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Books Review

“we need to go where distant futures meet distant pasts” (1)




Francesco Careri
"Walkscapes. El andar como practica estética.
Walking as an aesthetic practice"
Land&Scape Series
Gustavo Gili, Barcelona 2002
pp 205, €25,00



In due notissime mappe realizzate da Guy Debord nel 1957 “troviamo Parigi esplosa in pezzi, una città la cui unità è andata completamente perduta e in cui riconosciamo soltanto frammenti del centro storico che fluttuano in uno spazio vuoto”. La prima mappa è la guida psicogeografica di Parigi, intitolata “discorso sulle passioni dell’amore”, dove “l'ipotetico turista è tenuto a seguire delle frecce che collegano delle unità di ambiente omogenee determinate in base a rilievi psicogeografici. (…) La città è stata passata al vaglio dell'esperienza soggettiva, "misurando" su se stessi e confrontando con gli altri gli affetti e le passioni che si determinano frequentando i luoghi e ascoltando le proprie pulsioni. I quartieri decontestualizzati sono continenti alla deriva in uno spazio liquido, sono terreni passionali (…). Nelle due mappe i percorsi interni ai quartieri non sono segnati, le placche sono isole completamente percorribili, mentre le frecce sono i frammenti di tutte le possibili derive, sono traiettorie nel vuoto, erranze mentali tra ricordi ed assenze” (2).

Queste mappe, insieme con le teorie e le pratiche che i Situazionisti sviluppano sul finire degli anni ’50 costituiscono un nodo centrale in Walkscapes, il camminare come pratica estetica (3), non solo perché in esse si definisce per la prima volta l’incontro tra estetico e politico (4) intorno all’atto del camminare come pratica di conoscenza e ridefinizione del reale, ma anche perché possiamo dire che il percorso intellettuale che nel libro siamo invitati a fare è anch'esso fatto di grandi "continenti" uniti tra loro dalle attrazioni "passionali" dell'esperienza ormai quasi decennale di Francesco Careri come ricercatore e membro del "Laboratorio di arte urbana" Stalker.


Guy Debord, The Naked City, 1957.


Allineamento di menhir a Carnac, Bretagna VII millennio a.C.

I quattro mutliformi capitoli in cui Walkscapes è strutturato intitolati errare humanum est, anti-walk, land walk e transurbanza uniscono infatti in un percorso che è quasi un romanzo di formazione storie ed epoche assai distanti tra di loro, seguendo il camminare inteso come atto essenziale dell’uomo, e il suo rapporto con la percezione, lettura e costruzione del paesaggio naturale e antropizzato. Walkscapes è in sé stesso un cammino, in cui come dice Smithson futuri distanti si incontrano con altrettanto distanti passati, in una sorta di deriva intellettuale guidata attraverso epoche ed eventi in cui camminare è stata una forma di costruzione del territorio, costruzione materiale quanto simbolica, dalla primordiale separazione dell’umanità tra nomadi e stanziali esemplificata dal conflitto tra Caino e Abele, dalla germinazione del camminare dei primi interventi dell’uomo sul paesaggio, per poi saltare all’inizio del secolo scorso e alle deambulazioni Dada e surrealiste che troveranno una loro configurazione come vero e proprio strumento rivoluzionario di conoscenza nella deriva situazionista (5), e al camminare come azione di dissoluzione estetica delle pratiche artistiche nel territorio negli earthworks della land art, fino alla Transurbanza del gruppo Stalker.

L’intenzione dichiarata di questo percorso è di superare il persistente conflitto tra le pratiche estetico/politiche di attraversamento del territorio e la sua costruzione (conflitto che poi si esplicita in una contraddizione spesso rinfacciata ad un gruppo in gran parte formato da architetti che –tutti dicono- non fa architettura). Quello che i nomadi, come gli aborigeni australiani, Dada, i surrealisti, i situazionisti, ma anche Robert Smithson o Richard Long e Stalker condividono è infatti la consapevolezza che attraversare –ed ascoltare, nominare, celebrare, detournare- il territorio è innanzitutto costruirlo, non importa se a partire da spazi ignoti e da scoprire o da quelli in cui ogni giorno viviamo e inconsapevolmente non possediamo, anche perché, per dirla con Perec quella che noi chiamiamo quotidianità, non è evidenza ma opacità: una forma di cecità, un genere di anestesia (6).

[14dic2002]


Robert Smithson, A tour of monuments of Passaic, New Jersey, 1967.


Robert Smithson, A tour of monuments of Passaic, New Jersey, 1967.


Robert Smithson, A tour of monuments of Passaic, New Jersey, 1967.


Constant, New Babylon Nord, 1958.


Richard Long, Walking a Line in Peru, 1972.

Infatti se originariamente “dall'attività di camminare attraverso il paesaggio per controllare il gregge deriva una prima mappatura dello spazio nonché quell'attribuzione dei valori simbolici ed estetici del territorio che porterà alla nascita dell'architettura del paesaggio“ (7) “costruendovi un nuovo ordine sul quale si è sviluppata l'architettura degli oggetti situati” (8) e nel secolo scorso il percorso è stato usato come consapevole strumento di costruzione dello spazio, di un’architettura definita come, “il modo più semplice di articolare spazio e tempo, di modulare la realtà, di fare sognare”, “un mezzo per modificare le condizioni presenti di spazio e tempo (…) uno strumento di conoscenza e un mezzo di azione” (9) un domani “l'architettura potrebbe espandersi nel campo del percorso senza incontrare le trappole dell'anti-architettura. La transurbanza tra i margini della disciplina e nel luogo dello scambio tra città nomade e città sedentaria, può costituire un primo passo. In questo spazio di incontro il camminare si rivela utile all'architettura come strumento conoscitivo e progettuale, come mezzo per riconoscere all'interno del caos delle periferie una geografia e come mezzo attraverso cui inventare nuove modalità per intervenire negli spazi pubblici metropolitani, per investigarli, per renderli visibili (…) l'errare potrebbe essere considerato come un valore piuttosto che un errore. Ma si vuole indicare il camminare come uno strumento estetico che è in grado di descrivere e modificare quegli spazi metropolitani che presentano spesso una natura che deve essere ancora compresa e riempita di significati, piuttosto che progettata e riempita di cose” (10).

Questo è il punto di fuga, l’orizzonte dell’errare di Walkscapes, oltre il quale forse intravedere un giorno una città e un territorio da trasformare “ludicamente dal suo interno, modificarla durante il viaggio, ridare vita alla primitiva attitudine al gioco delle relazioni che aveva permesso ad Abele di abitare il mondo” (11) dopo aver attraversato epoche distanti: le origini, il futuro anteriore, il contemporaneo e l’attuale in un percorso sorprendente per continuità e rimandi, come quello attraverso i territori passionali delle mappe di Debord: un’esperienza, un viaggio.



Stalker, Planisfero Roma, 1995.

Corredato da una serie di schede tematiche e da una bibliografia per approfondire i singoli temi Walkscapes, il camminare come pratica estetica è il primo volume della collana Land&Scape series, diretta da Daniela Colafranceschi per l’editore Gustavo Gili, dedicata ai “temi che coinvolgono il paesaggio nella più vasta accezione del termine” dove “ibridazione e contaminazione con altre discipline sono i concetti chiave per comprendere una nuova visione del paesaggio” “che rivela una sensibilità ambientale, estetica e formale più complessa, in sintonia con il nostro mondo contemporaneo” (12). Introduce Gilles A. Tiberghien con un saggio intitolato La città nomade.

Alberto Iacovoni
ma0@libero.it
 
NOTE:

(1) Robert Smithson, citato in F. Careri, Walkscapes - Walking as an aesthetic practice, Editorial Gustavo Gili, SA, Barcellona 2002, p.162.
(2) F. Careri, op. cit. p.102.
(3) F. Careri, op. cit.
(4) vedi: Mirella Bandini, L'estetico e il politico : da Cobra all'internazionale situazionista 1948-1957, Costa & Nolan, Genova 1999.
(5) Naturalmente l’autore riserva uno spazio importante all’unica architettura consapevolmente dedicata al camminare e al nomadismo quale New Babylon di Constant Niewenhuis, di cui si può trovare un trattamento esauriente in Francesco Careri, Constant/New Babylon, una città nomade, ed. Testo & Immagine, Italia 2001, recensito in ARCH'IT.

(6) Georges Perec, Espèces d’espaces, Galilée 1974, Paris (la traduzione dal francese è mia).
(7) F. Careri, op. cit.p.32-33.
(8) F. Careri, op. cit.p.20.
(9) Ivan Chtcheglov (alias Gilles Ivain), Formulario per un nuovo urbanismo, 1953, Internazionale Situazionista n. 1, 1958, citato a p.97.
(10) F. Careri, op. cit. p.27.
(11) F. Careri, op. cit. p.189.
(12) Dalla quarta di copertina di Walkscapes, op. cit. – la traduzione dall’inglese è mia.


     
  Alberto Iacovoni, architetto, affianca -e intreccia- le sue attività tra il
laboratorio di arte urbana Stalker, ma0/emmeazero studio d'architettura e altre varie produzioni audio-video.

Francesco Careri, architetto, mescola le sue attività tra Stalker, da molti anni ormai, la progettazione, la ricerca e la didattica.
 
 
     
 

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Questa pagina è stata curata da Matteo Agnoletto.






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