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Questo scritto prende origine da uno scambio epistolare e da una serie
di conversazioni con Renato De Fusco a proposito della pubblicazione
in Op. Cit. n. 112 del suo scritto "Internet
non si addice all'architettura" e del mio "Nuove
Soggettività". Il direttore di Op.Cit. in quello scritto
-e in altri anche più estesi e articolati come nell'ultimo capitolo
della sua Storia del design (Laterza 2002)- rigetta l'affermazione
che l'informazione sia o possa essere considerata la materia prima
di questa fase della ricerca architettonica, io invece sostengo questa
affermazione. Prima di entrare nel merito del ragionamento, vi è un
antefatto. La prima volta che De Fusco mi sollevò questa osservazione
cercai dove avevo scritto la frase. Scorsi i miei scritti ma non trovai
mai l'espressione "materia prima" anche se in diverse occasioni a
partire dal "Manifesto per un'architettura dell'informazione" (Il
Progetto, n. 6, 1/2000) o "L'Architettura Informa" (in La Carta
di Zurigo, 2003) si costruiscono esattamente a partire da questa
convinzione. Allargando la ricerca, trovai finalmente a pagina sette
del libro di Gerhard Schmitt, Information Architecture (Testo&Immagine,
Torino 1998) secondo volume della sezione che dirigo "La rivoluzione
informatica", l'affermazione "l'informazione è materia prima dell'architettura".
Il piccolo mistero è che questa frase, così centrale, così importante
non appaia affatto nella versione inglese (che è quella originale)
del testo di Schmitt.
Diverse possono essere le spiegazioni, la più probabile è che io stesso
l'abbia aggiunta nelle bozze per rafforzare nella versione italiana
il significato del titolo. Insomma: la paternità della frase è del
libro Information Architecture di Schmitt ma chi vi scrive
vi aderisce completamente. Le righe che seguono servono ad argomentare
meglio il perché.
Prendete un foglio di carta bianca e una matita, anche appuntita.
Appoggiata la matita sul foglio fino a lasciare un segno, il più
piccolo possibile.
E domandatevi: quanto è grande? Non vi mancheranno le ipotesi
per riuscire a misurarlo (lente d'ingrandimento, microscopio). L'unica
cosa che ovviamente non direte è "non ha dimensioni, non
è possibile misurarlo". Perché? Perché siete
dentro il campo creato dalla domanda "misurare". Ora, però,
per misurare ci dobbiamo basare su un assunto, su un postulato fondamentale.
E cioè che il punto (diciamo quel punto) non ha dimensioni,
o meglio come scrisse Euclide "non ha parti". Eccoci così
immersi in una bella contraddizione. Per misurare quel punto sul foglio
(che è certo misurabile!) dobbiamo basarci sul postulato della
sua immisurabilità.
Per risolvere questa contraddizione dobbiamo procedere con una prima
formulazione: [1] chiamo dato il minimo elemento di modifica di una
situazione precedente (il foglio "era" bianco adesso ha
un puntino). E subito dopo procedo con una seconda formulazione e
cioè [2] I dati sono oggetti a molteplici convenzioni. Questo
punto vuole dire che un dato, per avere un qualunque significato,
deve essere associato a una ben definita convenzione. La base della
convenzione non è necessariamente di ordine logico, ma anche
semplicemente di ordine utilitaristico. Ecco perché dicendo
che quel puntino "è una superficie" ne posso calcolare,
se mi serve l'area, ma se il punto è assunto "senza parti"
nasce il primo postulato di Euclide da cui discende una delle più
potenti (e utili) costruzioni della umanità. Vi ricordate il
secondo postulato "linea (curva) è la lunghezza senza
larghezza." e il terzo ("estremi di un linea sono due punti").
Un'altra convenzione che posso applicare al punto è quella
relativa al suo stato di quiete o moto (è il sistema che adotto
per far comprendere vettorialmente la creazione del mondo tridimensionale
nei calcolatori).
Ma rimaniamo attaccati al centro del problema. Applicare ad un dato
una convenzione innesca la "formazione" di un mondo. Parola
importante, formazione, che ci porta dritti dritti al centro del problema
e alla terza formulazione.
[3] Informazione è l'applicazione di una convenzione ad un
dato.
Vediamo se questa definizione funziona sia nel contesto comune che
in quello elettronico. Informazione, nel significato comune, è
un insieme di dati che ci arriva come un pacchetto sostanzialmente,
oggettivamente, scisso dal giudizio critico. Direi che questa definizione
funziona molto bene (credo anche meglio di altre) nel contesto tradizionale.
Possiamo avvicinarsi allora al centro del problema che è la
profonda differenza che esiste tra il mondo del foglio e della matita
(chiamiamolo per chiarezza tradizionale) e quello elettronico dello
schermo di un computer.
Riprendiamo il foglio e invece del punto tracciamo un piccolo ovale.
E cambiamo la domanda. Non chiediamoci, come avevamo fatto prima,
"Quanto è grande" ma, invece "Che cos'è?"
Ora per essere qualcosa, l'abbiamo appena detto nella nostra terza
formulazione, dobbiamo applicare a quel dato una convenzione. Soltanto
attraverso questo passaggio il dato diventa un sia pur minimo atomo
informativo.
Ora quell'ovale, a seconda della convenzione che scegliamo di adottare,
sarà: un insieme di puntini; la lettera o dell'alfabeto; il
numero o; un ovale (matematicamente definito); la proiezione bidimensionale
di un volume; una nota semi breve; uno sprite in un montaggio,
o addirittura il simbolo di un'altra cosa. Tutto questo "dipende"
dalla convenzione: la nostra definizione funziona egregiamente anche
in questa seconda accezione.
Ed ora veniamo al passaggio fondamentale della differenza tra il mondo
tradizionale e il mondo informatico.
Il passaggio fondamentale è che il mondo informatico è
un mondo già formalizzato in partenza! In altre parole la domanda
di prima "Che cosa è?" riferito al piccolo disegno
dell'ovale non è concepibile perché in informatica "noi
sappiamo già in partenza entro quale sistema convenzionale
ci muoviamo".
Ed ecco dunque la quarta formulazione
[4] In informatica non esistono dati, ma sempre e solo informazioni.
Ci avviciniamo lentamente alle regioni della formulazione "Informazione
materia prima dell'architettura", ma dobbiamo fare ancora qualche
passo. Ed ecco la quinta formulazione, una cruciale tautologia.
[5] Se in informatica non esistono dati, ma solo informazioni, allora
in informatica è tutto in formazione. Questa formulazione tocca
il centro del problema e dà conto che l'informazione è
veramente, "in formazione": in costante, dinamico, inesausto,
muoversi e divenire! E dice anche che il territorio in cui questo
avviene è proprio quello elettronico.
Quindi l'informazione è, per definizione, una massa fluida
che deve prendere "ancora" forma.
Ed ecco che ci viene in soccorso lo Zingarelli: informare vuol dire
"modellare secondo una forma" e le informazioni sono di
questa modellazione "gli atti" (Nicola Zingarelli, Vocabolario
della lingua Italiana, decima edizione, Zanichelli, Bologna 1970)
Ed ecco arrivare la formulazione [6]. Se in informatica è tutto
in formazione, il prendere forma dell'informazione si definisce modellazione
e si esplica nella creazione di modelli.
Il modello è allora la forma che assumono le informazioni,
è la forma in cui vengono modellate le informazioni. Naturalmente
in questa accezione il significato che si attribuisce al termine "modello"
è quella scientifica "Schema teorico elaborato in varie
scienze e discipline per rappresentare gli elementi fondamentali di
uno o più fenomeni o enti". (Zingarelli, cit.). Per cui
si parla di modello matematico, statistico, fisico, economico.
In informatica esistono molte famiglie di modelli e in diverse occasioni
ne abbiamo trattato, ma la più semplice è quella rappresentata
dal foglio elettronico che lega l'una all'altra le informazioni attraverso
formule matematiche e che permette perciò il costante aggiornamento
di tutti i valori al solo variare di una informazione. Questa invenzione
ha comportato conseguenze in un campo vastissimo di attività:
da quello finanziario a quello edilizio. Soprattutto ha rappresentato
l'avvento di un modo generalizzato di pensare "What... If"
("Cosa" accade nel mio modello "Se" si varia il
costo X o la quantità Z a tutte le parti che sono da essi dipendenti?).
Da diverso tempo esistono modelli "spaziali e architettonici"
che legano dinamicamente le informazioni geometriche, spaziali costruttive
e anche prestazionali di un progetto per cui al variare di un dato
è possibile verificare "a cascata" che cosa accade
in tutte le informazioni interconnesse nel sistema progetto. (L'Auditorium
Disney di Gehry - finalmente in completamento a Los Angeles - ha alle
spalle esattamente questo tipo di modello).
In questo contesto un progetto tende a funzionare come un insieme
di equazioni che rappresentano specifiche sotto aeree del progetto.
Non si progettano forme definite, ma "famiglie di forme possibili"
che possono variare entro alcuni parametri e alla geometria degli
assoluti euclidei sostituiscono le famiglie topologiche. Il progettare
e il pensare all'architettura si muove così all'interno della
rete di queste informazioni fluttuanti e modellabili come fossero
un sistema di equazioni interconnesse che si passano l'una con l'altra
alcuni dati.
Ora compiamo l'ultimo salto. Cosa è al centro del processo
formativo dell'architettura: lo sono i materiali, le funzioni, la
costruttività oppure al centro è "il nostro modello
mentale di spazio", la raffigurazione mentale (matematica, geometrica)
dello spazio che nei vari momenti storici si sono succedute.
Io sono assolutamente convinto che al centro del processo formativo
sia la costruzione mentale dello spazio, una costruzione "strettamente"
connessa al nostro modo scientifico di pensare lo spazio. Si guardi
la piramide egizia. Non è forse la piramide, la rappresentazione,
la reificazione di alcune nozioni di geometria e di trigonometria?
Anzi senza quelle nozioni, senza quelle forme mentali essa piramide
non sarebbe assolutamente concepibile? Pensiamo al Pantheon, non è
il Pantheon la reificazione di una capacità di raffigurazione
geometrica sofisticatissima che avevano i romani? E l'invenzione della
prospettiva non è forse alla base della trasformazione dell'architettura
dell'Umanesimo? La necessità di trasformare completamente l'architettura
al fine di farla prospettivabile e prospettivizzata?
Gli architetti di nuova generazione stanno lavorando per capire come
i modelli dinamici, interconnessi, mutabili che rappresentano il cuore
della rivoluzione informatica trasmigrino in unarchitettura
che ne sia la reificazione. Se questa ricerca costituisce l'orizzonte
di una nuova fase dellarchitettura, la sua materia prima, l'acqua
che nutre la ricerca e che si muove in onde, gorghi, mulinelli, cascate,
si chiama informazione. La materia prima di una nuova fase dell'architettura.
Antonino Saggio
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[19mar2004] |