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riprendiamo
il nostro intervento, ripartendo dal de fusco thinking...
a
un certo punto df scrive:
Lo
spazio proprio di quest'ultima è il Cyberspazio non quello
delle relazioni fisiche continue, ma l'altro immateriale delle relazioni
a distanza. "Il ciberspazio comporta una radicale trasformazione
della nostra concezione dell'architettura e degli spazi pubblici.
Le nozioni di città, piazza, tempio, istituzione, casa, infrastruttura,
sono estese in modo permanente. La città, tradizionalmente
la città continua della vicinanza fisica, si trasforma nella
città discontinua della comunanza culturale e intellettuale.
ma si,
anche qui,
non bisogna mica prendere tutto sul serio.
diciamo che noi siamo abbastanza d'accordo con la prima parte della
frase (il cyberspazio comporta una radicale trasformazione della nostra
concezione dell'architettura).
la trasformazione radicale e' riferita alla concezione, non all'architettura
stessa.
poi ancora ci sarebbe da definire bene cosa si intende per cyberspazio.
perche' se stiamo pensando all'interfaccia che gibson tratteggia (ma
non definisce mai esattamente) in "neuromante", possiamo
pure dire che non esiste e che i tentativi fatti in quella direzione
(VRML e mille tipi di browser tridimensionali) non incontrano il favore
degli utenti internet.
...poliedri colorati sospesi in uno spazio infinito...
...pareti di ghiaccio che proteggono sistemi...
...navigatori che viaggiano in un illimitato universo di dati...
ecco, tutto cio' non ha attaccato nell'uso reale del computer (guardate
il vostro desktop un momento... ok) e men che mai nella progettazione/sviluppo
di sistemi informativi, dove si continua a vivere di finestre e testo.
sara' perche' chi indossa i caschetti da realta' virtuale ha invarabilmente
un'aspetto buffo. sara' perche' dopo un po' viene il mal di mare.
ma non funziona.
e se non ha fatto bene agli informatici, perche' supporre che debba
far bene agli architetti?
per la seconda parte invece e' necessario fare qualche distinguo.
ricominciamo con gli esempi.
c'era una città fisica, costruita, fatta di mattoni.
poi a un certo punto arriva meucci (o bell, o tutti e due assieme)
e inventa il telefono.
sembra ovvio che la struttura di relazioni della citta' con il telefono,
la luce elettrica, la televisione sia in una certa misura diversa
da quella della citta' precedente.
ma il fatto che venga inventato il telefono mica distrugge la citta'
precedente.
pero', ancora,
forse un pochino la modifica in un modo ovvio (la centrale telefonica,
i pali del telefono), e in un modo piu' sottile.
"le relazioni a distanza" forse e' il concetto chiave.
se poi gli ingegneri militari inventano il cannone, viene inserita
una "relazione a distanza" che porta alcune modifiche fisiche
alla citta'.
vauban
ci portera' a costruire dei bastioni e demolire delle torri; la tecnologia
dell'artiglieria (che non e' nemmeno una tecnologia costruttiva) ci
ha fatto modificare l'aspetto della citta'.
e se l'artiglieria vi sembra ancora troppo diretta, pensate al turismo,
fatto assolutamente culturale di recente invenzione, che determina
oggi architettura, urbanistica e anche topografia di buona parte di
regioni a noi vicine come le alpi.
una relazione ancora piu' indiretta:
quando gutenberg inventa il carattere da stampa, sono le relazioni
a distanza che vengono trasformate.
si possono stampare i libri, i giornali, il sapere si puo' diffondere
in maniera differenziata, ecc.ecc.ecc.
illustri pensatori ci fanno infatti notare che il libro modifica in
maniera sostanziale il ruolo della cattedrale nella citta'.
una serie di relazioni percettive che esistevano tra le persone e
la cattedrale si trasformano.
addirittura in alcuni casi vengono trasformate anche le relazioni
fisiche.
perche' mai dovrei foderare il mio edificio di statue che raccontano
le storie della bibbia, se quelle stesse storie si possono raccontare
in maniera molto piu' semplice, efficace, economica con un libro tascabile?
la biblia pauperum diventa di carta.
un po' come scrive m. novak, citato peraltro da de fusco:
L'architettura,
intesa normalmente nel contesto della città tradizionale, scivola
verso la struttura delle relazioni, delle connessioni e delle associazioni
che si stendono sopra e intorno al semplice mondo delle apparenze"
[M.
Novak, "Architetture liquide nel ciberspazio", in Cyberspace,
a cura di M. Benedikt, Muzzio, Padova 1993, p. 259].
ma tutto questo ci sembra essere un fatto consolidato.
c'e' un mondo delle apparenze e una struttura di relazioni.
in continuo e costante rapporto, intreccio, contrasto.
la gia' citata storia delle cattedrali non e' esattamente questo?
la cattedrale mica e' solo un cumulo di mattoni e vetri colorati (sarebbe
come vedere nel computer una collezione di parti metalliche e plastiche)
e' una struttura di relazioni complessissima, di cui la parte fisica
e' solo la punta dell'iceberg.
e la cattedrale sta in una citta' e in un paese che a loro volta sono
(anche) sistemi di relazioni complicati tra economia, cultura, storia
e tecnologia.
(il fatto che poi novak probabilmente non sappia nulla delle cattedrali
e creda che il mondo sia iniziato tre giorni fa e' un problema suo,
non del rapporto tra architettura e internet).
ma questo vale anche per le versioni piu' radicali.
per esempio, se noi prendiamo a riferimento william mitchell (così
come citato da de fusco):
"la
rete nega la geometria. Benché abbia per i bits una topologia
definita di nodi di computer da cui si irradiano le grandi arterie
e benché le ubicazioni dei nodi e delle connessioni possano
essere tracciate come planimetrie che disegnano diagrammi sorprendentemente
haussmanniani, la rete è sostanzialmente antispaziale. Non
ha niente a che fare con piazza Navona o Copley Square. È impossibile
dire dove si trovi, descriverne memorabili proporzioni o conformazioni,
suggerire a uno straniero come arrivarvi. Ma è possibile scoprirvi
delle cose senza sapere dove siano. La rete è un ambiente globale...
non è in nessun luogo in particolare ma insieme è dappertutto.
Non si va da ci si collega in rete, da qualunque luogo ci capiti di
essere fisicamente"
[W.J. Mitchell, La città dei bits, Electa, Milano 1997,
pp. 9-10].
ci
sembra un'affermazione abbastanza ovvia (applicabile tra l'altro da
ogni rete; distribuzione dell'acqua, dell'elettricita', di autostrade)
e al contempo curiosamente frustrante.
come quando intervistano cuper, l'allenatore dell'inter:
- rifarebbe gli stessi errori?
- no, perche' so come e' andata
(bravo cuper, procediamo così...)
l'ha detto molto piu' poeticamente bruce sterling:
"cos'e' il cyberspazio? e' il posto dove hanno luogo le conversazioni
telefoniche".
io so che wired si trova a www.wired.com
- dove poi si trovi il computer da cui arrivano quei bit... perche'
dovrebbe importarmi?
a voi importa dove hanno stampato il giornale che avete letto oggi?
e vi cambia qualcosa sapere in quale centrale elettrica e' stata generata
l'energia che usate?
dire che la rete e' un ambiente globale e' come dire che il telegrafo
e' un ambiente globale.
si.
lo e'.
dunque?
forse si puo' dire che la rete non nega la geometria.
la rete (così come l'automobile, il treno, la biro, la radio
e altri diecimila congegni inventati dall'uomo in quattromila anni
di attivita') trasforma a volte lo spazio in maniera
indiretta.
e, in altri casi, in maniera diretta.
lo sappiamo anche noi che la rete non ha nulla a che fare con piazza
navona.
pero', se un qualcuno non inventava la tecnologia del mattone non
avremmo alcuna piazza navona e vivremmo ancora nelle grotte o sugli
alberi.
ha senso dire che il mattone e' antispaziale?
forse no. eppure il mattone, come qualunque modulo, digitalizza lo
spazio; i mattoni sono come numeri interi, ed e' gia' una astrazione
dello spazio.
oppure la televisione.
se viviamo in un mondo senza televisione, l'importanza del bar, della
piazza, del circolo arci, dell'oratorio e' sicuramente diversa da
quella che c'e' nel mondo con la televisione.
distopie come milano 2 sarebbero impossibili senza la televisione.
immaginiamo il classico quartierino allucinante, villette a schiera,
fortificazioni assortite, telecamere & garage/tavernetta.
quei luoghi che alle otto di sera non c'e' un'anima per strada, tutti
barricati in casa a succhiarsi la dose quotidiana di tele.
se venisse a mancare la televisione, tutto quel mondo li' si frantumerebbe
in un secondo.
stesso dicasi per la carta.
la carta e la matita sono spaziali o antispaziali?
(domanda a cui e' difficile rispondere).
forse, per la rete e' uguale.
dipende dall'uso che se ne fa.
se io mando un'email a mia cugina che sta a newyork non sto facendo
un'operazione granche' spaziale (o antispaziale).
pero', nel contempo,
ci sono numerosi esempi di utilizzi spaziali (in maniera piu' o meno
diretta) della rete.
(per non fare diventare questo articolo orribilmente lungo e insopportabile,
promettiamo che ne faremo un altro in un prossimo futuro in cui ci
concentreremo su esempi interessanti/significativi di utilizzi spaziali
della rete, come il warchalking e il geocaching).
e poi comunque e' una balla che il cyberspazio trascenda lo spazio.
a internet ha accesso una minoranza di persone, il che e' vero della
tecnologia in generale.
per parlare solo del nostro prospero e sviluppato paese, ci sono molti
luoghi (non stiamo parlando della cima del kilimangiaro) dove dotarsi
di una connessione internet veloce e' difficile, costoso o impossibile.
la collocazione del navigatore nello spazio fisico cambia assolutamente
la sua esperienza dei contenuti di internet.
non ci sono indicazioni che stiamo entrando in un'era in cui tutto
il globo godra' di accesso veloce ed economico ad internet.
l'informazione, come l'architettura peraltro, costa cara anche
se e' immateriale.
il substrato ha un costo, e hanno un costo anche l'educazione e il
tempo che permettono di godere dell'informazione stessa.
internet, alla fine, e' ancora pioggia sul bagnato.
e' un moltiplicatore di forza culturale.
e' vero che, grazie al progetto gutenberg, posso leggere i classici
della letteratura angloamericana a costo zero.
e' pure vero che grazie a artchive http://www.artchive.com/ftp_site.htm
posso paragonare atget a man ray.
ma come acquisiro' gli strumenti anche solo per pensare alla letteratura
e alla fotografia? temo con strumenti molto tradizionali e del tutto
dipendenti da dove sono.
tant'e' che i cibercritici e compuarchitetti vengono tutti dai soliti
posti e mai dalla mongolia citeriore...
back to de fusco.
Certo che tramite Internet si possano trasmettere informazioni
riguardanti la nostra disciplina e' indubbio, ma non ritengo che quello
dell'architettura sia il campo più avvantaggiato da Internet
a fronte di altri che ormai non ne possono più fare a meno.
di
nuovo,
non capiamo.
perche' mai l'architettura non dovrebbe essere avvantaggiata da internet?
internet
e' uno strumento tecnologico.
che puo' modificare la pratica professionale del cardiochirurgo, della
maestra, dell'architetto.
rimane
dubbio se internet si possa considerare come un medium specie
se non si fa la confusione tra internet e il world wide web.
internet sta ad un livello veramente molto basso, e si occupa di spostare
bit (senza interpretazione, quella la forniamo noi), da un computer
all'altro.
world wide web e' una delle mille possibili applicazioni di internet,
come la posta elettronica, IRC, network news, FTP...
fin qui la tecnologia.
dopodiche' ci sentiamo giustificati nel considerare internet alla
stregua del carboncino, del tecnigrafo, della macchina fotografica
strumenti, tools, come dicono gli informatici.
perche'
l'architettura dovrebbe essere toccata in maniera marginale da questa
innovazione tecnologica?
l'invenzione della biro modifica la vita dell'architetto?
boh.
forse si.
perche' internet dovrebbe modificare la vita di un tot di persone
e non quella dell'architetto?
lo
sappiamo che de fusco sottende che internet puo' cambiare la vita
dell'architetto, mentre e' molto meno chiaro il perche' dovrebbe cambiare
l'architettura stessa, le nostre citta', il territorio.
ovviamente
siamo d'accordo con de fusco quando scrive:
Comunque, nella fase di ricerca, l'architetto può ricevere
dati provenienti da centri progettuali, sedi universitarie, musei,
industrie produttrici di materiali, sistemi costruttivi e simili.
L'operazione informativa più utile e sperimentata è
quella di collegarsi con altri operatori, una volta apertosi questo
potenziale atelier progettuale con sedi in ogni paese del mondo. In
particolare, si va realizzando quell'ideale lavoro di gruppo tanto
auspicato da decenni. Infatti un progetto può avere inizio
in uno studio ubicato in una città, ripreso e discusso in un'altra,
continuato in una terza e magari completato in una quarta dove si
raccolgono i dati delle precedenti elaborazioni ed approvato da tutti
i precedenti autori. Ciononostante le suddette informazioni non costituiscono
affatto la "materia prima dell'architettura".
mais
oui,
siamo tutti d'accordo, e lo facciamo ogni giorno.
pero'
ci sembra che il contributo notevole dato alla rete sia in termini
di immaginario.
sappiamo anche noi che fare un progetto con operatori a distanza e'
una fatica spaventosa e che lavorare nella stessa stanza e' sicuramente
piu' ragionevole e significativo.
pero', ancora,
la sola esistenza di internet ci permette di immaginare processi (nonche'
prodotti) che erano generalmente preclusi agli architetti e ingegneri
delle generazioni precedenti.
internet accelera il ciclo di concetto-bozzetto-revisione-concetto...
e permette di estenderlo a distanza.
sappiamo gia' che internet permette di condurre immensi progetti,
con decine di migliaia di progettisti ed esecutori al lavoro contemporaneamente.
questo e' stato provato in varie industrie, prima fra tutte la produzione
di software.
un
oggetto tridimensionale come la stazione degli autobus di hoofddorp
di NIO
http://www.architettura.it/architetture/20030403
che sta tra l'edificio e la scultura, e' difficile da immaginare senza
le tecnologie moderne di progettazione e fabbricazione.
Essa va cercata altrove e, a costo di ripetere il già noto,
anzitutto nella interna spazialità delle fabbriche, nonché
ovviamente nelle loro componenti materiali, pietra, ferro, legno,
ivi comprese le materie nuove, il tutto restando sempre nell'ambito
del ponderoso, del volumetrico, del senso della massa stereometrica.
In ciò la nostra disciplina non ammette deroghe: essa è
un'arte antica.
ok.
anche qui siamo d'accordo.
l'architettura e' un'arte antica che non ammette deroghe.
rimaniamo sempre nell'ambito del ponderoso, del volumetrico, del senso
della massa stereometrica.
la
luce elettrica cambia l'architettura?
in una certa misura si.
e l'aria condizionata?
di nuovo si.
e gli ascensori, le scale mobili?
ancora,
ci sembra di poter dire di si.
perche'
mai internet non dovrebbe portare il suo micronico contributo all'aggiustamento
disciplinare?
la
luce elettrica muta in maniera sostanziale una serie di questioni
afferenti la massa stereometrica degli edifici.
stesso dicasi per la produzione commerciale del vetro.
se
io vivo in un mondo senza vetro, la tipologia della casa a patio e'
molto sensata (avendo tutte le aperture della casa verso il patio
centrale).
se inizio a poter usare il vetro, posso iniziare a esplorare tipologie
diverse.
l'aria
condizionata stravolge completamente il rapporto tra le persone e
il lavoro (in termini di orario, di abitudini, di organizzazione dei
processi produttivi).
a nostro avviso, internet ha queste potenzialita'.
il
dramma di tutti gli apologeti di internet applicato all'architettura
e' che loro immaginano rivoluzioni stilistiche.
e'
un atteggiamento ingenuo, che nasce da una confusione tra mappa e
territorio.
dal momento che maya (o rhino o anche autocad) mi permette di disegnare
il superblob traslucido tremolante iperconnesso, progetto l'edificio
che e' un superblob eccetera eccetera si puo' solo essere contenti
del fatto che gli architetti non hanno ancora scoperto la geometria
pentadimensionale :-)
forse
e' come quando si era appena scoperto il desktop publishing grazie
al macintosh. che si facevano quei teratomi tipografici con dieci
font, ombreggiati e sottolineati e resi corsivi e magari anche deformati,
tutto su una pagina.
specialmente quando un nuovo strumento entra in uso, e' facile esserne
posseduti e fare tutto cio' che e' possibile semplicemente perche'
e', appunto, possibile.
forse,
le trasformazioni piu' significative non saranno stilistiche, quanto
piuttosto strutturali e concettuali.
quando
de carlo ristruttura un borgo in cima a una montagna ligure, il senso
dell'operazione e' che la gente possa abitare lì (e lavorare)
grazie ai collegamenti internet.
senza
internet, recuperare il borgo abbandonato non avrebbe alcun senso
o meglio, il borgo recuperato non si saprebbe sostenere.
con
internet, questa operazione diventa una sfida possibile.
allora, quello che capita e' che grazie a internet possiamo immaginare
di poter recuperare borghi appenninici altrimenti perduti per sempre.
abbiamo un altro strumento (ed e' uno strumento economico) oltre al
solito turismo, che permette di dare una possibilita' di esistenza
a luoghi marginali. ecco come internet diventa un'altra delle forze
che sagomano le citta' e la distribuzione della popolazione.
poi
e' chiaro che non si sa ancora bene come fare.
internet sostiene l'economia in posti un po' marginali, ma non nei
luoghi veramente disastrosi.
chi ha provato a fare il software in india ha avuto un successo immenso,
chi ci ha provato in mali e' rimasto bruciato.
resta da determinare se il borgo di de carlo e' piu' simile all'uno
o all'altro caso.
questa
e' una trasformazione concettuale e strutturale.
ahime' non cambia nulla in termini di "stile" o "linguaggio",
pero' la nuova apertura c'e' ed e' innegabile, quanto visibili ed
indiscutibili sono i nuovi quartieri residenziali della new economy
a bangalore.
stesso
dicasi per le tipologie abitative.
quando eravamo bambini i nostri genitori lavorano fuori casa.
a distanza di venticinque anni, adesso molte persone lavorano da casa.
ovviamente le due case sono molto cambiate.
le esigenze, le funzioni, l'organizzazione spaziale.
di
nuovo, queste trasformazioni sono dovute a internet e alla possibilita'
di lavorare a distanza.
e poi magari ripercorrono certi aspetti anche arcaici del nostro modo
di vivere, per esempio la cascina padana era (a volte lo e' ancora)
un luogo dove si vive e si lavora.
ed e' un fenomeno tipico di oggi quello della casa-del-padrone addossata
al capannone.
pero'
la casa che sostiene il lavoro domestico, la casa-laboratorio, la
casa-ufficio non e' uguale alla casa puramente residenziale.
i servizi presenti e la distribuzione degli spazi non possono essere
gli stessi; e non e' questa un'influenza sull'architettura?
(le immagini di questa puntata sono scelte da stalker di andrej tarkovskij)
(2. continua
>)
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[15jun2003]
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