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> IT REVOLUTION BOOK SERIES
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Ma la
storia, questa storia di cui noi italiani tanto ci siamo occupati,
e che tanto abbiamo studiato in rapporto con la progettazione,
che rapporto ha con l'Informatica? È un quesito in apparenza
assurdo, ma in questo libro di Michael Leyton troverete la risposta.
Andiamo con ordine. Come sapete, il grande storico dell'architettura
italiano Bruno Zevi ha sempre sostenuto veementemente due tesi.
La prima è che la storia è al centro dell'operatività dell'architettura.
La visione della storia era per Zevi una visione "critica" che
metteva in luce i momenti di cambiamento, la capacità di
lavorare nelle crisi per formulare ipotesi nuove. La sua era una
storia, "non" enciclopedica "non" filologica;
era una storia dell'architettura formata da rotture successive,
da "eresie". Era quindi ad un tempo una Controstoria
e una storia "sempre" della Modernità. La seconda
tesi fondamentale di Zevi era la costruzione di una serie di invarianti
come l'elenco, le strutture in aggetto, la composizione quadrimensionale
e altre. Le invarianti rappresentavano un insieme di valori trascendentali,
implicitamente aperti e dinamici nella loro essenza e che si opponevano
alle regole accademiche.
La staticità della forma, la simmetria, le regole auree
proporzionali, gli schemi della tipologia trattatistica, positivista
e manualista erano quindi da Zevi aborrite.
Ora queste due tesi, la centralità dell'idea "critica" della
storia e dall'altra le invarianti "dinamiche", mancavano
sino adesso di un inappellabile nesso che le legasse l'una all'altra.
Con Michale Leyton questo nesso è finalmente arrivato. Leyton
spiega in maniera inoppugnabile che la simmetria uccide ad un tempo
la storia e la forma! Leyton è un autore prolifico di testi
scientifici per case editrici come The MIT Press e Springler, è anche
un musicista, un pittore e un progettista, ma è soprattutto
uno studioso che con questo libro codifica un modo nuovo di pensare.
Si tratta di un formalismo nuovo. E l'aggettivo "nuovo" quando
si tratta di formalismo non è parola da poco. La base del
formalismo individuato da Leyton è di natura, rivoluzionariamente,
processuale. Cerchiamo di capire. Normalmente un Cad (un programma
della famiglia vettoriale che è ormai nei computer di tutti
gli architetti) lavora "sugli esiti". Il Cad descrive
con una serie di linee di codice le forme geometriche che abbiamo
creato sulle schermo; ne descrive la geometria attraverso formule
che adoperano soprattutto due grandi famiglie geometriche: o quella
delle triangolazioni mesh –per cui una forma anche molto
complessa viene ridotto ad un insieme di triangoli, oppure attraverso
la famiglia delle spinline che organizza la forma attraverso sequenze
di equazioni matematiche. Se il corpo da descrivere è semplice,
solo poche righe di codice bastano, se il corpo è complesso
sono moltissime le linee di codice di cui vi è bisogno.
Ora l'idea alla base del ragionamento di Leyton presentato in questo
libro è: cambiamo questo modo di procedere!. Invece di pensare
agli esiti, descrivendoli geometricamente, concentriamoci sul Processo.
Prendete un foglio di carta e accorciatatelo. La forma che ne deriva è complessa
e naturalmente la forma risultante può essere descritta
e riprodotta (appunto con moltissime linee di codice). Pensate
per un attimo, invece, di creare un formalismo che si basi sull'idea
di processo. In questo caso per riprodurre la forma devo dire semplicemente
che forza applicare alla specifica "azione" dell'accartocciare.
Parto quindi da un foglio e poi gli applico "il formalismo" dell'atto
dell'accartocciare. La nascita di questa maniera di pensare processuale
ha implicazioni fortissime. Innanzitutto dal punto di vista pratico.
Non a caso grandi ditte come la IBM sono molto interessate alle
tesi che Leyton mette a punto come base di nuovi linguaggi informatici.
Ma una serie impressionante di implicazioni si hanno in scienze
biologiche e mediche, fisiche e naturalmente anche architettoniche.
Tra l'altro strada facendo Leyton risolve altre questioni, come
quella del rapporto con la Gestalt di cui finalmente spiega alcuni
punti lasciati insoluti.
Ora torniamo al punto per noi architetti importante e che ci ricollega
al titolo del libro "La forma come memoria" e alle due
tesi zeviane. Immaginate un viso con delle rughe, immaginate una
macchina che ha un graffio su un fianco: questi solchi rivelano
una storia. Dall'altra parte immaginate la macchina e il viso senza
storia, senza quei segni. Da questo discende questo libro. E la
sua tesi rilevante. La forma è il risultato di una storia
o detto diversamente la Forma è Memoria! Quando discutemmo
assieme dei vari aspetti di questo lavoro un punto chiave è emerso.
Le scelte simmetriche (statiche, tipologiche, bloccate) rappresentano
la negazione della forma, il pensiero di una forma "senza
Storia". Questo ideale perfetto, assoluto, che può essere
certo, e lo è stato, un ideale perseguito e perseguibile
nega però l'essenza stessa della forma. La Forma è Storia:
la forma è consapevole accettazione non solo delle crisi,
dei turbamenti delle difficoltà, ma è storia essa
stessa. La storia attraverso questo nuovo formalismo si radica
nel passato ma soprattutto si lancia aperta nel futuro. La forma
diventa suscettibile di nuove azioni, di nuovi processi. Questo
nesso logico, a chi come me si è formato nel pensiero di
Bruno Zevi, emoziona perché adesso, attraverso le pagine
di questo lavoro, è supportato dal ragionamento serrato,
analitico inoppugnabile di Leyton. Michael Leyton apre con questo
libro una maniera nuova, se si vuole difficile, di procedere con
la Rivoluzione Informatica. Michael prova, con l'intuizione del
genio, ma anche con il durissimo lavoro dello studioso, una strada
che non potrà non essere ascoltata.
Antonino Saggio |
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[04feb2007] |