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Un'arca della cultura

di Alessandra Bordieri

 

Si è recentemente concluso, con la vittoria del progetto di Peter Wilson e Alterstudio, il concorso per la nuova Biblioteca Europea di Milano (BEIC), che sorgerà entro il 2007 nell'area dell'ex stazione di Porta Vittoria a Milano. A margine della presentazione completa del progetto, Alessandra Bordieri propone una nota di commento.




Un'arca della cultura, un vascello del libro. Così Peter Wilson ha definito il suo progetto per la nuova Biblioteca Europea di Milano (BEIC), dopo esser stato proclamato vincitore di un concorso che per cinque mesi ha impegnato dieci gruppi di progettisti.

[16nov2001]

 

> BOLLES+WILSON E ALTERSTUDIO. BEIC
Ha la forma dell'arca, ma sembra piuttosto un'astronave, se non altro per lo scintillante rivestimento in titanio o acciaio anodizzato, un alieno atterrato sullo scalo dismesso di Porta Vittoria, nella zona sud-est di Milano. Un progetto complesso quello di Bolles+Wilson che secondo la giuria "propone una soluzione brillante e innovativa, contraddistinta dalla forte continuità tra lo spazio pubblico della città e l'organismo della biblioteca”. Ma questo non è l'unico punto di forza del progetto degli architetti tedeschi. Bolles+Wilson hanno pensato a un organismo completo, con una forma pulita e allo stesso tempo complessa nell'organizzazione degli spazi e delle funzioni.



Un enorme scatolone, chiamato BEIC Box dallo stesso progettista, costituisce il corpo centrale, alto trenta metri, lungo ottanta. Dentro un atrio a tutt'altezza, il BEIC Forum, una piazza interna, un luogo di mediazione tra lo spazio esterno e il vero interno della biblioteca. Da qui si intravedono scale, passaggi, ponti e tutti i percorsi che connettono i diversi luoghi della biblioteca, da qui si possono già assaggiare le possibilità dei cinque piani sovrastanti: un milione di libri, 150 mila audiovisivi, 3000 periodici, biblioteche specializzate, spazi a scaffale aperto, luoghi per la consultazione di materiale digitale e online. 

Uno scatolone che non si appoggia semplicemente al suolo, ma ne reinterpreta il rapporto con l'edificio: uno degli ingressi arriva proprio dal sottosuolo, in diretta connessione con il passante ferroviario, mentre tre sono i livelli interrati per i parcheggi. Un basamento media il passaggio all'atrio centrale e contiene un auditorium con mille posti. Dal corpo centrale si estendono due ali, che sembrano volare, sostenute da una teoria di alti pilastri. Le due ali contengono le sale lettura, con 3500 posti per la consultazione, affacciati sullo spazio aperto.

Un progetto impegnativo, che interpreta con un segno contemporaneo il rapporto con la città, e risponde in modo non retorico alle richieste di un bando di concorso esigente, complesso e in alcuni punti perfino pedante. Funzioni speciali, percorsi, rapporti fra gli spazi. Computer e libri, innovazione e tradizione. La città e l'edificio. Sono tutti temi che dovevano essere coniugati tra loro, alcuni sottolineati proprio dal committente, che richiedeva, per esempio, uno studio degli ingressi, in modo che il nuovo organismo riuscisse a interpretare il rapporto fra interno ed esterno, fra spazio pubblico e semi pubblico. Oppure richiedeva di riflettere sull'inserimento delle nuove tecnologie in un luogo che ambisce al titolo di "Biblioteca europea di informazione e cultura", e che quindi dovrebbe diventare uno dei poli di una rete sovranazionale di spazi della cultura. Per questo l'importanza data all'atrio nel bando di concorso: una sorta di crocevia di incontri, di percorsi reali e virtuali, di spazio di connessione fra l'esterno urbano e l'interno della biblioteca, ma solo un preludio a ciò che succede negli altri luoghi della cultura.

Lo "scatolone" di Bolles+Wilson sembra interpretare queste richieste con un'architettura contemporanea intelligente, che risolve i problemi funzionali e relazionali con una forma nitida, lontana dall'arroganza di alcune architetture contemporanee e dalla retorica del grande disegno urbano. Un organismo dinamico, probabilmente anche divertente, che vorrebbe far vibrare una parte di città al margine tra l'espansione berutiana e la prima espansione periferica, un'area che vede incombere su di sé la mano di Vittorio Gregotti, il quale ha già preparato una mini-Bicocca per l'area a nord della biblioteca, intervento quello di Gregotti però tutto da rifare, secondo la commissione edilizia.

La biblioteca di titanio ha battuto altri nove progetti "famosi", da Jo Coenen a Mario Botta, dal team Umberto Riva+Emilio Battisti a Josep Luis Mateo, da Collovà a Gino Valle, che probabilmente, dopo la Deutsche Bank, non riusciva a farsi sfuggire l'occasione di mettere un altro edificio leggermente ruotato davanti alle rigorose steccone ortogonali del Gregotti. I dieci gruppi erano stati scelti fra una rosa molto più ampia di progettisti che avevano inviato curricula e idee nella prima fase, durante la quale si era parlato di alcune esclusioni "eccellenti", come Zaha Hadid e Arata Isozaki, o, per restare in Italia, Stefano Boeri e lo stesso Vittorio Gregotti.

L'importo dei lavori per la nuova biblioteca è di 227 miliardi, il cantiere di quello che sarà il "Guggenheim milanese", come lo ha definito con non poca retorica l'amministrazione comunale, si dovrebbe chiudere entro il 2007. Per ora il progetto Bolles+Wilson si potrà vedere insieme alle altre nove proposte in una mostra che aprirà in gennaio a Milano all'Urban Center.

Alessandra Bordieri
a.bordieri@libero.it
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