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Coffee Break

IT REVOLUTION

Mare Nostrum

Antonino Saggio


IaN+ (Carmelo Baglivo, Luca Galofaro)
"Odissea digitale. Un viaggio nel Mediterraneo"
(La rivoluzione Informatica)
Italia, 2004
Testo&Immagine (Universale di Architettura, n. 153)
pp96, €12,39
prefazione di Antonino Saggio

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[in english]



> IT REVOLUTION BOOK SERIES

Pagano, Pane, Ponti, Coderch, Cosenza, Rudofsky, Sartoris, e insieme tanti e tanti altri: e Corbu con Terragni fuochista in navigazione per Atene, e Goethe o Stendahl in giro per l'Italia e certo prima e dopo Joyce: indietro e indietro nel mito.

Ora, pensando al titolo di questo libro è lecito domandarsi, che so?, chi tra i nuovi architetti digitali del Mediterraneo sia la nostra Penelope che tesse il giorno e sfila la notte e chi il prode occupatore, chi il mostro con un occhio solo (forse questo è facile però, basta vedere come ci guarda a volte il nostro monitor) e chi sono i compagni di viaggio cambiati in porcellini, e poi comunque salvati, e le sirene dal canto dolce e mortale.

Ora questo gioco il libro lo lascia quasi tutto aperto al lettore: fatelo voi che lo avete in mano se volete in una specie di Ballata del mare salato, scoprendo e cambiando i personaggi come fosse una storia di Hugo Pratt.
Ma venendo sul serio al lavoro di IaN+, che sono insieme narratori di queste vicende e protagonisti essi stessi, credo sia giusto sottolineare alcuni punti del loro lavoro.
Innanzitutto da questo libro emerge una differenza di quadro abbastanza evidente rispetto agli altri due contesti culturali e geografici esaminati ne la Rivoluzione Informatica.
Se Nati con il computer guardava alle nuove generazioni statunitensi nel nesso fortissimo tra teorizzazione e ricerca digitale, come se ciascuno studio fosse un laboratorio sostanzialmente autonomo, e se gli Olandesi volanti avevano usato la ricerca del movimento e della velocità, "da meccanica a diagrammatica", per inquadrare la scena olandese contemporanea e i suoi protagonisti, direi invece che da questa Odissea digitale emergono con chiarezza caratteri che sono peculiari della scena mediterranea.
Innanzitutto una volontà di fare rete, di tessere relazioni strette tra le ricerche che si muovono in questa area culturale. Come se i traffici che seguivano su questi mari le rotte dei fenici, dei greci, dei romani, delle repubbliche marinare italiane o dei veneziani continuino a tracciare percorsi che determinano comuni intenti e comuni sentire. Molte cose uniscono: il paesaggio, l'acqua, una stessa radice linguistica. E su queste similitudini si costruiscono reti, progetti, idee, edifici.


IaN+, Nuovi territori. Microutopias, seconda Biennale di Valencia.

Il secondo aspetto di comunanza è che alla teorizzazione spesso cerebrale degli statunitensi, e allo stringente pragmatismo degli olandesi, in questo ambito culturale emergono dei veri e propri grandi temi di riflessione su cui le ipotesi di lavoro tendono a confluire.
La prima riguarda una consapevolezza particolarmente marcata del rapporto tra architettura e città. È un dato d'altronde radicato in questo ambito culturale, basti pensare alla scuola italiana degli anni Sessanta del Novecento che vedeva sempre l'architettura come prefigurazione di un'idea di città. Naturalmente alla metafisica dei tipi puri di quegli anni si è sostituita oggi una consapevolezza del ruolo ibrido, complesso, stratificato della città d'oggi nella compresenza di cicli produttivi e ludici, di diversità sociali ed etniche, di aperture e connessioni al territorio circostante e alla dimensione continentale. Negli ultimi due decenni le città di maggiore vitalità nell'area del Mediterraneo hanno raccolto i fili che sono partiti da Barcellona per approdare, anche magari solo per frammenti, a Genova o a Salerno o a Napoli oppure, al di là dell'Adriatico in una rinascente Trieste o a Spalato per arrivare ad Atene e, come questo libro ci mostra, sino a Beirut.

Queste idee di città luminose e aperte, attive e multietniche, che creano nuovi spazi e nuove funzioni, che trasformano le parti abbandonate e fanno rinascere i centri antichi, sono l'oggetto principale di studio e di applicazione anche dei nuovi architetti del Mediterraneo.
La seconda consapevolezza che accomuna molte ricerche gravita sul concetto di territorio. In queste terre, il paesaggio è sentito come fatto antropico che connette in un insieme continuo città, architettura, coltivazioni e grandi emergenze naturali. Questa idea di territorio antropizzato conduce logicamente al tema dell'ecologia e quindi ad un uso in qualche modo consapevole delle risorse. Di questo specifico aspetto IaN+ ha fatto un tema chiave anche della propria personale ricerca progettuale ed ha elaborato una serie di linea guida. Ma il pensiero neoecologico non è come ben sappiamo scisso dal pensiero digitale anzi l'uno è la stessa faccia dell'altro. E su questo tema questa collana è scesa in campo con il recente NewScapes. Scrive IaN+:

"I concetti che strutturano questa ecologia sono in gran parte simili a quelli che strutturano il pensiero digitale: il concetto di trasformazione dinamica quindi di evoluzione temporale; il concetto di relazione, quindi di sistema come insieme correlato di processi. Nell'idea di new ecology l'architettura ha un ruolo fondamentale, perché oltre ad essere parte integrante del processo progettuale, allo stesso tempo contribuisce ad un rinnovamento radicale dell'urbanistica con l'innesto di concetti e variabili progettuali relative a relazioni più mirate fra l'insediamento umano, la natura e le parti di città."


R&Sie..., Maison Barak.

Ne discendono concetti (architettura come riciclo intelligente, o come interferenza o come trasformazione territoriale) che attraversano anche molti lavori presenti in questo libro. Come l'idea di striscia continua ogni volta ritagliabile di ACTAR, oppure la fuzzy logic di Arroyo oppure la continua ricerca di autoconfigurazione di Roche, il territorio nastro di Khoury, l'attenzione ad una architettura poeticamente funzionale di D'Ambrosio, un costante intreccio tra immagine gioco e web di ma0, le sperimentazione anche sulla marginalità di Cliostraat e il lavoro di altri autori che stanno emergendo in questo contesto da Negrini a Mari da Soriano a Miller e altri ancora dentro e fuori questo volume.

L'ultima area di particolarità che il libro fa emergere è quella naturalmente delle scelte linguistiche. Area certo più scivolosa e incerta, ma se esiste una luce mediterranea, se esiste una comune radice nella lingua latina dei padri, se quei lontani miti ci avvolgono ancora, ci si stupirà se navigando in questi progetti, si riescano ad annusare odori e sapori che, in qualche modo, un poco nebulosamente come l'odore della tamerice accanto alla spiaggia, improvvisamente riconosciamo come nostri?

Antonino Saggio

[13may2004]

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