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Movies Architecture

La città di Berlino nel cinema di Ruttmann e di Wenders

Claudia Lamberti

 

È possibile esaminare l'immagine della città di Berlino e delle sue architetture tramite l'analisi di alcuni film che la ritraggono. All'interno della sterminata filmografia ambientata nella grande città tedesca, emergono da un lato le opere d'avanguardia e dall'altro la figura di un grande regista contemporaneo, Wenders, profondamente legato alla sua patria e interessato alla rappresentazione di paesaggi, luoghi, città e architetture. In particolare si deve focalizzare l'attenzione su due film ritenuti unanimemente importanti e pertinenti al tema: Berlin, die Symphonie einer Großstadt di W. Ruttmann (1927) e Der Himmel über Berlin di W. Wenders (1987).

[09dec2001]
Il primo è un film “documentario” e si concentra quindi esclusivamente sulla rappresentazione della vita cittadina, il secondo contiene anche una storia, una trama, una morale più elaborata. Wenders ha dichiarato infatti: "Il mio desiderio però non si limitava a un film su Berlino, su un luogo. Proprio in questa città volevo qualcos'altro, volevo parlare degli uomini". La lettura e l'interpretazione della pellicola di Wenders presentate sono perciò da considerarsi parziali, poichè mirate a ricavarne esclusivamente considerazioni storico urbanistiche. (1)



(1) Tutte le citazioni sono tratte da P. F. Colusso, Wim Wenders: paesaggi, luoghi, città, Torino, Testo & immagine, 1998. Monografia fondamentale, è un insieme di interviste di Wenders sul tema cinema e architettura, con grande spazio dedicato a Berlino e a considerazioni di ordine urbanistico espresse dal regista tedesco.

Manifesto del film Berlin, die Symphonie einer Großstadt.
BERLIN, DIE SYMPHONIE EINER GROßSTADT/BERLINO, SINFONIA DI UNA GRANDE CITTÀ. Dopo la prima guerra mondiale gli artisti tedeschi si volsero al cinema come nuovo mezzo di espressione, trasportando l'impeto dell'arte contemporanea nel nuovo mezzo di comunicazione di massa. I registi vedevano nel film il mezzo attraverso il quale liberare l'arte dalla tela, aprendosi al suo impulso cinetico. In Germania negli anni Dieci si giravano soprattutto "Autorenfilm", pellicole alle quali gli scrittori cercavano di conferire una qualità letteraria. Walther Ruttmann afferma invece che la cinematografia fa parte del campo delle arti figurative e insegue il sogno Espressionista del cosiddetto "cinema assoluto", in sé compiuto, e dell'opera d'arte totale, summa di tutti i linguaggi espressivi. La regia di Ruttmann segue l'evoluzione della produzione tedesca degli anni Venti e Trenta nel suo cammino dal film astratto al film concreto come dimostrato dalla prima sequenza di Berlino, sinfonia di una grande città, in cui il regista abbandona le pure forme ornamentali in movimento per riprendere, in una successione drammatica, scene quotidiane e fornire la sinfonia della metropoli, senza alcuna trama. Per Ruttmann il cinema è organizzazione ritmica del tempo, antiteatralità, libertà di espressione di cose e persone, considerando ogni evento eloquente per se stesso e quindi rifiutando le didascalie.

L'ambientazione di un film in una grande città e la descrizione della sua vita è una costante del cinema delle avanguardie, poiché esso, come tutta l'arte del primo Novecento, è un'arte metropolitana. Troviamo numerosi esempi nel cinema tedesco: da Die Strasse di Karl Grune con le scenografie di Ludwig Meidner (1923), fino alle due pietre miliari del 1927, Metropolis di Fritz Lang, che immagina la città del futuro e Berlin, die Symphonie einer Großstadt di Ruttmann, che descrive la città moderna. Se da un lato l'architetto Laszlo Moholy-Nagy si dedica al cinema, teorizzando un film Dynamic der Gross-Stadt nel 1922 (rimasto solo sulla carta nonostante un avvio di riprese) e realizzando nel 1926 una Berliner Stilleben, sarà proprio Ruttmann a cogliere la vita stimolante della capitale, seguito da Joe May nel 1929 con Asphalt e da Phil Jutzi nel 1931 con Berlin Alexanderplatz, in cui si delinea però una città rumorosa e ostile.


Treno in corsa, fotogramma di Berlin, die Symphonie einer Großstadt:



Una strada di Berlino, fotogramma di Berlin, die Symphonie einer Großstadt.
Berlin, die Symphonie einer Großstadt presenta la città di Berlino dalla calma dell'alba all'attività e al divertimento febbrile della sera. Diversi quartieri vengono messi in relazione alla stessa ora, formando un caleidoscopio di scene urbane, una sinfonia di immagini ben oltre la riproduzione fotografica di una metropoli. La musica di Meisel, che accompagnava le proiezioni, fu concepita come trascrizione dell'andamento e della melodia di ogni avvenimento di un film costruito secondo principi ritmico-musicali. Egli interpretò le sequenze del film come motivi e temi musicali: "Accordi in quarto di tono della città addormentata", "Fuga del traffico", "Segnali musicali delle insegne luminose", "Crescendo di tutti i rumori della città in uno sviluppo contrappuntistico dei temi principali verso la fermata finale".

La pellicola di Ruttmann presenta ed enfatizza il ruolo dei nuovi mezzi di trasporto che collegano Berlino al resto d'Europa e che la percorrono freneticamente: auto, aerei, treni, tram vengono ripresi compiacendosi della loro bellezza meccanica, seguendo l'entusiasmo positivista e probabili influenze futuriste. Si descrivono poi l'attività intensa dei lavoratori e le grandi concentrazioni di folle, siano esse di operai, di borghesi, di appassionati di sport e di moda: la città di inizio secolo è la metropoli dei grandi numeri. L'occhio della telecamera insiste su strade, ponti e sugli alti palazzi, esaltando le opere d'ingegneria. Un'attenzione particolare è dedicata anche alle insegne luminose dei locali, novità che rendeva ancora più vitale la notte berlinese e che affascinava i contemporanei.



WIM WENDERS, L'ARCHITETTURA E LA CITTÀ DI BERLINO. Wenders, rapportandosi alla metropoli, ne apprezza la stimolante vitalità e difende l'assenza di regole: "Credo esista una bellezza particolare della città, una bellezza che non si può misurare coi canoni estetici obbiettivi... penso al traffico, c'è un modo di arrangiarsi nella grande città, di convivere con la metropoli, di tuffarsi nel grande flusso, che dà euforia". Mentre la pianificazione urbana mira all'omogeneità, la città moderna si definisce attraverso i suoi contrasti, che affascinano il regista: “Ciò che chiedo a una città è di essere scosso da un luogo all'altro da una sensazione all'altra". Parlando di Berlino dice: "A Berlino si è sempre trasportati da sensazioni urbane diversissime. A Berlino bisogna leggere da sé i nessi della storia, tra rotture e passaggi discontinui".


Berlino vista dall'alto, fotogramma di Der Himmel über Berlin.


Ripetutamente Wenders ha sottolineato l'importanza di non imitare gli antichi edifici costruendo quelli nuovi, di non plasmare sul vecchio, di non fare del passato un cliché con restauri iperrealisti, privando i luoghi e gli edifici della loro storia. Berlino è un misto non omogeneo di passato e presente, ognuno con un proprio carattere, poiché lo scorrere del tempo ha tracciato degli spazi tra gli edifici di ieri e di oggi. Wenders dichiara la sua predilezione per i vuoti, i luoghi non programmati, gli spazi lasciati aperti dalla guerra come ferite e come nuove possibilità: "Quando ho girato Il cielo sopra Berlino, ho ripreso dei sentieri creatisi in punti in cui la gente era solita passare, nessuno li aveva tracciati, era una scelta della gente passare di là. Nel film poi i bambini giocano in assenza di luoghi organizzati per il gioco, sono liberi. I vuoti che io difendo, gli spazi urbani che mi fanno vivere la città sono questi".


Il muro di Berlino, fotogramma di Der Himmel über Berlin.


L'angelo, fotogramma di Der Himmel über Berlin.
Le città riprese da Wenders sono quelle degli scorci, dei luoghi dimenticati, dove però vi è ancora la possibilità di costruire un sogno, uno spazio onirico, ludico, fatto di libertà e bellezza potenziali, ricco di speranza in un futuro migliore, a misura di chi lo abita. Agli architetti si rivolge direttamente dicendo: "Vorrei anche che provaste a considerare ciò che per definizione è l'esatto contrario del vostro lavoro: voi infatti non dovete solo costruire edifici bensì creare spazi di libertà, spazi liberi per conservare l'equilibrio dei vuoti, affinché la sovrabbondanza non ci renda invisibili i mondi che ci circondano".

Sul rapporto tra il suo cinema e la città di Berlino, Wenders afferma: "Il solo fatto che qualcosa dovesse scomparire è sempre stato un buon motivo per posizionare la macchina da presa. Il cielo sopra Berlino ne è un esempio paradigmatico. Quasi nessuno dei luoghi in cui abbiamo girato si è conservato intatto... Il film è oggi un archivio unico di luoghi che non esistono più... Il film è nato dal desiderio di mostrare Berlino: è la città stessa che ha deciso dell'esistenza del film...Volevo un film che potesse dare un'idea della storia di questa città dalla fine della guerra." 

Wenders inserisce il suo film in una corrente cinematografica “berlinese” e afferma di essersi ispirato alla fotografia di August Sander, all'opera letteraria di Döblin, all'atmosfera degli anni Venti-Trenta, al cinema di Lang e Ruttmann: “Molti film di Lang sono girati a Berlino; li ho rivisti per ritrovare le tracce di quella Berlino, e non ci sono più del tutto, più nulla... ci sono poi molti riferimenti a Berlino, sinfonia di una grande città".



DER HIMMEL ÜBER BERLIN/IL CIELO SOPRA BERLINO. Wenders si ritiene soprattutto un inquadratore di immagini e quindi simile ad un pittore, ma lo si può definire anche un architetto che costruisce, con la macchina da presa, vedute e proiezioni di edifici. Oltre a cogliere il paesaggio urbano con la cura di sempre, ha descritto l'immagine di Berlino con un geniale artificio narrativo. Attraverso gli angeli che osservano la vita dall'alto riesce a rappresentare molti luoghi chiave della storia della città, mentre passato e presente si fondono in un fluido trascorrere di eventi collettivi ed individuali. 

Gli angeli di Wenders osservano la città dalla Gedachtniskirche, dalla colonna della vittoria, in mezzo alla gente nella Staatsbibliothek di Hans Scharoun, nei cantieri delle zone in costruzione, passeggiando accanto al Muro, presenza incombente e oppressiva. Sul loro percorso trovano gli isolati delle case d'affitto ottocentesche, la periferia, gli enormi edifici degli anni '60, i buchi provocati dalla guerra, i muri tagliafuoco, la Potsdsamer Platz.

La rappresentazione filmica dei luoghi è commentata dalle musiche o da frasi dei personaggi. Quando Wenders riprende l'interno della biblioteca di Scharoun la musica di sottofondo suggerisce prima l'idea di un tempio, di un luogo sacro, del luogo della cultura come luogo dell'anima, poi diventa più incalzante e segue le passioni accese dalla lettura nelle menti degli utenti oppure il lavoro del loro cervello che si confronta con problemi scientifici e produce risposte, assimilando la biblioteca ad una fabbrica, ad un luogo del progresso.

Quando il vecchio poeta gira per Berlino esclama: "Dev'essere da qualche parte! Non riesco a trovare Potsdamer Platz"... Se negli anni Venti essa era il luogo più vivace della città, la seconda guerra mondiale l'ha totalmente cancellata e nel film, girato nel 1987, appare come una terra di nessuno, abbandonata e sommersa dalla vegetazione. A Renzo Piano spetta oggi il compito di riportarla ad essere il fulcro della vita berlinese, con un intervento edilizio eccezionale reso possibile dalla volontà di molte aziende di costruirsi una nuova sede nel centro.

In un'altra sequenza del film si dice: "Berlino... in ogni caso non ci si può perdere, si arriva sempre al Muro" e Wenders riprende con insistenza sia le nude pareti grigie, sia quelle decorate dai graffiti, seguendole con movimenti dei personaggi o di macchina che le fanno apparire curve, dando l'idea complessiva del Muro come di un recinto circolare che chiude e opprime su tutti i lati, mentre nella realtà separa Ovest ed Est correndo da nord a Sud. Più avanti si dice: "In ogni città si sente la nostalgia di un'altra ancora più grande" facendo riferimento molto probabilmente alla divisione in due città di quella che era la metropoli più grande della Germania. Evidentemente, un pezzo di storia e di architettura così significativo e così doloroso per Berlino come il Muro, non poteva non occupare grande spazio in un film girato due anni prima della sua caduta. 

È interessante notare che non vengono filmati molti dei monumenti più celebri di Berlino, per scelta, perché per il regista Berlino è ben più di qualche luogo famoso, è nell'insieme un simbolo di storia e di futuro per la Germania: "Berlino, oggi, è il luogo in cui senti davvero di essere arrivati alla fine del Ventesimo secolo", "Berlino è una città che rimanda continuamente al futuro, che ci spinge in avanti", "Berlino è una città che reclama sempre un seguito", "Berlino è l'ultimo atto. Il resto è preistoria. Se storia ci sarà, Berlino sarà l'inizio".

Claudia Lamberti

lmbcld@tiscalinet.it
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