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Sopralluoghi

Non-Standard Architecture

Teresanna Donà

Non-Standard Architecture

Centre Pompidou
Place Georges Pompidou
75004 Paris
tel: +33 (0)1 44 78 12 33
http://www.centrepompidou.fr

dal 10 dicembre 2003 al 1 marzo 2004

a cura di:
Frédéric Migayrou - Zeynep Mennan (curatore associato)

realizzazione:
Michel Fernandez

responsabile editoriale:
Philippe Peyredieu du Charlat






Foto: Teresanna Donà.

All'ingresso della Galleria Sud del Centro Pompidou un nastro bianco in cartongesso si dispiega, sospeso a mezz'aria, accogliendo il visitatore e accompagnandolo fino al cuore della mostra. Su di esso sono disposte delle immagini in bianco e nero, raccolte in undici sezioni dai titoli inconsueti e suggestivi, come gusci, elicoidali, biomorfismi, impronte ecc. Si tratta di una vera e propria esposizione che, correndo parallela a quella principale, delinea in tratti generali una possibile storia delle origini formali del non-standard. Secondo le parole di Frédéric Migayrou si tratterebbe di una "trama concettuale e critica" che tiene assieme figure diverse di artisti e architetti del XX secolo, il cui intento è quello di individuare, all'interno dell'architettura moderna, le ricerche e i tentativi formali che precorrono l'attuale sperimentazione al computer. Pier Luigi Nervi, Walter Gropius, Albrecht Dürer, Man Ray, Le Corbusier, Bruno Munari e Oskar Schlemmer, assieme a numerosi altri, si ritrovano ad esempio fianco a fianco nella sezione elicoidali come possibili predecessori formali di alcune delle recenti creazioni qui esposte dei gruppi UN Studio, dECOi e Dagmar Richter.

[05jan2004]
Parallelamente a questo tentativo di rilettura della storia dell'arte e dell'architettura, che si sviluppa sulle superfici del nastro bianco, la mostra vera e propria si organizza all'interno della galleria sud, in uno spazio espositivo costituito da un tracciato bidimensionale che nasce dalla deformazione di due griglie sovrapposte proiettate al livello del suolo. Il disegno ottenuto è costituito di linee determinate con procedimenti matematici, e quindi facilmente riproducibili. Le linee nere delle griglie subiscono deformazioni e curvature tali da far emergere dodici "aree bianche", tutte della stessa dimensione di 45 metri quadri, ciascuna delle quali localizza e accoglie le opere di un diverso gruppo di architettura. L'intento dell'allestimento è evidentemente quello di lavorare in maniera solidale con le opere esposte, condividendo simili principi progettuali.




Foto: Teresanna Donà.
Fondamentale per la comprensione della mostra è il concetto di Non-Standard. Il termine composto "non-standard", così come l'hanno interpretato gli organizzatori, Frédéric Migayrou e Zeynep Mennan, rispecchia due significati distinti ma nello stesso tempo sovrapponibili. Il primo si riferisce all'universo della matematica, ed in particolare a quel ramo denominato "analisi non standard" che ha aperto la strada a due importanti filoni di ricerca: il calcolo informatico basato su algoritmi e la morfogenesi (studi sulla generazione delle forme). Il secondo significato è invece in chiara opposizione rispetto al concetto di "standard", così come era stato interpretato nell'ambito dell'architettura moderna. I progetti quivi esposti sono infatti esempi visibili e tangibili di una nuova forma di standardizzazione, che grazie alle nuove tecniche matematiche di progettazione permette di ottenere elementi prefabbricati non necessariamente tutti uguali tra loro (come nei procedimenti standard). Questa nuova forma di standardizzazione diverrà altrettanto economica che quella che l'ha preceduta, qualora l'utilizzo delle nuove tecnologie assumerà un'estensione adeguata.

Nel complesso l'intento dell'esposizione è quello di indagare come la "catena del digitale" sia suscettibile di cambiare tutta l'economia della produzione architettonica, dalla concezione alla realizzazione, con implicazioni sociali nell'instaurazione di nuove relazioni tra progettisti ed esecutori e tra progettisti tra loro. A questo scopo sono stati selezionati dodici gruppi di architettura, tutti composti da giovani architetti in genere poco più che quarantenni, scelti tra i rappresentanti internazionali più noti nel campo della ricerca sul non-standard. Ogni gruppo si integra in maniera diversa nello sviluppo di questo dibattito, proponendo degli interventi mirati ad evidenziare i cambiamenti in atto ora nell'uno ora nell'altro dei vari aspetti della progettazione, talvolta toccandoli tutti.


Kovac Architecture (Australia), Tom Kovac. Competition project for the reconstruction of the World Trade Center.


UN Studio (the Netherlands), Ben van Berkel et Caroline Bos. Arnhem Central, Masterplan station area, the Netherlands. Arnhem, The Netherlands, 1996-2007.

DR_D Lab (USA), DR_D Lab (A), Dagmar Richter. Dom-in(f)o House, DR_D LAB research project, 2002-2003.

Alcuni gruppi si sono concentrati maggiormente sulle problematiche creative ed ideative, come il gruppo Asymptote e il gruppo UN Studio, per i quali il computer è essenzialmente uno strumento per creare nuove forme e gestire nuove complessità di dati, provenienti dal contesto, dall'analisi dei flussi di circolazione, dai nuovi materiali e procedimenti esecutivi. Secondo il gruppo Asymptote il computer è già arrivato a soppiantare la mano libera anche nella creazione dei primi schizzi di progetto che, come dichiara Lise Anne Couture, vengono ora eseguiti direttamente in 3D.


Asymptote (USA), Hani Rashid and Lise Anne Couture. BMW Event and Delivery Center, Münich, Deutscheland, 2001.

Alcuni gruppi si sono dedicati interamente a questo ambito di ricerca sulla creazione non-standard, tanto da presentare progetti con una forte connotazione teorica, come nel caso di Kovac Architecture, di cui ricordiamo il progetto di ricostruzione del World Trade Center e le ricerche sulla Powerhouse. Ma pensiamo anche alle sperimentazioni di Dagmar Richter sulla Maison Dom-ino di Le Corbusier, che conducono a nuovi prototipi di case assemblabili dal nome fortemente allusivo di Dom-In(f)o, e riflettono sulle mutate abitudini sociali, più vicine ad un tipo di vita nomade e ai nuovi concetti di flessibilità d'uso.


Kol/Mac (USA), Sulan Kolatan and William Mac Donald. Meta_Hom Estouteville 2.0 House, Charlottesville, Virginia, USA, 2001.

Altri gruppi sono invece più orientati ad aspetti concernenti il design e la progettazione di interni, come Kol/Mac Studio e Objectile. Oltre ad interventi di decorazione di interni i due gruppi espongono diversi progetti di oggettistica di design, contenuti nella sezione dedicata ai prototipi industriali nell'atrio di ingresso al centro Pompidou.


Oosterhuis.nl. Muscle. Foto: Teresanna Donà.

In questa particolare sezione della mostra ricordiamo un oggetto che riscuote grande curiosità di pubblico: si tratta del "Muscle" di Oosterhuis, una struttura gonfiabile animata da una serie di 94 muscoli pneumatici, che in parte reagiscono all'effetto delle sollecitazioni ambientali ed in parte seguono una programmazione computerizzata. L'oggetto in plastica blu, della dimensione di alcuni metri, si divincola e si ritorce nell'aria grazie alle sollecitazioni captate dalla folla che gli si muove accanto e con la quale tenta un'interazione.


dECOi (France), Mark Goulthorpe. Hypo-Surface.


Servo (Switzerland-USA), David Erdman, Marcelyn Gow, Ulrika Perry. Lobbi-Ports, 2002
.

NOX (the Netherlands), Lars Spuybroek. SoftOfficeUK, Warwickshire, UK, 2000-2005.

L'elemento di interazione col pubblico ricorre in diverse creazioni non-standard, come nelle installazioni del gruppo Servo, incentrate sulla ricerca di un ambiente di scambio reattivo. I componenti architettonici delle installazioni Thermocline e In the Lattice reagiscono al passaggio dei visitatori, da cui captano i movimenti e i suoni, che vengono rielaborati e successivamente restituiti attraverso movimenti meccanici, giochi di luci o di suoni. Ma il gruppo Servo si è interessato anche allo studio di nuove soluzioni di facciata, con il suo progetto di Lobbi-Ports del 2002, così come hanno fatto dECOi con la riproposizione del progetto Hypo-Surface, già presentato alla Biennale di Venezia nel 2000, e con appartamento a Bankside (Londra), e il gruppo Greg Lynn FORM con diversi progetti e in particolare quello sull'immobile Kleiburg ad Amsterdam. Quest'ultimo è un esempio di riqualificazione di un immobile storico risalente agli anni ‘70 del secolo scorso. Lo spostamento del sistema di circolazione all'esterno dell'edificio ha permesso di recuperare altri spazi interni da adibire ad abitazione, e di dare una nuova connotazione e riconoscibilità alle facciate. La struttura che sostiene le scale mobili, letteralmente "applicate" sulle facciate preesistenti, da origine ad una serie di vele formate da travi e pilastri tutti diversi tra loro, che donano alla struttura un effetto di movimento e di omogeneità nello stesso tempo. Ci sono poi degli altri gruppi che hanno avviato una ricerca anche strutturale, intervenendo più radicalmente negli edifici progettati, e non soltanto in facciata. È il caso del gruppo NOX, soprattutto con i progetti di Son-O-house e di SoftOfficeUK, così come del gruppo Oosterhuis in numerosi progetti e di R&Sie... con il progetto di museo della glaciologia in Svizzera, lo Scrambled Flat 2.0.


Greg Lynn FORM (USA), Greg Lynn. Alessi Coffee and Tea Towers. 2001-2003.


Greg Lynn FORM (USA), Greg Lynn. Transformation of the Kleiburg Housing Block in the Bijlmermeer, Amsterdam, The Netherlands, 2001-2005.


R&Sie... (France), François Roche and Stéphanie Lavaux. Scrambled Flat 2.0, Waterflux, Evolène, Switzerland, 2002.
La "catena del digitale" è stata più puntualmente indagata nella sua totalità da due gruppi in particolar modo, il gruppo Oosterhuis e il gruppo Objectile. I due studi condividono uno stesso metodo progettuale, ma applicato a campi differenti: l'architettura per il gruppo olandese di Oosterhuis e il design industriale per il gruppo francese di Objectile. Si tratta di un metodo di progettazione parametrica, dove partendo da un unico elemento di base si possono ottenere infinite variazioni dello stesso: i parametri che cambiano di volta in volta sono le dimensioni spaziali e gli angoli di ancoraggio tra pezzo e pezzo. Per utilizzare le parole di Kas Oosterhuis l'oggetto architettonico può nascere oggi dalla coincidenza un dettaglio / una costruzione. L'oggetto finale, essendo costituito dalla ripetizione di un unico dettaglio architettonico infinitamente variabile, viene a coincidere col dettaglio stesso: il dettaglio è la costruzione. I software che permettono questo tipo di progettazione permettono anche di salvare i disegni tridimensionali in un formato direttamente leggibile dalle macchine digitali che taglieranno e produrranno i pezzi. Quindi con un unico programma è ormai possibile concepire le prime idee di progetto, dare loro una forma precisa integrando lo schizzo iniziale con tutti i dettagli necessari alla realizzazione, in seguito trasferire i dati dettagliati ad una macchina digitale e vederne attuata l'esecuzione. Nel caso di Objectile le macchine digitali sono divenute parte integrante dello studio, che quindi cura interamente non solo la progettazione ma anche l'esecuzione e il montaggio dei pezzi. È precisamente a questo processo che fanno riferimento gli organizzatori quando parlano di "catena del digitale".


Objectile (France), Bernard Cache and Patrick Beaucé. Pavillon De l'Orme (2001), Batimat 2001.


Oosterhuis.nl (the Netherlands), Kas Oosterhuis and Ilona Leonard. WEB of North-Holland, Floriade 2002, Haarlemmermeer, Hollande, 2001-2002.
Questa mostra, come confessa Migayrou, è piena di indizi e di anticipazioni, ci dà un'idea di quel che avverrà domani; che si tratti di cinque o di vent'anni poco importa, oramai è evidente che avverrà. I cambiamenti sono visibilmente già cominciati. C'è ancora della strada da percorrere affinché la "catena del digitale" acquisti una sua stabilità ed economicità, ma le innovazioni stanno prendendo piede, non senza implicazioni in ambito sociale. In effetti i nuovi tipi di associazione, fra diversi studi di architettura o fra studi di architettura e di ingegneria, design, grafici o altro, i cui membri risiedono in parti diverse del globo e collaborano su uno stesso progetto servendosi di internet, sono una chiara prova che anche i legami sociali all'interno del processo architettonico stanno mutando. I nuovi nomadi nati con la potenza degli strumenti digitali non sono solo i futuri abitanti dei progetti non-standard, ma gli stessi ideatori, gli architetti per primi. Osserviamo l'esposizione e pregustiamo già il sapore di un futuro poco lontano.

Teresanna Donà
teresanna@libero.it

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