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Simple tech

can you hear me major tom?

stefano mirti + walter aprile
+ major tom/marco pisati
+ brunetto de batte', gianluca milesi, 260_390



ok.
adesso,
proviamo a spiegare quali sono i punti che definiscono il simple tech e gli articoli che ci piacerebbe scrivere, rigirare, ricevere su questo argomento.



1. think/make/think/make/think/make

questo e' forse il punto piu' importante del nostro discorso.

a scrivere il saggio teorico sono capaci in molti.
a progettare il ponte di brooklyn di fiammiferi svedesi, ancora di piu'.

a fare un piccolo esperimento,
e' gia' piu' difficile.

gli architetti italiani sono bravissimi a teorizzare e a progettare su carta (o sullo schermo del computer).
un po' meno bravi a fare dei prototipi, dei piccoli esperimenti.

uno dei layer nascosti di simpletech e' cercare di invertire questa tendenza,
dare spazio a chi si sporca le mani, fa i suoi esperimenti, costruisce la cuccia del cane di bottiglie di cocacola, sognando un giorno di fare un grattacielo (sempre di bottiglie di cocacola).

per capirsi.
una volta i cliostraaters avevano partecipato a un concorso progettando enormi cupole di bottiglie di plastica.
roba mica facile.
dopodiche', farne un prototipuccio (un igloo di bottiglie di plastica dal diametro di 5 mt) era stato un milione di volte piu' faticoso e allucinante.
pero',
era stato quel passaggio necessario per comprendere come mai nel mondo non si facciano bolle colossali di bottiglie di acqua san bernardo.

http://www.cliostraat.com/archive/003.html
http://www.cliostraat.com/archive/008.html


il progetto per il concorso era stato facile.
alla fine avevamo immagini suggestive, eleganti, meravigliose.
nel contempo fare un piccolo igloo era stato un letterale inferno.
in dieci a lavorare, convincere l'acqua san bernardo a pagare il tutto, capire come si fanno i blocchi, trasportare le 8500 bottiglie necessarie, iniziare a costruire il tutto, poi il tutto crolla, allora ricominci, ecc.ecc.ecc.




pero',
a fare le cose si impara un sacco, ci si affina, anche gli insuccessi hanno un significato.




ecco, vedete.
a fare il modellino simpatico della cupola grande un km fatta di bottiglie dell'acqua minerale e' molto facile.
costruire l'igloo nell'immagine successiva, quello e' l'inferno.


questo e' forse il motivo per cui spesse volte i libri o articoli sull'architettura nomade ci lasciano molto freddi.
perche' capiamo dopo circa otto secondi che chi l'ha scritto abita in una casetta normalissima, come quella dove abitiamo noi.

: (





per capirsi,
il fatto che io mi compro tre lampadine colorate, monto una tenda in salotto, e organizzo un teatrino che alla fine vengono fuori delle foto carine, 
mica vuole dire che io sono un nomade del futuro.
ma quando mai?
piu' semplicemente possiamo dire che io sono il classico architetto un po' puttana che e' in grado di fiutare il vento, sapere cosa va di moda adesso, usare una macchina fotografica, e farvi due fotine abbastanza meraviglia...


comunque sia.
avrete notato,
che i nostri ragionamenti, considerazioni,
sono spesso fatti a partire da esperienze reali.

walter scrive un articolo sull'ascii art, che e' lo stesso strumento con cui ha appena fatto un website.
poi ci sono dieci cartelle su simpletech, corroborate dalla costruzione reale della casa in policarbonato a tokyo e da altri dieci esperimenti che a vario titolo sono effettivamente simpletech.



per capire che cosa intendiamo con think-make-think-make, andate a vedere questo website:

[24nov2002]
http://www.e-flux.com/projects/do_it/homepage/do_it_home.html

e' una sorta di museo digitale di arte contemporanea.
dove pero' ogni artista si sforza di spiegare come uno puo' costruirsi un'opera d'arte per conto suo.
come dice il nome, una serie di 'istruzioni per l'uso'.
da abramovic marina, fino a west franz, avete una notevole quantita' di artisti che vi spiegano come farsi un'opera d'arte senza doverli scomodare di persona o pagare un sacco di soldi alla galleria.



perche' poi,
la cosa forse piu' interessante e' il trasferimento di conoscenza.
con la brigata tognazzi si fa la casa di policarbonato, eppoi, grazie alla gentile ospitalita' di do-it, siamo in grado di mettere le istruzioni in rete, qualcun altro che noi non conosciamo le leggera', ne fara' una piu' bella, ecc.ecc.


comunque sia do-it,
e' un progetto bellissimo, aperto, le cui fila sono tenute da hans ulrich obrist, che e' una di quelle persone super-speciali che dovreste cercare di conoscere assolutissimamente.

quelle persone che passano la vita a stabilire connessioni, a fare gruppi, organizzare iniziative molteplici, inaspettate, tese (ci possiamo ricollegare al discorso iniziato un poco sopra...)
da un anno a questa parte lui capita spesso a venezia, se avete qualche amico alla facolta' delle arti dello IUAV fate in modo di andare a trovarlo/a.

http://hosting.zkm.de/icon/stories/storyReader$17

e' un link a un'altra delle sue molteplici attivita' curatoriali...



2. il simpletech che ci fa eccitare ci conduce verso mondi lontani

ci sono applicazioni del simpletech tendenzialmente ineccepibili, tipo quello che fa l'automobilina a pedali con i cartoni del latte eppoi parte per circumnavigare il globo.
bravo.
simpatico.

pero', ancora,
non abbiamo questa impressione che la civilta' occidentale abbandonera' l'automobile cosi' come la conosciamo per passare alla tua automobilina a pedali.

 
http://www.lboro.ac.uk/departments/cd/docs_dandt/students/recycle/materials.htm
http://www.thinkcycle.org/
http://www.mit.edu/people/tprester/dtm2002/dtm02index.html



(link che vi portano in mondi lontani legati al riciclo dei materiali e tutte quelle robette di quella famiglia li').



niente da dire,
simpletech, e' simpletech.
possiamo pero' dire che si tratta di un simpletech che non ci interessa cosi' tanto.

fare il posacenere simpletech e' attivita' meritoria.
fare lo sputnik simpletech, questo invece ci fa realmente eccitare.
come rivedessimo un film con tina aumont protagonista...




per dire,
l'email che ci fa venire la pelle d'oca e' il contributo ricevuto da marco pisati di firenze:

...appena letto l'articolo mi sono detto che non poteva mancare nel vostro museo un padiglione (rigorosamente gonfiabile) legato allo spazio.

ten,
nine,
...ground control to major tom
...ground control to major tom
eight, 
seven,
...take your protein pills and put your helmet on
six,
ground control to major tom
five, four
three,
commencig countdown, engines on
two...
check ignition and may god's love be with you...

(la colonna sonora con david bowie/space oddity/major tom l'abbiamo aggiunta noi perche' ci sembrava molto appropriata...)
se avete il nastro, fatelo partire...



http://www.davidbowie.com


...riprendiamo dall'email di marco:

per quanto possa sembrare paradossale la culla dell'high tech ha necessariamente bisogno di simple tech.
ci sono tutta una serie di motivi pratici che spingono in questa direzione (del tipo: e se mi si rompe un pezzo dell'astronave a metà strada tra la terra e marte dove lo trovo un meccanico?????)

a parte l'esempio bischero si potrebbe anche dire che semplicità è spesso sinonimo di "leggerezza" 
(non solo mentale) e di sicurezza. 
tutto cio' che e' simple tech e' facile da capire anche per persone che non abbiano necessariamente 4 lauree e quindi facile da controllare, da mantenere nel tempo, da riparare.
inoltre il riferimento alla leggerezza non era del tutto casuale infatti ogni kg di materiale utile che spedisco dalla terra fino all'orbita terrestre (quindi nello spazio a 0 g in assenza di gravità) costa attualmente uno sproposito e lo sforzo maggiore che viene fatto sulla terra e' quello di riprogettare ogni elemento per "semplificarlo" e renderlo più leggero.


...this is ground control to major tom
you really made the grade...
and the papers wants to know whose shirts you wear
now is time to leave the capsule if you dare...

(ground control sarebbero stefano e walter, che sono felici di contributi come questo).
nel senso,
che dovendo scegliere una delle dieci frasi del ventesimo secolo,
tra le prime cinque mettiamo sicuramente:

'houston we've got a problem'

che non c'entra nulla con major tom, con marco pisati, ma che e' una frase che riassume tutto il nostro pensiero sull'argomento.
ecco,
quando uscira' il libro sul simpletech,
il titolo sara':
"houston, we've got a problem"



per chi si fosse perso 'Apollo 13', eccovi i link necessari (siete pregati di guardarlo in inglese se no poi arrivati alla frase del secolo, vi perdete tutto il fascino a cui accennavamo sopra):

http://nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/lunar/apollo13info.html
http://movieweb.com/movie/apollo13/



il nostro majortom fiorentino continua a scrivere:

quando ho visto nel vostro articolo il riferimento alla casa gonfiabile dei giapponesi ho subito pensato al 'transhab'

'transhab' sta per transit habitation module ed e' una "casa" gonfiabile per lo spazio. 

il 'transhab' e' un esempio straordinario di simpletech (non a caso e' venuto in mente all'unico architetto della nasa, non certo ad un ingegnere).

il grosso problema era mandare nello spazio un modulo abitativo per gli astronauti che:
a) fosse 2 o 3 volte piu' grande dei moduli tradizionali progettati dagli ingegneri (1 cilindro di lunghezza 8 metri con diametro 4 metri di cui la metà circa del volume interno occupata da strumentazioni; il vecchio modulo era per 4 astronauti che pigiati a forza in questo piccolissimo spazio dopo qualche mese di permanenza o si ammazzavano fra di loro o diventavano del tutto scemi)
b) avesse lo stesso peso del vecchio modulo al titanio
c) potesse essere contenuto nella stiva dello shuttle (che guarda caso e' lunga poco piu' di otto metri e larga circa 4).

la soluzione e' stata quella di realizzare un modulo rigido leggermente piu' piccolo del precedente, avvolgerlo con una membrana e, una volta lanciato nello spazio, gonfiarlo dall'interno aumentando il volume abitabile (gonfiare un oggetto in assenza di gravita' e' un operazione piu' semplice che sulla terra a causa della mancanza di forza peso).
insomma anziche' avere una scatola da sardine (complicata pesante costosa -high tech) sono riusciti ad ottenere una villa (semplice economica leggera -simple tech) di 3 piani per 8 persone!

voi capite che da questa deliziosa descrizione abbiamo un sacco di informazioni e il sistema immagini + testo diventa discretamente esplicativo.

guardatevi questa immagine strepitosa, i nasa engineers che intrecciano a mano il materiale di rivestimento dello scafo.



non e' bellissimo? 
che poi si va su marte e c'e' un ingegnere che sembra il contadino mustafa' che abita sulle rive del nilo che si intreccia il cappello di paglia?

major tom, grazie mille!

eccovi altre due foto che permettono di capire meglio come funziona il tutto:







in piu',
il nostro major tom fiorentino scrive anche:

nel caso vi interessi materiale riguardo al transhab posso fornire un video in cui si vedono i test di gonfiaggio della membrana pneumatica una serie di foto dell'esterno e il progetto della sistemazione interna

...this is major tom to ground control i am stepping through the door
and i am floating in the most peculiar way
and the stars look very different today
for here i am sitting in a tin can
far above the world
planet earth is blue and there's nothing i can do...

inoltre ho i disegni della struttura interna del transhab che mi sono stati dati da aleniaspazio e tutto il report della prima presentazione del transhab che mi sono stati dati dall'architetto della nasa che lo ha progettato.

gli interni, grazie alla collaborazione di alenia, ho avuto modo di riprogettarli nella mia tesi (sono tutti pezzi di design flessibili decompattabili e ricompattabili che si autoconfigurano a seconda delle esigenze degli astronauti - molti dei quali basati su tecnologia pneumatica)

...cross one hundred thousand miles
i am feeling very scared
and i think that my spaceship knows where to go
tell my wife i love her very much she knows...


insomma, gentile major tom, tutto quello che ci hai mandato e' perfetto.
perche' ci dai un contributo sostanziale, su un argomento di cui non sappiamo praticamente nulla, stai parlando di cose che conosci per esperienza diretta,
inoltre, se qualcuno vuole saperne di piu' ha solo da scrivere a: marco@pisati.net

infine,
non pago di tutto questo ben di dio,
ci vengono dati ulteriori possibili spunti per eventuali aperture:

ci sono una serie di argomenti assolutamente straordinari tipo:

1- progetti di basi lunari realizzati su tecnologia pneumatica
2- progetti di vele solari (quei maledetti russi negli anni settanta hanno testato nello spazio una piccola astronave a vela spinta dai venti solari! roba da pazzi e funziona! 
non costa niente e va che e' una meraviglia a differenza dei sistemi cosiddetti avanzati a propulsione atomica -un altro bell'esempio di simple tech!) 
3- progetti per l'esplorazione umana di marte (sono una piccola enciclopedia vivente sull'argomento)
4- una piccola storia del design aerospaziale (bottigliette dell'acqua, utensili da cucina, tavoli, cabine letto, sedie, bagni, tutti progettati per 0G...) 

ho anche tutta una serie di cabine pneumatiche interessanti che ho progettato
di recente per un centro di ricerca universitario legato ad asi ed alenia)

ok.
l'indirizzo email ve l'abbiamo dato, se il prossimo fine settimana volete andare su saturno sapete a chi chiedere, nel contempo pero',
dobbiamo andare avanti...

....ground control to major tom
the circuit is dead there's something wrong
can you hear me major tom?
can you hear me major tom?
can you hear me major tom?

ok.
avete capito.
i mondi lontani sono quei mondi che non toccano la nostra vita quotidiana, ma che sono campi di applicazioni tecnologiche stratosfericamente eccitanti.
per dire, a un certo punto bugs-banzi ci aveva promesso un articolo sul simple tech nel mondo del cinema.

ecco,
avere 10 pagine di testo + immagine sul simple tech applicato nel mondo della celloluide sarebbe meravigliosissimo.
ve lo ricordate il doctor who?
quel telefilm inglese di fantascienza che pero' il budget doveva essere un poco limitato perche' poi usavano sempre dei trucchi che quando il doctor who entrava nell'astronave stava in verita' entrando in una lavatrice un po' truccata da starship...

o anche,
il lettore cineasta simone muscolino sollecitava una storia del vibratore (dal punto di vista del 'simple tech'). 
noi, ahime',
sull'argomento,
non siamo ferratissimi.
se qualcuno tra i lettori fosse in grado di mandare materiali in tema,
sarebbe il colpo del secolo.

quell'articolo che poi www.pornoitalia.it farebbe un link diretto a www.architettura.it, eppoi a seguire anche www.thumbdzilla, una nuova sezione di arch'it, che poi diventiamo tutti famosi, giri di carte di credito rubate, l'interpol sulle nostre tracce, auto sportive, abbonamenti da 39.99 dollari al mese, ecc.ecc.ecc.


comunque sia, lasciamo il nostro majortom fiorentino a navigare nella sua lattina metallica persa tra la firenze e la luna, e proseguiamo con il prossimo punto.



3. 'ndo stanno li sordi?

c'e' poi un problema, che non e' sordido anche se magari lo sembra. 

una volta,
a londra,
dovendo comprare un biglietto aereo,
questa bellissima (e cattivissima) ragazza greca che lavorava in questa agenzia di viaggi disse questa frase che venne segnata sul mio taccuinetto eppoi ripassata coll'evidenziatore.

'...because in life everything is possible. at a cost."

(perche' poi nella vita si puo' fare tutto. pagando il giusto).

che tu credevi che stavi comprando un biglietto aereo londra - newyork.
in verita' era una bellissima afrodite versione brixton che ti sta spiegando duemila anni di filosofia occidentale condensata in una frase.

tutto costa (anche se non tutto e' in vendita e soprattutto non tutto ha un valore).
nel parlare di un progetto magari noi a volte sembriamo un po' ossessivi nel tornare in continuazione sul tema dei soldi, del dire da dove vengono, se ce n'erano, se non ce n'erano eccetera.


i soldi nella vita dei progettisti sono orribilmente importanti.

no money
no honey

attenzione,
no money no honey, non vuol dire che se non ci sono soldi, non si fa niente.

mica vero; ci sono molte cose belle che si fanno in perdita, o arrivando appena appena al pareggio. pero' bisogna esserne consci.
a noi piace quando si dichiarano gli addentellati delle cose.

gli addentellati sono i perni principali su cui tutto il mondo gira.

ok, hai progettato l'astronave europea. chi paga?
l'agenzia spaziale europea (putacaso).

addentellato ulteriore; perche' interessa all'europa avere una capacita' aerospaziale? checcefrega che domani major tom diventa invece il maggiore pinzucchio di montecatini?
una ragione ci sara', e' bello portarla alla luce.

poi non bisogna nascondersi dietro la foglia di fico del semplice, economico e magari anche ecologico (ogni volta che si sente l'aggettivo 'ecologico' stefi e walter inizia a uscirli una bavetta verde dall'angolo in basso a destra della bocca).
di nuovo, magari uno fa il pezzettino ecologico come il quartiere Bo01 poi pero' lo sostiene con una civilta' terrificante che funziona a colpi di centrali atomiche.

e' inoltre sano ammettere dove si e' scivolato. 
a noi nel progetto di venezia sarebbe piaciuto moltissimo usare linux dappertutto, e invece lo abbiamo usato solo nel server. 
altrove abbiamo invece dovuto mettere il solito baraccone windows, con i noti problemi. si sarebbe potuto fare di meglio, e lo sappiamo. 
anche questo ha i suoi risvolti economici.

la chiarezza economica e' parte di simple tech, e condiziona molto la possibilita' di imparare dalle altrui esperienze. un progetto di cui non si sa quanto costa e come si finanzia ha un valore di ispirazione piu' limitato.



4. il simpletech inizia spesso come prototipo

noi amiamo molto gli esperimenti.
anche quelli piccoli, minuti.

per esempio,
brunetto de batte' ci manda alcuni testi e immagini.

recuperando scarti, tappi di sughero, cannucce, sottobicchieri tutto, stecchi di gelato...
cio' che si butta viene impiegato in giocattoli... piccoli prototipi di possibili sedie
per filosofi come bigjim o la barbie... una parata di oggetti ludici per stimolare l'immaginario nella dimensione contraria del gigantismo...



(in verita' il testo e' molto bello, nonche' molto piu' lungo articolato & complesso.
se siete curiosi, vi diamo direttamente il suo email e lo contattate direttamente: bdebatte@libero.it)

mr. debatte' e' abbastanza un professionista del simpletech.
teorizza la barbiechair di cannucce e tappi di sughero, costruisce dei giochi bellissimi con la complicita' di debatte' jr. ...



queste tre immagini, ci permettono di introdurre il punto 5.
ovvero, sulla bellezza.



5. il simpletech che ci fa innamorare deve essere bello

spesse volte ci imbattiamo con progetti, realizzazioni, riferimenti incredibilmente affascinanti.

per esempio,
andate a vedere alcuni dei progetti di gianluca milesi 

http://www.science-architecture.com/

l'edificio di tapparelle, oppure il cocacola building o anche il grattacielo rivestito di cellophane.

e' vero.
stiamo contraddicendo il punto 1.
nel senso che si tratta di bellissimi concetti, rendering fascinosi, ma manca un pochetto la parte di prototipazione.
pero',
di fronte a un'immagine affascinante siamo pronti a perdonare qualsiasi pecca.
(come dicevamo in un articolo precedente, e' importante avere dei principi giusto per poterli a volte contraddire o addirittura negare).

magari poi e' una bellezza invisibile, nascosta dentro alla tecnologia che si usa. oppure e' una bellezza un po' ambigua, che ci vuole sedurre e incuriosire.

per esempio.
a un certo punto ci e' arrivata una mail da 260 390_ (lo sappiamo che e' strano, pero' era proprio firmata cosi').
che ci manda queste due immagini



sono immagini meravigliose, belle, affascinanti.
per cui, per prima cosa, non possiamo che ringraziare 260 390_ per il gentile pensiero.

anche se non sappiamo chi tu sia, siamo molto innamorati di queste lightskirts e ci immaginiamo la ragazza dei nostri sogni che indossa queste meraviglie luminose...

pero', se ci arrivasse anche una descrizione tecnica, il tutto acquisterebbe un significato sicuramente maggiore...

(a ogni nostra domanda in merito, la gentilissima 260 390_ ci ha risposto un po' evasivamente.
ci ha scritto che si tratta di '...a real diamond...', aggiungendo anche che: 

'questa e' l'idea delle foto, una linea minima: un apporto minimo di tek..., un risultato minimo, non colonizzare lo spazio, ma evacuarlo, evacuare la figura...'.

in verita', ci ha scritto dei mail bellissimi (anche se un po' misteriosi):

...e' tutta una praxis sul prendere le misure,
esattezza dell'evento, la misura di dio.
contingenze, spazio, tempo, affetto, concetto
in una concezione euclidea a+b=c

dell'evento, pura mathesis, teorema geometrico,
che produce una geometria dell'inevitabile,
un crocevia di destini, un vuoto in mezzo al niente, un fuoco.

il passaggio da una unita', pensante, verticale, verso una unita'/sostanza estesa
verso il battito cardiaco dell'orizzonte, verso la mathesis universalis.

e' un fuoco nell'abisso dei cuori,
e' un evento che non e' piu' immagine,
un teorema geometrico che e' mathesis
una compattezza che e' segno divino
fuori dalla paura,
fuori all'aperto dove 
abbiamo tolto i sandali
e, oltre il deserto

distruggere, per creare spazio, fare pulizia
ma con un'esattezza nuova...

ecco.
qui arrivati walter & stefi erano completamente andati.
e' vero, la gentilissima 260 390_ non ci ha dato nessuna specifica tecnica.
pero' ci ha fatti profondamente innamorare.
che dire?
appena finiamo la serie sul simple tech,
siamo pronti per un nuovo giro.
che potremmo chiamarlo 'emotional rescue'.

che a parte che era una canzone di uno dei periodi piu' bui dei rolling stones,
e' un titolo perfetto per raccogliere materiali sulle tecnologie che ci fanno emozionare, innamorare, svenire, il cuore batte forte, forte, ancora piu' forte fino quasi a scoppiare.


questo e' comunque un tema bello.
usare il simpletech, soluzioni semplici, facili, per ottenere quell'ambiente che poi arriva una ragazza (o un ragazzo), lo vede, il cuore batte forte, sviene e gli viene una voglia pazzesca di darti un bacio con la lingua.
(che e' peraltro il fine ultimo dell'architettura).

http://www.cliostraat.com/tokyo/gardens/00.html



(ovvero un altro esempio di questo approccio: minimo sforzo/massimo risultato)

simple tech

la sezione Simple tech
for a complex world
è curata da
Stefano Mirti
e Walter Aprile


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