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Parole d'amore

di Gabriele Mastrigli

 

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L'enorme glossario in progress messo in moto dal gruppo A12 con il progetto web Parole traduce con indubbia efficacia la dimensione babelica della città contemporanea. Una Babele fisica, planetaria e globalizzata, testimone che tutto il mondo s'è fatto città assorbendo le realtà locali ed omologandosi su alcuni registri vincenti; una Babele concettuale, da cui l'enorme quantità di neologismi che il gruppo A12 colleziona ed invita a raccogliere in un ambizioso esperimento di mappatura del territorio delle definizioni; infine una Babele elettronica, in cui i visitatori si muovono tra le parole incasellate (incontrando talvolta immagini e frammenti video e audio) come aggirandosi negli spazi di una metropoli in cemento e mattoni.



[18may2001]
Questa Babele, che è la città contemporanea, sfugge oggi alla condanna biblica. Lo ricorda Roland Barthes proprio all'inizio del suo Il piacere del testo: “la confusione delle lingue non è più una punizione, il soggetto accede al godimento attraverso la coabitazione dei linguaggi, che lavorano fianco a fianco: il testo di piacere è Babele felice”.

Se quindi la metropoli è un testo, Parole lo è ancor più. E non potrà essere, per seguire ancora Barthes, che un testo di piacere, “quello che soddisfa, appaga, dà euforia; quello che viene dalla cultura, non rompe con essa, è legato a una pratica confortevole della lettura”. Un piacere “non necessariamente di tipo trionfante, eroico, muscoloso. Non occorre inarcarsi. Il mio piacere può benissimo prendere la forma di una deriva.” Proprio la deriva sembra essere l'obiettivo segreto della Nuova Babilonia del gruppo A12. “Lo scopo finale”, ci ricordano infatti, “è quello di ottenere una geografia elettronica, dove sia possibile muoversi con la stessa ricchezza di percezioni ed emozioni di ogni ambito urbano”. Un paesaggio continuo ed orizzontale, da attraversare e da scoprire (di nuovo Barthes) “in balia delle illusioni, seduzioni e intimidazioni del linguaggio”, in cui però “non posso lasciarmi andare a dire: questo è buono, questo è cattivo. Niente graduatoria, niente critica, giacché questa implica sempre una mira tattica, un uso sociale e molto spesso una copertura immaginaria”.



Parole, dunque, non può essere un testo di godimento, “quello che mette in stato di perdita, quello che sconforta (forse fino a un certo stato di noia), fa vacillare le assise storiche, culturali, psicologiche, del lettore, la consistenza dei suoi gusti, dei suoi valori e dei suoi ricordi, mette in crisi il suo rapporto col linguaggio”. Non può avere, come evocato dai punti 9.1a e 9.1b del decalogo proposto dal gruppo, la necessità di scoprire la geneologia corretta dei concetti e delle idee, l'origine dei neologismi, la paternità delle definizioni. E nemmeno stabilire una gerarchia tra le parole in base alla densità ed alla precisione del loro contenuto o peggio smascherare la leggerezza e la superficialità dei frequenti, compiaciuti, semplici giochi di parole.



Non può perché “è un soggetto anacronistico colui che tiene tutti e due i testi nel suo campo e nella mano le redini del piacere e del godimento, perché partecipa nello stesso tempo e contradditoriamente all'edonismo profondo di ogni cultura (che entra pacatamente in lui sotto la veste di un'arte del vivere di cui partecipano i libri antichi) e alla distruzione di questa cultura: gode della consistenza del suo io (è il suo piacere) e cerca la sua perdita (è il suo godimento).”


Parole, in conclusione, può soltanto essere un immenso testo/territorio gratuito e disinteressato (vedo qui l'unico senso di un sito dinamico ed interattivo) che rinuncia a “mettere le cose al loro posto” e si propone nella sua genuina dimensione ludica ed affettiva; l'unica che ci possa rendere più vicina la metropoli planetaria che abitiamo.

Gabriele Mastrigli

gabriele.mastrigli@iol.it 
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