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in/arch
La sperimentazione del nuovo. Giovani architetti italiani: un incontro sulla condizione contemporanea
Italia 2000, 10’
Un evento dell’in/arch, Istituto Nazionale di Architettura, ideato da Livio Sacchi nell’ambito della VII Mostra Internazionale d’Architettura della Biennale di Venezia, “Less Aesthetics More Ethics”. L’evento veneziano ha consentito un’ampia ricognizione della giovane architettura italiana, quella praticata da architetti e gruppi di progettazione per lo più compresi fra i trenta e i quarant’anni. Si è trattato di un incontro ‘paperless’, in cui cioè il confronto è avvenuto senza esporre elaborati grafici su carta o diapositive di essi, ma utilizzando esclusivamente CD che mostravano immagini digitali, rendering e animazioni. La selezione dei partecipanti è stata fatta dall’Inarch sulla base di una serie di precedenti esperienze e, in particolare, guardando a Gerico, la mostra organizzata nell’ambito della Biennale dei giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo organizzata dal Comune di Roma al Mattatoio nel giugno 1999. L’evento è stato organizzato dalla segreteria nazionale dell’Inarch con il coordinamento di Beatrice Fumarola. Il panorama che ne è emerso consente qualche considerazione interessante. In primo luogo ci sembra che sia stato messo in evidenza il lavoro di una generazione che, prevedibilmente, ha scelto la dimensione digitale come principale modalità rappresentativa del progetto d’architettura. Senza sopravvalutare le cose, ci sembra di poter affermare che una consistente parte dei progetti presentati siano non solo fortemente ispirati all’’imagerie’ digitale, ma siano anche spazialmente ideati e conformati ricorrendo a software più o meno avanzati di modellazione tridimensionale. Va poi detto che l’adesione alla linea digitale sembra relazionare direttamente, e in maniera spesso anche competitiva, questa generazione con quanto di meglio il panorama mondiale sta producendo nel resto d’Europa, in Asia e negli Stati Uniti. Il gap che negli ultimi decenni ha diviso la scena italiana da quella internazionale è apparso, per certi aspetti, ridotto se non annullato. Tuttavia se, da una parte, i giovani architetti italiani, distaccandosi nettamente dalle generazioni che li hanno preceduti, sembrano aver superato l’isolamento linguistico che li separava dal resto d’Europa, va anche detto che ciò è in buona misura dovuto all’allontanamento generale dalla stessa specificità disciplinare dell’architettura. Il fascino insomma di tanta produzione progettuale digitale sta proprio nel suo non tradursi in produzione architettonica e nel suo rimanere, per così dire, in un ambito virtuale. Di qui la tentazione di definire tale linea operativa come telematica, indicando, con tale termine, non solo che essa è ideata e rappresentata con l’ausilio dei computer, ma che sembra sempre più orientata soprattutto verso la comunicazione in rete. (Livio Sacchi)
Livio Sacchi, architetto, è ordinario di Disegno dell’Architettura presso la Facoltà di Architettura di Pescara. È autore di numerosi saggi. Vive e lavora a Roma.
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