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Eindhoven: ipotesi di città

MetroGrammA Studio Associato

 

Il progetto di Andrea Branzi, Ernesto Bartolini e Lapo Lani è indicativo di alcune questioni di grande interesse e rilevanza all'interno del dibattito urbanistico ed architettonico europeo contemporaneo; questioni che ci inducono a riflettere ed a fare alcune considerazioni. Eindhoven si può considerare infatti come una riflessione teorica ma figurata sui territori che caratterizzano per lo più le città attuali. Una forma di pensiero visivo, che si sviluppa intorno al tema della città debole e diffusa e che ne concettualizza, attraverso lo strumento del progetto, il senso proprio.

[19feb2002]
> EINDHOVEN, UN MODELLO DI URBANIZZAZIONE DEBOLE...
Gli esiti di tale operazione sono infatti una serie di disegni, schizzi e rappresentazioni che permettono di raccontare –proprio come in un testo scritto– il processo che ha condotto gli autori dall'osservazione della realtà così per come appariva alla sua rappresentazione ed interpretazione semplificata; ciò che emerge sono soprattutto le potenzialità insite in questo territorio: in definitiva la sua descrizione alta.


Schizzo di presentazione della metodologia di definizione del concept.



PROGETTO VERSO CITTÀ. Se vengono opportunamente contestualizzati all'interno di un quadro di significati generali, i disegni che narrano le sequenze progettuali di questo lavoro per Eindhoven possono essere letti come una sperimentazione intorno al tema della reversibilità e della dispersione territoriale. In questo senso il progetto per Eindhoven può essere definito come un modello di urbanizzazione debole; tuttavia, un progetto che tende verso un'idea di città molto precisa.


 

 
Diagrammi d'organizzazione funzionale.
Le immagini messe a punto dagli autori per questo progetto, a nostro parere, richiamano molto alla mente –lette in maniera non sequenziale- l'universo della fotografia (1); la rappresentazione appare, infatti, molto distante dalla prassi tradizionale del disegno tecnico classico sia architettonico che urbanistico; prassi intenta soprattutto a precisare configurazioni ed assetti urbani ben precisi e quindi ad individuare una rigida gerarchia del racconto progettuale.

Questo paragone con la fotografia ci aiuta ad introdurre bene alcuni aspetti di questo progetto. Infatti lo sguardo della macchina fotografica cattura e manipola i materiali urbani di una città attraverso un'operazione di "selezione, schematizzazione, descrizione e sintesi". In modo analogo, questa proiezione concettuale (così ci pare di poter definire questo progetto), esplora attraverso differenti configurazioni le potenzialità di quest'area di Eindhoven; emerge però da tutte le soluzioni possibili un tratto distintivo caratterizzato da una precisa idea di città: un modello di urbanizzazione debole appunto, come i progettisti stessi raccontano l'obiettivo del loro lavoro. In questi ultimi anni fotografi (2), videomaker ed artisti in genere hanno insegnato molto alla professionalità specifica di architetti ed urbanisti che lavorano oggi, sempre più, attraverso la costruzione di scenari (3) e sempre meno, soprattutto alla scala urbanistica, intorno ad impianti compositivi rigidi ed immutabili.

Edgar Morin ha scritto che "la complessità non ha una metodologia, ma può avere il proprio metodo… Il metodo della complessità ci richiede di ristabilire le articolazioni tra ciò che è disgiunto, di sforzarci di comprendere le multidimensionalità, di non dimenticare mai le totalità integratrici".

NOTE

(1) La rappresentazione della metropoli ha incontrato fin dalla sua origine nella fotografia uno strumento privilegiato. Nata tecnicamente nel momento dell'espansione delle grandi città come Parigi, Chicago, New York, Berlino, Tokyo, Londra, essa costituisce il mezzo che ci ha permesso di conoscere i connotati essenziali di queste nuove realtà e farli diventare parte della nostra memoria visiva.
(2) Nel corso degli anni, l'evoluzione tecnica ed estetica della fotografia, ad esempio, ha consentito di elaborare diverse sensibilità in relazione alla rappresentazione possibile della città, sino a rendere praticamente irrinunciabile, per un architetto o un urbanista, la presenza di un fotografo durante le fasi di "rilievo" di un luogo, di un paesaggio o di un contesto in genere.
(3) Bernardo Secchi in, "Città moderna, città contemporanea e loro futuri", relazione presentata al convegno "I futuri della città. Conoscenze di sfondo e scenari", Progetto Strategico CNR, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", 1998, descrive gli scenari come la costruzione, da parte di architetti ed urbanisti, di "uno o più ordini ipotetici tra i diversi fenomeni che investono la città, l'economia e la società".
(4) Vale a dire quel segno (singolo) unito al suo referente da un rapporto di somiglianza.
Il lavoro concepito per l'area Philips ad Eindhoven, da Branzi-Bartolini-Lani, si configura proprio come l'esplorazione di diverse ipotesi e configurazioni aperte dove però il punto di vista teorico sulla città rimane comunque ben riconoscibile. Ciò che emerge è una sorta di indice fertile di temi e questioni rilevanti all'interno di un nuovo orizzonte di senso dell'area Philips.

La fotografia infatti, per tornare ancora un attimo al paragone fatto poco fa, non è assimilabile ad un'icona (4), ma piuttosto ad un indice. Non è per analogia formale, che la fotografia comunica e ci lancia dei messaggi, ma per contiguità fisica tra significato e significante. Attraverso la fotografia non viviamo le città; e meno ancora attraverso i fotomontaggi ed i collage.


Diagramma d'organizzazione funzionale
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Il progetto per Eindhoven funziona in modo analogo allo sguardo di un fotografo; esso si configura come una sorta di dispositivo capace di fissare un'immagine di città chiara ma, allo stesso tempo, molto flessibile ed aperta a molteplici interpretazioni.

Il risultato è un'approssimazione, più paesaggistica che oggettuale, che accentua quel sentimento di disincanto, sempre più marcato, verso la metropoli moderna, la sua efficacia e la sua seduzione. Un disincanto che si manifesta, all'interno di un progetto per una metropoli contemporanea, in una continua ricerca di spazi alternativi, spazi altri, reversibili, fuori e dentro la città, come il rovescio di una realtà quotidiana.

Ciò che intendiamo sostenere, in definitiva, usando il progetto di Eindhoven come esempio indicativo, è che, in generale oggi, molti progetti d'architettura ed urbanistica non costituiscono (solamente) il modo attraverso cui proporre e/o orientare concretamente "futuri possibili", ma, forse, rappresentano sempre più (soprattutto) il sedimento di uno sguardo cognitivo nei confronti della città. Il progetto è anche e soprattutto una forma di ricerca e sperimentazione permanente in grado di sollevare temi e questioni investigandone il senso proprio.




 

Diagrammi d'organizzazione funzionale.
RAPPRESENTAZIONE VERSO STRATEGIA. La città contemporanea, e questa è la seconda questione che intendiamo far emergere da questo lavoro per Eindhoven, possiede un carattere dichiaratamente "mutevole" che costituisce un "limite" nella possibilità di fissare immagini progettuali stabili ed immanenti, poiché essa si manifesta sempre come un territorio, in gran parte, nuovo ed imprevedibile. In questo senso possiamo, forse, sostenere che il senso di una prassi meta-progettuale, come in questo caso, si coglie nella forma di una vera e propria strategia investigativa.


 

Diagrammi d'organizzazione funzionale.
Il termine "strategia" pare essersi insinuato sempre di più nello stretto rapporto esistente tra progetto e produzione d'immagini progettuali; sempre più si ri-parla (5), infatti, di "progettazione strategica" (6) senza fare riferimenti precisi alla scala del progetto (pensiamo all'utilizzo tradizionale del binomio pianificazione e strategia), mettendo in stretta relazione il senso di questa "tipologia" di progetti con l'attività di prolificazione continua di rappresentazioni parziali del mondo.

Spesso, in questi ultimi anni, si associa invece al progetto d'architettura e d'urbanistica l'appellativo "strategico", rendendo ancora più evidente la relazione dei significati di questo termine con il mondo delle rappresentazioni in genere. L'immagine che un progetto restituisce, non può essere intesa (solamente) come una superficie "senza spessore", stabile, determinata e piatta; un audace e spettacolare esercizio di "razionalità dimostrativa"; ma, al contrario, va intesa, come un sistema di potenzialità; come un diagramma (7) che, altro non è, che un dispositivo dialogico. In questo senso il progetto per Eindhoven costituisce una prima bozza strategica di masterplan generale.



CITTÀ VERSO PROGETTO. Un'ultima questione attiene, a nostro parere, la rappresentazione e la necessità di questa di essere sempre più comunicativa, immediata e, quindi, efficace. Le città europee hanno assunto in questi ultimi anni un ruolo molto importante nelle politiche di gestione dei territori urbani: un nuovo ruolo politico come hanno commentato alcuni (8).

Il percorso progressivamente sempre più stringente verso l'Europa Unita sta aumentando allo stesso tempo l'autonomia e le possibilità di autogoverno delle realtà urbane locali specifiche. Ciò che appare differente, come conseguenza immediata, rispetto a qualche anno fa (e questo è evidente anche in Italia considerando il numero di concorsi promossi in questi ultimi anni), è la capacità operativa di stimolare i cambiamenti e le trasformazioni necessarie, spesso attese da anni.

Quello che intendiamo affermare –e l'esempio di questo progetto in pieno spirito internazionale europeo per l'area Philips ad Eindhoven ne è la prova- è sostanzialmente una ritrovata motivazione di "fare". C'è un maggiore interesse, in questo contesto, a promuovere progetti complessi e visibili di riqualificazione e trasformazione urbana.


Simulazione habitat.

Quale sia il riflesso di questi nuovi orientamenti delle politiche amministrative sul progetto d'architettura e di urbanistica, sono ancora in larga parte, certamente da indagare. Ma ciò che appare evidente è la necessità di comunicare e riaffermare una centralità del progetto urbanistico in grado di formulare ipotesi molteplici sui futuri possibili delle città predisponendo in questa maniera le basi per discussioni più concrete, democratiche e riferite.

(5) La produzione di forme, suggestioni e immagini da sempre ha giocato un ruolo centrale nell'attività progettuale, architettonica ed urbanistica.
(6) In realtà di "pianificazione strategica" si parla sin dagli anni '60 e successivamente negli anni '70 e '80. Vedi a proposito Patry Healey (a cura di), "Making Strategic Spatial Plans. Innovations in Europe", Ucl Press, London, 1997. G. Pasqui sostiene a proposito in Territorio n. 111, 1997, che "sembra mutato l'orizzonte di senso all'interno del quale si utilizza questo accoppiamento di termini: progetto e strategico. Meno riferito alla scala dell'intervento (non a caso si è sempre proposto l'accostamento dei termini pianificazione e strategia), più relazionato al carattere generativo della rappresentazione".
(7) Charles Sanders Pierce definisce il diagramma come un dispositivo, "un'immagine di relazione", che egli assimila alla funzione degli 'algoritmi'.
(8) Cristina Bianchetti, "Città, politiche e piani", 'Rassegna' n. 75, 1998.
Cristina Bianchetti (9) afferma a tal proposito, al di là di ogni giudizio di merito, che "le nuove forme della politica sembrano chiedere ai piani ed ai progetti urbani di accentuare, più che un'attività regolativa che li connota, la capacità di costruire immagini convincenti, di mettere in comune aspettative e prefigurazioni circa il futuro della città. All'urbanistica si chiede in primo luogo, di aiutare a sviluppare prospettive che possano essere condivise da gruppi sociali differenti; dai tecnici locali e dagli amministratori innanzitutto, ma anche dai cittadini. Prospettive che possano, in altri termini, implicare significati condivisi, creare consenso".

Risulta così chiara l'importanza di una meta-progettualità in grado di esplorare e sperimentare diversi scenari e possibili configurazioni, e quindi di produrre immagini convincenti, in previsione della messa a punto di strumenti progettuali più concreti ed operativi. In questo senso anche la città –nella sua accezione più politica- pare aver bisogno di una progettualità in grado di stimolare i cambiamenti necessari all'epoca contemporanea.


Simulazione habitat.

(9) Cristina Bianchetti, "Città, politiche e piani", op. cit., p. 18.
Queste considerazioni ci conducono ad affermare che tale lavoro, non a caso sviluppato all'interno di un workshop di gruppo, è da intendersi, a nostro parere, soprattutto come la ricerca di un orizzonte di senso, in base al quali attori ed interessi si possono orientare al fare, provando a pre-figurare ed individuare con più chiarezza obiettivi comuni. In questa maniera, "distaccandoci" per un attimo dall'atto intenzionale dei sui autori, il progetto per Eindhoven, si deposita come atto di un evento interpretativo e come oggetto per nuove infinite interpretazioni di riferimento. Nel suo insieme di enunciati (10) rappresentati definisce tuttavia un'idea chiara di città per questa parte della città di Eindhoven.

MetroGrammA Studio Associato
mga@metrogramma.com
(10) Diagrammi, schemi, schizzi, immagini di sintesi costituiscono vere e proprie "proposizioni" che strutturano la superficie della rappresentazione complessiva di un progetto.
Yorgos, non dimenticheremo mai quel tuo modo sempre libero, disinteressato e così intensamente umano di trasmettere emozioni, idee, riflessioni, passioni ed energia. Ciao amico.
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