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Show Design. Architettura e spettacolo

di Claudio Santucci*

Tra i territori dell'architettura considerati come aree di confine, il campo di ricerca legato alla realizzazione di spazi per lo spettacolo merita un'attenzione particolare. La sua storia, dalle radici profonde e dalle significative interconnessioni con la ricerca architettonica, ha conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo eccezionale. Ragioni economiche, fattori sociologici ed antropologici, esigenze tecnologiche descrivono un ambito che può risultare di particolare interesse e di grande stimolo per l'architettura. Con la collaborazione di Claudio Santucci, progettista e studioso di Show Design, Arch'it inizia qui un percorso di indagine che accompagnerà i suoi lettori a successivi approfondimenti sul tema.




[20nov1999]

The Beatles allo Shea Stadium di New York, nel 1965


The Beatles allo Shea Stadium di New York, nel 1965
Sono passati più di trent'anni da quel 1965 in cui i Beatles si esibirono allo Shea Stadium di New York, in quello che i posteri hanno definito come il primo concerto-evento di grande dimensione della storia del Rock&Roll. I quattro di Liverpool, disposti secondo la consolidata gerarchia delle rock band al di sopra di una pedana, scatenarono la loro rivoluzionaria musica attraverso un'amplificazione sonora che a stento raggiungeva la metà degli spettatori presenti dato il livello delle incessanti urla delle allora deliranti ragazzine che gremivano le tribune dello stadio. L'impulso prodotto da quello storico evento all'attività dei concerti dal vivo non ha tutt'oggi esaurito la sua inestimabile forza trainante continuamente alimentata da questo strano magnetismo di aggregazione che spesso, nell'incomprensione generale degli adulti, spinge i giovani a superare qualsiasi fatica pur di riuscire ad assistere ed avvicinarsi ai loro "sacerdoti".

Di pari passo l'erezione dei "templi" all'interno delle strutture sportive e negli spazi aperti di mezzo mondo sono divenuti sempre più imponenti nelle dimensioni e negli effetti spettacolari. Più di duecento addetti ai lavori, tonnellate di materiale, decine di chilometri di cavi, milioni di watt di energia e decine di milioni di dollari d'investimento. Non sono le cifre di edificazione di un grattacielo, bensì di un "teatro itinerante" per un'importante Rock Band internazionale che, al pari dei più importanti musei del mondo, viene "visitato" da qualche milione di spettatori in un lasso di tempo incredibilmente breve.
Questo "boom spettacolare" degli ultimi decenni, fenomeno che è arrivato a scomodare i più prestigiosi pareri sociologici, ha inevitabilmente portato alla formazione di quello che la critica ha simpaticamente definito come "architetto rock", ma che indicherei più generalmente e appropriatamente come Show Designer prendendo a prestito l'effettivo appellativo etichettato dagli anglosassoni a questa singolare figura professionale trasversale all'architetto e allo scenografo. La macchina di comunicazione visiva tra artista e pubblico viene concepita proprio da questo "visionario" progettista di spettacoli il quale innanzitutto verifica graficamente la bontà delle sue intuizioni attraverso ciò che, con termine più consono al mondo cinematografico, viene definito story board - serie di bozzetti che esplicano in successione i punti chiave dello show.


U2 Popmart tour '97. Progetto di Mark Fisher


Pink Floyd, The Division Bell tour '95. Progetto di Mark Fisher


Rolling Stones, Voodoo Lounge tour '94. Progetto di Mark Fisher
La progettazione passa in seguito alla fase di gestione con un incessante interscambio di dati tecnici tra i vari compartimenti del designing team - illuminazione, suono, strutture, regia, ecc. Attraverso i materiali più svariati, dal semplice legno ai moderni compositi in fibra di carbonio, dall'alluminio per giungere alla luce - quel leggero ed impalpabile materiale, forte comunque come la pietra - nasce l'oggetto scenico. Lo stadio, o palazzetto dello sport che sia, vede così, per un lasso di tempo più o meno breve, snaturata la sua funzione innata di contenitore sportivo. Come per incanto il sito si trasforma - e in questa modificazione di spazio è insito il vero apporto architettonico - in un teatro dalla moltiplicata capienza dove il fulcro dell'attrazione energetica è rappresentato proprio dal palcoscenico, questo surrogato di comunicazione visiva necessario per l'inevitabile diversità di scala che si crea tra gli artisti performanti e il mare di folla presente. Finito questo breve ma gravoso compito l'oggetto si smaterializza nei suoi singoli elementi grazie all'incessante lavoro umano degli addetti ai lavori e, nel caso del tour, verranno trasportati verso altri luoghi per ricomporsi nuovamente dando inizio ad un nuovo ciclo vitale.



L'Inghilterra, da sempre patria mondiale dell'industria musicale, ha visto in questo ultimo scorcio di secolo un forte incremento della domanda di spettacoli comunicativi provenienti anche dai settori del commercio solitamente ben lontani dall'area discografica e concertistica. E' infatti proprio attraverso queste tecniche di modificazione ambientale che un freddo e meccanico prodotto industriale può acquistare quella dimensione effimera necessaria per esprimere ad un pubblico più o meno vasto le qualità insite nell'oggetto stesso al fine di ottenere un migliore lancio pubblicitario sul mercato.
Questa neonata attività di show designer è sicuramente ben rappresentata da Mark Fisher e Paul Staples, due pionieri dell'architettura temporanea e portabile. I loro linguaggi e percorsi professionali sono essenzialmente diversi, ma in entrambi è ben distinguibile la forte impronta architettonica ricevuta dall'esperienza universitaria degli anni '60, periodo in cui capeggiavano le idee utopistiche del gruppo Archigram e della loro città trasportabile denominata Instant City.


Mark Fisher è dei due sicuramente il più conosciuto soprattutto per il fatto che ha legato il suo nome agli spettacoli più noti della storia della musica rock tra cui i tour dei Rolling Stones, Pink Floyd, U2 e tanti altri. Alla fine degli studi universitari sviluppa all'interno della propria tesi di laurea una struttura gonfiabile dalla forma variabile. La sua conoscenza di questi particolari oggetti ad aria, che resteranno per tutta la sua carriera una caratteristica immancabile in ogni suo spettacolo, lo avvicinano al settore delle rappresentazioni cinematografiche e teatrali. La prima opportunità musicale si concretizza nel '77 con il tour Animals dei Pink Floyd in cui il suo apporto si limita ad una serie di figure gonfiabili sovrastanti il palcoscenico. Da allora la sua strabiliante e rapida carriera, legata fino al '90 all'ingegnere Jonathan Park, è tempestata di eventi sempre più importanti nelle dimensioni e negli investimenti economici. La sua ricerca di sempre nuovi scenari e tipologie di spettacolo è lenta ma costante, senza mai perdere di vista le complesse necessità pratiche e funzionali che accompagnano ogni allestimento. Ogni progetto rappresenta per lui una sfida tra l'infinita fantasia umana e i limiti imposti dalla realtà temporale ed economica, limiti che ad ogni realizzazione riesce in qualche modo a spingere di un piccolo passo indietro a favore dell'inventiva e dell'immaginario. Per Fisher progettare uno spettacolo significa soprattutto creare concetti ed immagini diverse per architetture in realtà del tutto simili. Il suo - come afferma egli stesso - è soprattutto un lavoro di styling al pari di un designer di automobili che allestisce fondamentalmente un oggetto con gli stessi elementi invariabili (quattro ruote, posto guida, passeggeri, gruppi ottici, ecc.).


Rolling Stones, Steel Wheels tour '89. Progetto di Mark Fisher


Rolling Stones, Steel Wheels tour '89. Progetto di Mark Fisher
Raramente l'oggetto architettonico di sfondo allo spettacolo si è rivelato in qualcosa di tipologicamente nuovo e diverso, comunque strettamente derivante dall'innovazione tecnologica delle strutture o delle attrezzature audio-visive ed illuminotecniche. E' il caso del Popmart Tour degli U2 in cui, grazie ad una nuova ricerca acustica, i diffusori sono stati 'sfrattati' dalla loro tradizionale postazione destra\sinistra del palco per fondersi in un unico 'grappolo' centrale dalla enorme potenza sonora e sorretto da un'arcata filo-McDonaldiana alta 25 metri. Nel caso invece dei concerti che si svolgono all'interno di strutture coperte - mi riferisco soprattutto ai palazzetti dello sport - è stato ideato una nuova tipologia che con termine anglo-sassone viene chiamato il palcoscenico In the round, oggetto scenico a 360° privo di un vero e proprio fronte del palco che viene allestito al centro dell'ambiente per essere osservato dagli spettatori disposti lungo ogni direzione.
Diversa, ma non meno interessante, è l'esperienza di Paul Staples. Inizia negli anni '70 nel settore teatrale come scenografo per passare successivamente a quello musicale creando le prime importanti e significative scenografie nei tour dello storico gruppo rock inglese Queen. La sua fama subisce una notevole impennata nel 1987 quando progetta lo spettacolo per il grande ritorno dei Pink Floyd nel The Momentary Lapse of Reason tour. A differenza di Fisher, oltre che ad occuparsi di importanti tour musicali, fra i quali l'ultima del nostro Eros Ramazzotti, è spesso incaricato di ideare spettacoli di comunicazione per altri settori del commercio soprattutto in quello automobilistico. Gli spettacoli di Staples riflettono con grande chiarezza la sua esperienza teatrale data la continua presenza del fattore 'movimento'. La maggior parte delle sue realizzazioni variano, infatti, continuamente la posizione degli elementi scenografici nel corso dello spettacolo unendo in modo magistrale i concetti dei vecchi meccanismi teatrali con l'avanzata tecnologia delle attrezzature a controllo digitale.

Claudio Santucci
c.santucci@tiscalinet.it
Claudio Santucci, architetto-scenografo, si laurea e si specializza in show design con la prima tesi europea in allestimenti di palcoscenici per concerti. Il suo lavoro si divide tra Firenze e Londra dove in coppia con Paul Staples ha progettato importanti spettacoli internazionali come Lord of the Dance di Michael Flatley. Attualmente fa parte del team creativo per l'evento di Capodanno 2000 di Londra denominato BIG TIME. Per contatti: c.santucci@tiscalinet.it.




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