ATTRAVERSO DUE MILLENNI In questo momento dell'anno l'immagine a cui
penso con maggior piacere è un momento del tramonto: il sole è scomparso, la notte deve
ancora arrivare, dall'aereo si vede un orizzonte nuovo, come una striscia luminescente, su
un tappeto confuso di nuvole... la demarcazione tra il cielo e lo spazio da un lato,
infiniti, e perciò inconcepibili, e quello che si immagina sotto alle nuvole dall'alto.
Ho l'impressione della scoperta, della "magia" e per un attimo a me soltanto è
permesso di capire, mi si rivela il "mistero" dell'altro.
Poi la voce americano-internazionale che hanno solo i piloti quando parlano inutilmente al
microfono dell'aereo ci avverte che tra venti minuti atterreremo e che la discesa è
cominciata.
Quello che segue è terreno, aeroporto, bagagli, taxi, metropolitane, traffico, ora di
punta, inquinamento. L'automatismo dei gesti, e dei movimenti. Il miracolo di potenza e di
superiorità che mi davano i 10.000 metri di altitudine è FINITO.
Mi sentivo intoccabile e superiore, ora ritorno ad essere una formica che altri,
dall'alto, possono immaginare.
E ricominciano i flussi e le forre, i canyon e le smagliature della metropoli.
Nessuno sa resisterle, nessuno ne conosce l'intima fatalità.
Il tema della prossima Expo di architettura di Venezia (Giardini di Castello e Arsenale,
dal giugno al novembre 2000) sarà completamente dedicato alla "CITTA'".
La tematica principale di questa esposizione potrebbe essere riassunta nella frase:
"LESS AESTHETICS, MORE ETHICS".
Non ricominceremo con l'ennesima critica del più recente passato, cercheremo di trovare
il filo interrotto alla fine degli anni Sessanta. Il grande patrimonio di ricerche, idee,
riflessioni, utopie prodotto negli anni Sessanta ha avuto con il Sessantotto una notevole
"cristallizzazione" che ha avuto per conseguenza venti anni di
"oblio". L'apertura verificatasi in quegli anni, derivante dalla fine
dell'emergenza della ricostruzione in Europa, stranamente viene congelata, irrigidita da
un'esuberanza ideologica.
La conclusione dell'effervescenza e delle utopie degli anni Sessanta, nessuno avrebbe
potuto immaginare che sarebbero state concluse dal Sessantotto! Una forma di gelo glaciale
è come scesa a ricoprire un vulcano attivo…
Per molti anni le frasi più ricorrenti e le parole d'ordine sono state: disciplina,
autonomia, guardare al passato, quotidiano…
La riduzione e la semplificazione di quelle esperienze magnifiche arriva fino al 1972,
poi…
Bisognerà aspettare il 1989, quando con la caduta del muro di Berlino, nonostante crisi e
difficoltà, si rimette tutto in discussione, si riprende l'esercizio della critica e
l'ideologia che aveva ibernato concetti e idee di modernità finalmente si estingue.
Ricompaiono idee e quesiti, domande a cui non sappiamo rispondere, è il momento opportuno
per riprendere a discutere e a dibattere. Si ricomincia lentamente a riflettere su temi
quasi completamente dimenticati come l'ambiente, le persone, la città, l'economia, la
politica, l'impegno, l'informazione, il controllo… È solo allora che si ricominciano
a fare previsioni per il futuro. Un collegamento ideale alle utopie, ma anche al voglia di
far parte di un processo, in modo tale da poter dare veste a idee e programmi.
La domanda alla quale bisogna dare una risposta: "Vogliamo essere ancora parte di un
processo oppure vogliamo vivere in uno stato di amnesia permanente?". Joseph Beuys
diceva spesso che i creatori, gli artisti, sono la "croce rossa", il soccorso.
Purtroppo - aggiungerei - molto spesso si fa appello ai creatori e agli artisti che con i
poeti sono la "croce rossa" del mondo.
Oggi si tratta di riprendere a porsi domande, non solo risposte: i dati del problema sono
cambiati, gli elementi in gioco non sono più gli stessi.
Potrei quasi dire che affiorano fatti positivi: la crisi irreversibile dello Stile, al
fine dell'architettura come disciplina autonoma, il ridimensionamento della tecnologia a
semplice strumento…
L'elemento più sorprendente è l'eterno ritorno alla estrema estetizzazione dei concetti,
la cui diffusione si aggrava rapidamente. Bisogna ristabilire l'importanza di essere
creatori, non avere "cinicamente" un atteggiamento passivo o complice, rispetto
alla distruzione della vita e all'enorme sviluppo delle megalopoli (la regione di
Calcutta: 50 milioni di abitanti; o Città del Messico: 22 milioni di abitanti).
Credo che l'architetto non sia né un demiurgo, né un artigiano inconsapevole dei danni
che può determinare.
È su questi argomenti che si aspettano risposte, considerando che l'architettura può
essere sia la critica del presente che la visione del futuro…
L'idea sulla quale stiamo lavorando è quella di costituire un laboratorio permanente
della durata di due anni, e di un Forum on-line per la Sezione Architettura della Biennale
di Venezia che raccolga insieme materiali relativi ai temi dell'Expo. Questa esposizione
on-line durerà circa un anno, e vuole costituire un forum per la discussione del tema
dell'esposizione dell'anno 2000: THE CITY: LESS AESTHETICS, MORE ETHICS.
Raccogliendo insieme idee e materiali, questo sito intende promuovere un dibattito aperto.
Spazio e attenzione saranno dati in particolare alle nuove generazioni, che possono usare
questo sito per illustrare i loro lavori e le loro idee.
Massimiliano Fuksas
Presso http://www.labiennale.org
è aperto l'invito alla partecipazione con materiali e idee. Potete inviare le vostre
proposte via email o per
posta a fuksas@labiennale.com oppure al
seguente indirizzo:
Massimiliano Fuksas
Piazza del Monte di Pietà, 30
Roma, Italia
La Biennale di Venezia,
Società di Cultura
7a. Mostra Internazionale di Architettura
San Marco, 1364/a Ca' Giustinian
30124 Venezia
Telefono +39 041 5218711
Fax: +39 041 5210038
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