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L'estetica di precisione di Meier

Antonino Saggio
  La casa editrice Electa ha pubblicato contemporaneamente due volumi dedicati a Richard Meier. Aderente ai Five Architects (Eisenman, Graves, Gwathmey Siegel, Hejduk e Meier) l'architetto newyorchese ha avuto importanti riconoscimenti -Pritzker Prize 84, Riba Royal Gold Medal 89- che hanno collocato la sua opera nella èlite dell'architettura mondiale. Mentre il percorso di Eisenman e quello di Graves ha subito più di un cambiamento di rotta rispetto alla prima stagione neo-razionalista, Meier ha continuato a srotolare lo stesso filo di quella prima stagione.



Il bianco è il colore che adotta e il suo comporre si basa sulla evidenziazione delle funzioni: i collegamenti interni, le rampe, le scale, gli spazi serviti con le grandi vetrate e quelli di servizio nei volumi pieni. Su questa base l'architetto negli ultimi anni scopre nuovi temi. A Los Angeles crea una Villa Adriana contemporanea per la fondazione Getty sfruttando le due colline e la valle, a Francoforte il rispetto delle alberature, le complesse giaciture, la necessità dell'inserimento di parte del museo in una maglia edificata, lo spinge a sostituire alla logica del vassoio su cui posare i suoi candidi oggetti le ragioni di un già esistente che non può non deformare, e quindi rendere più ricco e imprevedibile, l'esito finale.

Un'altra novità è il progressivo prevalere della sezione sulla pianta come ispirazione della soluzione architettonica, come rivela il suo costante riflettere sul Guggenheim di Frank Llyod Wright a New York. La logica planimetrica (programma, struttura, circolazione, geometria) degli impianti tende così ad arricchirsi con il grande cavo dei percorsi elicoidali che distribuiscono le diverse sale espositive ad Atlanta o con la rampa del museo di arte contemporanea a Barcellona. La coerenza, l'approfondimento, la verifica e la lenta messa a fuoco di nuovi motivi nell'arco di cinque lustri di attività sulla ribalta internazionale rappresenta il contraltare della sorpesa, della novità, dell'intellettualismo dei suoi ex compagni di strada. Tra il de-costruttivista (che già rifiuta questa etichetta) e il post-moderno si erge il costruttore Meier.



Tre coordinate riassumono il lavoro dell'architetto americano nel saggio di Livio Sacchi, "Richard Meier o la rappresentazione della modernità": il luogo (Meier è un "classico" e quindi sostanzialmente atopico), l'astrazione (è l'area della Minimal Art di Sol Le Witt quella prevalente) e infine il manierismo (l'architetto lavora sul lascito della modernità svuotata dai suoi contenuti ideologici).

È interessante notare come i tre punti con cui Sacchi chiude il suo discorso, vengono smentiti dall'altro volume dell'Electa che quindi -nonostante le inevitabili sovrapposizioni di progetti e immagini- presenta un taglio complessivo molto diverso.



Richard Meier, Frank Stella. Arte e architettura è uscito in occasione dell'omonima mostra che alternava ai musei progettati dall'architetto le opere del pittore Stella (amico di Meier, co-autore di riuscite collaborazioni, frequentatore dello stesso ambiente d'avanguardia newyorchese, anch'egli artista internazionalmente celebrato).

Il libro affronta il rapporto tra arte e architettura sviluppandolo da un doppio punto di vista. Il primo è tematico (il museo quale contenitore per l'arte nei due saggi di Michele Costanzo e Vincenzo Giorgi), il secondo è estetico (rapporti e influenze tra arte e architettura).



Dal punto di vista funzionale ci si trova di fronte all'architetto contemporaneo che più ha realizzato in questo campo: l'Atheneum a New Armony, il museo d'arte di Atlanta, il museo di arte decorativa a Francoforte, l'addizione a una struttura preesistente a Des Moines, la sistemazione urbana con sala assembleare e spazio espositivo a Ulm, la Getty Foundation a Los Angeles, il museo di arte contemporanea a Barcellona, di etologia ancora a Francoforte e il Jean Arp a Rolandswerth, tutte costruzioni ampiamenti illustrate e commentate nel volume. Meier usa il museo non come occasione di allusive memorie minimali o per un candido geometrismo, ma come vero e proprio laboratorio plastico della sua architettura.



Dal punto di vista estetico, sia per Meier che per Stella la parola chiave è astrattismo. Il compito dell'arte non è raffigurare il mondo, ma strutturare un insieme di relazioni tra segni senza significato che assumono valore per le reciproche relazioni (e non per il loro singolare contenuto realistico o tettonico). Entrambi sono quindi molto distanti da quei movimenti che hanno cercato di rimettere in circolo esperienze di figurazione (in architettura Aldo Rossi con le forme pure di origine metafisica, Robert Venturi con il Kitsch del quotidiano, Robert Stern con il recupero degli elementi dell'ordine classico).



Stella vive oggi una stagione che sviluppa il barocco in chiave informale con sculture-pitture in cui pezzi di colore e decorazione, alluminio smaltato, reti e tubi creano spazi sinuosi e avvolgenti in opere alte parecchi metri.

Meier dipinge negli anni Sessanta composizioni che si rifanno a Mark Rothko e nelle recenti sculture si avvicina ai motivi di Stella. Il riferimento alla Minimal Art -uno dei pochi casi in cui un movimento artistico è anticipato dall'architettura, in questo caso quella di Kahn- appare dal materiale presentato in questo libro, e in particolare dalla lunga conversazione tra Meier e Stella (a cura di.Peter Slatin), molto periferico allo sviluppo di entrambi.

Del presunto manierismo di Meier, prende le distanze Costanzo che tende a dimostrare come l'architetto affronti in una serie di tappe evolutive il tema museale sviluppandone sia le valenze funzionali che quelle estetiche in un legame totale e appassionato al tema.

Giorgi ("Il principio insediativo") tenta di ribaltare il concetto di architettura atopica usata da Sacchi per far emergere i rapporti strutturanti che legano il luogo alle sue scelte progettuali. È probabile che il primo volume si troverà sui tavoli di molti architetti e di molti studenti. È uno strumento agile e utile. Il secondo è meno etichettabile, più originale nella struttura e nei contenuti e anche se molto ricco di materiali e di interventi (tra l'altro bisogna ricordare le schede di architettura di Patrizia Dell'Unto, una prefazione di Franco Purini, un dialogo tra Roberto Einaudi e Colin Rowe, i saggi dedicati a Stella da Earl Childress e Alberto Boatto) appare destinato a un pubblico di specialisti. Ma certo, Meier minimal o neobarocco, topico o atopico, manierista o funzionalista così come emergono da questi due volumi sono schegge possibli di una lettura più o meno scintillante, di cui l'unica traccia portante rimane l'intuizione tafuriana: all'illusionista Graves e al terrorista formale Eisenman si contrappone la meccanica delle funzioni di Richard Meier. Una meccanica però che si è saputa evolvere scoprendo una dinamica spazialità interna, una nuova ispirazione dal contesto e un ruolo importante attribuito alla luce e alle trasparenze.

Le ricerche di Stella e di Meier che sembravano descrivere due strade parallele, stimolanti, ma in fondo autonome vengono invece a formare un intreccio solidale in cui i due fili di arte e architettura si avvolgono insieme per proseguire l'avventura dell'astrattismo nell'arte moderna.

Antonino Saggio
[17nov2000]

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