In difesa di Euclide*
PARTE(3)
Bernard Cache
www.objectile.net
Prendiamo ora un altro caso, a scala territoriale. Paul Virilio ha giustamente enfatizzato l'importanza della velocità nella percezione del territorio. Da qui l'interesse per le mappe isocrone, una sorta di territori deformati in cui, per esempio, Bordeaux apparirebbe molto più vicina a Parigi di Clermond-Ferrand, in quanto le prime due città dispongono di un veloce trasporto su rotaia. Le mappe isocrone danno certamente una forma alla percezione dello spazio geografico da parte dei passeggeri. Potremmo anche spingerci oltre e utilizzare una curvatura 3D per esprimere la coesistenza di percorsi veloci con mezzi di comunicazione più lenti. Prenderemmo una specie di superficie di Riemann con un tunnel che colleghi direttamente Parigi a Bordeaux, mentre i mezzi più lenti sarebbero inscritti sulla superficie dilatata esterna al tunnel. Tutti questi fenomeni sono senza dubbio topologici, dal momento che si tratta di distanze modificate che hanno un impatto su ordine e continuità. Ma, in più, essi offrono una rappresentazione spaziale delle distanze misurate nel tempo. Quest'esempio è assai differente da quello del Beaubourg, in cui si proponeva una struttura spaziale per uno spazio architettonico. Infatti, la topologia può essere molto utile nell'analisi di fenomeni le cui dimensioni non siano limitate alle tre dimensioni dello spazio. Ma è importante notare che le avvolgenti superfici delle mappe isocrone, o anche quelle dei tunnel isocroni, possono benissimo essere rappresentate in uno spazio euclideo tridimensionale. Queste nuove rappresentazioni sostituiscono quelle più tradizionali, ed è in qualche modo un segno di valore il fatto che lo spazio di Euclide possa accogliere diversi tipi di rappresentazione.
A proposito di fenomeni multidimensionali, volendone facilitare la comprensione, il miglior veicolo geometrico rimane sempre lo spazio tridimensionale euclideo. Non vogliamo ripetere l'errore commesso da Kant affermando che lo spazio euclideo è l'unica forma d'immaginazione spaziale, ma non possiamo trascurare il fatto che esiste un ottimo feed back tra immaginazione euclidea e comportamento nello spazio fisico. Nel suo dialogo con Bertrand Russel, Henri Poincaré (il quale, certamente, non può essere sospettato di empirismo) avrebbe concluso che "la geometria euclidea non è vera, ma è la più comprovata" (5), e questo per due ragioni. Anzitutto perché è oggettivamente più semplice, come un polinomio di primo grado è più semplice di uno di secondo, e poi perché segue abbastanza bene il comportamento dei corpi solidi e della luce. Poincaré si sarebbe perfino spinto a giustificare il limite tridimensionale della nostra esperienza per associazione con la combinazione della superficie bidimensionale della nostra retina e la singola variabile indipendente dello sforzo muscolare per la messa a fuoco di oggetti in funzione della loro distanza; in un mondo in cui l'adattamento e la convergenza dei nostri occhi richiedessero due sforzi distinti si potrebbe esperire, nel proprio spazio visivo, una quarta dimensione. Ma probabilmente la migliore argomentazione a favore della geometria euclidea consiste nel ricordare la soddisfazione dei matematici quando lo stesso Poincaré dispose un modello euclideo relativo ad una geometria di Lobacevskij. Osservando archi di cerchio che assiomaticamente si comportano come linee, ci si può in qualche modo immaginare di cosa si trattasse.
Ecco il perché delle perplessità che nascono quando sentiamo parlare di interfacce non-euclidee nello spazio digitale. Se entriamo dentro i laboratori di telecomunicazione che lavorano sulle interfacce dei cosiddetti spazi virtuali, restiamo impressionati da una grande quantità di tradizionalissime metafore spaziali: dalla casetta a due falde al villaggio, in ogni caso le interfacce sono più 'heimat' che 'cyber'. Ma lo spazio euclideo non ha niente a che fare con questi tradizionali archetipi di spazio. Crediamo, e troviamo conferma sia nella nostra quotidiana esperienza della progettazione con il CAD sia nella costruzione, che non potremmo inventare nessun nuovo spazio architettonico senza calarci dentro una geometria euclidea. Certo, possiamo immaginare topologie multidimensionali che superino la capacità dello spazio tridimensionale euclideo. Ma la multidimesionalità non è un privilegio esclusivo della topologia; esistono anche gli iperspazi euclidei, così come gli iperspazi proiettivi. Per quanto riguarda la pratica architettonica, crediamo di dover inventare il modo in cui si possa usare, tradurre, o immergerci in spazi multidimensionali di ogni genere all'interno di nuove forme euclidee tridimensionali. Per fare un esempio, vi dirò che Objectile utilizza quotidianamente funzioni matematiche con un elevato numero di parametri per poter progettare superfici tridimensionali. Lavoriamo all'interno di spazi parametrici multidimensionali, anche se il prodotto è poi un semplice 3D euclideo. Direi che la parte fondamentale del nostro lavoro non è creare 'spazi virtuali multidimensionali topologici non-euclidei', ma di progettare interfacce tra iperspazi parametrici e forme euclidee tridimensionali.
A proposito di questo, occorre convincersi che la tridimensionalità analitica, nella storia della geometria euclidea, non è cosa del tutto superata. Certo, il principio d'individuazione di un punto sul piano attraverso due segmenti era già noto ai Greci, ma l'effettivo uso delle coordinate è potuto emergere solo dopo che furono stabilite delle relazioni tra i due numeri. Nicolas Oresme, che morì come Vescovo di Lisieux nel 1382, fu probabilmente il primo ad introdurre realmente delle coordinate rettangolari (che egli chiamò longitudine e latitudine) ed a stabilire relazioni come l'equazione della linea retta (6). Egli andò oltre, estendendo il suo sistema di coordinate allo spazio 3D ed addirittura ad una sorta di spazio quadridimensionale, ma gli mancava la forma analitica che sarebbe stata introdotta da Cartesio (1596-1650) e da Fermat (1601-1663). La corrispondenza biunivoca tra punti dello spazio euclideo ed una terna di numeri (x,y,z) si sarebbe poi chiamata spazio cartesiano, sebbene la vera geometria analitica sarebbe comparsa soltanto nel diciottesimo secolo. Soltanto con questa fu scritta, nel 1700, l'equazione della sfera. Fino a quel momento la geometria analitica era limitata al piano ed ignorava lo spazio tridimensionale. Quanto allo stesso Cartesio, egli continuò a mescolare le procedure analitiche ed i metodi geometrici che aveva sempre usato come elementi di primo grado (linee rette e piani). Nella sua Introductio in analysis infinitorum (1748) Leonardo Eulero fu il primo a stabilire il principio d'equivalenza dei due assi: x e y; prima di lui l'ascissa era prioritaria rispetto all'ordinata. Fu solo nel 1770 che Lagrange scrisse l'equazione della retta e quella del piano in un sistema di tre coordinate equivalenti. Lo spazio 3D completamente isotropo ha, quindi, solo 230 anni ed è nato ad un dipresso tra la Ordonnance des cinq espèces de colonnes selon la Méthode des Anciens (1683) di Claude Perrault, che rese gli ordini architettonici una convenzione, ed il Précis des leçons d'architecture (1802-1805) di Durand, che basò la composizione architettonica su un sistema astratto di assi. La griglia, di per sé, è certamente un antichissimo e fondamentale elemento che si ritrova tanto nel castro romano quanto negli ordini architettonici con il sistema colonna verticale e trabeazione orizzontale. Per non parlare della notevole analogia formale tra la croce cristiana ed il sistema cartesiano di assi X-Y. Ma c'è voluto molto tempo prima che questo elemento formale assumesse la sua attuale connotazione di griglia astratta e probabilmente occorrerà ancora del tempo prima che si possano tracciare tutte le conseguenze di questa "cartesianizzazione" dello spazio euclideo.
La geometria proiettiva conosce un analogo lento percorso storico, e la sua integrazione nel software CAD sta cominciando solo oggi. Più o meno nello stesso periodo in cui Cartesio introduceva la geometria analitica un architetto francese, Sieur Girard Desargues de Lyon, ebbe l'idea di trasporre nella geometria i criteri della prospettiva e ci vollero circa 200 anni prima che l'ufficiale napoleonico Poncelet approfittasse della prigionia in Russia per recuperare la geometria proiettiva. Nel suo Brouillon projet d'une atteinte aux événements des rencontres du cône avec un plan (1639), Desargues realizzò un sistema unificato a partire dalle quattro curve coniche. A dire il vero il cerchio, l'ellisse, la parabola e l'iperbole erano conosciute fin dall'antichità. Il matematico greco Apollonio le aveva già individuate come sezioni di un cono a base circolare. Ma ciascuna curva veniva considerata singolarmente, come un caso specifico, e con la supremazia del cerchio come figura perfetta. In architettura, Borromini userebbe ancora archi di cerchio per comporre gli ovali di San Carlino alle Quattro Fontane invece di disegnare le vere e proprie ellissi, che furono reintrodotte nel Rinascimento da Baldassarre Peruzzi (7). Keplero fu il primo, nel 1604, ad usare il concetto di punto all'infinito, un concetto che gli consentiva di descrivere allo stesso tempo sia le figure finite chiuse del cerchio e dell'ellisse, sia l'infinita ed aperta parabola e la doppia iperbole. Keplero pensava ancora, però, la geometria come un sistema simbolico, ed il continuum che collegava insieme le coniche era per lui ancora orientato verso la perfezione del cerchio. Soltanto Desargues si sarebbe sbarazzato di tutti i simbolismi legati alla figura e avrebbe previsto le conseguenze del punto all'infinito. Il cerchio divenne semplicemente un caso particolare tra le diverse coniche, che fu possibile allora trasformare l'una nell'altra attraverso proiezioni e sezioni. A questo punto, le parallele poterono intersecarsi come ogni altra linea e convergere verso quel punto all'infinito che ora è considerato un punto del piano come gli altri. Questa secolarizzazione dell'infinito non sarebbe stata accolta facilmente: a parte poche eccezioni come Pascal e Mersenne, Desargues avrebbe trovato una seria opposizione tra gli artisti, metafisici e matematici. L'Académie de Peinture di Le Brun contrastò il suo approccio alla prospettiva, in cui gli oggetti dovevano essere disegnati secondo delle regole geometriche piuttosto che seguendo la percezione empirica. Di qui la riluttanza ad accettare che un cerchio, visto da un'angolazione trasversale, si trasformasse in figura ellittica d'autonoma consistenza. E di qui, ancora, l'enfasi sull'ottica della "prospettiva naturale" in cui la distanza degli oggetti è resa attraverso colori smorzati piuttosto che con le precise costruzioni geometriche della "prospettiva artificiale". Da parte loro, i metafisici, non avrebbero potuto accettare che l'infinito, considerato come un attributo divino, fosse assimilato a comuni punti del piano. Al contrario, Guarino Guarini, architetto ma anche Abate dell'Ordine contro-riformista Teatino, inventò sistemi per disegnare figure complesse ricorrendo esclusivamente a punti finiti. Ed anche matematici come Cartesio avevano mostrato una certa riluttanza nel considerare le parallele come rette convergenti. Ad esclusione di alcuni allievi come La Hire, l'opera di Desargues cadde nell'oblio e fu soltanto alla fine del diciottesimo secolo che con Monge, Carnot, Chasles e soprattutto Poncelet e Von Staudt, la geometria proiettiva conobbe un nuovo interesse.
Poncelet sviluppò nello spazio quello che Desargues aveva dimostrato sul piano. Egli enunciò il fondamentale principio di dualità affermando che ogni teorema relativo a punti e piani produceva un teorema derivato ricavabile dall'inversione delle parole "punto" e "piano". In seguito, i nove assiomi messi insieme da Hilbert come i postulati della geometria proiettiva, avrebbero consegnato al principio di dualità la sua forma più nota. Scambiare "punti" e "piani" permette di sostituire i primi tre assiomi con quelli successivi. Per quanto riguarda i tre rimasti, lo scambio non modifica i postulati. Ma facendo un passo indietro dall'assiomatica, si può dire che la geometria proiettiva studia l'effetto dei due tipi di trasformazioni omografiche (proiezioni e sezioni) sulla varietà di spazi euclidei cui sono stati aggiunti punti all'infinito. Poncelet usò tali proiezioni e sezioni per sviluppare teoremi già dimostrati per figure semplici come i cerchi, e per estenderli a tutte le coniche o alle curve del second'ordine. Questo criterio generale di considerare curve di ordine "n" spianò poi la strada allo spazio delle curve. Per esempio punti, cerchi e rette definiscono uno spazio quadridimensionale in cui essi vengono assimilati a cerchi di raggio zero, finito o infinito, permettendo la manipolazione di questi tre elementi attraverso gli stessi metodi matematici. Inoltre, Poncelet, secondo il principio di continuità, ipotizzò che quei teoremi stabiliti per le figure finite e reali si potessero applicare a casi infiniti e immaginari. Così, l'estensione dello spazio euclideo a punti infiniti è complementare ad un'altra estensione, quella verso punti immaginari. Questo porta, per esempio, l'asse radicale individuato dai punti d'intersezione tra due circonferenze a conservarsi come asse immaginario anche quando le stesse non sono più sovrapposte.
Poncelet considerava molto importante l'intuizione spaziale e volle sviluppare la geometria proiettiva come una disciplina autonoma, indipendente dall'analisi algebrica. Ma lo sviluppo della matematica avrebbe seguito l'altra strada. La geometria proiettiva beneficiò degli stessi modelli algebrici applicati allo spazio euclideo con la geometria cartesiana. Tutti i punti dello spazio proiettivo sarebbero stati associati a quattro numeri X, Y, Z, U, il quarto dei quali consentiva l'aggiunta allo spazio cartesiano di punti all'infinito; potevano essere sia reali sia immaginari per prendere in considerazione soluzioni immaginarie in equazioni di intersezioni. Dimenticando, i matematici, il significato spaziale delle proprie ricerche, la geometria proiettiva divenne in seguito un'algebra sviluppata all'interno del suo specifico interesse. Nel frattempo, negli anni Sessanta cominciarono ad apparire i software CAD, e la loro struttura restò strettamente cartesiana. Basti dire che il gemello di CATIA è stato chiamato EUCLIDE (8). Per tutte le applicazioni tecniche come l'architettura, l'era digitale è ancora profondamente euclidea, e probabilmente resterà tale in funzione delle buone ragioni che abbiamo elencato. Per esempio, dato che i software CAD stanno diventando parametrici e capaci di variazioni, i progettisti possono cominciare ad implementare delle deformazioni topologiche all'interno della metrica euclidea, come la possibilità di allungare un modello pur conservando il controllo delle sue relazioni metriche. Probabilmente un giorno o l'altro il meglio dei software CAD trarrà beneficio dall'estensione dello spazio euclideo all'interno della geometria proiettiva. Già da diversi anni una compagnia franco-canadese ha cominciato a sviluppare, sulla base di queste idee, i più avanzati nuclei di software CAD la cui prima e reale applicazione si vedrà entro l'anno. Non a caso in questa compagnia chiamata SGDL (la sigla sta per Sieur Girard Desargues de Lyon, dal momento che questo team di sviluppato del software trova anche il tempo di studiare i testi di matematica di molti secoli addietro). Questo team ha già sviluppato un'unica interfaccia capace di gestire punti all'infinito, unificando così le diverse primitive, ciascuna delle quali è l'oggetto di una specifica funzione del software tradizionale. Le varie forme primarie che hanno costituito la Lezione di Roma per il Le Corbusier di Vers une Architecture - il cilindro, la piramide, il cubo, il parallelepipedo e la sfera, insieme a figure più sofisticate come il toro - non sono più degli archetipi isolati ma appaiono come casi particolari nel continuum delle quadriche. Più in generale, nel campo delle matematiche, è rintracciabile un forte ritorno alla geometria iniziata da eminenti figure come Coxeter. Un ritorno talmente forte che il futuro dei software CAD, anziché diventare non-euclideo, trarrà beneficio da tutte le estensioni dello spazio euclideo all'interno della geometria Arguesiana. In tal modo essi integreranno i concetti che abbiamo citato sopra: punti all'infinito, punti immaginari e spazi di curve e superfici multidimensionali (9).
Un'ultima parentesi a proposito dei fondamenti della geometria, prima di considerare come l'era digitale può, piuttosto che dissolvere lo spazio euclideo, restituircene la fragranza. Nell'esaminare come i tredici libri di Euclide sono stati rielaborati attraverso la storia delle matematiche, abbiamo inizialmente osservato i postulati e la loro assiomatizzazione data da Hilbert. Questo ci ha portati a concludere che gli elementi primari della geometria non possono essere soggetti a lungo ad una definizione perché il loro significato può, difatti, essere una conseguenza delle relazioni stabilite dagli assiomi. Ma, fino ad oggi, non ci siamo occupati delle nozioni comuni attraverso cui Euclide ha trattato di aritmetica e di logica. Anche la geometria assiomatica di Hilbert rimanda a quelle nozioni, dato che prevede una gerarchia di sistemi assiomatici attraverso i quali la geometria include un'aritmetica, la quale a sua volta include una logica. Come diretta conseguenza, la geometria soffre degli stessi difetti della sua presupposta assiomatica. Così la geometria difetta della stessa incompletezza che Gödel ha dimostrato per l'aritmetica, cioè che esistono delle proposizioni vere che non possono tuttavia essere in se stesse verificate, e che all'interno dello stesso sistema rimangono indecidibili. Ma ciò che Gödel ha dimostrato è che in fondo questo difetto appartiene ad ogni potente assiomatica, e che la cosa non riguarda specificamente la geometria euclidea. Per esempio, l'aritmetica soffre dei medesimi difetti e, a quanto ne sappiamo, pochissime persone adoperano quest'incompletezza per reclamare una aritmetica non-peaniana. Non si è a conoscenza, per esempio, di una cosa come una "finanza non-peaniana", nemmeno tra quelli che sul pianeta maneggiano miliardi di dollari. Inoltre, nel 1937 Gentzen ristabilì la coerenza della teoria dei numeri, utilizzando un unico principio relativo ad un'intuizione esterna al sistema formale. L'incompletezza può essere attenuata attraverso un ricorso all'intuito molto limitato . Abbiamo già visto fino a che punto la fisica moderna abbia confermato l'intuizione euclidea, e possiamo ora comprendere come anche la sua struttura logica non possa essere chiamata in causa più della logica medesima. Pertanto, da qualsiasi angolazione si guardino, dopo più di 2000 anni d'attività, i tredici libri di Euclide appaiono ancora il miglior strumento teorico e pratico a disposizione per controllare forme nello spazio.
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Note
(5) Cfr. Henri Poincaré, La science et l'hypothese, Paris, 1902.
(6) Cfr. P. Duhem, Dominique Soto et la scolastique parisienne, in "Annales de la Faculté des Lettres de Bordeaux, Bulletin hispanique", 1911, pp. 454-467.
(7) Vedi Wolfgang Lotz, Die ovalen Kirchenräume des Cinquecento.
(8) Mentre scriviamo questo testo CATIA ha comprato EUCLIDE.
(9) SGDL permette oggi di controllare non soltanto le quadriche ma anche le cubiche e le quartiche.
["In difesa di Euclide" è pubblicato contemporaneamente da Arch'it e da ANY Review. La traduzione italiana è di Marco Brizzi. Di Bernard Cache, MIT Press ha pubblicato il volume "Earth Moves", acquistabile da Amazon.com]
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