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Artland

Auto Braids / Auto Breeding.
Il corpo e il suo doppio

Pietro Valle



[in english] Evan Douglis, architetto newyorkese direttore della sezione esposizioni alla scuola di architettura della Columbia University, ha sviluppato una pluriennale esperienza nell'organizzazione di installazioni interattive capaci di superare la dicotomia tra allestimento e oggetti in mostra. Nella rapida circolazione di messaggi caratteristica della società dell'informazione, il significato di un artefatto è smembrato grazie alla dislocazione dal contesto originale provocata dall'occasione espositiva: si crea uno stato d'indeterminatezza che genera una continua circolazione di stimoli tra ambiente e messaggi. In diverse mostre/installazioni, Douglis ha esplorato questo campo di relazioni dinamico, cercando di costruire un corpo mutante per l'architettura espositiva, la quale diviene parallelamente esposizione di sé e commentario critico sullo straniamento degli oggetti che vi sono collocati.

[06feb2004]


La riflessione di Douglis, partita da singole esperienze, si è ampliata a più generali considerazioni sullo stato dell'informazione e alla generazione di ambienti mutanti legati alle tecnologie digitali. Auto Braids / Auto Breeding (auto intrecci / auto generazione), l'ultima creazione di Douglis è un'innovativa membrana autoportante di schiume irrigidite prodotta con un sofisticato software di modellazione tridimensionale collegato a macchine a controllo numerico operanti su cinque assi. Formata da unità di circa trenta-quaranta centimetri incastrate l'una nell'altra, essa si presenta come un campo seriale il cui ripetersi è stemperato dall'oscillazione della superficie caratterizzata da onde e intrecci. Tra le unità vi sono degli alloggi circolari per perni che sostengono (o proiettano) altri oggetti al di fuori della superficie della membrana dichiarandone la natura di elemento relazionale e non di sistema autonomo.







Sfondo, supporto, struttura, superficie, diaframma o forse tutti questi elementi allo stesso tempo? Auto Braids / Auto Breeding non sceglie un ruolo definito e preferisce rimanere apparato nomadico non solo nella sua presenza spaziale (è possibile rimontarla in molteplici contesti con diverse configurazioni) ma anche nel suo significato. La sua identità formale mischia reticoli cartesiani (è un modulo ripetuto che si dispiega su assi ortogonali), sistemi numerici generativi (la ripetizione dei comandi computer che controllano un'unità produce un'infinita variazione di possibilità) e nuove geometrie curve (l'inviluppo della superficie è continuamente variato con punti di riferimento mobili).





Grazie a tecnologie di fusione in stampi usate per prototipi di product design, questa membrana riesce a dare un corpo fisico a immagini che solitamente appartengono al mondo virtuale. Priva di dimensioni e di orientamento (se non quelli dati dall'ambiente circostante), Auto Braids / Auto Breeding è un'architettura evolutiva che costruisce un ambiente continuamente ri-orientato e senza centro. L'intreccio comunicativo che la caratterizza si percepisce bene nella sua applicazione più recente, la mostra Jean Prouvé: Three Nomadic Structures, curata da Douglis con Robert Rubin e visibile presso Columbia University Architecture Galleries a New York fino al 23 aprile 2004. La membrana di Douglis si confronta qui con i prototipi, gli arredi e i frammenti di edifici prefabbricati del "grande lattoniere" di Nancy: quale migliore occasione per confrontare due modi di porsi della struttura nomadica? La mostra presenta pezzi provenienti da tre edifici smantellati: la scuola vetrai di Croismaire (1948), la casa tropicale di Niamey in Africa (1949) e il padiglione per il centenario dell'alluminio di Villepinte (1954). Tutte e tre queste strutture, pensate originariamente per essere dei kit smontabili e ricollocabili, sono state in seguito abbandonate e smembrate. I frammenti a loro appartenenti si sono dispersi nel mondo dei collezionisti e dei musei: la loro differita presenza è ormai conosciuta solo grazie a singoli componenti e non a un insieme.





Questa caratteristica è sottolineata da Douglis sospendendo arredi, schermi e brise-soleil su bracci metallici alloggiati nei fori modulari di Auto Braids / Auto Breeding e facendoli fluttuare al di sopra della superficie della membrana. Questa forma un tappeto che poi s'innalza in una parete e scava un tunnel sotto il quale sono proiettati dei video. La decisa antineutralità dell'apparato espositivo vuole provocare una riflessione sulle nozioni di componentistica, serialità, produzione e flessibilità compresenti in Auto Braids / Auto Breeding e negli elementi di Prouvé. Confrontando la sofisticata parcellizzazione meccanica dei pezzi del maestro francese e l'assenza di giunti nelle onde di schiuma di Douglis, si misura tutta la distanza tra l'età della macchina e la sostanziale omogeneità del morphing digitale. La sostanziale autonomia dei frammenti/componenti di Prouvé e la divisione modulare di Douglis sono tuttavia affini nella ricerca di un'autonomia delle parti dall'insieme e nella loro potenziale migrazione da un ambiente all'altro. La dimensione nomadica diviene in entrambi ricostituzione di un corpo temporaneo dell'architettura in momenti e luoghi diversi, anche tra loro paralleli.





Questa ricerca di una fisicità mutante che trasla da una presenza (parziale) all'altra ha risvolti non indifferenti. L'assimilazione delle nuove forme come Auto Braids / Auto Breeding ad entità organiche generative, le rende parallele ad automi (che riproducono il corpo in movimento) e a protesi (che estendono le membra corporee). Questo è visibile proprio in mostra dove Auto Braids / Auto Breeding diviene il doppio dei componenti di Prouvé ma anche la loro estensione attraverso i supporti meccanici. Il corpo umano, l'ambiente e l'informazione vengono relazionati con nuovi apparati e possibilità immaginarie: è indubbio che questa operazione abbia risvolti onirici (il corpo come assemblaggio di parti diverse) e feticistici (il trasferimento del desiderio su oggetti inanimati). Douglis dimostra di conoscere bene la tradizione surrealista e teorica che ragiona sul corpo e il suo doppio. Guardando le fotografie dei calchi della membrana vengono in mente le oscene composizioni della Poupée meccanica di Hans Bellmer e di diversi collages degli anni '30 che compongono mostri immaginari.

Tutto ciò dimostra anche come a New York esista una rilettura critica delle avanguardie, storiche e recenti, che le proietta in situazioni interattive facendole fuoriuscire dal loro stato di sistemi autonomi. Così come il Surrealismo e l'arte astratta ebbero bisogno di una figura come Frederick Kiesler per essere accolte in pubblico, così le recenti tendenze della ricerca digitale possono usare esperienze come Auto Braids / Auto Breeding per misurarsi con una presenza fisica e con messaggi provenienti da contesti spazio-temporali diversi.

Pietro Valle
pietrovalle@hotmail.com
Fotografie: per gentile concessione di Evan Douglis.

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la sezione Artland è curata da
Elena Carlini e Pietro Valle


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