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Coffee Break

IT REVOLUTION

Salti in nuovi mondi

Antonino Saggio


Michele Emmer
"Mathland. Dal mondo piatto alle ipersuperfici"
(La rivoluzione Informatica)
Italia, 2003
Testo&Immagine (Universale di Architettura, n. 143)
pp96, €12,39
prefazione di Antonino Saggio

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[in english]



> IT REVOLUTION BOOK SERIES

Michele Emmer affronta in questo volume alcuni argomenti assolutamente cruciali. Ricordiamoli in ordine:
a. lo spazio non esiste come dato oggettivo, ma semplicemente come forma mentale (e scientifica);
b. queste forme mentali e scientifiche di rappresentare lo spazio variano da epoca a epoca (per esempio, lo spazio piatto euclideo, lo spazio tridimensionale cartesiano, la geometria curvilinea di Gauss e quella a n dimensioni di Riemann);
c. queste forme mentali e scientifiche hanno una valenza utilitaristica. Le usiamo se funzionano, le accantoniamo se non funzionano. La geometria euclidea è più che accurata per operare una lottizzazione agricola, ma per misurare la curvatura dei raggi solari ne dobbiamo pensare un'altra (a volte, per la verità, i matematici prima inventano la teoria scientifica e dopo, a volte molto dopo, trovano i fenomeni fisici a cui essa può essere applicata utilmente);
d. queste forme mentali in ogni caso hanno, o possono avere, una loro intrinseca bellezza. Aspetto niente affatto trascurabile, questo della bellezza, perché altrimenti non si spiegherebbero né la totale immersione che il lavoro del matematico richiede né l'intima familiarità tra matematica e architettura: seppure da angoli diversi, sono entrambe discipline polisemiche, servono un fine pratico, ma non si esauriscono né si appiattiscono su questo.

Tali argomenti in Mathlandia sono illustrati, tralasciando l'eccezionale competenza dell'autore, con due doti rare. Innanzitutto, con una chiarezza esemplare e, in secondo luogo, attraverso una passione trattenuta e sotterranea che però si trasmette al lettore. Credo che molti, dopo la prima lettura, avranno voglia di tornare sulle pagine, di tracciare grafici e appunti, di cercare di leggere altro sulla stessa materia e dello stesso studioso. Sono anche convinto che, se questo volume capitasse tra le mani di un intelligente liceale o di uno studente d'architettura o d'ingegneria, sarebbe un bel viatico per comprendere il grande quadro entro cui inserire le necessarie fatiche che la matematica comporta. Ma naturalmente Mathlandia ha una rilevanza ancora più grande all'interno di questa collana per gli architetti e i ricercatori che pongono al centro del proprio lavoro il rapporto tra l'informatica, le nuove scoperte scientifiche e il problema centrale degli architetti: lo spazio. Scrive Emmer:

Vorrei raccontare solo una piccola parte della storia che ha portato a mutare profondamente l'idea che abbiamo dello spazio che ci circonda, facendo capire come in qualche senso siamo noi stessi a creare e inventare lo spazio, modificandolo con il mutare delle nostre idee sull'universo. O forse si potrebbe dire che è l'universo che si modifica seguendo i mutamenti delle nostre teorie. E proprio la parola "mutamento", la parola "trasformazione" sono la chiave per capire.



Lo spazio, quindi, come è dimostrato in questo libro, è strettamente dipendente dalle nostre concezioni scientifiche e "muta". Il concetto di mutazione di queste concezioni scientifiche è importante perché anche l'architettura muta nei tempi, nelle epoche e al variare degli strumenti che ne consentono la realizzazione. Ora, noi sosteniamo che gli strumenti fondamentali che danno forma all'architettura non siano solo i materiali, le tecniche costruttive, le funzioni, ma soprattutto le concezioni spaziali e scientifiche. Come se la conoscenza matematica, geometrica e scientifica dello spazio si trasformasse in costruzione fisica, in "cosa", attraverso l'architettura. Si guardi per esempio alla piramide egizia. Non è forse la piramide –è un tema che in questa collana ho già esemplificato– l'edificazione di alcune nozioni di geometria e di trigonometria? Anzi, senza quelle nozioni, senza quelle forme mentali, la piramide non sarebbe neppure concepibile. Non è il Pantheon il frutto di un calcolo geometrico sofisticatissimo, di un pensare allo spazio e al calcolo sotto forma di "geometria" che evidentemente avevano i romani (e che mai avrebbero potuto costruire quel tipo di edifici con i loro astrusi numeri)? E facciamo l'esempio degli esempi con l'affermazione, all'inizio del Quattrocento, della nuova architettura. L'invenzione della prospettiva non è forse alla base della trasformazione dell'architettura dell'umanesimo? La prospettiva viene "reificata". Anzi, è proprio la concezione scientifica che rende finalmente lo spazio percettivamente "misurabile", che spinge a pensare a un'architettura fatta a sua immagine e somiglianza: un'architettura modulare, proporzionata, composta da elementi ripetibili, insomma, fatta per essere "prospettivabile".



Di alcuni di questi rapporti tra concezione scientifica di spazio e architettura abbiamo certezza, quello tra la prospettiva, l'architettura dell'umanesimo e l'universo tolemaico, o quello dello spazio cartesiano, del sistema proiettivo mongiano e della progressiva nascita di un'architettura prima aprospettica e poi sempre più astratta e analitica. Ma oggi, che cosa succede? Dove stiamo andando? Perché se la concezione di spazio è mutata (e come se lo è!) e se l'informatica di questa mutazione è agente almeno a due o tre potenze diverse, allora siamo in un campo di ricerca tanto ricco quanto difficile.

Per capire alcuni di questi territori e di questi atteggiamenti vi è un concetto che attraversa il libro e che può essere utile richiamare. Si tratta dell'atto del salto. Emmer spiega come per capire uno spazio non si può esservi immersi, ma bisogna fare un salto fuori da esso. Ricordate? In un'altra circostanza avevamo parlato di pesci: essi conoscono solo il fluido che, come se fosse aria, li avvolge. Non sanno nulla di cosa in realtà siano il mare o un lago o un fiume, e ancora meno conoscono lo spazio in cui noi uomini viviamo. Solo un "salto" fuori da quella superficie acquatica può aprire la sensazione di uno spazio altro e allo stesso tempo rivelare la natura del proprio.

Ora, con questo libro, la ricerca verso nuovi spazi si arricchisce di un indispensabile contributo e cominciamo a capirne le leggi, ne intravediamo alcune possibilità. Innanzitutto, siamo in una concezione "topologica" di spazio (non ci interessa la costruzione di "assoluti" geometrici, ma di sistemi di famiglie, di relazioni possibili tra le forme) e stiamo lavorando anche per dare forma in architettura a spazi realmente percorribili a più dimensioni rispetto alle tre cartesiane, a dimensioni in cui la geometria spaziotemporale sia davvero altra da quella cui da Newton in poi siamo abituati. Come fare? Come immaginare questi spazi che sono "assolutamente" e altrettanto veri quanto quelli a cui siamo tradizionalmente abituati a pensare? Vedrete, leggendo questo libro, come porvi queste domande apparirà anche a voi naturale. Benvenuti a Mathlandia. Come delfini che prendono ossigeno per saltare fuori dal mare o come il Quadrato di Abbott improvvisamente catapultato in tre dimensioni, penserete anche voi:

"Un orrore indicibile s'impossessò di me. Dapprima l'oscurità; poi una visione annebbiata, stomachevole, che non era vedere; vedevo una Linea che non era una Linea; uno Spazio che non era uno Spazio; io ero io, e non ero io [...]. 'Questa è la follia o l'Inferno!'" Ma l'angoscia lascia presto spazio alla meraviglia: "Un nuovo mondo!"

Antonino Saggio

[20dec2003]

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