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Parole Chiave

Diagramma



"Kazuyo Sejima è un nuovo tipo di architetto... se c'è un modo per descrivere lo spirito delle sue strutture, bisognerebbe dire che la sua è 'architettura-diagramma'". Con questa breve definizione, Toyo Ito (Diagram architecture, in "El Croquis", n. 77, 1996, p. 18) oltre a descrivere con precisione la qualità sintetica delle opere di Kazujo Sejima introduce una questione più generale, attribuendo alla sostanza diagrammatica della sua architettura uno specifico ruolo quale elemento di novità, di evoluzione della disciplina. Si può essere d'accordo o meno con questa interpretazione ma è certo che almeno dal primo dopoguerra il diagramma ha rivestito un ruolo di crescente centralità nella produzione architettonica più avanzata, diventando, negli ultimi anni, il tratto specifico delle neovanguardie (cfr. "Fisuras", luglio 2002, Diagramas @, a cura di Federico Soriano). Un recente saggio di Hyungmin Pai (The Portfolio and the Diagram: Architecture, Discourse, and Modernity in America, Mit Press, 2002) ripercorre questa vicenda nell'ambito americano rilevando la progressiva obsolescenza dei sistemi di rappresentazione di tradizione beaux-arts, centrati sulla rappresentazione dell'oggetto in se stesso, a favore di più efficaci strumenti grafici capaci di mettere in relazione sinteticamente gli aspetti più squisitamente compositivi con quelli funzionali, simbolici, concettuali, temporali, cinematici e, in definitiva, con tutti quegli elementi che risultano insondabili attraverso la semplice geometria proiettiva ma che costituiscono larga parte degli scenari progettuali contemporanei. [24feb2004]
             
 
     
 
"Fisuras", luglio 2002, Diagramas @
Hyungmin Pai, The Portfolio and the Diagram: Architecture, Discourse, and Modernity in America. 2002
     
             
È indubbio, infatti, che l'attuale condizione architettonica sia segnata dal progressivo e accelerato irrompere di questioni, informazioni, esigenze e intenzioni sempre più diversificate ed eterogenee rispetto allo specifico disciplinare. L'efficacia del diagramma sta in larga misura proprio nella sua interdisciplinarità, esso è in grado di agire come mediatore tra quantità differenti e interrelate, con funzioni esplicative e come una sorta di scorciatoia grafica alla rappresentazione di fenomeni più o meno complessi. Non sorprende quindi che la sua apparizione nel campo dell'architettura sia stata spesso legata a incursioni di protagonisti provenienti da altri percorsi formativi, incursioni di efficacia tale da lasciare segni duraturi. Oltre al noto esempio del panopticon di Bentham, che riletto da Foucault (Surveiller et punir, Gallimard, 1975) e poi da Deleuze è diventato una specie di figura paradigmatica del controllo sociale, risaltano le avvertenze "diagram only" sui disegni che Ebenezer Howard utilizza per promuovere la sua idea di città giardino. Ma all'innegabile potere comunicativo di questi grafici, connesso alla corrispondenza tra concetti e loro rappresentazione, si aggiunge il fatto che i diagrammi si propongono come vere e proprie "macchine per pensare", strumenti dotati di estrema elasticità, capaci di essere precisi e imprecisi allo stesso tempo, di semplificare ed evidenziare fenomeni complessi eliminando tutto il superfluo (cfr. Logical Reasoning with Diagrams, a cura di Gerard Allwein e John Barwise, Oxford University Press, 1996).
             
 
   
 
Michel Foucault, Surveiller et punir, 1975
Gerard Allwein, Jon Barwise (editors), Logical Reasoning With Diagrams, 1996
   
             
L'attenzione critica architettonica comincia a concentrarsi su queste tematiche tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni Settanta, coinvolgendo tanto gli ambiti del progetto architettonico e urbano quanto quello dell'interpretazione storica. Ai bubble diagrams prodotti a Harvard sotto la direzione di Walter Gropius (cfr. K. Herdeg, The Decorated Diagram. Harvard Architecture & Failure of the Bauhaus Legacy, Mit Press, 1983), si aggiungono le ricerche di Christopher Alexander (che considera i diagrammi il contributo più significativo del suo notissimo Notes on the Synthesis of Form, Harvard University Press, 1966), i saggi di Kevin Lynch da solo (a partire da The Image of the City, Mit Press, 1960) e in collaborazione (Appleyard, Lynch e Myer, The View from the Road, Mit Press, 1964, dove si elaborano nuovi strumenti grafici per descrivere l'interazione tra spazio e velocità) e anche l'analisi comparata delle ville di Palladio e di Le Corbusier proposta da Colin Rowe (The Mathematics of the Ideal Villa, in "Architectural Review", 1947) o quella sulle proporzioni degli edifici rinascimentali da parte di Wittkower, senza contare i contributi di Lawrence Halprin (The RSVP Cycles. Creative Processes in the Human Environment, Braziller, 1970, volume che spazia dall'architettura alla danza) di Robert Venturi (che con Learning from Las Vegas, Mit Press, 1972, utilizza il diagramma sia per descrivere e comparare tra loro i fenomeni urbani che per illustrare efficacemente le conclusioni teoriche che ne trae) e di molti altri.
             
 
 
 
Christopher W. Alexander, Notes on the Synthesis of Form, 1966
Kevin Lynch, The Image of the City, 1960
Appleyard, Lynch e Myer, The View from the Road, 1964
 
             
 
 
 
Colin Rowe, The Mathematics of the Ideal Villa, 1987
Robert Venturi, Denise Scott-Brown e Steven Izenour, Learning from Las Vegas, 1972
 
             
La parentesi del postmoderno storicista, con il ritrarsi dell'architettura all'interno del suo specifico più tradizionale, ha temporaneamente messo in ombra buona parte di queste ricerche, soprattutto quelle più esplicitamente antitettoniche che cominciano a diffondersi negli anni Ottanta e trovano una delle prime testimonianze nella mostra Deconstructivist Architecture (a cura di Philip Johnson e Mark Wigley, MoMA, 1988, con progetti di Gehry, Libeskind, Koolhaas, Eisenman, Hadid, Coop Himmelblau e con la Villette di Tschumi).
             
 
 
 

Philip Johnson, Mark Wigley (editors), Deconstructivist Architecture, 1988

 
             
È proprio il concorso per il parco della Villette (1982) a rappresentare di nuovo uno snodo fondamentale per gli sviluppi dell'architettura successiva anche sotto questo specifico aspetto. Sia Tschumi che soprattutto Koolhaas mostrano in questa occasione (e in molti successivi progetti) come il diagramma costituisca lo strumento specifico per controllare processi progettuali complessi e innovativi, progressivamente svincolati da obiettivi di carattere formale e in grado di produrre architetture capaci di confrontarsi in termini strategici con l'aleatorio e l'inaspettato. A partire da questo momento il diagramma vive una sua nuova stagione di ricerca, che solo recentemente ha assistito al condensarsi dell'attenzione critica. Alla fine del 1998 esce il n. 23 di "ANY", intitolato Diagram Work, nel quale vari contributi tentano una prima indagine delle potenzialità dello strumento e delle direzioni nelle quali è stato sviluppato dalle ricerche architettoniche degli ultimi anni. Paradossalmente, la visione di "ANY" si focalizza attorno a questioni strettamente compositive, in parte correlate a riflessioni di carattere filosofico. Ruolo da protagonisti nella stesura del numero è sostenuto da Ben van Berkel e Caroline Bos che firmano l'introduzione e uno degli articoli. L'interesse di UN Studio verso i diagrammi è testimoniato anche da altre incursioni sul tema, a partire da Mobile Forces (Ernst & Sohn, 1994) fino a Diagrams (in Id., Move, Goose Press, 1999), nel quale si sottolineano le capacità dello strumento di affrontare la complessità. Tuttavia, l'intenzione di tenere insieme tutte le infinite informazioni coinvolte nei processi progettuali segna profondamente i diagrammi dello studio olandese, la cui penetrazione è altrettanto se non più ardua della comprensione degli oggetti prodotti e la cui relazione con gli stessi appare più evocativa che direttamente esplicativa o generativa.
             
 
 
 

"ANY", n. 23, 1998, Diagram Work

Ben van Berkel, Caroline Bos, Move, 1999
[Fici]

 
             
Il 1999 è un anno di particolare intensità critica intorno al diagramma. Bart Lootsma (Diagram in costumes, in "A+U", n. 342, presentazione di alcuni lavori di Ben van Berkel) ne sottolinea tra l'altro la qualità iconica, in grado di sintetizzare processi innovativi condivisi da team progettuali allargati. Thomas Kamps (Diagram Design. A Constructive Theory, Springer) ne propone una lettura orientata in senso più sistematico, dall'analisi al progetto alla sua comunicazione. Anche Peter Eisenman e Stan Allen, due degli autori di "ANY" n. 23, mostrano di credere nella centralità del diagramma al di là dell'occasione offerta dalla rivista newyorkese e ritornano sull'argomento con le loro monografie (rispettivamente, Diagram Diaries, Thames and Hudson, 1999, e Points + Lines. Diagrams and Projects for the City, Princeton Architectural Press, 1999). Nel caso di Eisenman l'approccio è tutto interno alla composizione architettonica, intesa come esercizio astratto di configurazione tridimensionale dello spazio. Il diagramma entra nella sua ricerca come strumento analitico-conoscitivo, applicato dapprima allo studio dell'architettura di Terragni, per poi evolversi in outil progettuale in grado di descrivere e operare le diverse successioni di trasformazioni compositive alla base delle sue proposte (decomposition, grafting, scaling, rotation, inversion, superposition, drifting, folding...). Alla efficacia "grammaticale" della costruzione teorica di Eisenman sembra ispirarsi anche Stan Allen, il quale, tuttavia, cerca di ancorarsi maggiormente alla realtà concreta dei contesti contemporanei. Più che su operatori morfogenetici astratti, il suo approccio si basa, infatti, su tattiche di gestione della fluida mutevolezza delle situazioni, ponendo l'accento sulla dinamica delle potenzialità anziché su regole rigide.
             
 
 
 

Thomas Kamps, Diagram Design. A Constructive Theory, 1999

Peter Eisenman, Diagram Diaries, 1999

Stan Allen, Points + Lines: Diagrams and Projects for the City, 1999

 
             
 
       
 

Catherine de Zegher, Mark Wigley (editors), The Activist Drawing. Retracing Situationist Architectures from Constant's New Babylon to Beyond, 1999

       
             
Ambedue i volumi contengono saggi di Robert E. Somol che, presente con un suo articolo anche in "ANY" n. 23, rappresenta lo studioso di riferimento sulla questione. Urbanism without Architecture consente a Somol di allargare il discorso dall'opera di Allen al confronto con le neoavanguardie degli anni Novanta, mentre Dummy Text, or the Diagrammatic Basis of Contemporary Architecture, nell'affrontare la complessa costruzione teorica e progettuale di Peter Eisenman, si diffonde sui precedenti storici, sui paralleli con altre arti, sulle analisi critiche e sui riferimenti interdisciplinari (dal montaggio cinematografico alla linguistica di Chomsky, dal cubismo rivisto da Rowe e Slutsky ai nouveau philosophes...), mettendo l'accento, in conclusione, sulla funzione progressiva del progettare diagrammaticamente contrapposto a uno strumentale progettare con i diagrammi. Una forte connessione tra prodotti e metodi della loro ideazione che anche Anthony Vidler (Diagrams of Utopia, in Retracing Situationist Architectures from Constant's New Babylon to Beyond, a cura di Catherine De Zegher e Mark Wigley, Mit Press, 1999) riconosce nelle ricerche più radicali, tese a sondare nell'utopia i confini dell'agire architettonico.

Giovanni Corbellini
gcorbellini@units.it
post scriptum

per una lucida analisi del dibattito recente:
Bart Lootsma, The Diagram Debate or the Schizoid Architect, in Archilab’s Futurehouse. Radical Experiments in Living Space, a cura di Marie-Ange Brayer e Béatrice Simonot, Thames and Hudson, 2002.

sul disegno come strumento di pensiero:
Paul Laseau, Graphic Thinking for Architects and Designers, John Wiley & Sons, 20003 (prima ed.: Van Nostrand Reinhold, 1980).

e specificamente riguardo ai diagrammi:
Keith Albarn e Jenny Miall Smith, Diagram. The instrument of thought, Thames and Hudson, 1977.

una raccolta di soluzioni grafiche è:
Diagram graphics. The best in graphs, charts, maps and technical illustration, a cura di Kazuo Abe e Fumihiko Nishioka, PIE Books, 1992.

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