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> IT REVOLUTION BOOK SERIES
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Pagano,
Pane, Ponti, Coderch, Cosenza, Rudofsky, Sartoris, e insieme tanti
e tanti altri: e Corbu con Terragni fuochista in navigazione per Atene,
e Goethe o Stendahl in giro per l'Italia e certo prima e dopo Joyce:
indietro e indietro nel mito.
Ora, pensando al titolo di questo libro è lecito domandarsi, che so?,
chi tra i nuovi architetti digitali del Mediterraneo sia la nostra
Penelope che tesse il giorno e sfila la notte e chi il prode occupatore,
chi il mostro con un occhio solo (forse questo è facile però, basta
vedere come ci guarda a volte il nostro monitor) e chi sono i compagni
di viaggio cambiati in porcellini, e poi comunque salvati, e le sirene
dal canto dolce e mortale.
Ora questo gioco il libro lo lascia quasi tutto aperto al lettore:
fatelo voi che lo avete in mano se volete in una specie di Ballata
del mare salato, scoprendo e cambiando i personaggi come fosse
una storia di Hugo Pratt.
Ma venendo sul serio al lavoro di IaN+, che sono insieme narratori
di queste vicende e protagonisti essi stessi, credo sia giusto sottolineare
alcuni punti del loro lavoro.
Innanzitutto da questo libro emerge una differenza di quadro abbastanza
evidente rispetto agli altri due contesti culturali e geografici esaminati
ne la Rivoluzione Informatica.
Se Nati con il computer guardava alle nuove generazioni statunitensi
nel nesso fortissimo tra teorizzazione e ricerca digitale, come se
ciascuno studio fosse un laboratorio sostanzialmente autonomo, e se
gli Olandesi volanti avevano usato la ricerca del movimento
e della velocità, "da meccanica a diagrammatica",
per inquadrare la scena olandese contemporanea e i suoi protagonisti,
direi invece che da questa Odissea digitale emergono con chiarezza
caratteri che sono peculiari della scena mediterranea.
Innanzitutto una volontà di fare rete, di tessere relazioni
strette tra le ricerche che si muovono in questa area culturale. Come
se i traffici che seguivano su questi mari le rotte dei fenici, dei
greci, dei romani, delle repubbliche marinare italiane o dei veneziani
continuino a tracciare percorsi che determinano comuni intenti e comuni
sentire. Molte cose uniscono: il paesaggio, l'acqua, una stessa radice
linguistica. E su queste similitudini si costruiscono reti, progetti,
idee, edifici.
IaN+, Nuovi territori. Microutopias, seconda Biennale di Valencia.
Il secondo aspetto di comunanza è che alla teorizzazione spesso
cerebrale degli statunitensi, e allo stringente pragmatismo degli
olandesi, in questo ambito culturale emergono dei veri e propri grandi
temi di riflessione su cui le ipotesi di lavoro tendono a confluire.
La prima riguarda una consapevolezza particolarmente marcata del rapporto
tra architettura e città. È un dato d'altronde radicato
in questo ambito culturale, basti pensare alla scuola italiana degli
anni Sessanta del Novecento che vedeva sempre l'architettura come
prefigurazione di un'idea di città. Naturalmente alla metafisica
dei tipi puri di quegli anni si è sostituita oggi una consapevolezza
del ruolo ibrido, complesso, stratificato della città d'oggi
nella compresenza di cicli produttivi e ludici, di diversità
sociali ed etniche, di aperture e connessioni al territorio circostante
e alla dimensione continentale. Negli ultimi due decenni le città
di maggiore vitalità nell'area del Mediterraneo hanno raccolto
i fili che sono partiti da Barcellona per approdare, anche magari
solo per frammenti, a Genova o a Salerno o a Napoli oppure, al di
là dell'Adriatico in una rinascente Trieste o a Spalato per
arrivare ad Atene e, come questo libro ci mostra, sino a Beirut.
Queste idee di città luminose e aperte, attive e multietniche,
che creano nuovi spazi e nuove funzioni, che trasformano le parti
abbandonate e fanno rinascere i centri antichi, sono l'oggetto principale
di studio e di applicazione anche dei nuovi architetti del Mediterraneo.
La seconda consapevolezza che accomuna molte ricerche gravita sul
concetto di territorio. In queste terre, il paesaggio è sentito
come fatto antropico che connette in un insieme continuo città,
architettura, coltivazioni e grandi emergenze naturali. Questa idea
di territorio antropizzato conduce logicamente al tema dell'ecologia
e quindi ad un uso in qualche modo consapevole delle risorse. Di questo
specifico aspetto IaN+ ha fatto un tema chiave anche della propria
personale ricerca progettuale ed ha elaborato una serie di linea guida.
Ma il pensiero neoecologico non è come ben sappiamo scisso
dal pensiero digitale anzi l'uno è la stessa faccia dell'altro.
E su questo tema questa collana è scesa in campo con il recente
NewScapes. Scrive IaN+:
"I concetti che strutturano questa ecologia sono in gran parte
simili a quelli che strutturano il pensiero digitale: il concetto
di trasformazione dinamica quindi di evoluzione temporale; il concetto
di relazione, quindi di sistema come insieme correlato di processi.
Nell'idea di new ecology l'architettura ha un ruolo fondamentale,
perché oltre ad essere parte integrante del processo progettuale,
allo stesso tempo contribuisce ad un rinnovamento radicale dell'urbanistica
con l'innesto di concetti e variabili progettuali relative a relazioni
più mirate fra l'insediamento umano, la natura e le parti di
città."
R&Sie..., Maison Barak.
Ne discendono concetti (architettura come riciclo intelligente, o
come interferenza o come trasformazione territoriale) che attraversano
anche molti lavori presenti in questo libro. Come l'idea di striscia
continua ogni volta ritagliabile di ACTAR, oppure la fuzzy logic di
Arroyo oppure la continua ricerca di autoconfigurazione di Roche,
il territorio nastro di Khoury, l'attenzione ad una architettura poeticamente
funzionale di D'Ambrosio, un costante intreccio tra immagine gioco
e web di ma0, le sperimentazione anche sulla marginalità di
Cliostraat e il lavoro di altri autori che stanno emergendo in questo
contesto da Negrini a Mari da Soriano a Miller e altri ancora dentro
e fuori questo volume.
L'ultima area di particolarità che il libro fa emergere è
quella naturalmente delle scelte linguistiche. Area certo più
scivolosa e incerta, ma se esiste una luce mediterranea, se esiste
una comune radice nella lingua latina dei padri, se quei lontani miti
ci avvolgono ancora, ci si stupirà se navigando in questi progetti,
si riescano ad annusare odori e sapori che, in qualche modo, un poco
nebulosamente come l'odore della tamerice accanto alla spiaggia, improvvisamente
riconosciamo come nostri?
Antonino Saggio
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[13may2004] |