(in)Sicurezza |
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Con
(in)Sicurezza di Marco Ragonese la sezione Parole Chiave,
curata da Giovanni Corbellini, si apre a nuovi contributi e a nuovi
autori che si avvicenderanno sulle pagine di ARCH'IT continuando
ad intessere percorsi tematici attraverso l'editoria di architettura.
Siamo inoltre felici di annunciare che fra pochi giorni sarà in
libreria, per i tipi di 22 publishing, Ex libris. 16 parole
chiave dell'architettura contemporanea. Approdando alla solidità della
carta stampata, Giovanni Corbellini ha rivisto e ampliato
con nuovi termini e apparati le tracce critiche nate nel Web. |
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"Il
grado di sicurezza misura la democrazia di un Paese". Con questa
frase un esponente della destra salutava l'approvazione, nel Parlamento
Italiano, del nuovo pacchetto di norme in tema, appunto, di sicurezza.
Quest'ultima è diventata una delle questioni centrali del
dibattito contemporaneo, soprattutto dalla fatidica data dell'undici
settembre, simbolo controverso della crescente sensazione di incertezza
globale. Le conseguenze sul vivere contemporaneo e sugli ambienti urbani sono evidenti. Come ci avverte Zygmunt Bauman (Fiducia e paura nella città, Bruno Mondadori, 2005), "la guerra all'insicurezza, ai rischi e ai pericoli, è in corso dentro la città... Le trincee fortificate e i bunker destinati a separare e tener lontani gli estranei, sbarrando loro l'accesso, stanno diventando rapidamente uno dei tratti più visibili delle città contemporanee". L'inevitabile strumentalizzazione della paura da parte dei più diversi soggetti (tutti gli studi sull'argomento mostrano come, nonostante l'insicurezza "percepita" abbia una relazione indiretta con le minacce reali, le sue conseguenze non siano meno determinanti: vedi ad esempio Paure in città, a cura di Giandomenico Amendola, Liguori, 2003) investe anche gli strateghi del marketing immobiliare che stanno assecondando la formazione di "un nuovo sociale basato... su comunità simbolicamente segregate, trincerate dietro la barriera tutta materiale dei prezzi della proprietà immobiliare" (Massimo Ilardi, Nei territori del consumo totale. Il disobbediente e l'architetto, DeriveApprodi, 2005). |
[24mar2007] |
Bauman, Fiducia e paura nella città,
2005 |
Amendola, Paure in città, 2003 |
Ilardi, Nei territori del consumo totale. Il disobbediente
e l'architetto, 2005 |
È quindi
diventato realtà il "consumo della protezione",
generato dalla "creazione di un sentimento comune di insicurezza",
a suo tempo profetizzato da Paul Virilio (Vitesse et Politique, Galilée,
1977). L'esclusione diventa l'unico antidoto, a prescindere dalla
reale entità dei rischi e dei pericoli (Giandomenico Amendola,
La
città postmoderna. Magie e Paure della metropoli contemporanea,
Laterza, 1997; Robert Castel, L'insécurité sociale.
Qu'est-ce qu'etre protégé?, Editions du Seuil, 2003), e laddove
non è possibile perseguirla fisicamente si ricorre a sistemi
tecnologicamente avanzati di sorveglianza e controllo. Le città sono
disseminate di telecamere "amiche" collegate alle forze
di polizia, pubblica o privata: si è passati da una società panottica
a una post-panottica, in cui il controllore si è liberato
dal legame fisico che lo vincolava al sorvegliato (vedi ancora Zygmunt
Bauman, Liquid Modernity, Polity Press e Blackwell Publisher, 2000).
Mike Davis definisce "scanorama", analizzando la realtà ipersorvegliata di Los Angeles, quella scansione dello spazio generatrice di un territorio dove la visibilità protettiva è capace di garantire il turista e l'impiegato che frequentano il downtown della città (Ecology of Fear, Vintage Books, 1998). E anche il controllo sociale garantito dall'alta densità abitativa, portato a esempio da Jane Jacobs (The Death and Life of Great American Cities, Random House, 1961), rischia di tradursi in una sorta di deriva delatoria. L'insicurezza viene così trasformata in materiale di base dalla pianificazione e in dispositivi spaziali dall'architettura. Dispositivi che agiscono sulle minacce come deterrenti e/o strumenti di difesa e insieme sulla percezione di ambienti più controllati e sicuri. La codificazione dei caratteri dei nuovi tipi di spazi difensivi della città contemporanea -blindati mediante dispositivi più o meno fisici, disagevoli per i mezzi di dissuasione, ansiogeni a causa della continua sorveglianza, invisibili, labirintici...- è avvenuta soprattutto negli Stati Uniti (vedi Steven Flusty, Building Paranoia, in Nan Ellin, Architecture of Fear, Princeton Architectural Press, 1997) dove ai fenomeni di gentrification dei centri cittadini (cioè di rinnovamento urbano e sostituzione sociale) si è associato il proliferare delle cosiddette gated communities. |
Virilio, Velocità e politica: saggio di dromologia,
1981 |
Amendola, La città postmoderna.
Magie e Paure della metropoli
contemporanea, 1997 |
Castel, L'insécurité sociale. Qu'est-ce
qu'etre protégé?, 2003 |
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Bauman, Liquid Modernity, 2000 |
Davis, Ecology of
Fear,
1998 [Giaconia] |
Jacobs, The Death
and Life of
Great American
Cities,
1961 |
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Ellin, Architecture
of Fear, 1997 |
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Queste nuove cittadelle, denominate anche Common interest developments, in genere pianificate secondo i dettami del New urbanism, non vendono una semplice casa, ma uno stile di vita, una rete di relazioni e servizi (vedi Jeremy Rifkin, The Age of Access, Tarcher/Putnam, 2000) fino all'estremo di "sceneggiare" i comportamenti (sulla "disneyzzazione" degli spazi vedi Maria Grazia Meda, Topolino Urbanista, in "D. La Repubblica delle donne", 11 dicembre 2004, pp. 40-47). Ma la drammaticità dei contrasti economici nelle megalopoli del terzo mondo e dei conseguenti fenomeni criminali acuisce ulteriormente queste problematiche: Brasile, Colombia, Sudafrica, Nigeria costituiscono infatti i laboratori dove le relazioni tra paura e architettura sperimentano le declinazioni più radicali (vedi Teresa Caldeira, City of walls. Crime, Segregation and Citizenship, Ucla Press, 2001; Susana Rotker, Citizens of Fear. Urban violence in Latin America, Rutgers University Press, 2002; Karina Landman, Martin Schönteich, Urban Fortresses. Gated communities as a Reaction to Crime, in "African Security Review", n. 4, 2002). |
Rifkin, The Age of Access, 2000 |
Meda, Topolino Urbanista, in "D. La
Repubblica delle donne",
11 dicembre 2004 |
Caldeira, City of walls. Crime,
Segregation and Citizenship, 2001 |
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Rotker, Citizens of Fear. Urban violence
in Latin America, 2002 |
Landman,
Schönteich, Urban
Fortresses, in "African
Security Review",
n. 4, 2002 |
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In
Italia il fenomeno è stato indagato a livello locale, scandagliando
le differenti realtà dove la pressione di fattori quali innalzamento
dell'età della popolazione (e della classe dirigente), disoccupazione,
immigrazione e degrado urbano, sta alimentando la sensazione di insicurezza,
ben al di là della reale consistenza (su Genova vedi Antonello
Petrillo, La
città delle paure. Per un'archeologia dell'insicurezza
urbana, Sellino, 2003; su Torino Marina Belluati, L'in/sicurezza
dei quartieri. Media, Territorio e percezioni d'insicurezza,
Franco Angeli, 2004). Tuttavia, proprio nelle città italiane,
la fascinazione generata dalla presenza di una città "parallela" sembra
essere così irresistibile che, anche "se la città legittima
pronuncia parole di paura o sospetto verso quella illegittima, ricorre
a quest'ultima per un gran numero di servizi e prestazioni" (Alessandro
Dal Lago in La
città e le ombre, Feltrinelli, 2003,
ancora su Genova). L'"aria di città" che rendeva liberi nel medioevo (e spesso salvava la vita, vedi Y. Tuan, Landscapes of fear, University of Minnesota Press, 1979; Richard Sennett, The Conscience of the Eye, Knopf, 1990) sembra dunque essersi tramutata in un fluido inquinato e minaccioso. Un processo che vede un flesso significativo nella città ottocentesca e più precisamente a partire dalla rivoluzione francese, quando alle nuove strutture sociali e di potere vengono associati nuovi spazi di vita. A causa del massiccio inurbamento, della crescita spasmodica e dei fenomeni a essa associati, nasce la metafora organica della città bisognosa di "cure", di interventi necessari a estirpare i mali che l'affliggono. È l'epoca dell'urbanistica "igienica" (vedi il capitolo "La città come farmaco" in Rosario Pavia, Le paure dell'urbanistica, Meltemi, 2005) e di una serie di episodi cruciali: dagli interventi speculativi e militari nella Parigi di Haussmann alle pulsioni antiurbane che portarono alla realizzazione di Central Park a New York, fino alle company towns. Interventi, questi ultimi, che avrebbero dovuto garantire i cittadini "dalle pestilenze, dallo smog, dai 'mali sociali', dalle contraddizioni e dai conflitti che dilagano nelle grandi città industriali" (Manfredo Tafuri, Francesco Dal Co, Architettura contemporanea, Electa, 1976, cfr. in particolare il primo e il secondo capitolo). |
Petrillo, La
città delle paure. Per un'archeologia
dell'insicurezza urbana, 2003 |
Belluati, L'in/sicurezza
dei quartieri. Media,
Territorio e percezioni
d'insicurezza,
2004 |
Dal
Lago, Quadrelli, La città e
le ombre, Feltrinelli, 2003 |
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Tuan, Landscapes of fear, 1979 |
Sennett, The
Conscience of the Eye,
1990 |
Pavia, Le paure dell'urbanistica, 2005 |
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Tafuri,
Dal Co, Architettura contemporanea, 1976 |
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Il movimento moderno e la nascita della pianificazione attraverso la zonizzazione, operata seguendo la carta di Atene, cercherà di normare la crescita della città come corpo sano, sicuro, ordinato da un professionista fiducioso nelle sue capacità e nei suoi strumenti. Nasce da qui la visione secondo la quale "gli architetti impegnati sui temi sociali abbiano sempre nutrito il sogno di controllare gli individui nello spazio" (vedi Richard Ingersoll e Cristina Tartari, Architecture without people, in "Lotus", n. 124, 2005). Il ricorso alla norma diventa sempre più prescrittivo e costrittivo, percepito più come elemento totalizzante che occasione di sviluppo: la sicurezza diviene oggetto di manualistica tecnica (vedi Barbara Nadel, Building Security. Handbook for Architectural Planning and Design, McGraw-Hill, 2004) e strumento politico per il controllo del territorio. Il vocabolo identifica immediatamente determinate porzioni di città (escludendone aprioristicamente altre), ponendosi quale parametro qualitativo di analisi urbana e sociale. Inizia a essere delineata una "enviromotional geography" basata su una unità di misura determinata dalla paura, che palesa l'esistenza di barriere, non fisiche ma mentali, all'interno di una città dove è smascherato l'equivoco tra tolleranza e indifferenza (vedi le illustrazioni in Bert De Muynck, Fear & Space. The view of the young designer in the Netherlands, NAi Publishers, 2005). I fuochi della banlieu Parigina suonano come intollerabili attentati alla sicurezza cittadina, ma anche come altrettante domande fatte da ragazzi di cui, senza violenza, nessuno si occuperebbe, reclusi di fatto nei recinti invalicabili della periferia. | ||||||||
Ingersoll,
Tartari, Architecture without people,
in "Lotus", n. 124, 2005 |
Nadel, Building Security. Handbook for Architectural
Planning and Design, 2004 |
Angst & Ruimte, Fear & Space.
The view of the
young designer
in the Netherlands,
2005 |
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Purini, Un chilometro di correzioni, in "Domus",
n. 886, 2005 |
Sennett, The uses of Disorder: Personal Identity
and City Life, 1970 |
Ilardi, Negli spazi
vuoti della metropoli,
1999 |
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Diventa
chiaro che nonostante "lo spazio e il sociale siano sempre interconnessi...
non basta trasformare lo spazio per modificare le relazioni sociali" (I
luoghi degli esclusi e la modernità fallita. Intervista a
Marc Augé, di Fabio Gambaro, in "La Repubblica",
11 novembre 2005, p. 56), anche se c'è ancora chi considera
i fenomeni che affliggono la periferia come "problemi fisiologici,
problemi che solo l'architettura può risolvere" (Franco
Purini, Un chilometro di correzioni, in "Domus",
n. 886, 2005, riferendosi al Corviale di Roma). L'alternativa -più sociologica
che architettonica- sembra data, così, dalla possibilità di
non attribuire alla città una forma pre-organizzata, pre-stabilita,
per lasciare che anche gli elementi conflittuali trovino dei territori
intermedi sui quali confrontarsi a viso aperto, senza i confini insormontabili
dello zoning. L'ipotesi è di utilizzare il disordine come
elemento di pianificazione sociale e urbanistica, esortando ad "accettare
il caos, la frammentazione, lo spaesamento, senza ricercare il rifugio
nei modelli mitici del passato" e facendosi "accettare
dal caos per impedire che diventi un ghetto multicolore" (Richard
Sennett, The uses of Disorder: Personal Identity and City Life,
Knopf, 1970; Massimo Ilardi, Negli spazi vuoti della metropoli,
Bollati Boringhieri, 1999). Ma tra le bombe piazzate nelle metropolitane
e le auto incendiate nelle periferie, tra le fobie migratorie e i
possibili scontri di civiltà, il passo tra analisi e applicazione
sta diventando sempre più lungo e insicuro. Marco Ragonese mragu@libero.it |
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edizioni
italiane Jane Jacobs, Vita e morte delle grandi città , Einaudi, 1969. Paul Virilio, Velocità e Politica. Saggio di dromologia, Multipla Edizioni, 1981. Richard Sennett, La coscienza dell'occhio, Feltrinelli, 1993. Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, 2000. Mike Davis, Geografie della paura, Feltrinelli, 1999. Jeremy Rifkin, L'era dell'accesso, Mondadori, 2000. Richard Sennett, Usi del disordine. Identità personale e vita nelle metropoli, Costa & Nolan, 1999. Robert Castel, L'insicurezza sociale, Einaudi, 2004. |
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post
scriptum Una mostra al MoMA ripercorre le risposte progettuali che il design (anche a livello didattico) sta dando al tema della sicurezza: Safe. Design Takes on Risk, a cura di Paola Antonelli, Phil Patton, Marie O'Mahony, Museum of Modern Art, 2006. A gain safe, a cura di Francesca Picchi e Karen Marta, in "Domus", n. 886, 2005. Il saggio di riferimento sulle relazioni tra spazi e comportamenti criminali è: Oscar Newman, Defensible space crime prevention through urban design, Macmillan, 1972. La relazione tra paura e comunicazione della paura: Jean Baudrillard, Le crime parfait, Galilée, 1995, trad. it. Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina, 1996. Diversi aspetti della relazione tra paura, città e architettura: Open. (In) Security, a cura di Guus Beumer, NAi Publishers, 2004. Paul Virilio, Ville panique. Ailleurs commende ici, Editions Galilée, Paris, 2004 (trad. it. Città panico, Raffaello Cortina, 2004). Giovanni Corbellini, Security, branded space, non-authorship, cheapscape, icons and diagrams, in "Parametro", n. 244, 2003. Hrvoje Njiric, Il ventunesimo secolo, in "Parametro", n. 244, 2003. Fear Itself, "The Hedgehog Review", n. 3, 2003. Antonio Acierno, Dagli spazi della paura all'urbanistica della sicurezza, Alinea, 2003 Zygmunt Bauman, Society under siege, Polity Press, Cambridge, 2002 (trad. it. La società sotto assedio, Laterza, 2003). Nan Ellin, Thresholds of Fear, in "Urban studies", n. 38, 2001. Jon Bannister e Nick Fyfe, Fear and the City, in "Urban studies", n. 38, 2001. Paola Rebughini, Violenza e spazio urbano, Guerini, 2001. Elisabetta Forni, La città di Batman. Bambini, conflitti, sicurezza urbana, Bollati Boringhieri, 2001. AA.VV., Dizionario di sicurezza urbana, Università popolare, 2000. Agostino Petrillo, La città perduta. L'eclissi della dimensione urbana nel mondo contemporaneo, Dedalo, 2000. Barry Glassner, The Culture of Fear, Basic Books, 1999. Public Fear, "Any", n. 18, 1997. Mortal City, a cura di Peter Lang, Princeton Architectural Press, 1995. Gerda R. Wekerle, Carolyn Whitzman, Safe Cities. Guidelines for Planning, Design and Management, Van Nostrand Reinhold, 1995. Barry Poyner, Design against crime: beyond defensible space, Butterworth, 1983. Una immancabile riflessione sula sicurezza in termini ambientali: Nancy Jack Todd, A Safe and Sustainable World. The Promise of Ecological Design, Island Press, 2005. Per un punto di vista psicologico: Bruna Zani (a cura di), Sentirsi in/sicuri in città, il Mulino, 2003. |
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parole chiave laboratorio
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