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Riflessi dello scambio globale

Antonella Serra




Archiprix International 2005. World's best graduation projects, a cura di Henk van der Veen, 010 Publishers, 2005.
184 progetti partecipanti, provenienti da 67 Paesi del mondo. 18 progetti selezionati dalla giuria e 6 vincitori. Questi sono i numeri della terza edizione di Archiprix Glasgow 2005, documentata con diligente precisione sul sito dell'organizzazione, sul quale è anche possibile scorrere la vetrina delle centinaia di progetti partecipanti. Percorsi di lettura alternativi: quello per macro-aree tematiche, individuate dalla giuria di concorso, e quello che propone una suddivisione dei progetti per provenienza. Il progetto è a cura di Henk van der Veen e sponsorizzato da HunterDouglas.

[04aug2005]
Archiprix International è nato sfruttando le potenzialità di una condizione mediatica globale, se non altro per i mezzi utilizzati: l’iscrizione è avvenuta via web e così pure il primo confronto tra i partecipanti. I giovani architetti hanno potuto visionare i progetti dei loro colleghi concorrenti collegandosi al sito web del premio ed hanno espresso un voto di preferenza, da cui è derivato un elenco di "favoriti".


Marcella Campa, Stefano Avesani (Venice, Italy), Micro-urbanism for Macrodensity. Beijing 700x800 for 35000. University IUAV of Venice, Architecture. Tutors: Bernardo Secchi, Yung Ho Chang and Laura Mascino.

Per votare hanno avuto gli stessi strumenti che sono offerti a noi come pubblico; forse immagini non troppo esaustive per dimensioni, ma in generale attendibili. L'approccio della giuria, puntuale ed analitico, acuto ed accademico nello stesso tempo, non ricercava la solita terna da podio ma, come da essa stessa dichiarato, intendeva individuare tra questi lavori delle linee di ricerca contemporanee delle quali, in seconda battuta, premiare i lavori emergenti.



Kiyoaki Takeda (Kanagawa, Japan), Continuum Body of Urban memory. Tokai University, Department of Architecture and Building Engineering. Tutor: Prof. Hideki Yoshimatsu.


Emilie Bédard (Montreal, Canada), Silo-wet: a Laboratory for the Urban Body. McGill University, School of Architecture. Tutor: Adrian Sheppard.


Jens Mehlan, Jörg Hugo (Vienna, Austria), OsakaUrbanStation. University for Applied Arts Vienna, Institute of Architecture. Tutors: Prof. Zaha Hadid, Prof. Patrick Schumacher, Prof. Klaus Kada; Assistants: Johann Traupmann, Jan Tabor, Christian Kronaus.

Ma è stato il risultato ad essere dichiaratamente "globale": se agli stessi partecipanti ha stupito che il workshop tenuto in quei giorni si sia svolto senza difficoltà di scambi progettuali e di dialogo tra giovani architetti provenienti da tutte le parti del mondo, ancora più affascinante è ritrovare tracce di questa capacità nei loro progetti. Due studenti viennesi preparano, in collaborazione con il Dipartimento di Architettura di Aachen (Germania), un progetto ad Osaka; studenti italiani indagano sulla macrodensità delle città cinesi ed un austriaco si cimenta sul lungofiume parigino e così via... scambiandosi tutto: università, tutor, impressioni e conoscenze di luoghi. Figli dell'Erasmus, del Leonardo, dei voli low cost e di tutte quelle esperienze che l'Università ha messo loro a disposizione e per i quali il globo si è ristretto, tanto da essere contenuto senza presunzione in un manifesto. Qui lo scambio è continuo: di strumenti, tecnologie, informazioni, mezzi.


Paula Julin (Tampere, Finland), A Prospective Vision of the Mouth of Tammerkoski. Tampere University of Technology, Department of Architecture. tutors: Professor Juhani Katainen, Architect Kari lindström.

Ma ben lontani da scenari di omologazione o appiattimento, i migliori risultati sono stati proprio figli di questa sorta di "globalizzazione", dove preziosissimi sono stati gli apporti di ciò che era "locale", dai suggerimenti del luogo alle identità sottese. In qualche caso si sono intraviste le mani ferme dei loro maestri ed alcuni prodotti particolarmente "griffati", di indubbio talento. Ma nessun risultato di spicco è venuto fuori da quelle università più periferiche, e non in senso geografico: quelle di tradizione più prettamente autoctona, dove la stanchezza dei segni si è avvertita così come la mancanza di una reale innovazione tecnologica, e dove le citazioni autoreferenziali sono diventate macigni. Chissà, forse proprio quelle meno globalizzate.

Antonella Serra
serr_a@libero.it

Martin Cobas, Federico Gastambide (Montevideo, Uruguay), M SPA. Universidad de la Republica del Uruguay, Facultad de Arquitectura. Tutors: Carlos Queirolo, Bernardo Martin.

> SOPRALLUOGHI: DIEGO TERNA: ARCHIPRIX INTERNATIONAL

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