line.gif (145 byte)
home

Extended Play

Eduction. Design by Algorithm

Marialuisa Palumbo
STRATEGIE DI PROGETTAZIONE E PROBLEMATICHE TEORICHE DEL MONDO DIGITALE DI MARCOS NOVAK.

[in english] Eduction è un’opera importante. Un’opera effimera, di grande impatto emotivo, di forti radici teoriche e tecniche, di grandi aperture prospettiche, di comprensione non immediata. Eduction richiede tempo. Infatti, se essere testimoni del potere d’azione della mente è di per sé un fatto straordinario –dal momento che pochi di noi hanno mai visto un corpo trasformarsi in una struttura completamente rigida semplicemente rispondendo ad una ‘stimolazione mentale’–, cercare di capire il senso di un percorso che procede dall’induzione in trance di un volontario alla sua collocazione alla consolle di navigazione di un mondo virtuale proiettato intorno a lui è, per il pubblico su grande schermo, un tentativo che può lasciare in prima analisi più perplessi che convinti.

Per capire occorre però fare un passo indietro e riflettere sui due aspetti fondamentali che questo progetto mette in gioco: quello teorico, sulla possibilità di trovare una forma di rendering o di visualizzazione del nostro spazio mentale, e quello tecnico, relativo alla potenzialità del digitale di dar luogo non soltanto all’immersione nel virtuale ma anche ad un vettore inverso che procedendo dallo spazio virtuale a quello reale renda visibili delle ‘proiezioni’ di porzioni di spazio normalmente precluse alla nostra percezione.



Ecco allora che se la problematica teorica ha a che fare innanzitutto col dibattito sull’interpretazione della mente, ed in particolare sulla sua ‘spazialità’, la questione tecnica relativa alle potenzialità del digitale ci invita più che mai a riflettere sul rapporto tra architettura, in quanto manipolazione o azione sullo spazio, e computer, e più precisamente su quella pratica, tutt’oggi non comune, sostanzialmente fondata –o rifondata in età digitale!- da Marcos Novak, che è la progettazione per algoritmi.

[28dec2001]
EDUCTION:
The Alien Within
(di Marcos Lutyens e Marcos Novak).




Un soggetto è indotto in uno stato di trance profonda. Si eseguono vari test e procedure di approfondimento che dimostrano tanto al soggetto quanto al pubblico l’estremo livello di immersione ipnotica.


Questi sorprendenti test includono una rapida induzione all’impiedi, la lievitazione delle braccia e la catalessi (dove il corpo diviene estremamente rigido).




Il soggetto è poi introdotto in trance in un paesaggio virtuale navigabile racchiuso in una struttura flessibile.

Il paesaggio stesso è in trasformazione continua e si riconfigura al progredire del viaggio. Il paesaggio è una configurazione di forme solide e liquide derivate dai suoni di voci induttive, ed avvicinandosi alle diverse aree si innescano altri comandi induttivi.

Il pubblico può seguire il viaggio immersivo su un grande schermo sopraelevato.








Ogni volta che Eduction è rappresentato, tanto la traiettoria quanto il risultato sono differenti, dal momento che entrambi si riconfigurano con l’intersezione tra un paesaggio induttivo sempre diverso e le risposte di un autonomo sistema nervoso all’ambiente in trasformazione …in un circuito rientrante tra processo mentale ed un suggestivo paesaggio 3D.

Avviene così un processo ‘eversivo’ dallo Psicologico al Digitale al Cinestetico e viceversa.
Ragioniamo. Il mondo architettonico ha spesso interpretato la rivoluzione digitale come passaggio dalla progettazione al tavolo da disegno a quella al computer. Ma qual è, dal punto di vista delle possibilità di manipolazione dello spazio, la novità più profonda offerta dal nuovo strumento digitale?

La risposta a ben guardare è quasi scontata, ma in essa si annida una tale carica rivoluzionaria, da essere stata pressoché ignorata da un mondo architettonico concentrato più su battaglie di stile che sull’indagine profonda della natura dello spazio.



Il percorso di Novak è in questo senso anomalo e proprio per questo tanto più significativo: la natura trasversale dei suoi studi, radicati tanto nell’architettura quanto nella musica e, soprattutto, nella computer science, portano Novak sin dalla fine degli anni ’70 a ragionare sul nascente rapporto tra computer e architettura non semplicemente da utente di programmi per la progettazione architettonica assistita, ma da programmatore, ovvero da esploratore e formalizzatore della logica che sta dietro lo schermo, la logica cioè che fonda il rapporto tra la linea e la cifra, o tra strumenti di analisi e configurazione dello spazio geometrico analogici (la linea) e matematico digitali (la cifra). Ecco perché, ciò che resta ancor oggi invisibile ed incomprensibile a gran parte del mondo architettonico, diventa molti anni fa per Novak la scintilla di una nuova era di esplorazione architettonica, localizzata non più o non soltanto nei limiti di un non ben precisato spazio ‘reale’.



Infatti, la novità più profonda offerta dallo strumento digitale, l’alleanza tra la linea e la cifra, apre la strada all’immaginazione ed articolazione del fatto spaziale non più attraverso la sua rappresentazione analogica, per linee, piani e volumi, ma attraverso una scrittura simbolica –logico matematica- in grado di esprimere le condizioni da cui emerge ciò che può diventare una retta piuttosto che una curva, uno spazio tridimensionale o uno spazio quadridimensionale e così via. Una scrittura per sua natura svincolata tanto dalla tridimensionalità della nostra percezione quanto dalla univocità e determinazione del segno: l’algoritmo infatti esprime un sistema di relazioni, un ‘ordine’, che tiene insieme elementi variabili.

A proposito di PADL-2, uno dei primi programmi di progettazione architettonica assistita, non bidimensionale, Novak scrive “Combinando modellazione solida, strutture gerarchiche, e rappresentazione parametrica, PADL-2 rendeva possibile una concezione estremamente potente della forma. Si potevano progettare famiglie di oggetti creando schemi generali di relazioni, dimensioni e operazioni variabili. Quando venivano dati valori specifici a queste variabili, nascevano design specifici. Fino ad allora, le forme restavano in uno stato liquido di potenzialità”.

E quale può essere l’essenza di ciò che i computer hanno dato all’architettura, se non il fatto di poter concepire un’architettura di variabili, un’architettura allo stato fluido, capace di rappresentare non più soltanto forme determinate ma le condizioni stesse della formalizzazione manipolando, in termini matematici, la struttura dello spazio?



Per tornare ad Eduction, occorre a questo punto metter insieme un altro anello della catena, relativo anche in questo caso all’interpretazione del digitale e della rivoluzione in esso contenuta: infatti se non solo nel mondo architettonico si è spesso considerato il digitale come portatore di un vettore a senso unico dal reale al virtuale, Eduction ci invita a considerare la possibilità di invertire il vettore, ovvero la possibilità di contrapporre all’immersione nel virtuale, una emersione o eversione del virtuale nel reale.

In termini architettonici, il problema consiste nel capire se oltre al paradigma di una Realtà Virtuale che non abbia sostanzialmente intersezione col mondo reale (se non attraverso un elemento di interfaccia), sia possibile una forma di presenza o di eco del virtuale nel reale.

Per Novak la questione è strettamente legata al problema della visibilità, o meglio della invisibilità della maggior parte della realtà ai nostri sensi, capaci di percepire esclusivamente una porzione infinitamente piccola tanto dello spettro elettromagnetico (1/(3x10^35)) quanto delle possibili dimensioni dello spazio. Ma se, secondo questa prospettiva, assume ovviamente un senso piuttosto concreto parlare di ‘architettura invisibile’, indicando così quell’architettura annidata nella porzione di spazio che oltrepassa i limiti di visibilità legati alla nostra retina ed in generale ai nostri sistemi percettivi ma non per questo diversamente manipolabile attraverso procedimenti di progettazione algoritmica, è anche possibile pensare, per esempio, l’architettura ‘visibile’ come effetto o proiezione tridimensionale di sistemi formali a più dimensioni, ovvero in ultima analisi è possibile attraverso l’escamotage di un filtro dimensionale (ovvero selezionando per esempio tre dimensioni alla volta di un oggetto a quattro dimensioni e ottenendo così quattro diverse proiezioni del medesimo oggetto a quattro dimensioni), una forma di ‘eversione’ del virtuale nel reale.



Mettendo insieme fluidità e multidimensionalità otteniamo le due caratteristiche principali dello spazio progettuale in cui è radicato il mondo virtuale di Eduction.

Ma un terzo elemento è in realtà il vero fulcro di questa ‘macchina dei sogni’ che aspira a rendere visibili le forme nascoste della mente: un algoritmo molto speciale che lancia un ponte tra oggetto e soggetto, tra forma ed occhio, tra osservato ed osservatore. Eduction, infatti, non mette semplicemente in mostra un mondo di forme che emergono progressivamente da un precedente stato di invisibile potenzialità, ma soprattutto mette in scena un ambiente virtuale che si evolve progressivamente da uno stato di potenzialità latente ad uno stato evolutivo complesso attraverso l’interazione tra ‘variabili’ formali e processo di navigazione, ovvero attravero una legge di interazione tra soggetto e oggetto: chi ha visto Eduction ricorderà probabilmente la progressiva trasformazione in un paesaggio sempre più vario e articolato dell’oscura nebulosa in cui avvenivano i primi passi virtuali del volontario psiconauta.

Vale a dire che lo spazio virtuale si va progressivamente costruendo, o va ‘prendendo forma’, nel corso di ogni specifica navigazione a secondo delle reazioni, ovvero delle interazioni del soggetto con gli elementi base del paesaggio in quello che gli autori del progetto, Novak e Lutyens, definiscono un ‘feedback loop’ dallo Psicologico al Digitale all’Analogico al Cinestetico e viceversa.

Il meccanismo di interazione, per il momento limitato alla scelta del percorso di navigazione (attraverso l’uso di un joystick), è destinato a diventare, negli sviluppi futuri previsti per il progetto, l’elaborazione di un complesso sistema di risposte conscie ed inconscie rilevate, oltre che attraverso i tradizionali meccanismi di interfaccia per ambiente virtuale, anche attraverso strumenti di scansione delle risposte psicofisiche e cerebrali del soggetto.

È così che Eduction: The Alien Within, architettura ibrida di reale e virtuale, performance, installazione e concerto, apre l’orizzonte di mondi virtuali capaci di interagire a livello profondo con l’attività mentale del soggetto navigante. E ancora una volta, anche in questo senso, Eduction richiede tempo, poiché certamente il processo a cui ha dato inizio non si compirà né oggi né domani, richiedendo un paziente lavoro di codificazione e decodificazione, entusiasmante ma complesso, per elaborare in termini tecnico scientifici questo processo di interazione e circolarità tra spazio e mente ovvero tra l’attività psicofisica di un soggetto alle prese con uno spazio e la trasformazione di questo stesso spazio, in tempo reale, in quello spazio altro da ogni altro spazio che è lo spazio mentale individuale.

Marialuisa Palumbo
malupa@libero.it

> MARCOS NOVAK
> MARCOS LUTYENS
> LA REALIZZAZIONE DI UN PROTOTIPO DI MARCOS NOVAK
> QUESTIONING THE SUBJECTIVITY OF SPACE
> EXTENDED PLAY

 

laboratorio
informa
scaffale
servizi
in rete


 







copyright © DADA Architetti Associati