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Coffee Break

Le forme dell'acqua

Antonino Saggio





Patrizia Mello
Ito Digitale. Nuovi media, nuovo reale
(IT Revolution in Architecture)
Edilstampa 2008
pp. 96, € 14,00
prefazione di Antonino Saggio

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Dieci anni fa il primo volume di questa collana aveva in copertina l'Uovo dei venti di Toyo Ito. La figura del grandissimo architetto giapponese è infatti assolutamente centrale per comprendere il senso, il portato, le conquiste della Rivoluzione Informatica in Architettura. Oggi, che siamo nel 2008, finalmente esce questo libro monografico di Patrizia Mello. Ito Digitale è un volume che consente al lettore di studiare in maniera sistematica molti elementi del lavoro di Ito, di seguire le linee ancora in evoluzione del suo pensiero e di anticipare gli esiti costruiti che si presentano ancora più interessanti ed entusiasmanti di quelli del passato.

Ricordiamo alcune acquisizioni del grande architetto prima della famosa Mediateca di Sendai completata nel 2001. Già nel 1986 a Yokohama, Toyo Ito costruisce un'opera che ha indicato un cammino nuovo per l'architettura. Una torre dell'acqua dei sistemi di condizionamento di un centro commerciale con parcheggi sottostanti emerge nella città per 21 metri. Ito trasforma la cisterna in uno scambiatore di informazioni, in una sorta di architettura sensibile e reattiva capace di mutare costantemente. La Torre dei venti non muta però secondo i ritmi pre-confenzionati di un carillon meccanico, ma si modifica interattivamente seguendo il flusso della vita e delle situazioni lungo il mutare delle ore del giorno e della notte. Il corpo luminoso che come un fuso emerge dal suolo fornisce una prova tangibile di cosa vuol dire dare vita in architettura alle interconnessioni dinamiche del mondo dell'elettronica. La torre preesistente è rivestita da lastre riflettenti che si innestano in un cilindro ovoidale di alluminio perforato. Tra un sistema e l'altro si installano sistemi di luci di varia natura e morfologia. Sono un migliaio di lampade e dodici anelli al neon che come nuove meridiane segnano le ore.


[7 settembre 2008]

Tod's Omotesando. Shibuya, Tokyo, 2004.

Ma è tutto il sistema che muta al variare delle situazioni, dei rumori, delle ore del giorno e della notte. Inoltre la torre è dotata anche di altoparlanti che consentono ai musicisti Savvas e Taylor di sviluppare una musica ambientale. Gli input sono i rumori della città e gli output, attraverso la trasformazione algoritmica della composizione, una nuova musica continuamente mutevole, anzi, una nuova idea di musica viene presentata, come d'altronde la torre stessa propone in nuce una nuova idea di architettura. Ecco che l'esito della Torre dei venti si staglia davanti a noi come un prototipo di un nuovo modo di concepire la costruzione. Non più una costruzione che occupa l'ambiente, ma una costruzione che interagisce con l'ambiente e che usa l'elettronica come elemento fondamentale di interscambio tra ambiente e architettura. Solo i Situazionisti avevano intuito questa possibilità negli anni Cinquanta del Novecento, oltre naturalmente agli artisti elettronici negli anni Sessanta, ma Ito, anche se la Torre dei venti può essere confinata nel campo delle installazioni d'arte, in realtà è un architetto e ragiona come un architetto, quindi in termini molto più complessivi.


Forum per la musica, la danza e la cultura visiva di Gent, 2003-2004. (Concorso con Andrea Branzi e Masato Araya)

Lo si capisce già dal progetto successivo che è l'Uovo dei venti a Tokyo (1989): un misto tra una scultura urbana riflettente la luce di giorno e una galleria video nella strada la notte. Sui pannelli traforati dell'uovo si proiettano immagini, che si sovrappongono alle immagini riflesse della città. Anche in questo caso dunque un elemento di scambio, ma anche una sorta di prototipo di vita diversa perché originariamente l'uovo era pensato come capsula abitabile e l'oggetto si proponeva come ipotesi complessiva di un abitare in cui il gioco tra dentro e fuori delle informazioni era elemento chiave.


Mediateca di Sendai, 2001.


Padiglione della Serpentine Gallery. Kensington Gardens, Londra, 2002.


Padiglione di Bruges, 2002.

Con queste due opere Ito (nato nel 1941) si interroga quindi come un vero precursore rispetto alla generazione successiva sull'impatto che l'elettronica può avere sul mondo dell'architettura. E affonda subito nel centro stesso del problema. Che non è ovviamente di natura tecnologica o operativa, ma prettamente e squisitamente estetica. Come il nuovo mondo sempre più dominato dalle informazioni e dai suoi flussi si esprime in architettura? Che scelte, che rivoluzione, che nuovo sentire si impone? Come è possibile con un salto logico, con una sterzata di ingegno creativo, affrontare le molteplici ragioni e situazioni del mondo contemporaneo e allo stesso tempo come fare in modo che le nuove potenzialità legate all'elettronica si possano tramutare, reificare in architettura? Come fare insomma un'architettura che sia causa ed effetto di questo mondo nuovo, di questo pulsare nuovo. Causa perché una nuova architettura non si darebbe senza la spinta potentissima della "Terza ondata" o appunto dell'Era dell'informazione; effetto perché è l'architettura stessa che deve dare a questo nuovo mondo forma e sostanza: nuove sostanze.

Sono domande difficilissime e nuove, ma è proprio nella difficoltà stessa di queste domande che si misura la grandezza di Ito e la forza tranquilla ma determinata della sua alta sfida.
Due opere rivelano l'emergere di un tema che sarà sempre più caratteristico e decisivo in Ito sino alle ultime opere. La proposta per una Biblioteca universitaria a Parigi immaginata come un chip di un computer e in cui si anticipano alcuni temi successivi, e soprattutto l'allestimento della sala Sogni alla mostra Vision of Japan del 1992. In questa sala l'intero spazio è pervaso da un sentire continuo, trasformazionale, come sottomarino. Eh sì, perché Toyo Ito è giapponese e vive il mutare delle stagioni, degli agenti atmosferici, del paesaggio con una caratteristica di leggerezza planare e allo stesso tempo con un sentimento quasi mistico del divenire e del mutare che ad altre culture è estraneo. Ito infatti accoppia all'interesse per i media elettronici e per tutto il mondo nuovo delle informazioni anche questo sentire profondissimo e leggero allo stesso tempo verso gli elementi della natura. Verso il vento, verso l'aria che muta i suoni, verso gli alberi che vibrano, verso la luce e naturalmente verso l'acqua. L'acqua diventa anzi elemento generatore di due sue opere straordinariamente importanti.

La prima è la già citata Mediateca di Sendai, con cui questo libro inizia il suo percorso, e in cui emerge un sentire subacqueo e ondeggiante in cui i grandi alberi strutturali si immergono in una superficie trasparente e sembrano muoversi ai flussi delle nuove informazioni elettroniche della Mediateca. In questa opera è come se le onde Wi-Fi che non vediamo ma che si materializzano sui nostri schermi, viaggiando nell'aria muovano le tende dei piani liberi della mediateca e facciano ondeggiare come alghe i tralicci che fanno struttura, spazio, luce e forma di questo capolavoro della nuova architettura. L'altra architettura è l'Opera House a Taichung nell'isola di Taiwan, oggi in costruzione. In questa opera entusiasmante, che si basa anche sul lavoro di un precedente concorso inopinatamente perso, l'acqua non è solo immagine sottomarina e indicatore visivo, ma è forza generatrice perché il progetto sembra seguire nella sua logica il movimento di una goccia che plasma la materia in maniera continua ed avvolgente.

Ma per capire e sentire questo esito, il lettore deve seguire passo passo l'autrice nel racconto e nello studio di questo libro. Nel rapporto fondamentale innanzitutto che Ito intesse con la filosofia, ma anche con la scienza e prima di tutto con l'ingegneria, con il suo interesse verso una formalizzazione programmabile (scriptable, in inglese) della architettura come avviene nel padiglione alla Serpentine Gallery a Londra, oppure nella ricerca verso spazi fluidi e continui come nel progetto del parco a Fukuoka. È un percorso necessario per capire come sia alla fine possibile con "un sol gesto, attraverso un medesimo principio generatore della forma –come appunto scrive l'autrice Patrizia Mello in un bel passo di questo volume– rimandare alla spontaneità del mondo naturale, e alla possibilità di cogliere simultaneamente più sensazioni, sotto forma di odori caratteristici, di tracce, di vedute improvvise". Il miracolo di Ito si rivela così davanti a noi come uno degli esiti più belli e profondi di questa fase dell'architettura contemporanea.

Antonino Saggio

> ANTONINO SAGGIO

       

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