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internet forse si addice all'architettura (ma al momento non ne siamo ancora certi) - 2

stefano mirti + walter aprile



riprendiamo il nostro intervento, ripartendo dal de fusco thinking...

a un certo punto df scrive:

Lo spazio proprio di quest'ultima è il Cyberspazio non quello delle relazioni fisiche continue, ma l'altro immateriale delle relazioni a distanza. "Il ciberspazio comporta una radicale trasformazione della nostra concezione dell'architettura e degli spazi pubblici. Le nozioni di città, piazza, tempio, istituzione, casa, infrastruttura, sono estese in modo permanente. La città, tradizionalmente la città continua della vicinanza fisica, si trasforma nella città discontinua della comunanza culturale e intellettuale.

ma si,
anche qui,
non bisogna mica prendere tutto sul serio.
diciamo che noi siamo abbastanza d'accordo con la prima parte della frase (il cyberspazio comporta una radicale trasformazione della nostra concezione dell'architettura).
la trasformazione radicale e' riferita alla concezione, non all'architettura stessa.




poi ancora ci sarebbe da definire bene cosa si intende per cyberspazio.



perche' se stiamo pensando all'interfaccia che gibson tratteggia (ma non definisce mai esattamente) in "neuromante", possiamo pure dire che non esiste e che i tentativi fatti in quella direzione (VRML e mille tipi di browser tridimensionali) non incontrano il favore degli utenti internet.

...poliedri colorati sospesi in uno spazio infinito...
...pareti di ghiaccio che proteggono sistemi...
...navigatori che viaggiano in un illimitato universo di dati...

ecco, tutto cio' non ha attaccato nell'uso reale del computer (guardate il vostro desktop un momento... ok) e men che mai nella progettazione/sviluppo di sistemi informativi, dove si continua a vivere di finestre e testo. sara' perche' chi indossa i caschetti da realta' virtuale ha invarabilmente un'aspetto buffo. sara' perche' dopo un po' viene il mal di mare. ma non funziona.

e se non ha fatto bene agli informatici, perche' supporre che debba far bene agli architetti?

per la seconda parte invece e' necessario fare qualche distinguo.
ricominciamo con gli esempi.

c'era una città fisica, costruita, fatta di mattoni.
poi a un certo punto arriva meucci (o bell, o tutti e due assieme) e inventa il telefono.
sembra ovvio che la struttura di relazioni della citta' con il telefono, la luce elettrica, la televisione sia in una certa misura diversa da quella della citta' precedente.

ma il fatto che venga inventato il telefono mica distrugge la citta' precedente.
pero', ancora,
forse un pochino la modifica in un modo ovvio (la centrale telefonica, i pali del telefono), e in un modo piu' sottile.



"le relazioni a distanza" forse e' il concetto chiave.
se poi gli ingegneri militari inventano il cannone, viene inserita una "relazione a distanza" che porta alcune modifiche fisiche alla citta'.
vauban ci portera' a costruire dei bastioni e demolire delle torri; la tecnologia dell'artiglieria (che non e' nemmeno una tecnologia costruttiva) ci ha fatto modificare l'aspetto della citta'.

e se l'artiglieria vi sembra ancora troppo diretta, pensate al turismo, fatto assolutamente culturale di recente invenzione, che determina oggi architettura, urbanistica e anche topografia di buona parte di regioni a noi vicine come le alpi.





una relazione ancora piu' indiretta:
quando gutenberg inventa il carattere da stampa, sono le relazioni a distanza che vengono trasformate.
si possono stampare i libri, i giornali, il sapere si puo' diffondere in maniera differenziata, ecc.ecc.ecc.








illustri pensatori ci fanno infatti notare che il libro modifica in maniera sostanziale il ruolo della cattedrale nella citta'.
una serie di relazioni percettive che esistevano tra le persone e la cattedrale si trasformano.
addirittura in alcuni casi vengono trasformate anche le relazioni fisiche.
perche' mai dovrei foderare il mio edificio di statue che raccontano le storie della bibbia, se quelle stesse storie si possono raccontare in maniera molto piu' semplice, efficace, economica con un libro tascabile? la biblia pauperum diventa di carta.

un po' come scrive m. novak, citato peraltro da de fusco:

L'architettura, intesa normalmente nel contesto della città tradizionale, scivola verso la struttura delle relazioni, delle connessioni e delle associazioni che si stendono sopra e intorno al semplice mondo delle apparenze" [M. Novak, "Architetture liquide nel ciberspazio", in Cyberspace, a cura di M. Benedikt, Muzzio, Padova 1993, p. 259].

ma tutto questo ci sembra essere un fatto consolidato.
c'e' un mondo delle apparenze e una struttura di relazioni.
in continuo e costante rapporto, intreccio, contrasto.

la gia' citata storia delle cattedrali non e' esattamente questo?
la cattedrale mica e' solo un cumulo di mattoni e vetri colorati (sarebbe come vedere nel computer una collezione di parti metalliche e plastiche)
e' una struttura di relazioni complessissima, di cui la parte fisica e' solo la punta dell'iceberg.
e la cattedrale sta in una citta' e in un paese che a loro volta sono (anche) sistemi di relazioni complicati tra economia, cultura, storia e tecnologia.

(il fatto che poi novak probabilmente non sappia nulla delle cattedrali e creda che il mondo sia iniziato tre giorni fa e' un problema suo, non del rapporto tra architettura e internet).

ma questo vale anche per le versioni piu' radicali.
per esempio, se noi prendiamo a riferimento william mitchell (così come citato da de fusco):

"la rete nega la geometria. Benché abbia per i bits una topologia definita di nodi di computer da cui si irradiano le grandi arterie e benché le ubicazioni dei nodi e delle connessioni possano essere tracciate come planimetrie che disegnano diagrammi sorprendentemente haussmanniani, la rete è sostanzialmente antispaziale. Non ha niente a che fare con piazza Navona o Copley Square. È impossibile dire dove si trovi, descriverne memorabili proporzioni o conformazioni, suggerire a uno straniero come arrivarvi. Ma è possibile scoprirvi delle cose senza sapere dove siano. La rete è un ambiente globale... non è in nessun luogo in particolare ma insieme è dappertutto. Non si va da ci si collega in rete, da qualunque luogo ci capiti di essere fisicamente" [W.J. Mitchell, La città dei bits, Electa, Milano 1997, pp. 9-10].

ci sembra un'affermazione abbastanza ovvia (applicabile tra l'altro da ogni rete; distribuzione dell'acqua, dell'elettricita', di autostrade) e al contempo curiosamente frustrante.



come quando intervistano cuper, l'allenatore dell'inter:

- rifarebbe gli stessi errori?
- no, perche' so come e' andata

(bravo cuper, procediamo così...)

l'ha detto molto piu' poeticamente bruce sterling:
"cos'e' il cyberspazio? e' il posto dove hanno luogo le conversazioni telefoniche".

io so che wired si trova a www.wired.com - dove poi si trovi il computer da cui arrivano quei bit... perche' dovrebbe importarmi?
a voi importa dove hanno stampato il giornale che avete letto oggi?
e vi cambia qualcosa sapere in quale centrale elettrica e' stata generata l'energia che usate?

dire che la rete e' un ambiente globale e' come dire che il telegrafo e' un ambiente globale.
si.
lo e'.
dunque?

forse si puo' dire che la rete non nega la geometria.
la rete (così come l'automobile, il treno, la biro, la radio e altri diecimila congegni inventati dall'uomo in quattromila anni di attivita') trasforma – a volte – lo spazio in maniera indiretta.
e, in altri casi, in maniera diretta.




lo sappiamo anche noi che la rete non ha nulla a che fare con piazza navona.
pero', se un qualcuno non inventava la tecnologia del mattone non avremmo alcuna piazza navona e vivremmo ancora nelle grotte o sugli alberi.



ha senso dire che il mattone e' antispaziale?
forse no. eppure il mattone, come qualunque modulo, digitalizza lo spazio; i mattoni sono come numeri interi, ed e' gia' una astrazione dello spazio.

oppure la televisione.
se viviamo in un mondo senza televisione, l'importanza del bar, della piazza, del circolo arci, dell'oratorio e' sicuramente diversa da quella che c'e' nel mondo con la televisione.

distopie come milano 2 sarebbero impossibili senza la televisione.
immaginiamo il classico quartierino allucinante, villette a schiera, fortificazioni assortite, telecamere & garage/tavernetta.
quei luoghi che alle otto di sera non c'e' un'anima per strada, tutti barricati in casa a succhiarsi la dose quotidiana di tele.
se venisse a mancare la televisione, tutto quel mondo li' si frantumerebbe in un secondo.

stesso dicasi per la carta.
la carta e la matita sono spaziali o antispaziali?
(domanda a cui e' difficile rispondere).

forse, per la rete e' uguale.

dipende dall'uso che se ne fa.

se io mando un'email a mia cugina che sta a newyork non sto facendo un'operazione granche' spaziale (o antispaziale).
pero', nel contempo,
ci sono numerosi esempi di utilizzi spaziali (in maniera piu' o meno diretta) della rete.

(per non fare diventare questo articolo orribilmente lungo e insopportabile, promettiamo che ne faremo un altro in un prossimo futuro in cui ci concentreremo su esempi interessanti/significativi di utilizzi spaziali della rete, come il warchalking e il geocaching).

e poi comunque e' una balla che il cyberspazio trascenda lo spazio.
a internet ha accesso una minoranza di persone, il che e' vero della tecnologia in generale.
per parlare solo del nostro prospero e sviluppato paese, ci sono molti luoghi (non stiamo parlando della cima del kilimangiaro) dove dotarsi di una connessione internet veloce e' difficile, costoso o impossibile.
la collocazione del navigatore nello spazio fisico cambia assolutamente la sua esperienza dei contenuti di internet.
non ci sono indicazioni che stiamo entrando in un'era in cui tutto il globo godra' di accesso veloce ed economico ad internet.



l'informazione, come l'architettura peraltro, costa cara – anche se e' immateriale.
il substrato ha un costo, e hanno un costo anche l'educazione e il tempo che permettono di godere dell'informazione stessa.

internet, alla fine, e' ancora pioggia sul bagnato.
e' un moltiplicatore di forza culturale.
e' vero che, grazie al progetto gutenberg, posso leggere i classici della letteratura angloamericana a costo zero.
e' pure vero che grazie a artchive http://www.artchive.com/ftp_site.htm
posso paragonare atget a man ray.
ma come acquisiro' gli strumenti anche solo per pensare alla letteratura e alla fotografia? temo con strumenti molto tradizionali e del tutto dipendenti da dove sono.

tant'e' che i cibercritici e compuarchitetti vengono tutti dai soliti posti e mai dalla mongolia citeriore...


back to de fusco.

Certo che tramite Internet si possano trasmettere informazioni riguardanti la nostra disciplina e' indubbio, ma non ritengo che quello dell'architettura sia il campo più avvantaggiato da Internet a fronte di altri che ormai non ne possono più fare a meno.

di nuovo,
non capiamo.
perche' mai l'architettura non dovrebbe essere avvantaggiata da internet?

internet e' uno strumento tecnologico.
che puo' modificare la pratica professionale del cardiochirurgo, della maestra, dell'architetto.

rimane dubbio se internet si possa considerare come un medium – specie se non si fa la confusione tra internet e il world wide web.
internet sta ad un livello veramente molto basso, e si occupa di spostare bit (senza interpretazione, quella la forniamo noi), da un computer all'altro.
world wide web e' una delle mille possibili applicazioni di internet, come la posta elettronica, IRC, network news, FTP...
fin qui la tecnologia.
dopodiche' ci sentiamo giustificati nel considerare internet alla stregua del carboncino, del tecnigrafo, della macchina fotografica – strumenti, tools, come dicono gli informatici.

perche' l'architettura dovrebbe essere toccata in maniera marginale da questa innovazione tecnologica?



l'invenzione della biro modifica la vita dell'architetto?
boh.
forse si.
perche' internet dovrebbe modificare la vita di un tot di persone e non quella dell'architetto?

lo sappiamo che de fusco sottende che internet puo' cambiare la vita dell'architetto, mentre e' molto meno chiaro il perche' dovrebbe cambiare l'architettura stessa, le nostre citta', il territorio.

ovviamente siamo d'accordo con de fusco quando scrive:


Comunque, nella fase di ricerca, l'architetto può ricevere dati provenienti da centri progettuali, sedi universitarie, musei, industrie produttrici di materiali, sistemi costruttivi e simili. L'operazione informativa più utile e sperimentata è quella di collegarsi con altri operatori, una volta apertosi questo potenziale atelier progettuale con sedi in ogni paese del mondo. In particolare, si va realizzando quell'ideale lavoro di gruppo tanto auspicato da decenni. Infatti un progetto può avere inizio in uno studio ubicato in una città, ripreso e discusso in un'altra, continuato in una terza e magari completato in una quarta dove si raccolgono i dati delle precedenti elaborazioni ed approvato da tutti i precedenti autori. Ciononostante le suddette informazioni non costituiscono affatto la "materia prima dell'architettura".

mais oui,
siamo tutti d'accordo, e lo facciamo ogni giorno.

pero' ci sembra che il contributo notevole dato alla rete sia in termini di immaginario.
sappiamo anche noi che fare un progetto con operatori a distanza e' una fatica spaventosa e che lavorare nella stessa stanza e' sicuramente piu' ragionevole e significativo.
pero', ancora,
la sola esistenza di internet ci permette di immaginare processi (nonche' prodotti) che erano generalmente preclusi agli architetti e ingegneri delle generazioni precedenti.



internet accelera il ciclo di concetto-bozzetto-revisione-concetto... e permette di estenderlo a distanza.
sappiamo gia' che internet permette di condurre immensi progetti, con decine di migliaia di progettisti ed esecutori al lavoro contemporaneamente.
questo e' stato provato in varie industrie, prima fra tutte la produzione di software.

un oggetto tridimensionale come la stazione degli autobus di hoofddorp di NIO
http://www.architettura.it/architetture/20030403
che sta tra l'edificio e la scultura, e' difficile da immaginare senza le tecnologie moderne di progettazione e fabbricazione.


Essa va cercata altrove e, a costo di ripetere il già noto, anzitutto nella interna spazialità delle fabbriche, nonché ovviamente nelle loro componenti materiali, pietra, ferro, legno, ivi comprese le materie nuove, il tutto restando sempre nell'ambito del ponderoso, del volumetrico, del senso della massa stereometrica. In ciò la nostra disciplina non ammette deroghe: essa è un'arte antica.

ok.
anche qui siamo d'accordo.
l'architettura e' un'arte antica che non ammette deroghe.
rimaniamo sempre nell'ambito del ponderoso, del volumetrico, del senso della massa stereometrica.

la luce elettrica cambia l'architettura?
in una certa misura si.
e l'aria condizionata?
di nuovo si.
e gli ascensori, le scale mobili?
ancora,
ci sembra di poter dire di si.

perche' mai internet non dovrebbe portare il suo micronico contributo all'aggiustamento disciplinare?

la luce elettrica muta in maniera sostanziale una serie di questioni afferenti la massa stereometrica degli edifici.
stesso dicasi per la produzione commerciale del vetro.

se io vivo in un mondo senza vetro, la tipologia della casa a patio e' molto sensata (avendo tutte le aperture della casa verso il patio centrale).
se inizio a poter usare il vetro, posso iniziare a esplorare tipologie diverse.

l'aria condizionata stravolge completamente il rapporto tra le persone e il lavoro (in termini di orario, di abitudini, di organizzazione dei processi produttivi).
a nostro avviso, internet ha queste potenzialita'.

il dramma di tutti gli apologeti di internet applicato all'architettura e' che loro immaginano rivoluzioni stilistiche.

e' un atteggiamento ingenuo, che nasce da una confusione tra mappa e territorio.
dal momento che maya (o rhino o anche autocad) mi permette di disegnare il superblob traslucido tremolante iperconnesso, progetto l'edificio che e' un superblob eccetera eccetera – si puo' solo essere contenti del fatto che gli architetti non hanno ancora scoperto la geometria pentadimensionale :-)

forse e' come quando si era appena scoperto il desktop publishing grazie al macintosh. che si facevano quei teratomi tipografici con dieci font, ombreggiati e sottolineati e resi corsivi e magari anche deformati, tutto su una pagina.
specialmente quando un nuovo strumento entra in uso, e' facile esserne posseduti e fare tutto cio' che e' possibile semplicemente perche' e', appunto, possibile.

forse,
le trasformazioni piu' significative non saranno stilistiche, quanto piuttosto strutturali e concettuali.

quando de carlo ristruttura un borgo in cima a una montagna ligure, il senso dell'operazione e' che la gente possa abitare lì (e lavorare) grazie ai collegamenti internet.

senza internet, recuperare il borgo abbandonato non avrebbe alcun senso – o meglio, il borgo recuperato non si saprebbe sostenere.

con internet, questa operazione diventa una sfida possibile.
allora, quello che capita e' che grazie a internet possiamo immaginare di poter recuperare borghi appenninici altrimenti perduti per sempre.
abbiamo un altro strumento (ed e' uno strumento economico) oltre al solito turismo, che permette di dare una possibilita' di esistenza a luoghi marginali. ecco come internet diventa un'altra delle forze che sagomano le citta' e la distribuzione della popolazione.

poi e' chiaro che non si sa ancora bene come fare.
internet sostiene l'economia in posti un po' marginali, ma non nei luoghi veramente disastrosi.
chi ha provato a fare il software in india ha avuto un successo immenso, chi ci ha provato in mali e' rimasto bruciato.
resta da determinare se il borgo di de carlo e' piu' simile all'uno o all'altro caso.



questa e' una trasformazione concettuale e strutturale.
ahime' non cambia nulla in termini di "stile" o "linguaggio", pero' la nuova apertura c'e' ed e' innegabile, quanto visibili ed indiscutibili sono i nuovi quartieri residenziali della new economy a bangalore.

stesso dicasi per le tipologie abitative.
quando eravamo bambini i nostri genitori lavorano fuori casa.
a distanza di venticinque anni, adesso molte persone lavorano da casa.
ovviamente le due case sono molto cambiate.
le esigenze, le funzioni, l'organizzazione spaziale.

di nuovo, queste trasformazioni sono dovute a internet e alla possibilita' di lavorare a distanza.
e poi magari ripercorrono certi aspetti anche arcaici del nostro modo di vivere, per esempio la cascina padana era (a volte lo e' ancora) un luogo dove si vive e si lavora.
ed e' un fenomeno tipico di oggi quello della casa-del-padrone addossata al capannone.

pero' la casa che sostiene il lavoro domestico, la casa-laboratorio, la casa-ufficio non e' uguale alla casa puramente residenziale.
i servizi presenti e la distribuzione degli spazi non possono essere gli stessi; e non e' questa un'influenza sull'architettura?


(le immagini di questa puntata sono scelte da stalker di andrej tarkovskij)



(2. continua >)

[15jun2003]

simple tech

la sezione Simple tech
for a complex world
è curata da
Stefano Mirti
e Walter Aprile


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