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PAESAGGI IN EVOLUZIONE/Sottoviadotti

di Alessandro Bagella

 

[in english]

Periferie e centri storici non hanno più confini prestabiliti immediatamente individuabili e il loro carattere polare assume significato tanto più secondario quanto più i tempi di attraversamento del territorio si dilatano: la maglia infrastrutturale è il vero nuovo polo in divenire, paradossalmente, un polo di transito, un centro lineare.

Il flusso veicolare è un attore protagonista della scena urbana contemporanea e la modernità di una città si misura anche in base alla sua capacità di assorbire l'intensità di traffico.

Al di là delle prestazioni, le vie di comunicazione sono però innanzitutto un'entità fisica e, non di rado, la scala dimensionale in cui si manifestano genera spazialità monumentali. Valutare l'estetica delle infrastrutture diventa quindi imprescindibile nell'ottica di innalzare la qualità ambientale; e ancor più, se si pensa che, dopo un iniziale inserimento nel paesaggio, tali realtà sono destinate a divenire paesaggio esse stesse, panorama di cui godere o piuttosto da subire.

[10feb2002]




Quando la carreggiata è soprelevata, la dicotomia tra piano di transito e linea di terra diventa spregiudicata: politica dei trasporti e gestione del territorio sembrano appartenere a due governi distinti e la supremazia della mobilità nei confronti di ciò che permane al suolo si delinea in modo netto. La progettazione di un viadotto è legata a una concezione monofunzionale dello spazio che fa corrispondere la possibilità di spostamento al mancato utilizzo delle zone praticabili inferiori, incurante delle eventualità antropologiche implicite ai “sottoviadotti”. Gli impalcati aerei delle campate infatti, offrono copertura ai volumi sottostanti, rendendoli variamente utilizzabili a secondo della collocazione e del contesto ambientale: la prossimità al passaggio dei veicoli è condizione strategica per l'insediamento di attività commerciali, mentre più in generale un luogo riparato può stimolare la sosta e l'aggregazione.







Con i progetti per l'America Latina e per lo sviluppo di Algeri, Le Corbusier aveva già affrontato questa tematica più di mezzo secolo fa; mediante un esperimento di deterritorializzazione domestica o viceversa di addomesticamento delle infrastrutture, l'architetto francese aveva individuato una strategia di intervento che sintetizzava sinergicamente moto e quiete, pubblico e privato, romanticismo e razionalità in un'operazione totale, inedito esempio di sincrasi architettonica.


Le Corbusier: "Terreni artificiali", proposta per Rio de Janeiro (1929).

Del resto, in assenza di una gestione regolata, i sottoviadotti soccombono all'insorgere di atteggiamenti incivili e di fenomeni illegali e la loro potenzialità di catalizzatori sociali si manifesta tramite episodi di occupazione indebita del suolo pubblico. Gli unici momenti di vitalità e aggregazione derivano purtroppo dai fenomeni di abusivismo, meritevoli peraltro, di conferire a questi frammenti urbani una precisa identità: da sempre l'iniziativa popolare sostituisce la mancanza di interventi progettuali ufficiali e spesso, a posteriori, fornisce utili suggerimenti per modificare le realtà esistenti.

Alessandro Bagella
a.bagella-wolit@tiscalinet.it
Le immagini presentate sono state realizzate dall'autore che ringrazia gli artisti Loris Cecchini e Bernardo Giorgi e l'arch. Paola Giaconia per la gentile collaborazione.
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