Il Dipartimento di Architettura Infrastruttura Paesaggio
della facoltà di Architettura di Pescara con il patrocinio della facoltà di Architettura di Ascoli Piceno e dell'Ufficio Stampa della Ambasciata Greca a Roma, ha promosso un Convegno Internazionale di studi dal titolo
“Il moderno trascurato: temi figure ed opere
1950/1960”. |
[22jan2002]
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Nato da un'idea di Carmen Andriani e Yorgos Simeoforidis il convegno ha affrontato, attraverso contributi teorici e testimonianze di opere poco conosciute, la questione delle declinazioni locali del moderno, ovvero delle alterazioni dei caratteri originali ed 'internazionali' del linguaggio, messa in atto da singole personalità, o contaminate nel contatto di realtà locali specifiche. Il senso di questo convegno è stato duplice: da una parte sanare un debito di conoscenza verso opere ed architetti tenuti ai margini delle storiografie ufficiali, dall'altra individuare in quei decenni così vitali (anni '50 e '60) alcune delle ragioni, non solo 'globali' ma soprattutto locali del linguaggio contemporaneo. Ovviamente non è stato un convegno esaustivo ma solo, speriamo, l'avvio di un racconto che potrebbe essere continuato in altre sedi interessate. Il convegno si è svolto nella sede della facoltà di architettura di Pescara nei giorni 25/26 maggio 2001. Responsabile del coordinamento del convegno è Carmen Andriani, del Dipartimento di Architettura Infrastruttura Paesaggio della stessa Facoltà. Per la collana OSSIMORI/Sala editore sono stati pubblicati quattro libretti che registrano in tempo reale l'evento e le manifestazioni connesse. In forma di estesi abstract sono riportati i temi affrontati nel Convegno da relatori di fama internazionale. ARCH'IT propone la lettura degli abstracts di Carmen Andriani, Yorgos Simeoforidis, Pippo Ciorra, Franco Purini. Un'anticipazione di quanto, in modo più esteso ed integrato, sarà illustrato nel libro edito da METAPOLIS Press, di prossima pubblicazione. |
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Asnago & Vender, Edifici di via Giannone a Milano. |
Il tema "Il Moderno trascurato" può essere interpretato in più modi. Il più immediato riguarda la constatazione che vaste aree contigue alle linee portanti dell'architettura moderna sono state omesse dalla sua storiografia istituzionale. Fino a non molti anni fa questa si è dovuta infatti occupare delle figure centrali, delle teorie più decisamente formulate e delle vicende emergenti lasciando le personalità meno evidenti, le riflessioni più appartate e specifiche e gli eventi meno determinanti in una sorta di penombra. Una penombra che oggi è giusto dissipare. Un secondo modo di intendere il tema consiste nel trarre le conseguenze di un modo di pensare la storia che in anni recenti ha subìto una metamorfosi irreversibile. All'idea di una storia come processo lineare/prospettico si è sostituita quella di un tempo fatto di circonvoluzioni, nel quale il tragitto più breve tra due punti non corrisponde più al segmento rettilineo che li unisce, ma a una traiettoria avvolta su se stessa, a un itinerario mutevole che a volte torna indietro, che si concede alternative, diversioni e divagazioni. Tale passaggio da una concezione lineare/prospettica a un modello a geometria variabile ha permesso di ridistribuire, spesso in modo determinante, posizioni e valori, facendo sì che si riformulasse integralmente la cartografia tematica della Modernità, nonché la stessa idea di Moderno. Si è così passati dalla centralità alla perifericità, dalla verticalità all'orizzontalità, dall'unicità alla pluralità, dall'identità alla differenza; si è disegnata una mappa regionalistica della ricerca; si è proceduto a narrazioni interstiziali; si sono riscoperte –e in molti casi scoperte per la prima volta– individualità di rilievo, la cui conoscenza ha ampliato considerevolmente la comprensione di ciò che è successo veramente nel secolo breve. Takis Zenetos, House Kavouri, Athens. |
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Ma con le parole "Il Moderno trascurato" si può anche voler dire che esiste un Moderno diverso, un Moderno ombra, parallelo e antagonista rispetto a quello ufficiale, oppure che è possibile trovare nelle pieghe di questo periodo così complesso e contraddittorio tutta una serie di elementi e di motivi ancora inespressi, da riportare alla luce e trasformare in importanti momenti della ricerca. Tuttavia, il vero senso del tema Il Moderno trascurato non va riconosciuto tanto nella legittima esigenza di un ripensamento radicale dell'identità architettonica del Novecento quanto in una motivazione più segreta, nonché sottilmente sovversiva. Il problema non sarebbe in altre parole quello di sostituire al Moderno tanti diversi Moderni, né di salvare dall'oblio gli architetti sommersi né, ancora, di sfruttare i giacimenti architettonici ancora intatti che soggiacciono ai cent'anni appena trascorsi, ma di pensare che il Moderno stesso non è nel suo insieme ancora compiuto, configurandosi come un progetto storico non solo quasi del tutto frainteso, ma largamente inesplorato nei suoi veri valori e sostanzialmente tradito. |
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Jean Prouvé, Bouvette ad Evian. Non si può neanche credere che il tema Il Moderno trascurato voglia sottintendere la scelta dello sradicamento come un estetizzante, e paradossalmente generalizzato, principio del fare. Se questo fosse il contenuto dello slogan/programma Il Moderno trascurato se ne dovrebbe dissentire ampiamente. Il Moderno è veramente finito, e la sua immagine consolidata non può in alcun modo essere messa in discussione, semmai ampliata in qualche suo aspetto secondario. Ciò che invece si rivela urgente è un nuovo rito fondativo attraverso il quale si dia inizio con una frattura anche drammatica a nuove cronologie architettoniche, capaci di rendere visibile e operabile l'ormai incolmabile distanza che separa il tempo attuale da quello, remoto, che vide all'opera la rivoluzione delle avanguardie. Se allora ci si interrogò sulle finalità primarie dell'architettura non c'è alcun motivo perché non lo si faccia anche oggi, in un contesto che non ha più alcun punto di contatto con quello che agli albori del secolo scorso alimentò le ricerche di pionieri come Frank Lloyd Wright, Le Corbusier, Walter Gropius, Ludwig Mies Van der Rohe. La continuità con il Moderno -o, meglio i Moderni- e con la tradizione delle avanguardie, è un rito nostalgico e non lo è di meno perché è diffusissimo: dimenticare i Moderni è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché si possa vedere il futuro prossimo e quello più distante senza le suggestive sirene di un passato che, in quanto tale, è sempre distorto, ingannevole e consolatorio. Franco Purini |
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