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Su Winka Dubbeldam

Luigi Prestinenza Puglisi

 

[in english] È tra i migliori architetti in circolazione. Di lei hanno parlato numerose riviste, tra le quali Architecture. E basta andare nel suo sito (www.archi-tectonics.com) per trovare un elenco nutrito di pubblicazioni che la riguardano. Winka Dubbeldam ha un curriculum ineccepibile. Ha studiato in Olanda e si è specializzata a New York alla Columbia, uno dei principali centri della ricerca architettonica mondiale diretto da Tschumi. Ha poi lavorato a studio con lo stesso Tschumi, con Peter Eisenman e con Steven Holl.

[02mar2002]
Winka ha affiancato la sua attività professionale con un forte impegno verso la didattica. Insegna alla Columbia. Tuttavia, a differenza di altri professori della Columbia, non si è fatta prendere più di tanto dall'ineffabile fascino dell'elettronica. Non ha mai voluto abdicare alla concretezza del costruire. Ha evitato di orientare la sua ricerca verso le mirabolanti sfogliatelle del suo collega Greg Lynn o le forme cyberplatoniche di Hani Rashid. 

Da brava olandese ha preferito pensare alle nuove tecnologie, che conosce e pratica, in modo prammatico, cercando di capire come queste possano entrare concretamente all'interno del processo costruttivo, determinare inaspettate funzioni e nuovi bisogni, suggerire moderni metodi di approccio al problema progettuale.



La forma per Winka è strettamente interrelata ai suoi contenuti. Siamo quindi lontani dall'estenuato formalismo di suoi maestri Eisenman e Holl. Vi è invece dialogo a distanza con Tschumi: penso al suo interesse per gli spazi interstiziali e per il rapporto tra corpo e architettura. Risolto con una architettura che stimola ma mai ingombra il corpo.

Riferimenti sono anche alla scuola olandese. I giovani MVRDV, Van Berkel, West8. E Rem Koolhaas. Con il quale Winka ha avuto modo di collaborare. Apro una parentesi: Winka ha detto che Koolhaas non è così antipatico come fa di tutto per apparire, che guida a velocità folle una Maserati e mi ha pure raccontato che una volta ha avuto modo di dormire a Villa Dall'Ava, la casa che ha reso famoso Koolhaas presso il pubblico internazionale.

Ma si tratta, di riferimenti a un metodo comune. Quasi mai a un sistema di forme. Rispetto agli olandesi Winka ha infatti una asciuttezza di linguaggio sorprendente. Va subito al sodo, non si perde in citazioni, evita le macedonie di forme e materiali. 

Metodo olandese più precisione svizzera. Ecco forse una formula che potrebbe rendere il suo lavoro. Per avere una Winka miscelare insieme due parti di Koolhaas e tre di Tschumi, che non lo dimentichiamo è svizzero di nascita. E servire il tutto con un pizzico di intelligenza e acume femminile, che manca ai nostri due.

> FLEX-CITY, NYC 1991-2001-2012

Concretezza nel costruire insieme a un forte impegno teorico. È una miscela esplosiva. Che ha contribuito a renderla famosa. Winka è stata selezionata tra i cento progettisti del libro 10x10 della Phaidon e ha partecipato, con una sua proposta alla mostra the Un-private House del MoMA. La mostra, organizzata nel 1999 dal critico Terence Riley, aveva il compito di capire in che modo stesse cambiando l'architettura a partire dai progetti di case unifamiliari. Basandosi sull'assunto che i segni di grande cambiamento si registrano per primi in piccole opere di architettura e, in particolare, nel settore delle case unifamiliari. Si pensi per esempio al ruolo fondamentale che ebbero casa Schoeder, villa Tugendhat, villa Savoie o la Maison de Verre nel delineare una nuova identità architettonica lungo gli anni Venti e Trenta.

Quattro sono gli aspetti che mi hanno colpito di più nella produzione della Dubbeldam.

Innanzitutto il suo interesse per ciò che è interstiziale, in bilico tra due categorie. Per esempio gli spazi a 2 dimensioni e mezzo, non riconducibili né al volume né al piano. Ma che organizzano in modo inaspettato la dinamica di un edificio. Si veda, per esempio, come la facciata a due dimensioni e mezzo del Greenwich Street Project consenta l'allineamento con gli altri edifici e nello stesso tempo nuove e inaspettate viste dal suo interno. Altra architettura in bilico è la galleria d'arte a West Broadway, dove lo scontro è tra reale e virtuale e il gioco delle telecamere determina uno spazio che non è esattamente né l'uno né l'altro.

Il secondo aspetto di interesse è per l'organizzazione dell'edificio, ricondotta a pochi principi unitari d'ordine, che si concretizzano attraverso componenti a forte caratterizzazione tecnologica. Un nucleo di servizi all'interno della casa, una parete continua attrezzata che corre lungo le pareti del negozio. È un metodo che ricorda le strutture Plug in di Archigram. I quali anch'essi ricorrevano a pezzi tridimensionali montabili con facilità e facilmente sostituibili. I pezzi di Winka, però a differenza di quelli degli Archigram, non solleticano l'immaginario tecnologico ma quello percettivo.

Il terzo motivo di interesse è per la qualità degli spazi, sempre fluidi e accoglienti. Per il gioco raffinato delle trasparenze. Per quel dono della Leggerezza che Calvino, nelle sue lezioni americane, sottolineava essere uno degli aspetti costitutivi della nostra modernità.

Vi è, infine, attenzione ai tempi, ai costi, alla efficacia della realizzazione. In nessun progetto l'immagine è fine a se stessa. In nessun progetto l'immagine è stata compromessa da una perdita di tensione. Noi italiani, così portati a scappare verso il disegno più astratto o il costruire più sciatto, dovremmo tentare di capirne la ricetta.

Luigi Prestinenza Puglisi
L.Prestinenza@agora.stm.it
Questa pubblicazione è realizzata in collaborazione con la rivista ticinese Spazio-Architettura, mensile di critica dell'architettura, del design e dell'arte. La traduzione in inglese è di Techne Traduzioni, Bologna.
> ARCHI-TECTONICS
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> (IN-)CREASE: INTEGRAL ARCHITECTURES

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