della terra. Sperimentato in uscita, funge da cannocchiale puntato su una porzione di panorama: una finestra privilegiata nascosta dal manto di bassa vegetazione.


Sezioni schematiche.




Modelli.


Dal principio il paesaggio è lasciato alle spalle. Al museo si accede, infatti, attraverso una sorta di cava aperta solo verso il cielo: un grande invaso interrato che preclude la vista sull'intorno ed esibisce la materia della montagna, il suo interno, la sua sostanza. Questo ampio spazio aperto sotto il cielo rappresenta il luogo di convergenza di cinque grandi "dita-tunnel" che si diramano e si snodano nel ventre della montagna per orientarsi in varie direzioni.

Differenti percorsi caratterizzano le varie funzioni ospitate dalle cinque dita: il primo percorso è quello di accesso al parcheggio interrato, alla cava/lobby ed all'auditorium. Da questo livello inferiore si procede verso il basso nei due bracci destinati rispettivamente alla produzione artistica (atelier, spazi per la didattica e uffici) ed alla hall, che include biglietteria, ristorante/caffetteria, bookshop e retail-area. Il terzo percorso, che conduce alle sale espositive principali, tende lievemente verso l'alto e riemerge alla quota superiore del declivio.


Planimetria.






Il costruito, assecondando l'orografia e le funzioni ospitate, affiora ed affonda alle diverse quote. Il volume emerge solo a tratti, per lo più in prossimità delle bocche dei tunnel, mentre per buona parte è parzialmente o totalmente interrato. Approfittando delle diverse quote altimetriche sono stati localizzati completamente al di sotto della superficie il parcheggio, l'auditorium, ed una sala espositiva destinata a video installazioni, video art e digital art, forme di espressione artistica che richiedono ampi spazi e totale assenza di luce. Le grandi bocche che emergono dal suolo portano luce fin nel cuore del museo, consentendo di avere differenti condizioni di illuminazione naturale che caratterizzano una sequenza di spazi variati all'interno di un flusso continuo. Posizionate al termine di ogni percorso, esse fungono, inoltre, da schermi/cornici che individuano particolari viste sul territorio di Taormina. Questo meccanismo di parcellizzazione del panorama, per cui il sublime viene ricondotto all'umano, da un lato attiva una modalità di fruizione dell'immagine per "frames", meno romantica e più filmica, in un certo senso più contemporanea; dall'altro introduce il paesaggio, come suprema opera d'arte, all'interno del percorso espositivo, in un confronto continuo tra artefatto e natura.

Tra le dita-tunnel si formano spazi interstiziali scoperti utilizzati per mostre ed eventi all'aperto, che seguono il declivio naturale e si estendono virtualmente all'infinito sul pendio della montagna. I 2000 mq di spazi coperti - suddivisi in circa 1000 mq di sale espositive distribuiti nei due bracci principali; 500 mq per la lobby, il bookshop e il ristorante/caffetteria; 500 mq destinati agli atelier, agli spazi per la didattica, alla sala conferenze e agli uffici amministrativi - sono pertanto integrati da 500 mq di spazi aperti circoscritti e dall'intera superficie di copertura del museo, attrezzata e utilizzabile anch'essa come area espositiva e ricreativa, tutti accessibili anche direttamente dall'esterno. Ampie vetrate mettono in continuità le sale espositive con le aree museali scoperte, tanto che la fruizione delle opere collocate sia all'interno che all'esterno dell'edificio è libera e totale. In questo modo avviene una completa fusione tra l'edificio e il contesto: l'arte si sparge sul territorio come lava e l'intera area diventa museo/parco per l'arte/fucina/luogo di eventi. Di notte, le bocche luminose sono discreti segnali che indicano la presenza di un luogo speciale.

Ciò che è antropizzato si sovrappone senza soluzione di continuità allo stato attuale della montagna, e il suolo artificiale è solo a tratti distinguibile da quello naturale. Questo consente eventuali estensioni permanenti o temporanee dello spazio museale all'aperto. Il trattamento della superficie emergente dell' edificio rispecchia la scelta progettuale di integrarsi con l'esistente, in risposta ai vincoli di tutela paesaggistica. I volumi sono, infatti, rivestiti in metallo brunito e in buona parte ricoperti da zolle di terra. La modalità costruttiva evita il più possibile la rimozione dello strato superficiale del suolo adottando la tecnica costruttiva dei tunnel sotterranei.

Antonella Mari
antonellamari@tin.it

ANTONELLA MARI. Progetto per il nuovo museo di Castelmola

Primo premio ex-aequo al concorso/workshop per il nuovo museo di Castelmola (Taormina). Castelmola, 30 agosto/4 settembre 2002.

Progetto:
Antonella Mari


Collaboratori:
Matteo Lorusso, Pierpaolo Martiradonna

Antonella Mari (Bari, 1966) si laurea in architettura a Roma nel 1994. Nel 1997 consegue il Master of Science in Advanced Architectural Design presso la Columbia University di New York. Nel 1998 vince una borsa di studio del CNR e nel 2001 è Fulbright Fellow presso l'American Academy in Rome. Collabora ai corsi di Progettazione Architettonica IV presso l'Università La Sapienza di Roma. È autrice di una monografia sull'opera di Steven Holl.
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