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Herzog & de Meuron. Anomalie della norma



Alessandro d'Onofrio
"Herzog & de Meuron. Anomalie della norma"
Kappa, Roma, 2003
pp184, € 22,00

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C’è ancora qualcosa da sapere o da approfondire su alcune architetture dello studio Herzog & de Meuron, già più volte pubblicate e investigate all’interno di note riviste nazionali e internazionali? La risposta, affermativa, la dà il volume Herzog & de Meuron. Anomalie della norma alla base del quale, anche a prima vista, s’intuisce un rigoroso metodo di analisi delle opere narrate, fondato su una paziente e laboriosa “ricognizione sul campo”. Alessandro d’Onofrio, vivace critico di architettura tra i fondatori dello studio di progettazione STALKagency, ha consegnato alla stampa il frutto di circa tre anni d’impegno proponendo l’unica monografia al momento in lingua italiana in grado di orientarci nella produzione architettonica degli svizzeri. Il lavoro d’indagine, condotto da free lance, è stato svolto assecondando anche una naturale inclinazione alla serendipità, convogliando quanto sopraggiunto in modo apparentemente fortuito o casuale in un personalissimo itinerario di ricerca.

L’impossibilità di avvicinare direttamente i due architetti, restii a svelare i retroscena di un’architettura che fa dell’enigmaticità il suo punto di forza, e la difficoltà a reperire fonti dirette sono state aggirate attraverso contatti con altri membri dello studio di progettazione; le informazioni inerenti ad alcuni edifici sono state “carpite” agli impegni dei membri delle imprese di costruzione o delle ditte di manutenzione; le visite ad architetture che interagiscono con la mutevolezza delle condizioni atmosferiche sono state programmate in diversi momenti della giornata; ogni cosa ha contribuito alla gestazione dell’opera ed è stata riversata nel risultato finale. Conferma di questo modo di procedere sono anche le immagini fotografiche -realizzate dallo stesso d’Onofrio e dai suoi abituali compagni di viaggio, F. Speranza, G. Molaioli, M. d’Onofrio, G. Pentella, F. Amadei– che, sebbene meno patinate di quelle della pubblicistica specializzata, mostrano comunque inquadrature inconsuete e significative.


Edifico Marketing Ricola.

Il testo si compone di due parti suscettibili di lettura autonoma: l’elaborazione teorica, organizzata in tre capitoli, acquista spessore grazie agli approfondimenti relativi ad alcune architetture emblematiche. Le schede di analisi, corredate da immagini e da un’esaustiva bibliografia, descrivono gli edifici attraverso indicazioni tecniche immediatamente rapportate a implicazioni formali e compositive. La puntualità delle osservazioni con cui l’autore racconta le architetture di Herzog & de Meuron (d’ora in poi H&deM) può essere prerogativa esclusiva di chi abbia effettivamente esperito quegli spazi; di chi li abbia attraversati, fruiti e abitati soprattutto al fine di carpirne dettagli costruttivi e soluzioni tecniche, d’intenderne valenze spaziali e formali, prima di esprimere un giudizio disvelatore di un ipotetico senso e di un eventuale significato. Questo approccio assai pragmatico dovrebbe essere praticato con maggior frequenza come efficace antidoto al carattere approssimativo che appartiene talvolta alla critica di architettura, troppo spesso costruita sulle immagini delle riviste o, nei casi migliori, su copie di materiale originale inviate dagli studi di progettazione. Modo di procedere che si rivelerebbe particolarmente inadeguato per le realizzazioni di H&deM: la singolare qualità tattile di tutte le opere, concepite per colpire contemporaneamente tutti i sensi, non appare suscettibile di essere percepita attraverso le sole immagini pubblicate. Il carattere scientifico del volume è sottolineato anche dagli apparati critici che lo completano, necessari per chi intendesse approfondire la conoscenza della produzione dei due architetti.

 
[13jan2004]

Galleria Goetz, Monaco, 1989-1992.


Tate Gallery of modern Art, Londra, 1995-2000.


Prada store, Tokio, 1999-2003.


Nuovo stadio per il Bayern di Monaco, Monaco, 2002-2007.
Già attraverso il titolo, che unisce nella stessa espressione due termini incongrui come “anomalie” e “norma” ad individuare un ossimoro, è evocata la natura ambigua insita nell’opera dei progettisti, che ne costituisce anche, pur se con risultati assai diversi nel tempo, l’essenza ultima. Natura ambigua che nella loro opera, come le “anomalie della norma” ancora ci rammentano, sembra emergere con forza dalla dissonante combinazione di una rigorosa adesione alle istanze funzionali –perfetta rispondenza del progetto ai requisiti prescritti dalla committenza, chiarezza distributiva, lineare articolazione della spazialità interna, affidabilità tecnica– con l’abile “provocazione”, generata da reconditi artifici tecnologici, volta a sorprendere.

Indagando se e in che modo per H&deM si possa parlare di adesione al postmodernismo, al minimalismo o al supermodernismo, d’Onofrio descrive la linea evolutiva della loro ricerca, individuando alcune invarianti che confermano la costanza di un metodo e ne comprovano, al contempo, guardando alla diversificazione della produzione architettonica, l’eterogeneità delle conclusioni. Sia che si tratti delle opere degli esordi, in maggior misura intrise di un’impronta fisiognomica, sia delle realizzazioni in cui è preponderante l’indagine sugli effetti percettivi delegati all’epidermide degli edifici, o in quelle dell’ultimo periodo nelle quali la ricerca sulla percezione travalica la bidimensionalità dell’involucro per investire decisamente la spazialità interna, intuiamo che ciò che resta costante nell’operato degli architetti è il carattere sperimentale dell’esplorazione progettuale che li guida nell’approfondimento di potenzialità compositive e li conduce ogni volta ad inedite conclusioni.

La riflessione è sull’esperienza percettiva, sul significato dell’immagine edificata, sull’allegoria, sugli aspetti artistici e su quelli mediatici in grado di contaminare l’architettura, sulle suggestioni derivanti da altre culture, in particolare dall’architettura giapponese e da quella islamica. Le finalità sono la “provocazione”, le sensazioni di meraviglia, incanto e seduzione che le opere devono indurre nei fruitori, la volontà di demolire i cliché dell’architettura.

Le modalità sono il continuo lavorio sulle potenzialità espressive dei materiali, scelti all’interno di una vastissima gamma ed usati in modo “artistico” e concettuale, l’incessante ricerca di “invenzioni” tecniche, l’impegno nel disattendere le codificate regole tettoniche e, più recentemente, il lavoro sulla trasgressione dei tipi e sull’ibridazione degli spazi. Che l’architettura di H&deM sia il risultato di un’ingegnosa alchimia di tutti questi parametri ed elementi è continuamente evidenziato dall’autore nell’indagine sulle opere, rivelando abilmente nessi e implicazioni tra prestazioni funzionali, dettagli costruttivi, scelte formali e compositive. Grande impegno è dedicato a puntualizzare il carattere interdisciplinare nell’approccio creativo degli architetti e a rilevare tecniche e procedimenti tratti dalle ricerche artistiche internazionali d’avanguardia degli anni '60, rivisitati nelle loro opere secondo finalità e modi specifici dell’architettura, attraverso la padronanza della tecnica, l’assidua esplorazione tecnologica, il controllo della geometria proiettiva, la riflessione sul rapporto tra architettura e contesto.


Fabbrica magazzino Ricola.

Che attualmente l’architettura di H&deM sia “collusa” col mondo della moda, della comunicazione, dell’immagine, in una dimensione in cui è sempre più confuso il confine tra naturale e artificiale e la biotecnologia è “in agguato”, si evince soprattutto dalle ultime realizzazioni, alcune delle quali ancora in via di completamento, che già hanno fatto la loro comparsa nelle più importanti riviste di architettura. Per seguire l’ulteriore "pirotecnia di fuochi d’artificio bellissimi quanto fatui, sempre più oltre il bordo dell’architettura e sempre più vicini a quello però non identificabile della moda e della pubblicità, della mixed-art e dei multi-media", prendendo in prestito le suggestive parole di Antonino Terranova nella prefazione al testo, restiamo in attesa del prossimo lavoro sull’opera di H&deM che, speriamo presto, d’Onofrio vorrà porgerci.

Francesca Rosa
fr_rosa@hotmail.com

Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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