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IT REVOLUTION

Si può fare di più

Antonino Saggio


Marco Galofaro
"Riscatto Virtuale. Una Nuova Fenice a Venezia"

(La rivoluzione Informatica)
Italia, 2000
Testo&Immagine (Universale di Architettura, n. 81)
prefazione di Antonino Saggio




> IT REVOLUTION BOOK SERIES
Questo libro è consegnato all'editore poche settimane dopo la scomparsa del prof. Bruno Zevi. Credo sia doveroso sottolineare che un titolo così particolare e rischioso non sarebbe stato immaginabile senza alcune componenti della sua azione intellettuale e culturale.

Uno dei compiti della cultura architettonica è avere posizioni chiare, dure, a volte in contrasto con gli orientamenti che, per una serie di ragioni, si sono consolidati nell'opinione comune. Gli architetti devono avere orizzonti. Su questo terreno infinite sono state le sue battaglie: per citarne una basti quella contro il Monumento a Vittorio Emanuele II nella Piazza Venezia a Roma. Zevi giocò sull'intransigenza su questo "dettaglio" tutto se stesso, sino all'emarginazione cui la giunta del suo vecchio compagno di partito lo spinse nella Capitale. Quando gli scrissi di questo titolo e di questo tema, mi rispose: "Pungente". Potevo procedere, e non solo grazie agli strumenti che il suo aratro aveva reso disponibili, ma anche perché quest'azione entrava in quell'idea battagliera di cultura.



Un simbolo mondiale dell'architettura, della cultura, della giocosità intrisa di dramma era andato in fiamme. Un intellettuale di prestigio internazionale, sindaco della sua città, aveva accettato l'opinione diffusa. Non si era opposto, anzi aveva caldeggiato, una ricostruzione del teatro la Fenice "come era e dov'era". Ma nella cultura architettonica nazionale e internazionale viva era e rimane l'idea di una via diversa. Si tratta in fondo di una estensione di significato del termine "rinascita". Si rinasce "come prima" o nella rinascita vi è anche un tensione verso la rigenerazione?

[14mar2002]
L'architettura ha sempre avuto la capacità non solo di creare ex-novo ma anche di procedere stratificando: impianti e strutture precedenti sono stati usati, inglobati re-interpretati in una idea processuale e dinamica che dall'architettura si riverbera sulla società. Oppure la Basilica Palladiana a Vicenza, il tempio Malestiano a Rimini, la Piazza del Campidoglio a Roma sono solo cartoline? E non è forse il nome stesso dell'uccello mitologico che rinasce dalle ceneri che il teatro porta che indica anche questa possibilità?

L'autore di questo volume aveva un sogno. Fare "il progetto dei progetti" affinché, anche se le circostanze della vita e degli uomini d'oggi non lo consentono, vi fosse la possibilità di riscattare, almeno virtualmente, il progetto di architettura. Una foto mi decise ad appoggiare l'idea. Quella del rogo di quella notte del gennaio del 1996. L'idea era che le fiamme potessero essere esorcizzate e rilanciate con gli strumenti di questa disciplina. Era il motore di tutto quello che mi aveva insegnato: "Saggio la modernità è quello che trasforma la crisi in valore e suscita un'estetica di rottura e di cambiamento". Il progetto quel seme avrebbe espresso, l'architettura a questo era chiamata, insieme a riempire la silhouette costituita dall'idea con infiniti contributi, con stratificati saperi, con grandi amori per gli uomini, le cose, gli eventi e la costruzione.



Questo libro è composto di quattro sezioni, che hanno all'incirca lo stesso peso e vorrebbero fornire un contributo in altrettante direzioni. La prima parte riguarda la storia e la documentazione di base del teatro la Fenice. Le vicende della sua edificazione originaria, e quelle che seguirono il primo incendio del 1836, sono reinserite, sia pur per brevi cenni, nel contesto culturale della Venezia a cavallo tra Settecento e Ottocento. La seconda parte invece, che si sviluppa in prevalenza nelle tavole di illustrazioni, è centrata sullo sviluppo di un processo progettuale che vede come necessario enzima l'elettronica. La processualità che si intende mettere in evidenza ha in questo caso al centro il rapporto tra la modellazione manuale, in un contatto fisico con la materia, e le modalità di trasformazione di alcune idee formative in un concreto "set di dati" elettronici attraverso cui procedere alla redazione di un progetto architettonico. Completa il volume un Appendice con una cronologia dettagliata sino ad oggi, alcuni brani della stampa quotidiana e i grafici di alcuni progetti redatti per la ricostruzione dopo il 1996. Cosicché, se si vuole, questo volume può essere inteso come un'organizzazione in un formato tascabile di una serie di informazioni, sia sulle vicende del teatro sia sull'utilizzo di un processo in cui l'elettronica non è, come in altri casi di questa collana, un fluido che pervade tutto il fare della progettazione ma bensì un polo dialettico del processo che entra con forza in alcune fasi mentre rimane nello sfondo in altre.

Ma, naturalmente, questo è solo un aspetto. Il titolo Riscatto virtuale indica l'altra volontà. Prima dell'Appendice conclusiva viene presentato in maniera sufficientemente esaustiva per essere compreso il progetto di Galofaro. Un progetto che, con tutti gli immensi rischi di qualunque scelta esplicita, mostra una possibilità di rinascita che non cancelli l'evento della distruzione attraverso un posticcio nuovo-antico. In questo progetto, il grande muro perimetrale salvato dalle fiamme rimane, consolidato ad arte, a contenere il teatro e a conservare le relazioni precedenti con la città. Ma sul muro si appoggiano fiamme di rame che coprono il teatro, raccontano le nuove spazialità interne e allo stesso tempo evocano il fuoco di quella notte. 

Un grande lavoro è stato compiuto da Marco Galofaro anche sulla grande sala teatrale. Essa conserva da una parte l'impianto a ferro a cavallo della tradizione all'italiana ma dall'altra ne reinterpreta la spazialità attraverso un aggetto sinuoso delle file dei palchi e attraverso l'inclinazione stessa della platea che si trasforma progressivamente in una delle lingue della copertura. Attorno a questo nuovo bellissimo invaso un sistema dinamico di ballatoi e di percorsi creano uno spazio interstiziale tra il vecchio scabroso muro e la lucentezza dei nuovi materiali. E poi le sale apollinee e il nuovo atrio che introduce alla sala e che contribuiscono a creare altre dinamiche spazialità interne. Al lettore giudicare, ma soprattutto pensare attraverso questi materiali alla sua Fenice. D'altronde l'idea di un progetto o di un libro si muove come la vita. Per accumulo e stratificazioni lente, ma anche per scatti, per sintesi, per intuizioni improvvise. Gli scatti disegnano il profilo, le trame e le tessiture riempiono di contenuti la sagoma. Marco Galofaro ha investito diversi anni della sua vita in questo progetto e ha cercato ausili numerosi sia nell'Università di Roma sia nel suo stage presso Peter Eisenman. Insieme vi porgiamo questo contributo con grande umiltà e straordinaria fierezza, ma soprattutto grazie a Bruno Zevi.

Antonino Saggio

> LEONTINA VANNINI: DALL'ARABA FENICE AL WORK IN PROGRESS

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