home > coffee break > le idee

Coffee Break

Nuova soggettività.
L'architettura tra comunicazione e informazione


Antonino Saggio
 
[in english]
[im deutsch]
 

In questo scritto intendiamo porci una domanda: "Quali sono gli auspicabili sviluppi dell'architettura nei prossimi anni?".
La domanda fa scivolare via come se fosse un fatto trascurabile, quello che è invece fondamentale. Parliamo di Architettura digitale o di Computer e architettura solo come strumenti per arrivare ad una nuova fase di tutta l'architettura. La formula "La Rivoluzione Informatica" (che è anche il nome di una collana di volumi di cui chi scrive porta la responsabilità) pone l'accento sulla accelerazione che stiamo vivendo in questi anni.


Oosterhuis.nl, padiglione Noord-Holland per l'Esposizione Floriade 2002.

Si tratta di una rivoluzione nella creazione di ogni bene del mondo contemporaneo di cui sono chiare le ricadute economiche e sociali e che è ormai matura per essere oggetto di riflessione per tutti gli architetti.
Naturalmente, per iniziare a rispondere alla domanda sugli auspicabili sviluppi dobbiamo fare un passo indietro e prendere un poco di ossigeno. La rincorsa che propongo ha solo due tappe. L'una è il 1997, l'altra il 1926.



LA RISCOPERTA DELLA NARRAZIONE. Nel 1926 si inaugura la nuova sede del Bauhaus. A Dessau tutti i ponti con l'edilizia del passato vengono drasticamente eliminati. In particolare il nuovo edificio cancella ogni idea di tipologia edilizia, di continuità strutturale, di morfologia urbana, di cornice prospettica, di stile storico e infine di cattedrale, intesa come carica simbolica e comunicativa attribuita all'architettura. Un'eliminazione dolorosa, se si pensa che l'immagine di una cattedrale realizzata da Feininger era presente nel primo programma della scuola redatto dal neo direttore nel 1919. Walter Gropius vi sosteneva tra l'altro che "la nuova attività edilizia del futuro... si innalzerà verso il cielo come un simbolo cristallino di una nuova fede che sta sorgendo."


Lyonel Feininger, Cattedrale,
intestazione dei programmi del
Bauhaus, aprile 1919.

Ora, dal punto di vista che stiamo sviluppando, è proprio la scomparsa della cattedrale l'aspetto decisivo. L'architettura del Movimento Moderno poteva comunicare solo tautologicamente la sua stessa funzione. La forma finale era determinata da segni astratti senza significato (i pilotis, il piano bidimensionale, l'asola di vetro), che erano assemblati, come pezzi di un meccano, sulla base di pure regole sintattiche. Chiamato dalla storiografia postmoderna di "inibizione" verso la forma, questo modo di procedere aveva ragioni molto profonde perché simboleggiava il modo in cui le macchine erano concepite, progettate e costruite.

Ma quando i parametri di oggettivazione delle funzioni, di standardizzazione delle componenti, di tipizzazione delle soluzioni, di serializzazione dei processi insieme all'intero sistema di produzione industriale sono entrati in crisi, (e come si sa la crisi è stata deflagrante per parte degli anni Settanta e Ottanta del Novecento), è rientrato quanto prima era stato escluso. E cioè il momento narrativo, simbolico e comunicativo dell'architettura.

L'inizio di questo processo di re-immissione del significato e del simbolo all'interno di un linguaggio di derivazione modernista ha avuto un'anticipazione nel 1956 con il progetto di Jørn Utzon per la Sidney Opera House, ma il processo ha preso piena rilevanza solo molto più di recente. Nel 1997, in particolare, è diventato per la prima volta evidente a tutti che l'architettura aveva riacquistato in pieno il suo valore di comunicazione pubblica (se vogliamo usare il dispregiativo: di comunicazione pubblicitaria). Usiamo come cartina al tornasole, e per mille ragioni, il Museo Guggenheim di Bilbao (ma potremmo fare un discorso simile anche per il Museo della Scienza di Amsterdam o per la nuova ala del Museo Ebraico di Berlino). Oggi tutto il mondo va a Bilbao come se dovesse compiere un pellegrinaggio attratto da quella cattedrale laica della cultura realizzata con un linguaggio contemporaneo. Ma cosa c'entra questo con l'architettura digitale, con l'architettura dell'informazione, e soprattutto con il futuro e i suoi auspicabili sviluppi?



COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE. Questo rientro in grande stile della comunicazione quale centro propulsore di una nuova fase dell'architettura è un dato strutturalmente legato alla rivoluzione informatica. Un fatto spesso posto in secondo piano e non compreso.


Fredy Massad, Negozio a New York,
1996.

La patata che compriamo al supermercato è al 90% informazioni (ricerca, commercializzazione, distribuzione), lo stesso e anche di più lo sono gli elettrodomestici o le automobili e sempre più persone producono beni che sono "pura" informazione. L'informazione è il vero valore aggiunto di qualunque merce. È ciò che la rende competitiva. E informazione vuole dire anche narrazione, immagine, design. Si pensi ad un orologio, ad un'auto o anche ormai ad un'architettura. Si compra prima la narrazione, l'utopia di vita, poi la forma e si dà assolutamente per scontato che il prodotto funzioni. Il contenitore stravince sul contenuto.



NUOVE SOSTANZE. Ma, come è ovvio, questo primo livello narrativo e metaforico è solo l'inizio ed è, se si vuole, un rapporto molto superficiale tra Architettura e Rivoluzione Informatica che non incide nelle vere sostanze in gioco in questo momento. Per fare un parallelo esemplificativo del punto in cui noi siamo oggi bisogna pensare al Glashaus di Bruno Taut alla mostra del Werkbund del 1914.


Bruno Taut, Glashaus, Esposizione del Werkbund, 1914.

In quel caso l'uso del vetro e della trasparenza fu un inno romantico, un afflato espressivo e poetico che non incideva affatto nelle vere sostanze in gioco. Per capire come il vetro e la trasparenza potessero essere l'elemento catalizzatore di una nuova visione dell'architettura abbiamo dovuto aspettare di vedere il Bauhaus realizzato.


Walter Gropius, Bauhaus, 1926 Dessau.

A Dessau la trasparenza diventa la sostanza stessa del messaggio di Gropius. Sostanza estetica, formativa, pratica, funzionale e filosofica. Perché la trasparenza è per Gropius l'oggettivizzazione stessa della funzione, la capacità dell'architettura di annullare "ogni aspetto comunicativo" per, appunto, presentare solo se stessa. La Neue Sachlichkeit non avrebbe un'estetica, ma solo un'etica, se non ci fosse la trasparenza.



I NUOVI "COME". È necessario ancora un ulteriore paragone con il Bauhaus perché l'architettura che dobbiamo costruire nei prossimi anni non potrà che essere prepotentemente, drammaticamente diversa da quella del Movimento Moderno. Gropius sconfisse il suo drago a cinque teste dell'architettura passatista adottando 1. corpi liberi aderenti a ciascuna funzione invece che gli schemi a priori della tipologia; 2. un sistema centripeto di conquista dello spazio anziché blocchi chiusi sulla strada, 3. una costruzione per scheletri strutturali piuttosto che per mura continue, 4. un linguaggio dinamico piuttosto che uno figurativo ancorato alla storia e alla prospettiva rinascimentale e 5. l'eliminazione di ogni simbolismo.


Greg Lynn FORM & Fabian Marcaccio, The Predator. Realizzato per la mostra Suite Fantastique, The Wexner Center for the Arts, Columbus, 2001.

Oggi stiamo lavorando per cercare di capire come gli stessi elementi scoperti da Gropius e con declinazioni diverse da Mies o da Mendelsohn e da altri cambieranno radicalmente ancora una volta. E non potranno che cambiare visto che l'innovazione tecnologica, come dicevamo, è prorompente e non può non avere ricadute nel nostro campo.
Mies Van Der Rohe, chiudendo il congresso del Werkbund a Vienna nel 1930, disse: "Il tempo nuovo è una realtà; esiste indipendentemente dal fatto che noi lo accettiamo o lo rifiutiamo. Non è né migliore né peggiore di qualsiasi altro tempo, è semplicemente un dato di fatto ed è in sé indifferente ai valori. Quel che importa non è il 'che cosa' ma unicamente e solo 'il come'".
Ora su questo "come" che riguarda il Nuovo Tempo dell'Informazione la mia generazione di architetti e di critici comincia ad avere formulato parecchie idee. Alcune già abbastanza chiare.


Pongratz+Perbellini Architetti, Piazza cittadella, Verona.

Al libero dispiegarsi delle funzioni che nell'ottica industriale rappresentava l'idea stessa di una macchina in espansione si tende sempre più a sostituire una logica dell'interstizio. Si tende a lavorare "tra le cose", "in between", anche perché a questo ci spinge la condizione esistente del già costruito. All'idea di strutture costruttive efficienti e a gabbia si sostituisce la formula "l'ingegneria è l'arte del possibile". Si costruisce di tutto e in tutti i modi, basti di nuovo guardare a Bilbao (anche perché in molte opere il costo delle costruzioni è oggi percentualmente più basso rispetto al passato), al movimento centripeto di Gropius nello spazio se ne sostituiscono molti altri basate sulle figure del palinsesto, della spirale, degli affioramenti che danno corpo ad un'idea di spazio come sistema di forze interagenti tra interno ed esterno.


Frank O. Gehry and Associates.
Experience Music Project in costruzione,
Seattle, 2000 (foto B. Lindsey).


Frank O. Gehry and Associates.
Disegno CATIA. Weatherhead School
of Management, Case Western
Reserve University, Cleveland, 2002.

Non vi è più una macchina che si espande liberamente nel circostante ma un insieme di interrelazioni tra le cose. Al limite non vi sono più elementi primari (atomi, funzioni o piani bidimensionali), ma solo "connessioni". Infine ad una città concepita essa stessa come se fosse una catena di montaggio (qui si abita, qui si lavora, qui ci si riposa, qui ci si ricrea) ne stiamo sostituendo una sempre più mista, ibrida, plurifunzionale aperta 24 ore su 24 e soprattutto "anti-zoning".



DELL'INTERATTIVITÀ. Stiamo lavorando a sostituire completamente le scoperte di Gropius, non perché non ci piacciano (anzi, le continuiamo ad amare come amiamo Piero, Michelangelo o Caravaggio) ma perché il mondo di oggi è completamente cambiato.
Noi ci stiamo domandando non come fare un'architettura che usi superficialmente l'informazione come comunicazione o narrazione -come abbiamo visto si è già fatto nel corso degli anni Novanta- ma al contrario come fare in modo che l'informazione diventi l'essenza stessa dell'architettura.
Ora, se il propellente del cambiamento è l'informazione (la sua catalogazione, diffusione, trasmissione e soprattutto formalizzazione) e se è vero che il motore che ha consentito il nuovo sviluppo è costituito dalla digitalizzazione elettronica dei dati (in tutti i campi e in tutti i settori) è anche vero che questi due livelli pur di così enorme impatto non sarebbero nulla senza un'anima pensante, che è la vera sostanza della rivoluzione dell'informazione. Questa anima è, come è noto, costituita dall'interconnessione dinamica dei dati. Noi oggi abbiamo la capacità di creare modelli estremamente mobili governati da una o più funzioni e che al variare del singolo input informativo generano modelli diversi. Siamo immersi in una nuvola di informazioni continuamente cangianti.


Frank O. Gehry and Associates.
CAD-Software in via di sviluppo
per facilitare il disegno degli involucri
esterni.

Ora la strada per tradurre questo in architettura, cioè in quanto di più apparentemente statico esista, l'abbiamo già da qualche anno indicata e lo stesso hanno fatto un piccolo gruppo di architetti pionieri. Si chiama Interattività e sarà quello che è stata la trasparenza nella nuova oggettività di Gropius.



TRE CAMPI DI LAVORO. Interattività in architettura vuole dire almeno tre cose diverse e di livello di complessità crescente, in cui la più complessa, che è l'Interattività fisica, contiene le due precedenti. Ma andiamo con ordine. Interattività fisica vuole dire che l'architettura stessa muta. Sappiamo che esistono già case intelligenti in cui l'ambiente cambia a seconda della situazione. Vi è lo scenario ospiti in cui automaticamente si attenuano alcune luci, si aprono alcune porte, si muovono alcune pareti scorrevoli o controsoffitti, si crea una temperatura e un flusso di aria. Magari, e ci si sta arrivando con delle microfibre nei rivestimenti, nel vetro, addirittura nei nuovi marmi, anche le caratteristiche fisiche delle pareti possono interattivamente cambiare nella grana, nella porosità, nella capacità di assorbimento del suono o del colore. E accanto allo scenario ospiti se ne possono avere mille altri. Cominciare ad applicare queste idee in una prassi più allargata, adoperarla non solo come è oggi nelle case dei ricchissimi ma anche e sempre di più negli edifici pubblici, nei musei, in alcune parti di città è appunto uno degli esiti auspicabili dell'architettura. E sono quasi certo che nel 2006 vedremo qualcosa di maturo anche come coscienza "estetica" su questo terreno.


NOX (Lars Spuybroek con Pitupong Choawakul, Norbert Palz, Wolfgang Novak e Joan Almekinders) con l'artista Q.S. Serafijn, Interactive tower per la città di Doetinchem, 1998.

Ma oltre alla mutazione effettiva dell'architettura, Interattività ha appunto altri due livelli più bassi e più semplici da praticare. L'uno consiste nel fatto che oggi si possono combinare in maniera una volta impensata il reale e il virtuale. Si tratta dell'avanzamento di sistemi di proiezione quasi dentro la stessa pelle dell'edificio che consentono anche di intervenire con una sorta di nuovo illusionismo mediatico che può permettere di dare vitalità a situazioni degradate o in cui è impossibile intervenire. Nei siti archeologici o nelle periferie degradate o in alcune parti dei centri antichi si possono prevedere alcuni interventi di questo tipo. Si tratta di compiere un passo decisivo per la presenza dell'informatica nella scena e nella scenografia della città. Auspichiamo "un barocco informatico": delle nuove Piazze Navone, delle nuove Fontane di Trevi e delle nuove Trinità dei Monti del 2006. Ci stiamo lavorando.


Gianni Ranaulo, Media building Pirelli - Milanocentrale Spa, 1999.


IaN+ (C. Baglivo, L. Galofaro, S. Manna), Museo Sotterraneo, Villa Medici, Roma.

Infine vi è il terzo livello che è quello che potrà essere ancora più diffuso. Si tratta dell'interattività dentro il processo stesso della progettazione architettonica. Oggi, anche se pochi ne fanno effettivamente uso, ci si può muovere con velocità e facilità dentro la nuvola di dati interconnessi che abbiamo descritto, per decidere, di volta in volta, la forma che a quella nuvola vogliamo dare. Il processo stesso del concepire prima, costruire poi, e gestire infine l'architettura consente un flusso di interattività enorme.


Wombat (K. Jormakka, J. Gargus,
F. Jamil, M. Ramirez). Il trailer può
assumere tre posizioni abitabili.
Posizione deleuziana.


Ci stiamo avvicinando al vecchio sogno di Chuck Eastman e di altri scienziati del Caad negli anni Settanta. Avere un unico database di informazioni tridimensionali su un edificio, organizzato gerarchicamente (quindi dinamicamente, come se rappresentasse un'equazione matematica), legato ai cataloghi esterni, ai prezziari, ai modelli tridimensionali delle componenti e connesso a sistemi esperti per le verifiche specialistiche. E non si tratta solo di efficienza. Interattività nel processo progettuale vuole dire anche avere una maniera sempre più fluida per cercare di fare ogni volta la migliore architettura possibile. E certo per il 2006 auspichiamo una migliore architettura "tout-court", senza aggettivi, di cui questo livello di interattività nel processo ideativo potrà essere certo il detonatore.



NUOVA SOGGETTIVITÀ. Si capirà ora perché abbiamo usato nel titolo il termine "Nuova Soggettività" che di tutti gli auspicabili esiti è quello più decisivo. Se del Movimento Moderno la formula era, giustamente, Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività) la formula di oggi non può che essere, appunto, Nuova Soggettività. Non più Existenzminimum ma un'esistenza che si espande e che si arricchisce per rendere gli individui sempre più persone vive e libere e non più numeri di un annuario statistico.


Peter Anders. Cybrid Space in uno studio di
architettura. Clienti, consultenti e architetti sono
rappresentatti da avatar e stanno esaminando un
modello. Sia il modello sia lo spazio architettonico
sono cybrids, in parte reali in parte cyberspazi.


Se la trasparenza era l'estetica e l'etica, la ragione e la tecnica, di un mondo che razionalmente voleva affrontare per le grandi masse di lavoratori dell'industria un avanzamento di civiltà degli standard di vita (e vi è riuscito!), auspico che l'interattività costituisca un punto di coagulo dei pensieri di oggi per una architettura che, superata l'oggettività dei bisogni, possa affrontare la soggettività dei desideri.

Antonino Saggio

[18jul2004]

coffee break | forum | scrivi all'autore
saggio home |
ringraziamenti | prima pubblicazione | link

Per qualsiasi comunicazione
vi invitiamo a contattare
la redazione di ARCH'IT


laboratorio
informa
scaffale
servizi
in rete


archit.gif (990 byte)

iscriviti gratuitamente al bollettino ARCH'IT news







© Copyright DADA architetti associati
Contents provided by iMage