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L'architettura radicale e la critica

Carlotta Darò
È Germano Celant, all'inizio degli anni '70, a introdurre in Italia il fortunato termine di "architettura radicale". I protagonisti di quello che a posteriori diventerà un vero e proprio movimento sono alcuni studenti della Facoltà di Architettura di Firenze, in particolare del corso di Leonardo Savioli dedicato ai "Pipers". Nel novembre del 1966 i giovani architetti fiorentini organizzano la prima mostra di "Superarchitettura" in una piccola cantina della città di Pistoia. (1)

[05may2003]

Casabella
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Tra la prima e la seconda mostra di "Superarchitettura" si formano i due rinomati gruppi, Archizoom e Superstudio. Le riviste Domus, Casabella e in seguito In svolgono il ruolo di portavoce della neoavanguardia, mentre altri sporadici articoli escono su diverse pubblicazioni come Marcatré, Controspazio, Interni, Modo, Progettare in più, Abitare, Pianeta Fresco, Flash art, Nac e su riviste non di settore e di larga diffusione come Panorama e l'Espresso.


Global Tools
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A parlare di questo nuovo e prezioso fenomeno che tenta una fuga disperata dall'accademismo imperante, sono gli stessi architetti o alcuni importanti critici del mondo dell'arte. Grazie al metodico lavoro teorico di Andrea Branzi, quello editoriale di Alessandro Mendini, Franco Raggi e altri, possediamo oggi una chiara e appassionante lettura dei protagonisti di questo singolare fenomeno. D'altro canto, all'esterno del loro stesso circuito, Achille Bonito Oliva, Gillo Dorfles e il già citato Germano Celant contribuiscono ad un riconoscimento esplicito a livello concettuale del movimento radicale. Nel campo della critica architettonica, l'esempio di seguito riportato mette in chiaro il valore conferito a questo movimento da due critici come Manfredo Tafuri e Francesco Dal Co: "La liberazione nell'ironia ripercorre le utopie delle avanguardie storiche: i progetti di deserti occupati da superoggetti metafisici –come esercitazioni autopropagandistiche dei gruppi italiani Archizoom e Superstudio– consumano fino alla nausea gli aneliti tardoromantici della tautiana Aufloesung der staedte". (2) Il livello di apprezzamento dalla parte della critica italiana è di questa portata nei casi in cui, fortuna vuole, il movimento radicale viene per lo meno preso in considerazione.


Global Tools.

Questo movimento non è, all'epoca, studiato e valutato in una prospettiva internazionale più ampia. Il fenomeno radicale italiano assume il suo vero valore, infatti, nell'ambito di una più complessa storia di ribellione disciplinare che avviene in contemporanea in diverse parti del mondo. Forse a causa dei suoi contenuti politici e ideologici, o forse a causa della sua pericolosa posizione antiaccademica, i radicali italiani non riescono, in casa, ad abbattere i pregiudizi di una critica ostile. In una ricostruzione prospettica fatta per ipotesi ci sarebbe da chiedersi come sarebbe andato il seguito di questa vicenda se qualche critico contemporaneo di prestigio avesse posto, allora, l'attenzione sul fenomeno. Chissà se oggi il ritorno all'ordine, ovvero all'accademia, dei radicali italiani avrebbe avuto un'evoluzione diversa o più coerente?


Gruppo Strum. Utopia. Fotoromanzo
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Archizoom. No Stop City, 1970
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9999. Italy: the New Domestic Landscape
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Che la gloria dovrà giungere dall'estero si intuisce già nel 1972, quando il MoMA di New York chiama numerosi radicali ad esporre alla mostra di controdesign Italy: the New domestic Landscape. Nel 1974 e 1977, escono in Italia due importanti pubblicazioni che rimettono ordine alla successione degli eventi del movimento ormai finito. La prima è la pubblicazione della tesi di Bruno Orlandoni e Paola Navone (con l'introduzione di Andrea Branzi) Architettura radicale (3) e la seconda è Dalla città al cucchiaio, ancora di Bruno Orlandoni con Giorgio Vallino. (4)

Il tempo passa e i vari protagonisti radicali intraprendono strade diverse che li portano a superare le loro posizioni nichiliste e ad affrontare le scelte o i compromessi della realtà professionale. All'inizio degli anni '90 si apre, in Francia, un nuovo orizzonte di ricerca storica e critica riguardante gli albori dei giovani studenti fiorentini. Dominique Rouillard intraprende un lavoro di ricostruzione e, finalmente, d'inquadramento storico dell'avanguardia italiana. Mettendo in evidenza l'influenza di Superstudio e Archizoom, rispettivamente sul lavoro dei giovani Rem Koolhaas e Bernarnd Tschumi, Rouillard introduce in Francia un dibattito critico, fino ad allora assente nella patria italiana, che mette in luce il vero valore concettuale e progettuale, e non ideologico, dei radicali italiani. (5)


Superstudio. Monumento continuo
, 1971.

Questa operazione permette di ricostruire il fermento internazionale dell'epoca e le influenze reciproche in un'ottica che esce dal piccolo e combattuto contesto italiano. Inizia qui la consacrazione del valore storico dei radicali italiani con il recupero da parte del Centro Georges Pompidou, nella persona del conservatore Alain Guiheux, di numerose opere salvate dalle cantine polverose degli architetti. (6) Il lavoro dei radicali italiani diventa progressivamente oggetto di mostre e manifestazioni di varia natura fatte in territorio francese, tra le quali va citata l'attività del FRAC Centre di Orléans iniziata dall'allora direttore Frédéric Migayrou.

Alla Biennale di Venezia del 1996, diretta da Hans Hollein, si assiste finalmente, in Italia, ad una retrospettiva internazionale sul fenomeno radicale operata da Gianni Pettena per il padiglione italiano. (7) Segue, nel 1999, curata anch'essa da Pettena, la mostra al Palazzo Fabroni di Pistoia Archipelago. Architettura sperimentale 1959-99, che tende a voler attualizzare il movimento radicale avvicinandolo ad alcuni esempi di architettura contemporanea formalmente audaci o sperimentali. (8) Luigi Prestinenza Puglisi dichiarerà, nel libro This is tomorrow che l'architettura radicale ha vinto e che la prova di tale vittoria risiede in un'opera come il Guggenheim di Bilbao di Gehry che stravolge i canoni tradizionali della progettazione. (9) Ma il valore dell'architettura radicale è un valore negativo le cui tracce non si possono ritrovare in una "maniera" costruttiva. Gli architetti radicali si sono battuti, e forse sacrificati, in nome di una rivolta che mirava alla ridefinizione della disciplina intera e di un'ingenua battaglia contro il potere accademico. Purtroppo l'architettura radicale ha perso perché, al di là di alcune tracce significative nell'evoluzione storica di questa singolare avanguardia, non è riuscita a raggiungere l'utopica volontà di rottura e di rigenerazione della disciplina. Colpa del vuoto critico che ha accompagnato all'epoca questo movimento, o colpa piuttosto di una posizione che si poneva sin dal principio come eroicamente perdente, l'architettura radicale oggi lascia un importante patrimonio storico, giustamente messo in valore dall'intelligente recupero francese.

Esempio, per una volta italiano, di una posizione coraggiosa e "radicale", questa avanguardia ci lascia il merito di aver tentato o suggerito l'evasione verso altri orizzonti disciplinari, lontani dalla "regola" architettonica. L'architettura radicale, in quanto avanguardia destabilizzatrice, non poteva e non doveva vincere. "Fine ultimo dell'architettura è l'eliminazione dell'architettura stessa". (10)

Carlotta Darò
cardar76@hotmail.com

NOTE

1. "La superarchitettura è l'architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al consumo, del supermarket, del superman e della benzina super. La superarchitettura accetta la logica della produzione e del consumo e vi esercita un'azione demisitificante". Dal Manifesto della II° mostra di superarchitettura, Modena 1967.
2. Manfredo Tafuri e Francesco Dal Co, "Internazionale dell'utopia", Architettura contemporanea, Electa, Milano, 1976.
3. Edizione documenti di Casabella, Segrate-Milano, 1974.
4. Edizione Studio Forma, Torino, 1978.
5. Dominique Rouillard, "Radical architettura", in Tschumi, une architecture en projet: Le Fresnoy, éd. Centre Georges Pompidou, Paris, 1993. Cfr. inoltre "Stops/No-Stop-City", in Cahiers Paysages et espaces urbains n. 5, Presses Universitaires de Rennes, 1996; "Territoire magique", in Infrastructure, villes et territoires, L'Harmattan, Paris, 2000; Superstudio, Monumento continuo, 1969, conferenza tenuta al Centro Georges Pompidou il 14 maggio 2000, testo pubblicato in Le Moniteur architecture amc, n. 115, aprile 2001.
6. Cfr. La Ville, Art et architecture en Europe. 1870-1993 (dir. Jean Dethier et A. Guiheux), éd. Centre Georges Pompidou, Paris, 1993, e Collection. Projets d'architecture (dir. A. Guiheux), éd. Centre Georges Pompidou, Paris 1998.
7. Pubblicazione del catalogo Radicals. Architettura e design 1960/70, a cura di Gianni Pettena, Il Ventilabro, Firenze, 1996.
8. Cfr. Archipelago, architettura sperimentale 1959-99, a cura di Gianni Pettena, maschietto&musolino, Firenze, 1999.
9. Luigi Prestinenza Puglisi, This is tomorrow. Avanguardie e architettura contemporanea, Testo&Immagine, Torino, 1999.
10. Andrea Branzi, "Radical Notes", Casabella, n. 399, marzo 1975.

> DARÒ: SUCCESSI RADICALI D'OLTRALPE

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