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Books Review

SCELTI DA: MA0
OMINI. PRETESTO PER UNA PLAYLIST COLLETTIVA
 


Leggiamo pochi giorni fa un articolo su queste pagine molto divertente e senza pietà di Ugo Rosa, e ci soffermiamo sul "testa di cazzo col bavero alzato in mezzo a rampe saettanti che lo circondano da ogni parte" che sembra essere diventato ad un certo punto più importante del progetto stesso: pensiamo a tutte le volte che, arrivati ad un certo punto di un progetto, perdiamo ore ed ore a sfogliare riviste, la collezione di National Geographic ereditata dal nonno, i vecchi numeri di Photo -una vera miniera di immagini assolute-, o ancora peggio, quando siamo proprio senza speranze, i volumi di Image Bank del grafico della porta accanto-numerosissimi, patinatissimi e a volte anche molto belli, nella grafica come nel contenuto: pagine e pagine che sezionano, accumulano, catalogano e stereotipizzano i momenti salienti della vita umana divisi per categorie quali: coppie, donne, argomenti delicati [sensitive issues!], affari, natura viaggi, terza età e così via. Ore buttate alla ricerca di un'immagine, una figura umana -quello che in gergo chiamiamo "omino" - di cui abbiamo una vaga idea; il punto di vista dell'immagine del modello 3d che abbiamo scelto impone magari un punto di vista particolare, il tema progettuale particolare tipi umani -appunto businessmen, anziani, bambini e così via- ma aldilà di questi requisiti puramente funzionali a volte la ricerca si dilunga perché oltre a questo stiamo cercando anche una figura che esprima uno stato d'animo particolare, o che semplicemente trovi una strana risonanza con l'architettura che la circonda. E' vero, sembra veramente tempo buttato, pezze che a volte mettiamo proprio lì per nascondere magari un nodo o un dettaglio architettonico non particolarmente felice, immagini ad alta definizione -i capelli, il taglio della giacca, forse anche gocce di sudore- in ambienti a bassa definizione: qualcosa che sa di truffa - ti faccio vedere tutto l'ottimismo in primo piano e la merce che ti voglio vendere come sfondo...

Colpiti dunque dall'affondo di U.R. facciamo mente locale e pensiamo a come si faceva prima dell'avvento del computer -così come banalmente ogni tanto ci troviamo costretti dagli eventi -un cliente che protesta perché non siete reperibili, la fidanzata pure- a chiederci come si faceva senza telefonino. Senza andare troppo lontano -ché ci sarebbe da montare una bella ricerca, se qualcuno ci pagasse- rivediamo la placida terrazzina con le sedie Thonet di Le Corbusier -niente omini, forse non è un caso, al massimo quello che sta guidando l'aeroplano sullo sfondo-, o ai gaudenti consumatori dell'instant-city -sembra oggi, non solo per la tecnica del fotomontaggio, ma anche per la spensieratezza da Titanic; alla comparsa ad un certo punto di migliaia di figurine nere nelle sezioni di Foster, e alle ombre metafisiche che (non) popolano immagini della città analoga, o ancora peggio ai soldatini dei progetti di Meier -era lo stesso periodo delle mongolfiere in volo in cieli tutti di china... Ognuna di queste apparizioni dell'umano nel disegno d'architettura non è mai stata casuale, né superflua: le sedie su un terrazzo della città radiosa raccontano di un processo di produzione e di uno stile di vita che sono alla base del progetto della città moderna, così come le assenze di una prospettiva rossiana dicono tutto sulla ricerca di un archetipo architettonico senza tempo, senza vita e oggi, nel momento in cui l'architettura sembra aver perso di definizione e stabilità, gli omini rimisurano con il corpo e le loro azioni gli spazi impossibili del digitale.

Ma poi capita che ci troviamo fortunatamente ad ammirare una prospettiva a china di Ludovico Quaroni per La Martella a Matera; stiamo infatti lavorando insieme ad altri studi in un workshop per l'allestimento della mostra su Adriano Olivetti e l'Urbanistica a Roma (1) e ci perdiamo nei dettagli di cui il disegno è felicemente straripante: dalla giacca con le pences dell'uomo di spalle in primo piano fino al giornale sotto il braccio di un altro di cui appaiono giusto le prime due lettere del titolo (l'U...) ogni dettaglio sembra partecipare di una scena di cui l'architettura è un elemento assolutamente integrato -si potrebbe dire complementare- con tutti gli altri, sotto un sole ottimista e mediterraneo. A guardare questa meravigliosa prospettiva ci si rende conto di quanto emerga prepotentemente un sottotesto dell'architettura che poi non è altro che un'idea di integrazione tra comunità, produzione e territorio che è alla base dell'idea di urbanistica che si tenta di costruire in quegli anni... E allora ci accorgiamo di una cosa forse ovvia: tutti questi dettagli raccontano quello che l'architettura -geometria, tecnologia, stilemi, linguaggio etc.- da sola non può raccontare, di più anzi: parlano di ciò per cui l'architettura stessa viene pensata, progettata, costruita: l'uso, il tempo, la vita...; i personaggi e gli oggetti che collochiamo nelle immagini d'architettura sono i primi abitanti di quegli spazi, frutto dei nostri desideri se non delle nostre ideologie, che raccontano di un "altro" dall'architettura, che pure le è complementare, che anzi è il suo fine ultimo: le relazioni che quello spazio, quel progetto potrà produrre, favorire, contrastare.





Torniamo dunque a prendere in considerazione le tante immagini sovrappopolate d'oggi, accompagnate troppo spesso da ossimori quali "architettura fluida", e ci tornano in mente le parole di David Greene (Archigram) quando scriveva al proposito che a volte la pioggia in una strada è più importante degli edifici, e che dunque non esiste una priorità nel disegnare l'una o gli altri: "considerate il fatto che un edificio è una sorta di residuo, a ghostly reminder di tutti i processi in corso -economici, tecnici e sociali- che definiscono l'ambiente in cui è stato prodotto"; in queste parole c'è una consapevolezza per niente postuma -la frase è recente- che oggi è spesso merce rara. Ma l'architettura stessa di Archigram, nel bene come nel male, era fatta di pioggia, di situazioni evanescenti, di spazi istantanei: dietro quelle folle rutilanti e megaschermi e mongolfiere, tralicci etc. non c'è nulla o quasi... c'è solo l'idea di una società spendacciona e gaudente cui l'architettura si adegua senza remore. E così, all'opposto ma analogamente anche quell'immagine di Quaroni è l'immagine di un'intera società, in cui l'architettura ha trovato un luogo, un territorio di riferimento fatto di ben altra materia -il Mezzogiorno degli anni '50- che permette all'architettura di avere una solare autenticità che raramente ritroveremo in altre occasioni negli stessi autori. Forse si tratta di due momenti in cui i progetti come le loro immagini si interrogavano, tra scienze sociali e visioni urbane, sul rapporto complesso tra spazio e relazioni e su questo nodo si costruivano, si comunicavano, si mettevano in atto. Non era propaganda, erano dei manifesti, utopie (?) territoriali che si dichiaravano candidamente, che si nutrivano dalle relazioni che l'architettura stabilisce con l'altro da sé, e dai relativi saperi: la sociologia, l'economia, i nascenti media, intrecciate nelle discussioni, negli studi e nelle immagini che precedevano il progetto. Gli omini dichiaravano e dichiarano dunque, preventivamente, le relazioni che l'architettura produrrà, più o meno chiaramente ed onestamente.

La storia che poi segue è invece, spesso, molto diversa da come era stata immaginata e propagandata. L'architettura si infila nel flusso del tempo su linee di cause ed effetti che si intrecciano imprevedibilmente, e quello che accade sembra sempre deviare dagli idilli progettuali a volte verso fallimenti, "inopinate catastrofi" che "non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti" (2) scenari in cui il signore con il bavero alzato di cui sopra non ha forse mai messo piede. E quelle catastrofi, ma anche alcuni successi, sono poi diventati di nuovo occasione di studio, per ritrovare come in uno gnommero gaddiano il capo e la coda -in altre parole le responsabilità, le cause- di una trasformazione territoriale. Prima e dopo il progetto si è prodotta una riflessione intorno all'architettura e alle relazioni, a volte dispersa tra saperi diversi, in cui rintracciare i pezzi di un puzzle che ci possano raccontare di questo rapporto tra spazio e relazioni e dell'utilità dell'architettura, è un'impresa da commissario Ingravallo, tutta fatta di indizi e di ghostly reminders, e che non possiamo singolarmente che farla in parte, e piuttosto disordinatamente. Per questo abbiamo preso tutte queste amene considerazioni scaturite da una lettura che metteva il dito nella piaga dell'architettura contemporanea -o in una delle tante piaghe- come pre-testo per rispondere all'invito di proporre una playlist, a seguire la recensione di Walkscapes. Ci siamo anche resi conto che in fondo quel testo, così come l'attività di Stalker e altri gruppi di intervento sul territorio, ci parla di relazioni che producono uno spazio, aprendo la questione di come gli spazi possano produrre relazioni. La distanza tra questi due approcci è a volte un mondo intero, così come lo è quella tra gli strumenti utilizzati, ma è su quel limite, in equilibrio tra l'uno e l'altro che vogliamo riflettere.

NOTE:

(1) Costruire la città dell'uomo riflessioni sull'esperienza di Adriano Olivetti (1930-1960): i dettagli -è un bell'intreccio- sul sito della Fondazione Olivetti.

(2) Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto di via Merulana, Garzanti 1987, p. 4.

(3) L'idea di questa playlist la prendiamo da una operazione analoga e ben più solida che è in fase di realizzazione, un archivio sulla comunità, promosso dall'Osservatorio Nomade per la mostra alla Fondazione Olivetti, vedi sopra.
I testi che seguono sono una raccolta parziale e casuale: per noi sono stati importanti per provare a capire qualcosa nelle questioni di cui sopra. La sua parzialità è il frutto non solo della nostra ignoranza, ma anche dalla molteplicità dei saperi diversi dall'architettura che dobbiamo andare a sondare. Per questo la playlist è aperta, una sorta di archivio pubblico, una condivisione dei saperi. Avevamo pensato di presentare con due righe ogni scelta, sarebbe interessante discuterne, ma ci siamo resi conto che ci stiamo mettendo già abbastanza a nudo con la sola lista, e poi che magari potevamo metterci anche un qualche nostro progetto o scritto che affrontasse la questione -peggio, squallidamente promozionale- ...vediamo che succede, piano piano. Al limite, vi proponiamo di leggere la sequenza come farebbe un dj, apprezzare le transizioni e gli accostamenti tra i dieci brani di questa playlist.

ma0
ma0@libero.it





 

PLAYLIST
    Francesco Careri
Walkscapes. El andar como practica estética.
Walking as an aesthetic practice.
Land&Scape Series
Gustavo Gili, Barcelona 2002
pp 205 €25,00 

"we need to go where distant futures
meet distant pasts"
leggi il commento di Alberto Iacovoni




Gregory Bateson
"Questo è un gioco. Perché non si può mai dire a qualcuno «Gioca!»"
Editore Cortina Raffaello
Collana 'Minima'
Torino 1996
pp 196, €10,69 

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  James G. Ballard
"Super-Cannes"
Editore Feltrinelli
Collana 'Universale economica'
Milano 2002
pp 373, €6,75 

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Piero Zanini
"Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali "
Editore Mondadori Bruno
Collana 'Testi e pretesti'
Milano 1997
pp 208, €10,92

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    Guy Debord
"La società dello spettacolo "
Editore Baldini e Castoldi
Collana 'I nani'
Roma 2002
pp 254, €7,14 

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Oscar Newman
"Defensible Space: Crime Prevention Through Urban Design"
MacMillan Publishing Company
1973
$13,50

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    Georges Perec
"Specie di spazi"
Bollati Boringhieri, 1982
pp 606, €16,53

"Relazioni tra le cose. SA-SE-SI-SO-SU"
leggi il commento di Gruppo Suburbia

 



       "Homeworld"
Other products by Sierra
Platform: Windows 95 / 98 / NT / 2000 / Me
$1,99

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       Pierre Lévy
"L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio"
Editore Feltrinelli, 1996
Collana 'Interzone'
pp 248,  €20,66

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       Marcel Proust
"Alla ricerca del tempo perduto"
Editore Newton & Compton - 2002
Collana 'Grandi tascabili economici. I mammut'
pp LXX-2534, €23,22

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       Oliver W. Sacks
"L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello"
Editore Adelphi, 2001
Collana 'Gli Adelphi'
pp 320, €7,60

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       Stalker
"Attraverso i territori attuali"
J M Place, 2000
pp 62, €7,60

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       Aby Warburg
"Il rituale del serpente. Una relazione di viaggio"
Editore Adelphi, 1998
Collana 'I peradam'
pp 112, €11,15

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la pagina books review
è curata da Matteo Agnoletto.
per proporre o recensire pubblicazioni
scrivete a agnoletto@architettura.it

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