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Spazio ai videogames

di Giammarco Bruno

 



Le relazioni tra narrativa e architettura sono molteplici ed in parte già studiate. Da una vera e propria diretta influenza tra testo ed idea spaziale, come la possiamo ritrovare in Borges con i suoi labirinti narrativi, fino alla più complessa interpretazione della realtà di James Joyce le sue costruzioni intellettuali. La stessa affermazione si può fare nei riguardi del cinema.

Non sarei il primo a proporre il videogame come il più innovativo, in quanto a potenzialità, successore di film e romanzo, ma è interessante una riflessione su quanto accadendo nel mondo dell'intrattenimento digitale nei confronti dell'architettura. Siamo solo agli inizi ed i giocatori, pur essendo moltissimi, sono ancora ristretti a certe fasce di consumo e quindi di prodotti. Ma già si vedono videogiochi molto più raffinati dove spesso il termine arte, nel senso più ampio, può essere usato senza troppe preoccupazioni (
www.montevideo.nl esposizione dal titolo OVER GAME, www.giramondo.com/fia/artisti/riello). 



La costruzione architettonica serve, nel videogame, a contenere le azioni del personaggio/sostituto del giocatore fino al raggiungimento del suo obiettivo. Lo scopo del gioco, in molti casi il vero e proprio dogma, è raggiungibile con diverse tattiche. Alla presenza di un bivio tutte e due le direzioni possono portare alla soluzione, intraprendendo cammini e prove differenti posso raggiungere il mio scopo: salvare una principessa, trovare un tesoro e soprattutto sopravvivere (mantenendo il diritto a rimanere nello spazio virtuale). L'architettura svolge un ruolo importante perché, a differenza del film, nel videogame è il giocatore che decide cosa fare, come muoversi. Si mettono in moto reazioni molto simili a quelle che possono avvenire nella realtà di tutti i giorni, reazioni nei confronti delle necessità che si hanno rispetto agli ostacoli, o scorciatoie trovate lungo il cammino e alle esperienze che ho accumulato nel tempo. Se devo salvare la pelle rapidamente, sono molto più interessato ad una spiaggia assolata che ad una caverna buia.



[12apr2001]
Compressione e Dilatazione

Il primo e più evidente concetto generale che può risultare da una "visita" agli spazi di gioco è quella della compressione/dilatazione. Uso il termine compressione per definire i vari corridoi, tunnel, scivoli o strade che mi conducono verso gli spazi dilatati di stanze, piattaforme, grotte. Normalmente gli spazi del primo tipo servono a separare anche idealmente le fasi della storia che stiamo giocando, mentre i secondi sono il luogo dove, normalmente, si compie l'azione. La lunghezza e la composizione degli spazi compressi sono utilizzate per aumentare la tensione fino alla scoperta della nuova parte che prende le forme a seconda della prova da superare. Il movimento è il fondamento del gioco stesso, e quindi del suo spazio. Le successioni di ambienti sono legate all'avanzamento del gioco e al raggiungimento del risultato. I vari livelli raggiunti sono il metro dell'abilità dei giocatori. Non si arriva a nulla rimanendo fermi.



C'è, in tutto questo, una sorta di riferimento non casuale allo spazio barocco, nato dal desiderio di far diventare il punto di vista rinascimentale una persona in carne ed ossa, che si muove e percepisce l'architettura, come un susseguirsi di spazi complessi. Se si prova a seguire questo riferimento si possono fare altre interessanti riflessioni. Come sottolinea Eco, "il barocco segna l'avvento di una nuova consapevolezza scientifica: il sostituirsi del visivo al tattile, il prevalere cioè dell'aspetto soggettivo, lo spostare l'attenzione dall'essere all'apparenza degli oggetti architettonici e pittorici, ad esempio, ci richiama alla mente nuove filosofie e psicologie dell'impressione e della sensazione, l'empirismo che risolve in una serie di percezioni la realtà aristotelica della sostanza; e d'altro canto l'abbandono del centro necessitante della composizione, del punto di vista privilegiato, si accompagna all'assimilazione della visione copernicana dell'universo che ha definitivamente eliminato il geocentrismo, e tutti i suoi corollari metafisici; nell'universo scientifico moderno, come nella costruzione o nel dipinto barocco, le parti appaiono tutte dotate di uguale valore e autorità, e il tutto aspira a dilatarsi all'infinito, non trovando limite né freno in alcuna regola ideale del mondo, ma partecipando ad una generale aspirazione alla scoperta ed al contatto sempre rinnovato con la realtà" (Umberto Eco, "
Opera Aperta"). L'aspetto della singolarità dell'esperienza percettiva è evidente in tanti videogiochi e il concetto stesso di corpo, in quanto sistema percettivo, è messo ogni giorno in discussione dai media elettronici.

In molti casi, nel gioco, il punto di vista è quello dove l'alter ego/personaggio rimane al centro dello schermo mentre tutto il resto si muove attorno a lui (Lars Spuybroek/NOX, "
Geometria Motoria"). Lo spazio diventa un fluido che si modifica attorno al soggetto ed esiste solo quello che si percepisce in quel momento. La famosa scena dei corridoi del film "Shining" di Kubrik può servire a semplificare quello che nei videogiochi spesso è molto complesso. La macchina da presa inquadra le spalle del bambino che sta pedalando sul suo triciclo nei corridoi dell'albergo. La sensazione è che il soggetto stia fermo e le pareti si muovano. Il collegamento con la realtà è dato dal suono delle ruote che passano dai tappeti al pavimento di legno instaurando una sorta di ritmo secondario che vuole suggerire in che tipo di ambiente egli si muova. Ogni volta che il bambino sta per entrare nel corridoio parallelo si trasforma in un'incredibile momento di tensione. Ci si aspetta sempre qualcosa di tremendo che non arriva mai. Ma è proprio questo spazio sconosciuto che va scoperto che dà forza alla narrazione. Si è trasportati in ambienti che si susseguono ma che non ci danno un'idea di come sia veramente composto l'hotel. Le uniche percezioni che a noi spettatori sono concesse sono quelle di guardare e ascoltare.



Accumulazione

La grafica poligonale, che è la tecnica più usata per la produzione dei videogames non è statica. Uno spazio virtuale non è monolitico ma un insieme di oggetti che si compongono a seconda delle necessità. Durante il gioco si verifica un processo continuo di composizione e decomposizione di oggetti e spazi. Lo stesso avviene per i dettagli: un dettaglio viene reso più evidente e definito solo quando ci si avvicina ad esso (Lars Spuybroek/NOX, "
Geometria Motoria"). Tutto questo è necessario sia per evitare al computer la fatica di sopportare un ambiente virtuale troppo pesante, sia perché non necessario. Se non sto guardando un oggetto direttamente è inutile che esso mi venga presentato con precisione. Se non sono in una stanza è inutile che essa pesi sul mio sistema. Questa opzione tecnica non solo rende il concetto spaziale molto più instabile ma ne cambia anche la sua concezione. La sua sistematicità sta in un dinamismo continuo, gli oggetti separati si accumulano e si separano senza sosta. Per ragioni di peso elettronico (ma non solo), lo spazio creato nel videogames si compone e ricompone ogni volta davanti agli occhi del soggetto (Lev Manovich, Global Algorithm 1.3: The Aesthetics of Virtual Worls: Report from Los Angeles, C-Theory, www.c-theory.net).



In sostanza, quello che sta dietro di noi non "esiste"; siamo noi che generiamo di volta in volta lo spazio che ci interessa. Mentre nella realtà possiamo allungare un braccio dietro di noi per accorgerci di essere in prossimità di un ostacolo, capirne la consistenza attraverso un complesso sistema di percezioni, nel gioco quell'ostacolo non esiste, magari mi può impedire d'indietreggiare ma è solo un opzione numerica. Per crearlo come albero, muro e crepaccio devo girarmi e farlo entrare nel mio campo visivo. Ho quindi una percezione visiva della sostanza, sono contro ad un muro che mi impedisce di proseguire, ne ha la somiglianza ed il colore ma è solo una combinazione di 01011100. Il muro diventa visivamente tattile, lo posso toccare solo con i miei occhi.



Spazio Emozionale

Lo spazio diventa più fluido, perdendo i suoi canoni tradizionali, andando alla ricerca di regole che non siano quelle dettate dalla forza di gravità o da necessità fisiche. Questo è uno dei punti più interessanti, il videogame ha un'architettura di tipo emozionale, perché non ha altra regola che quella della narrazione in movimento. I collegamenti tra gli spazi sono spesso liberi da impedimenti strutturali e lontani da una definizione dentro la logica architettonica classica. Questo si nota soprattutto quando il gioco si svolge in ambienti più architettonici quali castelli o case.



C'è solo l'idea di casa e quindi dei tradizionali attributi che siamo abituati a dare agli spazi domestici: scale che non finiscono, corridoi interminabili, stanze cieche, terrazze improponibili. La pianta della casa non è che un'aiuto, una mappa per orientarsi in uno spazio sconosciuto. Lo spazio lo si vive con le tensioni, gli enigmi e le azioni che ci propone il gioco. Se il creatore nota che in una determinata parte esso risulta troppo noioso o scontato può decidere di aggiungere una stanza senza preoccuparsi che la struttura generale ne risulti danneggiata. Quindi l'organizzazione della narrazione è legata strettamente all'organizzazione dello spazio. Non è una narrazione lineare ma molto più complessa e aperta, legata a fenomeni combinabili dal giocatore quindi mai uguale a se stessa. La conseguenza è che anche un'idea narrativa poco complessa rivela, nel sistema videogioco, soluzioni o dinamiche inaspettate. 

Questo ricorda molto l'artificio mnemonico definito "il teatro della memoria". Un libro di fisica si trasforma in una costruzione: le parti del teatro diventano gli argomenti, le sale i capitoli, le stanze i sotto capitoli i corridoi i collegamenti tra le parti. Per ricordare meglio si dà un carattere specifico all'architettura delle varie stanze, uno stile che ricordi il nome dell'argomento e così via. Poi con una vera e propria passeggiata intellettuale si percorrono le stanze del "teatro" e man mano che si aprono le porte i nomi e le definizioni del nostro libro riaffiorano. La memoria visiva, che in alcuni soggetti è molto forte, acquista una valenza veramente interessante. Il videogame può essere paragonato a questo artificio in quanto il passaggio dal pensiero alla costruzione è immediato senza compromessi legati alla costruzione o ad altro.



Segni

Dovendo sottostare a quelle che sono le regole di un prodotto altamente commerciale si deve rispondere alle esigenze del pubblico che desidera vivere un'esperienza molto caratterizzata. Se il gioco si svolge in Egitto voglio vedere i geroglifici alle pareti le fiaccole che illuminano le sale segrete delle tombe. Se però si va oltre a queste decorazioni e si arriva a quelle che sono le vere e proprie strutture di questi spazi digitali le sorprese non mancano. L'artista spagnolo Jodi nel suo progetto digitale SOD 0.1 ha provato a fare tutto questo con il gioco Wolfenstein (William J. Mitchell, "City of bits", The MIT Press,
mitpress.mit.edu) togliendo tutto il "superfluo" e lasciando solo l'idea spaziale originale. Naturalmente, non si può giocare nel termine tradizionale ma si rimane stupiti di come gli spazi così nudi assomiglino molto a tanti progetti di Mies, dove le gerarchie vengono sostituite da un continuum spaziale con pochi impedimenti per la mobilità. In un mondo virtuale dove il segno aiuta a dar vita ai luoghi, la struttura ne crea la base necessaria. Non si rimane stupiti, nel videogioco, dalla grandezza o dell'importanza che può avere un segno, perché tutto è segno. Diventa quindi interessante la novità di uno spazio, la sua conformazione e relazione con gli altri.



Personale

La personalità sta entrando sempre di più a far parte del gioco elettronico. Alcuni giochi sono programmati per imparare a conoscere il giocatore e ad agire di conseguenza. Nelle forme più semplici significa per esempio che se combatto contro il computer lui diventerà sempre più bravo imparando a contrastare, prevedendolo, il mio stile di gioco. Alla fine sarò io a decidere quanto lui dovrà oppormi resistenza a seconda se voglio trascorrere una serata rilassandomi o se sono deciso ad una sfida all'ultimo sangue. Esistono già progetti che prevedono una casa sempre più a misura del proprio utente. Impianti stereo che si accendono sulla musiche preferite la domenica mattina, macchine che preparano alle 7:30 del mattino il caffè ecc. (vedi il catalogo del convegno "Transmediale 2000, internationales medienkunstfestival Berlin", Berlino dal 12 al 22 Febbraio 2000,
www.transmediale.de).

Ma provando a fare un passo in avanti ed avvalendoci dei videogames come guida, non si potrebbe immaginare uno spazio che si modifica a seconda del giocatore? Al momento questa cosa avviene con intervalli decisamente lunghi e con interfacce tradizionali: il progettista ed il committente. Non c'è solo una sorta di adattamento dell'architetto alle esigenze del cliente, ma esiste anche un modo di porsi sulla stessa "lunghezza d'onda". Il processo, però, avviene una volta soltanto e magari si ripete dopo anni se non sono state fatte previsioni adeguate. Nel videogioco questo può avvenire in modo molto diverso. Il computer può rendersi conto che il giocatore sceglie sempre certe situazioni ambientali invece di altre, con il tempo potrebbe intervenire e stimolarne le scelte. Potrebbe non solo riproporre i desideri del proprio partner umano ma anche fargli scoprire situazioni non cercate ma interessanti vicine alle proprie paure e sogni.



LAN

LAN significa Local Area Network è considerata come una delle nuove frontiere per i creatori di giochi. Esistono già in commercio prodotti che permettono a centinaia di persone di giocare contemporaneamente allo stesso gioco. Sono veri e propri mondi paralleli nei quali ci si organizza in squadre che cercano di raggiungere insieme il proprio obbiettivo. La cosa stimolante è il sapere che l'immagine virtuale che ho di fronte, amico o nemico, è l'alter ego/sostituto di una persona "reale". In termini di spaziali questo cambia molte cose. Rende lo spazio virtuale molto meno illusorio perché descrive un'esperienza condivisa. 

Con l'avvento di Internet questi giochi stanno diventando sempre più complessi. Adesso l'obiettivo è quello di creare un mondo parallelo che funzioni 24 ore la giorno e dentro al quale nessuno abbia il completo controllo della situazione. Cioè: nel periodo di tempo durante il quale io non gioco il gioco continua grazie all'intervento degli altri giocatori alle altre latitudini. Sarà in pratica un'enorme spinta verso un diverso uso del tempo. Cosa questo possa comportare per l'architettura è molto difficile da prevedere, ma sicuramente pone grandi interrogativi su quella che sarà la percezione della realtà futura e di conseguenza del suo spazio; reale o virtuale che sia.

Giammarco Bruno
giammarcobruno@hotmail.com
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