Il
14 ottobre del 1947 il capitano dell'aeronautica militare americana
Chuck Yeager, al comando del velivolo X-1-1, supera la barriera del
suono, volando sopra i cieli della California alla velocità di Mach
1.06. Non erano in pochi a ritenere il leggendario primo pilota supersonico
una specie di essere soprannaturale; la capacità di entrare in simbiosi
con i suoi aerei era fenomenale; così come la conoscenza dell'involucro
dentro cui volava, dei suoi limiti, del rischio che si può correre nel
portarlo sino alla soglia di rottura. Secondo Sanford Kwinter, Yeager
era una "creatura di puro movimento e velocità" e dunque la metafora
perfetta per descrivere un altro eroe, questa volta dei nostri giorni:
l'iconoclasta architetto olandese Rem Koolhaas. |
[26may2003] | |||
Velocità,
ovvero capacità dell'architetto di giocare d'anticipo quanto basta per
spostare il limite tra il rispetto delle regole e la loro infrazione,
è questa la tattica koolhaasiana che emerge dal denso ma agile volume
curato da Kwinter insieme a Marco Rainò (Rem Koolhaas. Verso un'architettura
estrema, Postmediabooks, pp. 95, Euro 14,50), intelligente collage
di materiali eterogenei, in parte già pubblicati all'estero, che spazia
dalle celebri Conversations di Koolhaas con gli studenti della
Rice University di Houston dei primi anni Novanta alla più recente conferenza
tenuta al Berlage Instituut di Rotterdam dall'emblatico titolo Start
again. È la struttura stessa del libro a rivelare la rotta tracciata
da Koolhaas negli ultimi anni, attivo professionista ma allo stesso
tempo teorico o ideologo della città contemporanea e delle sue manifestazioni
più estreme. |
||||
La
prima parte è un confronto serrato con l'architettura e le sue possibilità.
Leit motiv di tutti i primi anni Novanta, secondo Koolhaas "l'architettura
è una professione pericolosa perché è una micidiale combinazione di
potenza e impotenza" che condanna l'architetto a sogni megalomaniaci,
la cui realizzazione è però sempre nelle mani di altri e sottoposta
ad infinite condizioni. Al progettista che non voglia soccombere non
rimane che innescare una "dinamica infernale" e portare i vari soggetti
coinvolti -dai committenti, agli investitori, sino al pubblico- ad una
condizione di reciproca interdipendenza dettata dalla complessità imposta
ai programmi. Per Koolhaas questo varrà tanto per l'architettura -con
il picco massimo nella realizzazione del grande complesso di Euralille
nel nord della Francia- che per la sua rappresentazione -la pubblicazione
della poderosa monografia S,M,L,XL, e la grande retrospettiva al MoMA
di New York. Alla metà degli anni Novanta scale dell'architettura e
scale della comunicazione trovano un punto di equilibrio sul tema della
Grande Dimensione. Grandi architetture, grandi concetti, grandi libri,
grandi mostre che però diventano ben presto un cliché facilmente riproducibile
dai più scaltri tra i discepoli di Koolhaas. |
||||
Alla
fine del decennio l'architetto-pilota intuisce che è ora di aumentare
la velocità e prendere posizione sui grandi fenomeni legati allo sviluppo
globale delle società occidentali, osservandone gli effetti sulla condizione
urbana del pianeta. Il tema sottinteso è l'interrogazione sul senso
e la necessità dell'architettura dopo l'architettura -la seconda parte
del libro- e cioè di dichiarare innanzitutto esaurito (tranne qualche
eccezione) il compito tradizionale della disciplina di dare forma e
identità all'abitare contemporaneo. Nascono diversi progetti collettivi
-come già per i libri e le architetture- di cui Koolhaas è però sempre
la figura di riferimento. Spicca il programma di ricerca Harvard
Project on the City -che inizialmente doveva chiamarsi The Project
For What Used to be Called the City, il progetto per ciò che si
era soliti chiamare città-, una complessa macchina di forze accademiche
e non che via via constata prima il "grande balzo in avanti" della conurbazione
sul delta del fiume Pearl, nella Cina meridionale; poi indaga il proliferare
dello junkspace, lo spazio-spazzatura (ma Koolhaas lo preferisce
nell'accezione spazio-casino per astenersi dal giudizio di valore) degli
aeroporti, delle hall d'albergo, delle sale congressi, e soprattutto
delle infinite declinazioni dello shopping; infine va a verificare
la capacità adattativa e produttiva di una megalopoli come Lagos, in
Nigeria, completamente priva di infrastrutture e tuttavia in grado di
generare forme di organizzazione intense ed efficaci. |
||||
Al ritorno dall'Africa, racconta Koolhaas, "divenni intollerante verso tutto ciò che non era veloce, immediato, diretto e intenso". Il mal d'Africa koolhaasiano è nuovamente una crisi di "velocità". La grave meningite, contratta nonostante i vaccini, che porta l'olandese ad un passo dalla morte, è soltanto una breve parentesi di tranquillità forzata ("ero diventato una persona gentile, in qualche modo passiva") che non gli impedisce di tornare pochi mesi dopo a bordo dell'aereo supersonico, per volare da Seattle a Porto, da Las Vegas a Bordeaux, e soprattutto di fondare una nuova struttura professionale AMO -acronimo di Architecture Media Organization ma anche l'inverso della sigla dello studio OMA- un think tank tutto dedicato a questioni teoriche e "virtuali" legate all'identità dei committenti, in cui l'architettura si trasforma in metafora di se stessa e cerca di recuperare quel terreno perso a vantaggio dell'informatica, della gestione, del marketing. |
||||
Con AMO trionfa la descrizione ossessiva della realtà, raccontata, fotografata,
graficizzata, ma soprattutto rinominata. Lo spiega lo stesso Koolhaas
a François Chaslin nella seconda delle due lunghe interviste che costituiscono
il cuore di un libro appena tradotto dal francese per i tipi di Electa
(Architettura© della Tabula rasa©. Due conversazioni con Rem Koolhaas,
ecc., pp. 126, Euro 25,00). Per le ricerche sulla Cina, lo Shopping
e Lagos Koolhaas e compagni registrano più di duecento copyright di
parole. Si tratta di una sorta di vocabolario urbanistico protetto che
segna allo stesso tempo le nuove possibilità e i nuovi limiti dell'architettura.
L'architettura dopo l'architettura è dunque quella che inizia di nuovo
dal suo alter ego concettuale. Se la realtà può essere semplicemente
osservata, descritta e rinominata anche l'architettura potrà esserlo.
L'architetto che ha pragmaticamente rinunciato al controllo sull'architettura
potrà vantare i diritti d'autore sull'Architettura©. |
||||
E
se qualcuno non fosse ancora persuaso che il futuro dell'Architettura©
è già iniziato, ecco il nuovo numero di Wired magazine, in edicola
tra pochi giorni, di cui Koolhaas è guest editor e AMO la struttura
che ha organizzato un ampio schieramento di scrittori, ricercatori,
artisti e critici, per raccontare i 30 spazi che caratterizzeranno
il nuovo secolo. Da Euro Space a Public Space, passando per Home Space,
Dump Space, Voice Space, Sex Space o Protest Space, l'atlante del
Nuovo Mondo di Koolhaas è l'ennesima accelerazione del supersonico
neo-Cristoforo Colombo per dimostrare di aver scoperto le Indie dell'architettura
là dove nessuno avrebbe mai immaginato: nello spazio "parlante" delle
sale d'aspetto e delle fermate della metropolitana, nei microcosmi
di informazioni prodotti dalle nanotecnologie, nelle ambientazioni
dei talkshow televisivi, nelle discariche di rifiuti in Africa abitate
e "organizzate" come sublimi "cadaveri squisiti" di improbabili città. |
||||
Questo intervento è apparso originariamente il 24 maggio 2003 su ALIAS, inserto culturale del quotidiano il Manifesto. |
||||
ARCH'IT
books consiglia Sanford Kwinter, Marco Rainò "Rem Koolhaas. Verso un'architettura estrema" Postmediabooks, 2002 pp96, €14,50 leggi il commento di Giovanni Damiani acquista il volume online! |
||||||
François
Chaslin "Architettura© della Tabula rasa©. Due conversazioni con Rem Koolhaas, ecc." Electa, 2003 pp125, €25,00 acquista il volume online! |
Per
qualsiasi comunicazione laboratorio
|