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Simple tech

un progetto per il museo
del "simple tech" - 2

stefano mirti, luca poncellini
  nota iniziale.
grazie mille per tutti i vari messaggi ricevuti dopo l'uscita della prima parte.

anche,
siamo molto contenti che praticamente tutti i link messi qualche settimana fa siano ancora in funzione.
in genere linkare verso website esterni è operazione delicata, però sin qui, ci è andata bene...

inoltre,
in questo periodo,
è uscito (sempre su arch'it) un bellissimo articolo pieno di robe super simple-tech.
cioè in verità trattava di architetture minimali, ma a volte il confine è molto labile...


http://www.architettura.it/files/20020724/index.htm

(carlotta darò, 'autenticamente minimali')


che altro?
luca nel frattempo è stato a londra dove ha visto una roba fichissima, un incrocio tra simpletech e psichedelia come non si vedeva dai tempi in cui jimi hendrix inizia a usare il distorsore...
(ne parliamo in una prossima puntata)


insomma
ci sembra di aver detto tutto quello che dovevamo dire, da cui siamo pronti per entrare nel museo.


(per chi si fosse perso la prima parte, il link per leggerla è:

http://www.architettura.it/simple/20020727/index.htm

in pratica,
avevamo fatto tutto lo spiego di come si arriva alla stazione, il percorso dalla stazione al museo, di che cosa si trova lungo la via, di come potrebbe essere ipotizzato il tutto in termini di edificio.
adesso,
siamo pronti ad entrare...



4. le varie parti del museo


immaginando un museo con vari settori, ambienti, si potrebbe dire che il primo mondo che si incontra lungo il nostro cammino dovrebbe essere quella dedicato al giappone.

del resto, la tradizione giapponese ci fornisce un sacco di robe su cui ragionare, se vogliamo pensare in termini di simple tech.

un intero settore dedicato alla terra del sol levante, magari sponsorizzato dalla sony.
che ci potrebbe dare un sacco di soldi (???), dove potrebbe magari anche esporre 10 robe simple tech pazzescamente importanti (dal walkman alla radio a transistor...).

http://www.walkman.sony.co.jp/index.html
http://history.acusd.edu/gen/recording/transistor.html


parlando di sony, walter interviene nel nostro ragionamento e dunque lasciamo scrivere direttamente a lui:

insomma, verrebbe da dire "ma come, sony fa high tech, mica simple tech".


non dite una cazzata simile.
se no tradireste una orribile confusione tra simple tech e low tech.

la passione per il low tech è tanto insensata quanto la passione per l'high tech.
entrambe sono declinazioni del luddismo, che è un atteggiamento irrazionale.

abbiamo il massimo rispetto per l'irrazionalità, però nel museo del simple tech deve funzionare la simple reason.


lasciarsi trascinare a definire formalmente che cosa è simple tech è molto pericoloso, per cui ci concederemmo ancora il lusso di una serie di esempi e controesempi.

(nel contempo ci impegniamo a pubblicare il manifesto del simple tech entro e non oltre l'autunno...)


prendiamo per esempio i sistemi operativi, una di quelle cosa brutte ma essenziali come gli elettrodotti o gli scopini del cesso.
prendiamone due, linux e windows (li abbiamo già nominati nella prima parte, credevate che avremmo mollato l'osso così facilmente?).

in apparenza, windows è più semplice di linux, perché windows si installa da solo, o quasi, anzi in molti casi è già installato sul pc che si compra. però... arriva spesso un momento in cui windows va reinstallato.
perché?
non si sa.
nessuno lo sa.
cioè, meglio, c'è una microscopica minoranza di omini del computer che sanno perché la mia specifica particolarissima installazione di windows è morta;
e sanno anche che l'unica soluzione è una sorta di lobotomia elettronica.
ma questo a linux invece non succede.
con linux invece ci si scontra con la barriera della propria ignoranza.


cioè, se io avessi tutto il tempo necessario, potrei imparare proprio tutto tutto su linux e fargli fare ciò che voglio. che non è affatto semplice, perché mi ci vorrebbero gli anni di un dottorato anche serio.
però in potenza...

con windows invece non potrei, perché ci sono delle informazioni che mi vengono tenute nascoste.
insomma, con tutte le ambiguità del caso, e dichiarando che comunque i computer sono delle macchine orribilmente incasinate, linux è più simple tech che windows.

per dire, sony fa anche i telefonini.
il telefonino è simple tech?
mah, il terminale, il pezzo che si tiene in mano è abbastanza semplice.
però è un oggetto un po' briccone, rappresentante di una classe di oggetti in crescita; proprio come il televisore di casa, il ricevitore gps e la lampadina del tinello, il telefonino è un terminale di un macrosistema quasi invisibile.
il telefonino ci presenta una faccina simpatica e semplice, il sistema dietro è di una complessità spaventosa (ed è anche incredibilmente costoso).

paragoniamolo con il cb.
il cb è piú complicato da usare del telefonino, non ci piove.
il raggio è limitato, bisogna parlare a turno, a volte emette rumori orrendi.
però il cb non chiede veramente il permesso a nessuno.
io e il mio amico ci mettiamo daccordo, compriamo le nostre radio, e tutto funziona. invece ogni volta che uso il cellulare, sto chiedendo il permesso a telecom italia, o a omnitel o a wind, insomma al gestore.
il mio gestore.
che tenerezza, è il mio gestore, vicino al mio cuore, e si occupa delle mie comunicazione. e se vuole le intercetta ma non parleremo di questo.


questa alla fine è una tendenza chiara; all'arsenale polveroso di cronometro, bussola e sestante si sostituisce il compatto e nerocromato (high tech!) ricevitore gps.
che però è ancora una vola il terminale di un sistema di satelliti che non controlliamo.

come nel caso del cb contro il telefonino, o di windows contro linux, c'è tutta una conoscenza che in precedenza doveva essere dentro la mia testa, e che adesso viene sommersa nel sistema.
creando relazioni di dipendenza non tanto visibili.


poi non vogliamo veramente essere autarchici.
però simple tech è anche questo, anzi lo è per un buon 50%.
noi vogliamo essere coscienti delle tecnologie che usiamo.

questo è importante per noi architetti e designer,
gente in genere ossessionata dalla forma finale.


il simple tech è generalmente una questione di processo produttivo e di sistema tecnologico di riferimento.
la forma finale è una conseguenza, non è mai il punto di partenza.
gli scarti a lato, avvengono sempre in termini di processo, non di forma.
(come ci insegnano albini & eames, due maestri che più bravi non ce n'è...)



in questo museo del simple tech ogni oggetto esposto dovrebbe avere un cartello che dice da cosa l'oggetto dipende: la vespa dalla benzina e dall'olio, le seggiole degli eames dalla produzione industriale del legname o del fiberglass...

il che poi spezza la schiena (e sia detto in uno spirito per nulla polemico) a tanti concetti equi, solidali ed ecologici che vengono si prodotti da persone povere ma belle in paesi remoti ed affascinanti; ma si appoggiano per la distribuzione e commercializzazione a reti e persone spaventosamente consumiste.

detto en passant, a noi i sistemi equi e solidali ripugnano non poco.

quando vallanzasca faceva le rapine con francis turatello, almeno, avevano coscienza di essere dei gangster e di stare facendo una serie di operazioni non propriamente benefiche.
quando vedi il negozio equo e solidale che al confronto ronald biggs della grande rapina al treno era madre teresa di calcutta, ci viene un nervoso...


come al solito,
gli addentellati sono la cosa più difficile da gestire, come ci ricorda la foto del manifestante no-global che spacca a martellate l'insegna di una mcdonald, indossando nel frattempo scarpe nike.


prima di procedere oltre,
nel caso foste all'oscuro di ronald biggs e di quel progetto stratosfericamente bello che era stata la grande rapina al treno (con successiva fuga ai tropici), dovreste fare un salto su:


http://www.ronniebiggs.com/

perché il mondo del simple tech è tendenzialmente infinito.

[21aug2002]
  anche il progetto per una rapina può essere fatto in termini 'semplici'.
quella rapina è nella nostra topten dei progetti del secolo (ventesimo).
un sistema semplice, con alcuni picchi di complessità necessari per poter portare a termine il tutto con successo.


(altro passaggio importante: anche se fate i simpletech, non dovete mai essere bigotti.
a volte, è necessario innestare elementi complicati su una struttura semplice.
non vi preoccupate, capita. un po' come nel bricolage...)


insomma, andate a vedervi il sito di ronald biggs e se avete voglia potete pure firmare la petizione per farlo uscire di galera (il progetto era perfetto sul breve e medio termine, ma sul lungo termine aveva alcune debolezze che hanno permesso all'interpol di acchiappare il nostro eroe...)


ok.
possiamo ripartire con la descrizione del nostro museo...


allora,
avremmo questo container, con la scritta sony sopra, che tu entri e capisci al volo come si possono realizzare spazi complessi e articolati nel modo più semplice possibile.


ovviamente la sezione del giappone va fatta utilizzando un numero di materiali minimo.
un pavimento di stuoie e leggeri pannelli scorrevoli: tatami e shoji, e il gioco è fatto.
con bamboo, legno, carta di riso e paglia ci si può costruire un riparo, una casa, un tempio.



non è un caso che il luogo religioso più importante dell'intero arcipelago nipponico siano le povere (si intenda: sobrie, semplici, essenziali) capanne di legno e paglia del tempio di ise, ricostruite nuove ogni vent'anni.

in pratica il sistema funziona con questi due edifici affiancati in mezzo al bosco delle meraviglie...
uno che è costruito, l'altro che è assente, che non c'è.
poi,
ogni vent'anni si smonta quello costruito e si rimonta – con materiali nuovi – quello assente.
ogni vent'anni, da mille anni o giù di lì,
se ne smonta una e se ne ricostruisce a fianco una copia identica.
con materiali nuovi...


(a volte i giapponesi ti spezzano in due con i loro sistemi geniali...)


http://old.jccc.net/~jjackson/ise.html

questo aggeggio che avete appena visto in foto è il cuore di tutto lo shintoismo.
come fosse san pietro per i cristiani.
dopodiché, se mettete a confronto san pietro con questa architettura, capite bene che cosa intendiamo per simple tech.
un edificio semplicissimo, che grazie a un trucchetto in termini di processo (quest'ideona che ogni vent'anni ne smonti uno e ne costruisci uno a fianco uguale), regge il confronto con qualsiasi architettura religiosa costruita in trenta secoli di civiltà umana.


costo puro del tempio di ise?
boh,
qualche centinaio di milioni.
che un qualsiasi stand da fiera tipo salone del mobile costa di sicuro di più...



vabbe', ci fermiamo qui sennò dovremmo scrivere per giorni e giorni.



usciti dal container giappone, l'ambiente successivo dovrebbe essere quello per bruno munari.
su cui non c'è granché da dire.


un primo link c'è nella prima parte.
ci sarebbe piaciuto darvi il link al sito ufficiale, che però non esiste.


curioso no,
che poi alla fine, ronald bigg c'ha il sito personale, mentre su munari non è così facile trovare informazioni...
vabbe',
una prima introduzione,
la trovate su:


http://web.tiscali.it/sincron/whoismunari.html


stessa storia per i castiglioni.
che non hanno nessun website dedicato (uno si domanda come sia possibile...)


anche qui,
alcune info generali le trovate su:


 
  http://www.tribu-
design.com/fr/designers/c/achille_castiglioni.html



   
  eppoi, forse anche droog, meriterebbe una sezione tutta per loro...
; )


http://www.droogdesign.nl

(in questo caso siamo fortunati perché i droogers sono gente ben organizzata e hanno il loro bravo website con i gingilletti in flash e via dicendo).

però,
fate attenzione, perché il loro sito è come quello dei lo-tek.
che ci andate sopra e tutto è figo.
poi,
quando cercate di tornare indietro su questo articolo, il sistema ve lo impedisce...


a parte questo,
noi amiamo molto droog.
che sono bravissimi.
tipo johan crujiff che era un altro olandese straordinario...


citazione del profeta del gol, ad uso e consumo dei lettori di arch'it:

il calcio, si gioca con la testa. è una questione di intelligenza

glissiamo su questo fatto che l'olanda non ha mai vinto nulla in cento anni di storia del calcio, però, ancora, la nazionale del '74 e '78 giocava un calcio bello come le architetture di eileen gray.

oltre al pane, vogliamo le rose (dicevano le femministe all'inizio del secolo scorso...).

http://www.cruijff.com/
http://www.tangle.com/Eileen/Welcome.html


eileen gray è un'altra presenza necessaria nel nostro museo.
adesso pensiamo a come sistemarla...


con droog, siamo arrivati a quattro sezioni.

si potrebbe immaginarne un'altra, che così arriviamo a cinque che è un bel numero.

o meglio ancora,
mettere insieme munari e castiglioni e fare quattro sezioni 'nazionali',
come alle triennali dei tempi andati.


padiglione giappone
padiglione italia
padiglione olanda
padiglione stati uniti



chi chiamiamo a rappresentare gli stati uniti?

mah,
con gli eames, andiamo sul sicuro.


magari non tanto i loro progetti più famosi, quelli che conoscono tutti.

forse,
sarebbe forse più bello lavorare sui materiali meno conosciuti, le chicche più belle (che sono quelle che si conoscono di meno).


http://www.eamesoffice.com
http://www.loc.gov/exhibits/eames/



(tutti i website che non sono stati fatti su munari e su castiglioni, li hanno fatti sugli eames...)


ecco.
magari, la sezione eames la risolviamo con una saletta proiezioni (anzi, una salona) dove si possono vedere alcuni dei loro straordinari cortometraggi.
ovviamente, dovendo scegliere, si faranno vedere quelli che sono in tema.
sicuramente quello sulle trottole.
ma anche quello sul pane e sulle differenti maniere di cuocere i prodotti farinacei nel mondo.
finendo con gli incredibili cinque minuti dedicati alla medusetta...


(comunque sia nei due link indicati sopra potete vedere tutto, ordinare, acquistare, fare quello che volete...)


bene.
omaggiati anche gli eames,
la sala proiezioni con i loro gioielli in sedici millimetri la facciamo diventare il quarto padiglione.


poi, fuori (ovviamente il museo dovrebbe avere delle parti al chiuso e certe altre all'aperto), ci dovrebbe essere la collezione permanente di tende.
che oltreché essere la collezione permanente di tende di tutti i tempi e tutti i paesi, potrebbe anche diventare anche una spartana foresteria per gli ospiti che vengono da lontano.


un po' come a naoshima, dove tadao ando fa un sistema di edifici di cemento grande come tutta l'isola.
(molto bello, lievemente peso, ma al solito, tadao non si discute...)


poi, se vuoi andare a vedere queste cose, ti fanno dormire in una yurta mongola per terra.
simpatico, ma soprattutto inaspettato...


il sito dove potete vedere tutto l'insieme è:

http://www.naoshima-is.co.jp/english/index.html


ovviamente,
nel mondo del simple tech, tadao ando è uno dei personaggi principali.
perché poi,
noi siamo i primi a svenire quando vediamo le meraviglie di sejima o toyo ito.
però quando poi tra dieci anni, le suddette meraviglie saranno baracche arrugginite,
tadauccio, dal suo studiolo di osaka, se la riderà un sacco...



comunque sia, tante piccole micro-architetture di tela, tanti contenitori che ognuno a modo suo rappresentano la "mission" (eh, mica non potevamo dire che il nostro museo avrà una sua bella " mission") istituzionale del museo stesso.

sarà banale e anche un po' scontato dirlo, ma la tenda è la tipologia abitativa semplice per eccellenza. con piccole variazioni di forma e materiali, la tenda funziona a tutte le latitudini, in tutte le culture, e viene utilizzata da quando l'uomo ha iniziato a camminare.
yurte, tuareg, tende ferrino, boy scout, woodstock di tutti i generi e altri cento esempi che conoscete meglio voi di noi.






 
  http://www.ferrino.it/catalogo2002/catalogo.asp?
cat=tende&collten=-1



   
  rimarrebbero ancora un sacco di parti da pensare e progettare.
per dire, non si è ancora pensato al magazzino (se le collezioni sono esposte a rotazione, dove mettiamo via i pezzi non esposti?)


innanzitutto dovrebbe essere un magazzino leggero, diciamo un involucro.
che costi pochi soldi e che si possa allestire sin da subito (perché possiamo immaginare che collezionisti di tutto il mondo inizieranno praticamente adesso a mandarci i loro pezzi più pregiati).


per il magazzino, suggeriremmo di contattare gli studenti della tama art university di tokyo. quelli che avevano fatto questo prodigio che vedete nelle foto sotto.



 
 

teli di plastica (tipo quelli della spazza) incollati l'un l'altro.
un ventilatore da tavolo che manda aria dal buco che viene utilizzato dalle persone per entrare.
un costo di 25 euro, tempo di incollaggio un pomeriggio, si gonfia in circa un'ora.
che cosa si potrebbe volere di più?
(un nuovo inchino agli amici giapponesi che ogni tanto se ne escono fuori con gingilletti che ti spezzano in due).


http://www.tamabi.ac.jp/


questo poi ci permette di accennare brevissimamente al tema della durevolezza.
il simple tech o si autodistrugge nel giro di un'ora (come nel caso di certi aquiloni), o è fatto per durare potenzialmente per sempre, magari con qualche riparazione.


il simple tech invecchia bene, il che implica tra l'altro che nessuno ha mai costruito un computer simple tech (il simputer menzionato otto righe fa, è ancora allo stato di prototipizzazione)
una tenda si può rammendare. avete già provato a rammendare un macintosh titanium?



la foto è un dettaglio del mio supersleeky squeaky clean apple titanium dopo un anno di vita:




il commodore 64 non era fatto di titanio, ma di sicuro, dal punto di vista del contenitore, invecchia meglio del titanium apple...


infine,
ultimo pezzo,
il bookshop/cafeteria, vero pezzo forte di ogni museo che si rispetti...


per quello, potremmo riciclare una vecchia idea di qualche anno fa, fatta assieme alla brigata tognazzi.
un volume in esterni, tutto in policarbonato, semplice, non troppo costoso, di grande effetto scenico...
a tokyo era venuto fuori bene, anche nel nostro museo siamo sicuri che farebbe la sua discreta figura.


: )

http://www.zeronitriti.com/pchouse


perché per esempio,
una roba come lo shop del museo,
sarebbe un tema bello su cui ragionare.


gli oggetti simpletech che il visitatore può comprare...

uno scaffale pieno di moka,
http://www.caffetucano.com/mokaexpress.html
http://www.mokaefti.com/storiacin.htm
http://www.segafredo.it/


le radio wind-up della philips (quelle che vanno senza batteria e che la philips ne vende milioni e milioni in tutti i continenti.),

  http://www.widemedia.com/fashionuk/news/2000/08/07/
news0000687.html

http://www.gizmo.com.au/public/News/news.asp
?articleid=1263



   
  i simputer brasiliani, computer semplicissimi, da cento dollari l'uno,

http://www.simputer.org/

lo shop dove comprare un ombrello pieghevole o un rasoio usa e getta bic.

 
  http://www.bicworld.com/inter_en/shavers/how_is_made/
index.asp

http://www.turolla.it/gadgets_aziendali/ombrelli/pagine/
a1393.html


   
  dove si possa trovare il cicognino di albini (quel fantastico tavolino/vassoio dove il baricentro del sistema è così basso che potete dondolarlo finché volete ma il whisky dal bicchiere non uscirà mai...), con sette ufo-solar che volano scaldati dal sole.






ma ve li ricordate, quanto erano belli i sigaroni neri ufo-solar?

 


la lampada brasiliana di lina bo bardi (mai capito se l'abbia progettata lei, o se si sia limitata a trovarla, comunque sia è un oggetto di rara intelligenza: una lampadina usata che anziché essere buttata via, viene riciclata come lume a petrolio), con il coltellino opinel n. 9.

http://www.opinel-musee.com/


sarebbe anche bello se marco albini ci regalasse (o al limite, andrebbe bene anche un prestito per 99 anni) la radio trasparente del suo illustre papà.
così si potrebbe iniziare a produrla (visto che nel 1936 era troppo difficile).


 
era il 1936, ma in termini di semplicità tecnologica applicata, è molto più moderna e intelligente dell'imac o del telefono swatch...

sarà anche divertente esporre gruppetti di oggetti.
ci penserà poi il visitatore a capire cosa è simple tech.
per esempio, lo swatch (che costa abbastanza poco, ma non si può riparare, ma forse non vale la pena) e il rosskopf (primo tra gli orologi da tasca a basso costo, che si poteva riparare).


sullo swatch, a parte il website ufficiale, ci sono un sacco di siti dove trovate tutte le informazioni che volete.
da cui,
ci siamo permessi di fare un link a un sito dove si spiega perché tutta la storia swatch così come ci viene raccontata, non è affatto vera.


  http://www.xrefer.com/entry/226091
http://www.timezone.com/WebPages/Archives/
InformativeAndFunPosts/swatch.jf.story.html


   
  mettiamo questo link perché si capisca che il simple tech senza un buon ufficio marketing non va da nessuna parte...

: (

o magari anche un orologio digitale comprato stamattina al mercato (che non si può riparare, e non ne varrebbe la pena).

oppure il coltello bowie, che fa una cosa sola (taglia), e il coltellino victorinox che fa centomila cose più o meno bene.


insomma, lo avete capito.
uno shop a crescita infinita,
un museo a crescita infinita.


dove i pezzi più belli vengano trovati mano a mano, con la collaborazione di tutti, mescolando pezzi di design alto, a oggetti che spesso fanno capolino nella nostra vita quotidiana.



(2. fine)
 
  
  > UN PROGETTO PER IL MUSEO DEL "SIMPLE TECH" - 1
> SIMPLE TECH
   
  

la sezione Simple tech
for a complex world
è curata da
Walter Aprile
e
Stefano Mirti


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