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Informazione materia prima dell'architettura

Antonino Saggio

 



Questo scritto prende origine da uno scambio epistolare e da una serie di conversazioni con Renato De Fusco a proposito della pubblicazione in Op. Cit. n. 112 del suo scritto "Internet non si addice all'architettura" e del mio "Nuove Soggettività". Il direttore di Op.Cit. in quello scritto -e in altri anche più estesi e articolati come nell'ultimo capitolo della sua Storia del design (Laterza 2002)- rigetta l'affermazione che l'informazione sia o possa essere considerata la materia prima di questa fase della ricerca architettonica, io invece sostengo questa affermazione. Prima di entrare nel merito del ragionamento, vi è un antefatto. La prima volta che De Fusco mi sollevò questa osservazione cercai dove avevo scritto la frase. Scorsi i miei scritti ma non trovai mai l'espressione "materia prima" anche se in diverse occasioni a partire dal "Manifesto per un'architettura dell'informazione" (Il Progetto, n. 6, 1/2000) o "L'Architettura Informa" (in La Carta di Zurigo, 2003) si costruiscono esattamente a partire da questa convinzione. Allargando la ricerca, trovai finalmente a pagina sette del libro di Gerhard Schmitt, Information Architecture (Testo&Immagine, Torino 1998) secondo volume della sezione che dirigo "La rivoluzione informatica", l'affermazione "l'informazione è materia prima dell'architettura". Il piccolo mistero è che questa frase, così centrale, così importante non appaia affatto nella versione inglese (che è quella originale) del testo di Schmitt.
Diverse possono essere le spiegazioni, la più probabile è che io stesso l'abbia aggiunta nelle bozze per rafforzare nella versione italiana il significato del titolo. Insomma: la paternità della frase è del libro Information Architecture di Schmitt ma chi vi scrive vi aderisce completamente. Le righe che seguono servono ad argomentare meglio il perché.



Prendete un foglio di carta bianca e una matita, anche appuntita. Appoggiata la matita sul foglio fino a lasciare un segno, il più piccolo possibile.
E domandatevi: quanto è grande? Non vi mancheranno le ipotesi per riuscire a misurarlo (lente d'ingrandimento, microscopio). L'unica cosa che ovviamente non direte è "non ha dimensioni, non è possibile misurarlo". Perché? Perché siete dentro il campo creato dalla domanda "misurare". Ora, però, per misurare ci dobbiamo basare su un assunto, su un postulato fondamentale. E cioè che il punto (diciamo quel punto) non ha dimensioni, o meglio come scrisse Euclide "non ha parti". Eccoci così immersi in una bella contraddizione. Per misurare quel punto sul foglio (che è certo misurabile!) dobbiamo basarci sul postulato della sua immisurabilità.

Per risolvere questa contraddizione dobbiamo procedere con una prima formulazione: [1] chiamo dato il minimo elemento di modifica di una situazione precedente (il foglio "era" bianco adesso ha un puntino). E subito dopo procedo con una seconda formulazione e cioè [2] I dati sono oggetti a molteplici convenzioni. Questo punto vuole dire che un dato, per avere un qualunque significato, deve essere associato a una ben definita convenzione. La base della convenzione non è necessariamente di ordine logico, ma anche semplicemente di ordine utilitaristico. Ecco perché dicendo che quel puntino "è una superficie" ne posso calcolare, se mi serve l'area, ma se il punto è assunto "senza parti" nasce il primo postulato di Euclide da cui discende una delle più potenti (e utili) costruzioni della umanità. Vi ricordate il secondo postulato "linea (curva) è la lunghezza senza larghezza." e il terzo ("estremi di un linea sono due punti"). Un'altra convenzione che posso applicare al punto è quella relativa al suo stato di quiete o moto (è il sistema che adotto per far comprendere vettorialmente la creazione del mondo tridimensionale nei calcolatori).

Ma rimaniamo attaccati al centro del problema. Applicare ad un dato una convenzione innesca la "formazione" di un mondo. Parola importante, formazione, che ci porta dritti dritti al centro del problema e alla terza formulazione.

[3] Informazione è l'applicazione di una convenzione ad un dato.

Vediamo se questa definizione funziona sia nel contesto comune che in quello elettronico. Informazione, nel significato comune, è un insieme di dati che ci arriva come un pacchetto sostanzialmente, oggettivamente, scisso dal giudizio critico. Direi che questa definizione funziona molto bene (credo anche meglio di altre) nel contesto tradizionale. Possiamo avvicinarsi allora al centro del problema che è la profonda differenza che esiste tra il mondo del foglio e della matita (chiamiamolo per chiarezza tradizionale) e quello elettronico dello schermo di un computer.

Riprendiamo il foglio e invece del punto tracciamo un piccolo ovale. E cambiamo la domanda. Non chiediamoci, come avevamo fatto prima, "Quanto è grande" ma, invece "Che cos'è?"

Ora per essere qualcosa, l'abbiamo appena detto nella nostra terza formulazione, dobbiamo applicare a quel dato una convenzione. Soltanto attraverso questo passaggio il dato diventa un sia pur minimo atomo informativo.

Ora quell'ovale, a seconda della convenzione che scegliamo di adottare, sarà: un insieme di puntini; la lettera o dell'alfabeto; il numero o; un ovale (matematicamente definito); la proiezione bidimensionale di un volume; una nota semi breve; uno sprite in un montaggio, o addirittura il simbolo di un'altra cosa. Tutto questo "dipende" dalla convenzione: la nostra definizione funziona egregiamente anche in questa seconda accezione.

Ed ora veniamo al passaggio fondamentale della differenza tra il mondo tradizionale e il mondo informatico.
Il passaggio fondamentale è che il mondo informatico è un mondo già formalizzato in partenza! In altre parole la domanda di prima "Che cosa è?" riferito al piccolo disegno dell'ovale non è concepibile perché in informatica "noi sappiamo già in partenza entro quale sistema convenzionale ci muoviamo".
Ed ecco dunque la quarta formulazione

[4] In informatica non esistono dati, ma sempre e solo informazioni.

Ci avviciniamo lentamente alle regioni della formulazione "Informazione materia prima dell'architettura", ma dobbiamo fare ancora qualche passo. Ed ecco la quinta formulazione, una cruciale tautologia.

[5] Se in informatica non esistono dati, ma solo informazioni, allora in informatica è tutto in formazione. Questa formulazione tocca il centro del problema e dà conto che l'informazione è veramente, "in formazione": in costante, dinamico, inesausto, muoversi e divenire! E dice anche che il territorio in cui questo avviene è proprio quello elettronico.
Quindi l'informazione è, per definizione, una massa fluida che deve prendere "ancora" forma.
Ed ecco che ci viene in soccorso lo Zingarelli: informare vuol dire "modellare secondo una forma" e le informazioni sono di questa modellazione "gli atti" (Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua Italiana, decima edizione, Zanichelli, Bologna 1970)

Ed ecco arrivare la formulazione [6]. Se in informatica è tutto in formazione, il prendere forma dell'informazione si definisce modellazione e si esplica nella creazione di modelli.

Il modello è allora la forma che assumono le informazioni, è la forma in cui vengono modellate le informazioni. Naturalmente in questa accezione il significato che si attribuisce al termine "modello" è quella scientifica "Schema teorico elaborato in varie scienze e discipline per rappresentare gli elementi fondamentali di uno o più fenomeni o enti". (Zingarelli, cit.). Per cui si parla di modello matematico, statistico, fisico, economico.

In informatica esistono molte famiglie di modelli e in diverse occasioni ne abbiamo trattato, ma la più semplice è quella rappresentata dal foglio elettronico che lega l'una all'altra le informazioni attraverso formule matematiche e che permette perciò il costante aggiornamento di tutti i valori al solo variare di una informazione. Questa invenzione ha comportato conseguenze in un campo vastissimo di attività: da quello finanziario a quello edilizio. Soprattutto ha rappresentato l'avvento di un modo generalizzato di pensare "What... If" ("Cosa" accade nel mio modello "Se" si varia il costo X o la quantità Z a tutte le parti che sono da essi dipendenti?). Da diverso tempo esistono modelli "spaziali e architettonici" che legano dinamicamente le informazioni geometriche, spaziali costruttive e anche prestazionali di un progetto per cui al variare di un dato è possibile verificare "a cascata" che cosa accade in tutte le informazioni interconnesse nel sistema progetto. (L'Auditorium Disney di Gehry - finalmente in completamento a Los Angeles - ha alle spalle esattamente questo tipo di modello).

In questo contesto un progetto tende a funzionare come un insieme di equazioni che rappresentano specifiche sotto aeree del progetto. Non si progettano forme definite, ma "famiglie di forme possibili" che possono variare entro alcuni parametri e alla geometria degli assoluti euclidei sostituiscono le famiglie topologiche. Il progettare e il pensare all'architettura si muove così all'interno della rete di queste informazioni fluttuanti e modellabili come fossero un sistema di equazioni interconnesse che si passano l'una con l'altra alcuni dati.

Ora compiamo l'ultimo salto. Cosa è al centro del processo formativo dell'architettura: lo sono i materiali, le funzioni, la costruttività oppure al centro è "il nostro modello mentale di spazio", la raffigurazione mentale (matematica, geometrica) dello spazio che nei vari momenti storici si sono succedute.

Io sono assolutamente convinto che al centro del processo formativo sia la costruzione mentale dello spazio, una costruzione "strettamente" connessa al nostro modo scientifico di pensare lo spazio. Si guardi la piramide egizia. Non è forse la piramide, la rappresentazione, la reificazione di alcune nozioni di geometria e di trigonometria? Anzi senza quelle nozioni, senza quelle forme mentali essa piramide non sarebbe assolutamente concepibile? Pensiamo al Pantheon, non è il Pantheon la reificazione di una capacità di raffigurazione geometrica sofisticatissima che avevano i romani? E l'invenzione della prospettiva non è forse alla base della trasformazione dell'architettura dell'Umanesimo? La necessità di trasformare completamente l'architettura al fine di farla prospettivabile e prospettivizzata?

Gli architetti di nuova generazione stanno lavorando per capire come i modelli dinamici, interconnessi, mutabili che rappresentano il cuore della rivoluzione informatica trasmigrino in un’architettura che ne sia la reificazione. Se questa ricerca costituisce l'orizzonte di una nuova fase dell’architettura, la sua materia prima, l'acqua che nutre la ricerca e che si muove in onde, gorghi, mulinelli, cascate, si chiama informazione. La materia prima di una nuova fase dell'architettura.

Antonino Saggio

[19mar2004]

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