home

Artland

Museo in movimento

Pietro Valle



Attivare il museo: la galleria interattiva per bambini progettata dal giovane architetto statunitense Lawrence Davis nel monumentale Everson Museum di I.M. Pei a Syracuse diventa strumento critico che indaga sui rapporti tra architettura e arte. Lo spazio espositivo viene messo in movimento e diventa wunderkammer in continua mutazione. La descrizione del progettista e 'Museo in movimento', un commentario di Pietro Valle.



[in english] Esco... il magnifico caos del museo mi segue e si mescola al movimento della strada... noi siamo e ci muoviamo nella stessa vertigine della mescolanza, di cui infliggiamo il supplizio all'arte del passato.
Paul Valéry (1)



Molti decenni prima che la critica all'istituzione museale emergesse dai movimenti artistici e politici degli anni '60, Paul Valéry aveva già intuito la paradossale coincidenza tra l'ordine classificatorio dell'esposizione storicista e la frammentazione dell'esperienza metropolitana. L'uno giustappone testimonianze diverse secondo ordinamenti arbitrari, l'altra distrugge qualsiasi permanenza con un continuo consumo di immagini parziali. Entrambi partecipano al sistema di produzione capitalistico da due orizzonti apparentemente opposti: mentre il commercio necessita il continuo sovvertimento di qualsiasi ordine stabilito, l'istituzione culturale partecipa alla fede nel rinnovamento del sistema di produzione corrente cercando di comprendere in esso tutte le forme culturali che l'hanno preceduto. Le testimonianze del passato sono ordinate secondo regole classificatorie lineari e proiettate nel presente, come se una creazione continua ci legasse al passato senza fratture.

[24jul2002]
> CHILDREN'S INTERACTIVE GALLERY
Ordine e disordine, stabilità e impermanenza rivelano la loro sostanziale coincidenza: autorità ordinativa e circolazione delle informazioni sono due facce di un potere istituzionale che si arroga il diritto di costruire un ordine e di disfarlo a piacimento, livellando artefatti storici e frammenti di informazioni in una condizione di straniata identità. Anche il tentativo di costruire un'aura simbolica collettiva per l'arte va visto in relazione alla logica della conservazione del sistema di produzione e di scambio. Hubert Damisch, in un illuminante saggio, ha parlato della sostanziale coerenza dell'istituzione museo "...sia che lo si intenda come un semplice passaggio, aperto a tutto e a tutti e ove svanisce persino l'idea di una memoria, sia, invece, che esso si richiuda su se stesso come una tomba inizialmente profanata ma che conserva intatto il proprio segreto". (2)

NOTE:

(1) Paul Valéry, "Le problème des musées" (1923), in Oeuvres, Parigi, 1978, pp. 1290-1293. Testo citato anche in Franco Rella, "La vertigine della mescolanza" in Lotus 35, 1982.
(2) Hubert Damisch, "Il dispositivo museo, note sui cambiamenti istituzionali", in Lotus 35, 1982.
La riconversione simbolica del museo contemporaneo dalla logica della produzione a quella della circolazione delle informazioni con la diffusione di edifici ed esposizioni spettacolari non cambia la strategia di controllo ed imposizione di valori preformati, semplicemente la rende più capillare. Permettendo di accedere a estensioni interattive, l'esposizione contemporanea dà al pubblico l'illusione di partecipare al processo ordinativo delle opere (o delle informazioni) reiterando in realtà la pratica di attribuzione di un valore e di una gerarchia. In questa estasi della ipercomunicazione si perde l'investimento personale nei confronti dell'oggetto artistico nonché qualsiasi processo di costruzione di senso che non sia quello di un'immediata fruibilità o valorizzazione economica; scompare la funzione educativa dell'arte, la sua capacità di fungere da dispositivo di memoria che estende i suoi effetti fino all'immaginario personale.

Da questa prospettiva, la critica contemporanea più intelligente ha superato le gerarchie storiciste-istituzionali del museo, non attraverso la pseudo-libertà dell'informazione ma ampliando la fruizione delle opere con modalità altre rispetto all'immediata attribuzione di senso. Diversi artisti contemporanei hanno sviluppato negli ultimi anni pratiche interattive che costruiscono identità multiple, investono il corpo nella definizione dell'oggetto e riconoscono il mutato significato di un opera rispetto a un diverso contesto allestitivo. Hanno lavorato, insomma, a processi che restituiscono un impatto più diretto all'arte ma che parallelamente resistono al suo consumo immediato dilatando nel tempo e nello spazio la sua percezione. Nel fare ciò hanno recuperato dei luoghi appartenenti a culture e periodi diversi che potessero dare indicazioni su approcci alternativi all'arte: la collezione privata pre-positivista e il suo accumulo 'affettivo' di oggetti diversi (si pensi all'opera di recupero storico di Marcel Broodthaers), l'atelier dell'artista, fucina eternamente in fieri di forme e materiali (gli ambienti di Dieter Roth), la stanza da gioco con la sua vitale performance (le installazioni storiche di Bruce Nauman e quelle contemporanee di Jason Rhoades e Thomas Hirschorn).


Everson Museum, IM Pei, 1968.
Il valore della Children's Interactive Gallery di Lawrence Davis all'Everson Museum risiede proprio in questa capacità, mutuata da una profonda cultura storica e dalla conoscenza dell'arte contemporanea, di progettare un luogo dove la fruizione degli oggetti artistici avviene attraverso la loro infinita trasformazione. Un vitale gioco ricrea le coordinate delle opere ed é capace di tradursi in spazio architettonico permanente senza perdere le tracce delle varie fasi di costruzione dell'esposizione. Wunderkammer nella sezione di ceramiche, camera oscura e guardaroba teatrale nella zona dei ritratti, workshop-cantiere in continuo rivolgimento ma soprattutto carnevale (in senso bachtiniano) dove i valori stabiliti vengono continuamente rovesciati, la galleria assume il proprio valore dirompente proprio in relazione con l'Everson, il museo che la contiene. (3)

(3) Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Torino 1967. Il carnevale per Bachtin è la struttura polifonica del linguaggio nella sua dimensione ludica, che esplode nelle occasioni collettive di festa. Qui, le regole sintattiche sono obliterate e le parole possono assumere molteplici significati.
L'edificio di Pei coniuga la monumentalità del museo storico con la neutralità del 'cubo bianco' modernista: da un lato si fa tempio-scrigno che protegge ed eleva l'arte, dall'altro è completamente indifferente alle opere che lo occupano e questo distacco è funzionale alla percezione degli oggetti artistici come beni economici di scambio che non possono dimorare stabilmente in nessun luogo ma circolano di mostra in mostra. L'Everson è la spazializzazione della coincidenza tra impermanenza e istituzione nella cultura capitalistica di cui si è parlato sopra. Davis, supportato dal coraggioso programma di attività elaborato dalla curatrice didattica Marion Wilson, costruisce invece un'impalcatura aperta dove avvengono molteplici attività che ricontestualizzano le opere d'arte. Non c'è identità fissa nel ritratto né posizione assoluta per le ceramiche ma lavoro creativo che diventa immediatamente rappresentazione proiettata in più luoghi attraverso numerose aperture e apparati (le finestre, i giunti aperti tra struttura e rivestimento, le continue inversioni tra interno ed esterno ma anche il video che trasmette il ritratto sull'involucro della galleria).

Il processo di ricerca dei significati delle opere diventa immediatamente pubblico: non c'è separazione tra attività di allestimento e mostra conclusa ma solo esposizione di un lavoro in fieri, una conversazione infinita tra gli oggetti delle collezioni, i nuovi lavori costruiti in loco, i supporti, lo spazio, i piccoli attori-autori e gli spettatori esterni. La natura caleidoscopica della galleria la rende cangiante, instabile anche nella sua natura spaziale, quasi fosse un chiosco da luna park o un labirinto degli specchi. La materialità cheap e incompleta del wood frame dilata i confini della struttura che non sembra mai finita e richiama tutta una serie di esperienze installative dell'arte ambientale statunitense (Judd, Bladen, Nauman, Morris) nonché le residenze del primo Gehry e le 'architetture nomadi' di John Hejduk. La rivisitazione di strutture spaziali temporanee destinate a funzioni di intrattenimento -il chiosco, il ‘gabinetto di curiosità', il panorama, la camera oscura- diviene memoria benjaminiana che indaga sulle forme effimere del passato recente alla ricerca di una conoscenza interattiva che non si trova nelle tipologie consolidate. (4)

La dialettica tra chiuso-aperto, pesante-leggero, monumentale-effimero che la galleria stabilisce con l'architettura esistente non vuole essere semplice opposizione ma creazione di un nuovo spazio intermedio che attiva dinamicamente l'Everson. Nel sotterraneo del cubo opaco di Pei, la galleria è un nuovo cuore pulsante che coinvolge l'intero sistema delle collezioni permanenti inserendole in un nuovo sistema circolatorio: gli oggetti vengono rimossi dalla loro posizione fissa e partecipano all'ubiquità di un nuovo tipo di museo.

Pietro Valle
pietrovalle@hotmail.com
(4) Vedi i fondamentali capitoli iniziali di Walter Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo, Torino, 1995 in cui l'autore descrive il piano dell'opera, mai conclusa, ed enumera numerosi contesti di ricerca (le esposizioni universali, il panorama, l'interno borghese, ecc.).
> CHILDREN'S INTERACTIVE GALLERY
> ARTLAND

la sezione Artland è curata da
Elena Carlini e Pietro Valle


laboratorio
informa
scaffale
servizi
in rete


archit.gif (990 byte)

iscriviti gratuitamente al bollettino ARCH'IT news







© Copyright DADA architetti associati
Contents provided by iMage