Round
Blur in Jurassic Park... Stefano Mirti |
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Scrivere
un articolo su questo progetto "Round
Blur" dei 2A+P con nicole_frv non è mica facile. Una roba che è come dire andare a vedere che cosa capita nella bocca del vulcano. Una bocca che al centro c'ha questo Round Blur, con i 2A+P pronti a prendere il largo a bordo di un dirigibile a pedali costruito in carta di giornale e bambù. In più, si tratta di un luogo difficilissimo da raggiungere (a meno che uno non abiti a Torino, sennò quand'è che si ha l'occasione di andare nella capitale mondiale del gianduiotto?), un asfalto tondico bianco col tram numero quattro che ci gira intorno all'infinito (di giorno e di notte)... che peraltro, chissà se esiste per davvero? Prima di poter parlare della rotonda, dell'asfalto bianco, dei catafiori e di cento altre cose discretamente affascinanti... bisogna arrivarci. E vi giuriamo che non è una cosa affatto semplice. È un viaggio, da prendersi un week-end lungo, da convincere gli amici a venire con noi, preparare le pillole della malaria, lo zaino & gli scarponcini. Meta ultima: il tondo di asfalto nel cratere del vulcano, con catarifrangenti plastici che sprizzano lapilli di luce di mille colori. Al confronto salire sullo Stromboli partendo dal porticciolo di Ginostra è un gioco da ragazzi. In effetti, là eravamo in vacanza, qui siamo nella periferia/savana più anonima colma di macerie post-industriali di tutto l'emisfero occidentale. :o Dunque, conviene iniziare con ordine. Perché come capita spesso, le cose più interessanti possono essere quelle tra le righe (leggi: catafiori). (avrete capito che questo termine "catafiori", proprio mi ha acchiappato). Insomma, bisogna leggere tra le catarighe. Per necessità, dovremmo partire dalla mappa tendenziosa di quel grande Jurassic Park che è l'architettura italiana attuale. Se non ci procuriamo la mappa non ci sarà verso di arrivare in cima alla montagna di fuoco. E se non si arriva in cima, non c'è verso di descrivere il Round Blur. Una mappa che è (ovviamente) tendenziosa perché è soggettiva, che ce l'hanno data così e non cosà, perché è la mappa così come la vediamo noi e come ci piace (e a grandi linee serve). Una mappa che è utile da avere per non perdersi troppo. Senza avere pretese di oggettività o di imparzialità. Non essendo un critico di professione, non dirigendo riviste o webzine, non avendo particolari responsabilità e/o posizioni da difendere, si tratta di un esercizio abbastanza divertente e piacevole a farsi (soprattutto se nessuno se la prende...) :-) Allora, ladies & gentlemen, fate lo sforzo di figurarvi che siamo alla biglietteria del parco giurassico. Per chi non c'è mai stato è una roba tipo Aquafan. Svincolo di Riccione, solamente che è un'isola in mezzo al mare con un vulcano nella sua parte centrale. Con il trenino degli indiani e cowboys che corre tra gli scogli. The Jurassic Park of Italian Architecture. Altro che metamorfosi of italian architecture... Qui siamo nel parco che dai tempi del Mesozoico è rimasto tutto uguale... :-) Biglietteria, sulla sinistra il McDonald, sulla destra il negozio Kodak per chi si fosse dimenticato di portare la digicam da casa. Poco più in là, il chiosco che vende la Pepsi Cola e lo zucchero filato (ma siccome fa un caldo dannato, questo lo saltiamo). Ah mi dimenticavo, c'è anche la postazione di Radio DeeJay. Essendo che oggi siamo qui in veste di inviati speciali di arch'it (cioè abbiamo il magico pass per la press), stiamo ora montando sulla Jaguar "E" type (un po' alla Diabolik, per intenderci) di colore verde messaci a disposizione dai gestori del Jurassic Pk stesso. Finalmente pronti a fare un giro a vedere tutti questi animali preistoricamente stupefacenti di cui si è parlato molto. (questo è sempre comodissimo: dici che sei un giornalista o presunto tale e tutti sono subito gentili e cortesi...) Un insieme a dir poco curioso. Decine e decine di colossali baobab di plastica davanti alla biglietteria, due Kodak usa & getta appena comprate e messe via nel tascapane (non si sa mai che cosa potrebbe saltare fuori lungo il nostro percorso), la mappa dettagliata del parco, e last (but not least) la Jaguar con il grande adesivo sulla fiancata: Jurassic Park of Italian Architecture. Dio faus... (esclamazione torinese non completamente traducibile). :o A mo' di tocco finale, nell'autoradio mettiamo un nastro con le hottest songs dei Blondie. Che parte con "Call me" (stiamo parlando della colonna sonora di American Gigolò, non so se mi spiego...) Color me oh color baby color me or call Color me oh color darling I know who you are Some above can call that child I know where you're coming from Call me... :o Bene. La biglietteria è alle spalle, la Jaguar corre nella savana con il motore XK che romba il rombabile, i Blondie raggiungono le tonalità più alte (volume venti su venti) e correndo tra un guado e un cespuglione di ginestre, le prime bestie che vediamo in lontananza sono i "dinosauri senior". Quei mostri bravissimi, di cui abbiamo comprato tutto le monografie possibili immaginabili e di cui sappiamo tutto. Tranquilli, placidi e soddisfatti brucano incarichi, costruiscono con regolarità & competenza, risultati sempre ineccepibili. Una colossale distesa di origano (un odore che non vi potete fare un'idea), subito dopo la Fontana Fredda (così come riporta la mappa che ci è stata gentilmente fornita). Dinosauri sr del calibro di Renzo Piano, Max Fuksas, Francesco Venezia (che tra l'altro, chissà che fine ha fatto). Anche, alcuni dino-sr che i casi della vita hanno voluto che finissero un po' dimenticati, un po' per le loro. Volete un paio di nomi per tutti? Lapo Binazzi degli UFO e Corrado Levi. Non ci credete? Prego: http://www.italian.it/lapobinazzi Su Corrado, anche in rete non si trova granché, comunque, una prima sintetica introduzione la trovate su: http://www.design.polimi.it/corsi/cdldi/ dettagli/docente.php?codice=03410 Insomma. I dino-sr sono quelli bravi, anzi bravissimi, che tutti noi amiamo molto e rispettiamo molto e che a grandi linee quello che dovevano dire l'hanno detto. Io so già la domanda che frulla nella testa di tutti i lettori. Ma la Jaguar "E" type ci aveva l'autoradio? Of course not. Il modello su cui siamo ora, è del 1961 e aveva già l'autoradio di serie (ma non il mangianastri). Il blocco stereo è stato sostituito in un restauro discretamente interpretativo successivo. Un lavoro fatto da Ghianda, quello dei modelli di Milano. Una lavoro così fino che neppure lo studiolo del Duca di Montefeltro a Urbino. Comunque, a parte questa libertà, il resto degli interni sono quelli originali, tutti in pelle rossa (al netto del cruscotto nero e delle parti in alluminio). Anche i tappetini sono rossi. Una roba più psichedelica di Jimi Hendrix (che peraltro, nel 1961 andava ancora alle scuole medie di Seattle). Tornando al Jurassic Pk, se parliamo dei "dinosauri sr", vanno anche menzionati quei due o tre "brontosauri" straordinari che ogni fanno capolino alla Fontana Fredda per bere, lanciano un barrito e a tutti quanti ci viene la pelle d'oca. Monumenti assoluti del calibro di Ettore Sottsass o Enzo Mari. Roba che se non fai attenzione ti lanciano un'occhiata e ti trasformi in una statua di sale. Così, senza neanche avere il tempo di respirare. I brontos li vediamo da lontano, con il binocolo. Sono intenti nelle loro faccenduole e non ci sembra il caso di disturbarli. Perfetto. Reso il dovuto onore ai "dinosauri sr", procedo per la origano-savana (con qui e là degli alberi di nocciole e dei maestosissimi noci da cui si prende la materia prima per il celeberrimo "Nocillo del Ju.Pa.), abbiamo poi i "dinosauri jr". Ovvero quella seconda batteria di mostri altrettanto bravi. Non necessariamente più giovani dei precedenti. Semplicemente, appartengono alla categoria jr. Non è che uno sceglie o diventa. Semplicemente, a grandi linee, si nasce. C'è chi nasce jr e c'è chi nasce sr. Scaliamo di marcia (il blocco del cambio della Jaguar è un oggetto di piacere assoluto, sensuale come una casa di Eileen Gray e funzionale quanto un prefabbricato di Jean Prouvé), e procediamo più lentamente. Questi altri dinos sono più abbordabili dei precedenti senior e dei brontos, ancora non c'è particolare motivo per incrociare la nostra strada con la loro. Di nuovo, a grandi linee si tratta di nomi noti e conosciuti. Cino Zucchi, Citterio, Andrea Branzi, Giorgio Grassi, Afra & Tobia Scarpa. Qualcuno dice di avere anche visto Piero Lissoni e Franco Purini (ma di questo non ne siamo sicuri al cento per cento). Eppoi Cibic, Umberto Riva, Marco Zanini che continua a maramaldeggiare in quel di Panama, Cerri e un sacco di altri... Di nuovo, tutti bravissimi dino-jr che fanno architetture molto belle (o almeno che a me piacciono molto), forse un filo scollegate da quello che succede nel resto nel mondo ma non è detto che questo sia un difetto. Del resto, se siamo al Jurassic Park, il tutto è un'isola in mezzo al mare senza troppi collegamenti con il continente (e gli spettatori sono contenti lo stesso). In termini di colonna sonora, "Call me" è finita, e c'è adesso l'attacco di "Heart of Glass". Nel frattempo il nostro viaggio è ripreso e abbiamo lasciato le distese di origano + noccioleti + colossali alberi di noce + macchie gialle di cespugli di ginestre alle nostre spalle. Per intendersi (ed evitare equivoci), "Heart of Glass" è quel gioiello dove ms Blondie (cioè al secolo, Deborah Harry) si lancia in un attacco mozzafiato: ...once I had a love and it was a gas, soon turned out had a heart of glass... (che è poi la solita storia che capita sempre, solo che detta così ci lascia boooummmmmmmm dall'emozione). ...once I had a love and it was a gas, soon turned out had a heart of glass... Seemed like the real thing, only to find mucho mistrust. Love's gone behind... Per l'appunto. Love's gone behind... Il buffo dei dinosauri, è che noi in genere ce li immaginiamo già colossali, alti come un casa a sette piani e lunghi come un campo di pallone elastico. Mica vero. Se nasci dinosauro, sei dinosauro anche alle scuole medie e anche all'asilo. Questo per dire, che ci sono poi tutta una serie di dino-children. Più piccoli di quelli precedenti, ma già avviatissimi nella loro carriera di superdinos da competizione. Volete i nomi? Ma dai, li abbiamo di fronte. Che scorrazzano felici tra i campi di origano e le pagine di un sacco di riviste. Mario Cucinella e la MCA. Eppoi gli Archea, quelli che hanno fatto le cantine del vino che sembrano un incrocio tra le forme di Alvar Aalto e i mattoncelli di Ridolfi, in una roba che non si vedeva dai tempi delle Catacombe di San Callisto. Un altro bravissimo è Beniamino Servino (da solo o assieme a Raffaele Cutillo). Dei progetti da rimanere senza respiro. Un controllo formale, delle composizioni di prospetto che uno le vede e sviene. Insomma, dei tanti problemi che c'ha il Jurassic Park, sicuramente il ricambio generazionale non è quello principale. I dinos cresconos, le mamme imbiancano... etc.etc.etc. (alla fine del nostro viaggetto abbiamo anche avuto modo di intervistare il direttore del J. Park, questa intervista ce la teniamo però per la prossima volta). Bene. Per completezza di informazione, stiamo continuando a guidare tra campi di origano, savana e alberi di amarena. Le ginestre sono oramai lontane. Qui e là ci sono dei fichi, ma purtroppo non è stagione. : ( Il mangianastri ora ci delizia con "Funky Town" (che però forse non è dei Blondie, chissà come mai questa canzone si è infilata qui? Boh). A volte capita... Gotta make a move to a town that's right for me... ...Town to keep me movin' ...Keep me gvoovin' with some energy... Tra l'altro. Sin qui, dopo oramai tre ore buone che giriamo, non siamo riusciti a vedere i Tirannosauri che sono indicati sulla cartina illustrata. Abbiamo passato la foresta delle amarene, ginestre, fichi e oceani di origano, ma niente Tirannosauri. Mmmmmmmmhhhhhh La Jaguar si comporta bene. A parte i pezzi in sterrato in cui dobbiamo necessariamente andare piano, sulle stradine asfaltate procediamo che è un piacere. Sul misto, dobbiamo dire che è proprio perfetta. Unico neo questo fatto di dover guidare a piedi scalzi perché sennò le scarpe sporcano i tappetini in velluto rosso. Ma tutto sommato è un sacrificio che si può fare volentieri. Ancora, anche se ci sforziamo, strizziamoli gli occhi a fessura, dei Tirannosauri non c'è traccia. Secondo le indicazioni riportate dalla mappa (confermate dall'omino alla biglietteria), vivono nei pressi della foresta di alberi di amarena (che abbiamo appena attraversato), e della folta colonia originaria ne sono rimasti solo due, Vittorio Rex Gregotti e Paolo Rex Portoghesi. Due mostri colossali che però è da parecchio tempo che vivono molto appartati. Uno scrive spesso libri, saggi & articoli. L'altro non si sa bene. Unica chance per vederli, è quella di andare al Mollarino alle cinque del mattino con il guardacaccia. Loro (i tirannosaurus rex) aspettano l'abbeverata dei mufloni (di cui sono, nonostante l'età, molto ghiotti), quando questi arrivano (i mufloni e a volte anche delle ignare zebre) li assaltano per farsi grosse scorpacciate. Vabbe', insomma, magari facciamo un'altra volta. I Blondie sono ora planati su "One way or Another"... One way or another, I'm gonna find ya... I'm gonna getcha, getcha, getcha, getcha One way or another, I'm gonna win ya... I'm gonna getcha, getcha, getcha, getcha One way or another, I'm gonna see ya... I'm gonna meetcha, meetcha, meetcha... One day, maybe next week, I'm gonna meetcha, I'm gonna meetcha, I'll meetcha. I will drive past your house, and if the lights are all down I'll see who's around... Mmmmhhhhhh... delizia pura... Procendendo poi nel nostro viaggio / esercizio tassonomico, attraversata la savana inframezzata agli alberi di amarena (un sistema a rittochino niente male), siamo adesso verso la parte più vulcanica dell'isola. Quella dove la vegatazione un po' rada si frammischia a montagne e montagnole di lava raffreddatasi dopo le varie eruzioni. Una volta un mio zio mi aveva portato un posacenere di lava dell'Etna. Oggetto curiosissimo che mi aveva molto affascinato. Pensare a un signore che infila un cilindro nella lava calda eppoi (non so come) ne ricava un contenitore che funziona come posacenere. Senza contare il corto-circuito semiologico (io che accendo la sigaretta, lei brucia, e la di lei cenere finisce nell'elemento lava...) Comunque, per tornare a noi, il paesaggio che vediamo dal parabrezza è formato da milioni e milioni di questi posacenere di lava. Realmente impressionante. Intanto, il sole continua a picchiare assassino, gli alberi e gli arbusti si fanno più radi. I dinosauri & brontosauri sono stati lasciati dietro. Fermiamo l'automobile che vista da lontano sembra un colossale osso di seppia verde (manca solo Eva Kant e il tutto sarebbe perfetto) vicino al chiosco delle granite. Data l'ora (il primo dopo pranzo, siamo partiti un po' lunghi), a parte il gestore, non c'è nessuno. Prendiamo una granita al latte di mandorla di una dolcezza assoluta. Fumando una sigaretta ci proteggiamo gli occhi e vediamo delle cose che volano. Più grosse di semplici uccelli, più piccole di un elicottero. Dio mio no... (direbbero Battisti & Mogol). Se questo è il chiosco delle granite, allora di fronte a noi c'è Vallegrande e sulla destra abbiamo il poggio dei "pterodattili". Sapevamo che c'erano, sulla mappa era tutto segnato con minuziosa precisione, addirittura con anche il disegnino. Però, voi consentite, vederli di persona è proprio un'altra cosa... :o Non c'è bisogno che vi spieghi chi sono e che cosa fanno i "pterodattili". Mostri volanti più aggressivi dei dinosauri, che volano, che girano, che vedono, che fanno un sacco di cose. Che sognano un mondo in cui finalmente prenderanno il posto dei dinosauri (siano essi jr o sr non fa differenza). Un piano darwinianamente ineccepibile, con l'unico difetto che poi quando arriva la grande glaciazione, anche loro non è che se la passano poi così bene. Vabbe', ma questo è un dettaglio. I pterodattili più assatanati li conoscete (li conosciamo bene). C'era stata una prima generazione (mesozoico avanzato), catalizzata dalla trimurti A12-Cliostraat-Stalker. Grandi ambizioni, tre famiglie di bestie spaventose un po' simili ma anche un po' diverse... Il futuro sembrava loro, poi in realtà il tutto ha preso delle pieghe inaspettate, che uno non avrebbe detto. I pterodattili della sottofamiglia A12 si sono dispersi tra il Cile, Milano, il porto di Genova, lo studio di Boeri, famiglie, insegnamenti, quello che vende le lampade, quell'altro a Carnegie Mellon, le mostre d'arte & attività di vario tipo. Che poi capita sempre così. Che il compagno di corso a progettazione 2, quello bravissimo, geniale, che faceva i progetti più belli di tutti... ...poi lo incontri dopo vent'anni e fa il direttore della filiale della banca. (che peraltro è anche comodo perché poi puoi aprire il conto in quella filiale lì, però ancora rimane un filo di dispiacere per il talento sprecato). Peccato. Ogni tanto gli A12 ci regalano qualche gioiello in genere posizionato in una qualche biennale artistica in luoghi lontani e/o improbabili (che non sai mai se è una cosa vera o un lavoro concettuale in quanto tale). Isole inventate nel sud del Giappone, la Biennale di Samarcanda, la Triennale di Vabbe'. I curiosi possono andare a vedere l'opera omnia (finalmente aggiornata ai progetti più recenti su: http://www.gruppoa12.org). Cliostraat smessi i pantaloni corti è diventato un sistema serioso e ineccepibile. Che sembra in tutto e per tutto uno studio di architettura serio, dunque non particolarmente interessante e/o entusiasmante. Nel contempo anche Stalker si è trovato la sua nicchia culturale e da lì non si smuove più neanche con le cannonate. Già era un po' ripetitivo Aldo Rossi quando continuava a riciclare lo stesso minestrone edificio dopo edificio, se poi uno passa tutta la vita a fare la deriva post-situazionista ... (ben che vada, sul lungo periodo diventa lui stesso un'opera d'arte). Un saluto a Lorenzo & Piccio, opere d'arte che neache Gilbert & George... ;-) Però, tutto sommato mica grave. Perché anche se la macchina è ferma, la portiera è aperta. Mo' è partita "I touch myself". Ancora più dolce della granita al latte di mandorla... I love myself; I want you to love me... When I feel down; I want you above me... I search myself; I want you to find me... I forget myself; I want you to remind me... Il sole a martello. Aver guidato la Jaguar E type quella col motore XK versione 1961 (l'anno della presentazione a Ginevra, come dire che uno era a Mosca il giorno dell'inaugurazione del Centro Soyuz di Corbusier...), i dino sr. + i dino jr. Rimembrare A12, Cliostraat & Stalker, senza contare la granita... ...eppoi la colonna sonora dei Blondie... Voi capite che mi è venuto un po' di capogiro. Per fortuna c'è una fontanella nei pressi e posso bagnare un fazzoletto e – dopo avere fatto quattro nodi agli angoli – me lo metto sul capo. Prima di avere le visioni mistiche (nel cielo non c'è neppure una nube) e schiantare al suolo, eccovi i link (servizio speciale per i più curiosi): http://web.tiscalinet.it/stalkerlab http://www.cliostraat.com I don't want anybody else... When I think about you I touch myself... Ooh I don't want anybody else Oh no, oh no, oh no... Oh no no no... Qui tenere le fila del discorso, voi capite è affare punto facile. La strada asfaltata non va oltre il chiosco delle bibite e delle angurie. A noi decidere. Se preferiamo la vita facile, ritorniamo nelle savane all'origano, terreno preferito dei dinos. Se vogliamo vedere le robe sensazionali, dobbiamo inerpicarci a piedi verso la montagna vulcanica che sta di fronte a noi. Dal cratere in alto, si alzano colonne di fumo... Domanda ovvia. Siamo uomini o caporali? Ma c'è bisogno di chiederlo? Mancia al gestore del chiosco e la Jaguar è posteggiata sotto una tettoietta in frasche, a fianco dell'asino di servizio. Poi, ci siamo fatti riempire una borraccia di latte di mandorla e abbiamo messo il tascapane a tracolla. Di fronte a noi oramai non c'è nulla oltre al vulcano. Dall'autoradio abbiamo preso il nastro e l'abbiamo inserito nel registratore a cassetta Philips (quello con la maniglia a scomparsa, oggetto estintosi con l'arrivo del Walkman Sony). Un'ultima occhiata al gioiello dalle quattro ruote (ci eravamo un po' affezionati) e iniziamo a camminare lentamente sotto il sole, salendo lungo il sentiero. Adesso l'odore è quello della lavanda. Il tipo ci ha detto che per non perderci dobbiamo sempre seguire i segni rossi sulle rocce. Bene. Nulla ci può fermare. ;-) I pterodattili storici li abbiamo lasciati a volteggiare, (per la verità un po' malconci), in lontananza. Qui ne abbiamo altri. Più giovani, più vispi, plausibilmente più cattivi. Diciamo che questi sono i pterodattili vincenti, quelli che hanno spodestato tutti gli altri. La nuova generazione del Jurassic Park of Italian Architecture. Dall'Acquario di Genova, sono stati introdotti alcuni esemplari di grande pregio: gli oramai celeberrimi (e bravissimi) 5+1; dallo zoo-safari di Roma sono stati fatti arrivare alcuni esemplari dei ma0 e degli IaN+. Dal parco naturalistico dell'Idroscalo di Milano, i voli più alti e le grinte più cattive sono quelle dei MetroGrammA... Qui c'è però dal mio punto di vista un passaggio che non capisco appieno. Anche se ci sono quaranta gradi all'ombra e la camminata in salita lungo il sentiero è impegnativa, qualche pensiero lo si riesce ancora a connettere. Pterodattili/progettisti bravissimi che riescono ad affrancarsi dalle rigide regole dell'accademia italiana, e si lanciano come missili a seguire le ancora più rigide regole dell'architettura glamour internazionale. Boh. :? C'era lo zoo, si era tutti in gabbia e il guardiano era il professore di composizione II, classico sottobosco della Tendenza (nelle sue versioni Milanesi e/o Romane che non si chiamava Tendenza ma il principio era abbastanza similare). Dopodichè, i pinguini e le giraffe riescono a rompere il lucchetto, rivolta assoluta, lo zoo in subbuglio... Eppoi? Tutti quanti felici si rientra in un nuovo zoo. Che è giusto un po' più grande e con le gabbie dalle forme diverse. Che la linea anziché darla il sottoassistente aggiunto che si era laureato con Saverio Muratori, la dà il redattore della rivista olandese o francese che sia. Ci deve essere un passaggio che mi è sfuggito. ??? Provo a controllare sui website per verificare meglio. http://www.ianplus.it è un'orgia in flash. Animazioni di tutti i tipi, pop up a cascata che neanche i website porno dalla Russia... Dopo venti minuti di navigazione ci dobbiamo arrendere. Flash non è per noi... Per fortuna abbiamo il nostro mangianastro Philips. Play. E parte "The tide is high". Che non è la nostra preferita, ma rispetto a un website in Flash è un balsamo di tigre. Tide is high but I'm holding on... I'm gonna be your number one... Every girl wants you to be her man, but I'll wait, my dear, 'till it's my turn... I'm not the kinda girl who gives up just like that, no, no, oh... Tide is high but I'm holding on... I'm gonna be your number one... Number one... Number one... http://www.metrogramma.com è ancora più inquietante. Si apre la pagina. Clicco sul nome Metrogramma e viene fuori una finestrella dove anziché avere le geometrie glamour alla "D come Donna" (mia rivista preferita peraltro), spunta una foto di un Andrea Boschetti più sciupafemmine che mai (camicia nera malandrina aperta sul petto) con un messaggio quanto meno curioso: 07/05_____ cercasi ragazza, anche studentessa, con doti organizzative per mansioni amministrative di segreteria part_time Devo confessare che mi sarebbe piaciuto moltissimo partecipare come osservatore alle sedute di selezione... :-) (tra l'altro se è da luglio del 2005 che la cercano e al febbraio 2006 non l'hanno ancora trovata, ci deve essere qualche cosa sotto...) Boh. Comunque. MetroGrammA, fateci sapere... :-) http://www.cinquepiuuno.com almeno ci permette di scegliere. Se vogliamo morire di Flash, o se preferiamo cavarcela con un più semplice html. Insomma. Anche loro sono bravissimi. A parità di età nessuno in Italia costruisce così tanto e così bene. Però ancora, anche se si tratta sempre di progetti molto forti, c'è sempre questa sensazione di aver già visto queste forme e questi spazi in qualche monografia del Croquis sull'architettura spagnola di qualche anno fa, o qualche atlante di architettura olandese o nord-europea. Per cui, da un lato grande rispetto, però sempre un filo di retrogusto conosciuto, già visto. Pausa. Urge un'altra sigaretta per inviare ossigeno arricchito alla nicotina alle cellule cerebrali. Chi scrive ha abitato a lungo nel Jurassic Park. Molto divertente e piacevole. Bei tempi. Dopodiché, una serie di contingenze esistenziali hanno fatto sì che senza particolare evento traumatico o alcunché, quel mondo venisse abbandonato un poco per volta. Tre anni in Giappone sono stati utili a capire un sacco di cose (ovviamente non sul Giappone, di cui non ho capito un granché, quanto piuttosto dell'Italia). I successivi quattro anni a Interaction Ivrea (più che il Jurassic Park, lì si trattava della Minitalia delle nuove tecnologie), hanno comportato quantità di tempo colossali dedicate a capire come innestare le nuove tecnologie nel mondo del design più tradizionale. Che è a grandi linee quello che continuo a fare ora. Senza particolare spirito di avanguardia o di missionariato, mi sembra di poter dire che il futuro passa per di là. Se poi a un certo punto arriva il cemento armato e l'acciaio, è evidente che la passione dei Coppedè per le decorazioncelle è destinata a una vita non lunga. A grandi linee, se adesso abbiamo strumenti tecnologici innovativi e discretamente potenti, è molto plausibile che il meccanismo sia analogo. Con questo, non si vuole affatto dire che il mondo jurassico sia il passato. Assolutamente, anzi. Come scrivevo prima, grande stima. Però... ci possono essere modalità progettuali nuove. Un sistema mondo dove non esiste distinzione tra evento, allestimento, architettura (di interni o di esterni). Un mondo che è (almeno per me) molto più interessante dell'universo a comparti stagni dove tutti noi siamo cresciuti. Peraltro, pilastro concettuale del Jurassic Park in cui stiamo girando da ore. Tre link per fare capire di che cosa sto parlando: http://www.kramweisshaar.com http://www.haque.co.uk http://www.maywadenki.com Senza contare che in questo momento in Italia ci sono svariati gruppi e/o persone che lavorano su questi temi ad alto livello. A parte alcuni lavori passati di Gianni Ranaulo, vi suggerirei di partire dallo studio ennezerotre per esempio. http://www.ennezerotre.it O anche i lim > 0 http://www.limiteazero.com Insomma quel tipo di cose che anche noialtri ci si divertiva molto a fare a Ivrea. http://projects.interaction-ivrea.it/exhibitions Però, questo è il viaggio nel Jurassic Park, non nella Minitalia delle nuove tecnologie (quello ve lo raccontiamo una prossima volta). Questa pausa è necessaria perché sennò poi non si capisce esattamente perché ci entusiasmiamo così tanto per il Round Blur (mica ve ne siete scordati, è la nostra meta finale...) fine sigaretta, fine pausa Nuova sigaretta e appendice alla pausa (o se preferite le matrioske: pausa nella pausa) Dopo il Round Blur, il progetto più bello visto nell'ultimo anno è questo allestimento fatto a Torino dallo studio ennezerotre per il museo della Resistenza. Bellissimo. Nuove tecnologie, vecchie tecnologie, scenografia, proiezioni, installazioni sonore, specchi, gallerie sotterranee e quant'altro. Qualche sbavatura qui e là, ma nell'insieme un progetto che di così belli non ne trovate neanche a Londra, in California o in Giappone. Il Round Blur + gli ennezerotre per il museo della Resistenza e una scatola di cioccolatini di Peyrano fanno di Torino una meta perfetta. fine della seconda sigaretta e fine della pausa nella pausa. Insomma, sono oramai quattro ore che giriamo sotto il sole giaguaro (citazione colta e vagamente appropriata), ma se vogliamo trovare cose che nel resto d'Europa non le fanno, bisogna procedere verso la cima del vulcano. Alcuni lavori di ma0 sono in effetti "innovativi". Dopo mezz'ora di salita mozzafiato arriviamo al parco con le panchine girevoli di Bari (che forse finalmente verrà costruito). Progetto che in linea di principio ci piace molto perché – finalmente – è un progetto che – finalmente & vivaddio - non fa il verso ai Mecanoo di quindici anni fa. Proseguendo ancora più in alto, arriviamo a un poggio (che sembrava la cima del vulcano ma era una falsa impressione). Sul poggio, il parco lineare di Marco Navarra, che è una roba ancora più forte e affascinante. Un altro affare che uno può spulciare tutte le riviste internazionali che vuole, ma un progetto così bello, forte e intelligente non lo trova. Rispetto al resto dei sauri sin qui visti, quel parco lineare è il cucchiaio di Totti fatto agli olandesi nella seminifinale degli Europei del 2000. Che tutti sono sicuri che alla fine passa l'Olanda, ma poi arriva questo e settantamila olandesi colla faccia pitturata di arancione rimangono a bocca aperta. Diciamo che ma0 (in alcuni lavori) e questo parco lineare ci fanno capire che per fare architetture interessanti nel nuovo millennio non si deve necessariamente scegliere tra le due opzioni obbligate. Anche il progetto per la scuola a Roma di Giacomo Borella (studio ALBORI) è un altro sparigliamento di carte mica da poco. :o :o :o (speriamo che venga costruito) Avete presente il gioco: Condannato a morte, di fronte a te due possibilità. Dietro una delle due porte c'è la condanna a replicare per sempre le forme italiane così come codificate da Gardella e Albini negli anni Cinquanta. L'altra porta invece ti porta a un ergastolo forse ancora peggiore. Replicare MVDRV e gli americani post-Lynn forever. And ever. And ever. Molti hanno scelto una delle due porte e adesso sono lì a scontare la pena. Altri, hanno pensato che si poteva fare altro e per quello che mi riguarda sono dal mio punto di vista quelli che catturano il mio interesse e le mie curiosità intellettuali. C'è chi ha deciso che tra una porta e l'altra forse era più interessante mettersi a dirigere Domus facendola diventare un pallone aerostatico che vola nella stratofera, chi procede come un rullo compressore in mondi sempre più fantastici e non poco inquietanti (vedi per esempio l'ultimo Italo Rota che spazia da una delirante showroom per Cavalli a un palco per le Olimpiadi di Torino che sembra uscito pari pari dai cartoni animati di Jeeg Robot d'Acciaio. Bisogna dare atto a Italo Rota, che può piacere, può non piacere, ma in genere uno non rimane impassibile... Anche se a volte non riusciamo a farci piacere le rotarchitectures fino in fondo, ci piace molto il suo coraggio. ;-) Insomma, abbiamo esplorato il Jurassic Park in lungo e in largo, abbiamo addirittura trovato una serie di critici di architettura fossilizzati a mo di conchiglia nel metacrilato di munariana memoria... Ci siamo poi inerpicati lungo la parte più difficile e scoscesa. Quella dove abbiamo trovato alcuni lavori dei ma0, Marco Navarra e questo Giacomo Borrella dello studio Albori. Due altri lucertoloni iguaneschi che fanno cose molto belle intravisti in questa seconda parte del viaggio sono Susanna Ferrini, Antonello Stella (anche conosciuti come: n!studio). In più, sempre in questa parte più montagnosa e aspra abbiamo ritrovato Matteo Zetti ed Eva Parigi (zpstudio) già visti in occasione di "Script". A Script avevano un'installazione semplice ma abbastanza perfetta. Un fascio di luce, una proiezione che attraversa superfici di varia trasparenza/opacità, rimbalza, gira come se fosse su uno specchio, lancia ombre luminose in movimento sulle pareti. Cioè, del contenuto dei video non si era riuscito a capire nulla (ma forse è stato meglio così), la parte visivo/percettiva dell'installazione era (nella sua semplicità assoluta), perfetta. ;-) Eppoi basta, il Jurassic Park è questo. I critici che non sono finiti nel metacrilato, navigano nelle profondità imperscrutabili (e in genere incomprensibili) della baia AfterManfredo (riporto dalla mappa del Jurassic Park). Che già del Tafuri originale non si capiva nulla, figurati quelli che si rifanno a lui quarant'anni dopo... Brrrrrrrrrrrrrrrrrhhhhhh (brivido di freddo giù per la schiena). L'unica cosa che ci rimane da fare è scarpinare per altre due ore e arrivare sulla cima del vulcano prima che tramonti il sole e che scenda la notte. Prima di ripartire concedeteci di metterci di nuovo ad armeggiare/pasticciare con il registratore portatile. Il Round Blur è sopra di noi, dobbiamo mettere la colonna sonora più appropriata: 99 Red Balloons... You and I in a little toy shop... buy a bag of balloons with the money we've got Set them free at the break of dawn 'Til one by one, they were gone Back at base, bugs in the software Flash the message, "Something's out there" Floating in the summer sky 99 red balloons go by. Questa è così bella che il vostro corrispondente l'ha scaricata da internet per farla diventare la suoneria del telefonino... ;o Vabbe'. Dopo averci girato un sacco intorno, siamo finalmente arrivati. Il Round Blur è qui di fronte a noi. Le foto le vedete, da cui non c'è bisogno di dire nulla al riguardo. A volte, le cose non dette sono più forti di quelle dette, da cui salto ogni descrizione. Questa è a mio avviso l'opera di architettura italiana più interessante, forte, poetica & affascinante dell'intero decennio. Ma non solo. È un aggeggio, che è così poetico e intelligente, che ce n'è pochi al mondo. Che poi se ne arrivavano questi qui di Roma e ci insegnavano a tutti la direzione per non perderci. Tu l'avresti detto? :-) Quel lavoro che dimostra che si può lavorare perfettamente senza dovere travestirsi da olandesi (o catalani) in trasferta. Che non è vero che l'ideologia e la passione civile non si possono trasformare in architettura costruita. Un lavoro ingegnosissimo, fatto in maniera semplice, rispondendo perfettamente alle richieste di progetto, lavorando di intelligenza anziché di budget colossali. Senza dover inseguire le riviste internazionali (con cinque anni di ritardo), superando d'un balzo una quantità colossale di dibattiti & sturbi assortiti. Il Round Blur è lì, ad indicare la via, con la stessa qualità è potenza disarmante dei primi lavori di Sejima, dei migliori Castiglioni e Munari. :o :o :o Che dire di piu? Nulla. Le batterie del mangianastri sono finite, da cui basta musica. Sta calando la sera e i catafiori iniziano a illuminarsi di mille colori. Il posto è perfetto per venirci a limonare con la fidanzata. Con o senza Blondie nel mangianastri. Tutto il resto è lontano, il Round Blur riempie i nostri occhi e la nostra testa. Intanto sentiamo arrivare il tram numero quattro: forse è ora di andare a casa, o magari rimaniamo qui ancora un poco a sognare... Stefano Mirti http://www.interactiondesign-lab.com |
[18mar2006] | |||
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MAPPA DEL JURASSIC PARK DELL'ARCHITETTURA ITALIANA |
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