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In questo
scritto intendiamo porci una domanda: "Quali sono gli auspicabili
sviluppi dell'architettura nei prossimi anni?".
La domanda fa scivolare via come se fosse un fatto trascurabile, quello
che è invece fondamentale. Parliamo di Architettura digitale
o di Computer e architettura solo come strumenti per arrivare
ad una nuova fase di tutta l'architettura. La formula "La Rivoluzione
Informatica" (che è anche il nome di una collana di volumi
di cui chi scrive porta la responsabilità) pone l'accento sulla
accelerazione che stiamo vivendo in questi anni.
Oosterhuis.nl, padiglione Noord-Holland per l'Esposizione
Floriade 2002.
Si tratta di una rivoluzione nella creazione di ogni bene del mondo
contemporaneo di cui sono chiare le ricadute economiche e sociali
e che è ormai matura per essere oggetto di riflessione per
tutti gli architetti.
Naturalmente, per iniziare a rispondere alla domanda sugli auspicabili
sviluppi dobbiamo fare un passo indietro e prendere un poco di ossigeno.
La rincorsa che propongo ha solo due tappe. L'una è il 1997,
l'altra il 1926.
LA RISCOPERTA DELLA NARRAZIONE. Nel 1926 si inaugura la nuova sede
del Bauhaus. A Dessau tutti i ponti con l'edilizia del passato vengono
drasticamente eliminati. In particolare il nuovo edificio cancella
ogni idea di tipologia edilizia, di continuità strutturale,
di morfologia urbana, di cornice prospettica, di stile storico e infine
di cattedrale, intesa come carica simbolica e comunicativa attribuita
all'architettura. Un'eliminazione dolorosa, se si pensa che l'immagine
di una cattedrale realizzata da Feininger era presente nel primo programma
della scuola redatto dal neo direttore nel 1919. Walter Gropius vi
sosteneva tra l'altro che "la nuova attività edilizia
del futuro... si innalzerà verso il cielo come un simbolo cristallino
di una nuova fede che sta sorgendo."
Lyonel Feininger, Cattedrale,
intestazione dei programmi del
Bauhaus, aprile 1919.
Ora, dal punto di vista che stiamo sviluppando, è proprio la
scomparsa della cattedrale l'aspetto decisivo. L'architettura del
Movimento Moderno poteva comunicare solo tautologicamente la sua stessa
funzione. La forma finale era determinata da segni astratti senza
significato (i pilotis, il piano bidimensionale, l'asola di vetro),
che erano assemblati, come pezzi di un meccano, sulla base di pure
regole sintattiche. Chiamato dalla storiografia postmoderna di "inibizione"
verso la forma, questo modo di procedere aveva ragioni molto profonde
perché simboleggiava il modo in cui le macchine erano concepite,
progettate e costruite.
Ma quando i parametri di oggettivazione delle funzioni, di standardizzazione
delle componenti, di tipizzazione delle soluzioni, di serializzazione
dei processi insieme all'intero sistema di produzione industriale
sono entrati in crisi, (e come si sa la crisi è stata deflagrante
per parte degli anni Settanta e Ottanta del Novecento), è rientrato
quanto prima era stato escluso. E cioè il momento narrativo,
simbolico e comunicativo dell'architettura.
L'inizio di questo processo di re-immissione del significato e del
simbolo all'interno di un linguaggio di derivazione modernista ha
avuto un'anticipazione nel 1956 con il progetto di Jørn Utzon
per la Sidney Opera House, ma il processo ha preso piena rilevanza
solo molto più di recente. Nel 1997, in particolare, è
diventato per la prima volta evidente a tutti che l'architettura aveva
riacquistato in pieno il suo valore di comunicazione pubblica (se
vogliamo usare il dispregiativo: di comunicazione pubblicitaria).
Usiamo come cartina al tornasole, e per mille ragioni, il Museo Guggenheim
di Bilbao (ma potremmo fare un discorso simile anche per il Museo
della Scienza di Amsterdam o per la nuova ala del Museo Ebraico di
Berlino). Oggi tutto il mondo va a Bilbao come se dovesse compiere
un pellegrinaggio attratto da quella cattedrale laica della cultura
realizzata con un linguaggio contemporaneo. Ma cosa c'entra questo
con l'architettura digitale, con l'architettura dell'informazione,
e soprattutto con il futuro e i suoi auspicabili sviluppi?
COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE. Questo rientro in grande stile della
comunicazione quale centro propulsore di una nuova fase dell'architettura
è un dato strutturalmente legato alla rivoluzione informatica.
Un fatto spesso posto in secondo piano e non compreso.
Fredy Massad, Negozio a New York,
1996.
La patata che compriamo al supermercato è al 90% informazioni
(ricerca, commercializzazione, distribuzione), lo stesso e anche di
più lo sono gli elettrodomestici o le automobili e sempre più
persone producono beni che sono "pura" informazione. L'informazione
è il vero valore aggiunto di qualunque merce. È ciò
che la rende competitiva. E informazione vuole dire anche narrazione,
immagine, design. Si pensi ad un orologio, ad un'auto o anche ormai
ad un'architettura. Si compra prima la narrazione, l'utopia di vita,
poi la forma e si dà assolutamente per scontato che il prodotto
funzioni. Il contenitore stravince sul contenuto.
NUOVE SOSTANZE. Ma, come è ovvio, questo primo livello narrativo
e metaforico è solo l'inizio ed è, se si vuole, un rapporto
molto superficiale tra Architettura e Rivoluzione Informatica che
non incide nelle vere sostanze in gioco in questo momento. Per fare
un parallelo esemplificativo del punto in cui noi siamo oggi bisogna
pensare al Glashaus di Bruno Taut alla mostra del Werkbund del 1914.
Bruno Taut, Glashaus, Esposizione del Werkbund, 1914.
In quel caso l'uso del vetro e della trasparenza fu un inno romantico,
un afflato espressivo e poetico che non incideva affatto nelle vere
sostanze in gioco. Per capire come il vetro e la trasparenza potessero
essere l'elemento catalizzatore di una nuova visione dell'architettura
abbiamo dovuto aspettare di vedere il Bauhaus realizzato.
Walter Gropius, Bauhaus, 1926 Dessau.
A Dessau la trasparenza diventa la sostanza stessa del messaggio di
Gropius. Sostanza estetica, formativa, pratica, funzionale e filosofica.
Perché la trasparenza è per Gropius l'oggettivizzazione
stessa della funzione, la capacità dell'architettura di annullare
"ogni aspetto comunicativo" per, appunto, presentare solo
se stessa. La Neue Sachlichkeit non avrebbe un'estetica, ma solo un'etica,
se non ci fosse la trasparenza.
I NUOVI "COME". È necessario ancora un ulteriore
paragone con il Bauhaus perché l'architettura che dobbiamo
costruire nei prossimi anni non potrà che essere prepotentemente,
drammaticamente diversa da quella del Movimento Moderno. Gropius sconfisse
il suo drago a cinque teste dell'architettura passatista adottando
1. corpi liberi aderenti a ciascuna funzione invece che gli schemi
a priori della tipologia; 2. un sistema centripeto di conquista dello
spazio anziché blocchi chiusi sulla strada, 3. una costruzione
per scheletri strutturali piuttosto che per mura continue, 4. un linguaggio
dinamico piuttosto che uno figurativo ancorato alla storia e alla
prospettiva rinascimentale e 5. l'eliminazione di ogni simbolismo.
Greg Lynn FORM & Fabian Marcaccio, The Predator.
Realizzato per la mostra Suite Fantastique, The Wexner Center
for the Arts, Columbus, 2001.
Oggi stiamo lavorando per cercare di capire come gli stessi elementi
scoperti da Gropius e con declinazioni diverse da Mies o da Mendelsohn
e da altri cambieranno radicalmente ancora una volta. E non potranno
che cambiare visto che l'innovazione tecnologica, come dicevamo, è
prorompente e non può non avere ricadute nel nostro campo.
Mies Van Der Rohe, chiudendo il congresso del Werkbund a Vienna nel
1930, disse: "Il tempo nuovo è una realtà; esiste
indipendentemente dal fatto che noi lo accettiamo o lo rifiutiamo.
Non è né migliore né peggiore di qualsiasi altro
tempo, è semplicemente un dato di fatto ed è in sé
indifferente ai valori. Quel che importa non è il 'che cosa'
ma unicamente e solo 'il come'".
Ora su questo "come" che riguarda il Nuovo Tempo dell'Informazione
la mia generazione di architetti e di critici comincia ad avere formulato
parecchie idee. Alcune già abbastanza chiare.
Pongratz+Perbellini Architetti, Piazza cittadella,
Verona.
Al libero dispiegarsi delle funzioni che nell'ottica industriale rappresentava
l'idea stessa di una macchina in espansione si tende sempre più
a sostituire una logica dell'interstizio. Si tende a lavorare "tra
le cose", "in between", anche perché a questo
ci spinge la condizione esistente del già costruito. All'idea
di strutture costruttive efficienti e a gabbia si sostituisce la formula
"l'ingegneria è l'arte del possibile". Si costruisce
di tutto e in tutti i modi, basti di nuovo guardare a Bilbao (anche
perché in molte opere il costo delle costruzioni è oggi
percentualmente più basso rispetto al passato), al movimento
centripeto di Gropius nello spazio se ne sostituiscono molti altri
basate sulle figure del palinsesto, della spirale, degli affioramenti
che danno corpo ad un'idea di spazio come sistema di forze interagenti
tra interno ed esterno.
Frank O. Gehry and Associates.
Experience Music Project in costruzione,
Seattle, 2000 (foto B. Lindsey).
Frank O. Gehry and Associates.
Disegno CATIA. Weatherhead School
of Management, Case Western
Reserve University, Cleveland, 2002.
Non vi è più una macchina che si espande liberamente
nel circostante ma un insieme di interrelazioni tra le cose. Al limite
non vi sono più elementi primari (atomi, funzioni o piani bidimensionali),
ma solo "connessioni". Infine ad una città concepita
essa stessa come se fosse una catena di montaggio (qui si abita, qui
si lavora, qui ci si riposa, qui ci si ricrea) ne stiamo sostituendo
una sempre più mista, ibrida, plurifunzionale aperta 24 ore
su 24 e soprattutto "anti-zoning".
DELL'INTERATTIVITÀ. Stiamo lavorando a sostituire completamente
le scoperte di Gropius, non perché non ci piacciano (anzi,
le continuiamo ad amare come amiamo Piero, Michelangelo o Caravaggio)
ma perché il mondo di oggi è completamente cambiato.
Noi ci stiamo domandando non come fare un'architettura che usi superficialmente
l'informazione come comunicazione o narrazione -come abbiamo visto
si è già fatto nel corso degli anni Novanta- ma al contrario
come fare in modo che l'informazione diventi l'essenza stessa dell'architettura.
Ora, se il propellente del cambiamento è l'informazione (la
sua catalogazione, diffusione, trasmissione e soprattutto formalizzazione)
e se è vero che il motore che ha consentito il nuovo sviluppo
è costituito dalla digitalizzazione elettronica dei dati (in
tutti i campi e in tutti i settori) è anche vero che questi
due livelli pur di così enorme impatto non sarebbero nulla
senza un'anima pensante, che è la vera sostanza della rivoluzione
dell'informazione. Questa anima è, come è noto, costituita
dall'interconnessione dinamica dei dati. Noi oggi abbiamo la capacità
di creare modelli estremamente mobili governati da una o più
funzioni e che al variare del singolo input informativo generano modelli
diversi. Siamo immersi in una nuvola di informazioni continuamente
cangianti.
Frank O. Gehry and Associates.
CAD-Software in via di sviluppo
per facilitare il disegno degli involucri
esterni.
Ora la strada per tradurre questo in architettura, cioè in quanto
di più apparentemente statico esista, l'abbiamo già da qualche anno
indicata e lo stesso hanno fatto un piccolo gruppo di architetti pionieri.
Si chiama Interattività e sarà quello che è stata la trasparenza nella
nuova oggettività di Gropius.
TRE CAMPI DI LAVORO. Interattività in architettura vuole dire
almeno tre cose diverse e di livello di complessità crescente,
in cui la più complessa, che è l'Interattività
fisica, contiene le due precedenti. Ma andiamo con ordine. Interattività
fisica vuole dire che l'architettura stessa muta. Sappiamo che esistono
già case intelligenti in cui l'ambiente cambia a seconda della
situazione. Vi è lo scenario ospiti in cui automaticamente
si attenuano alcune luci, si aprono alcune porte, si muovono alcune
pareti scorrevoli o controsoffitti, si crea una temperatura e un flusso
di aria. Magari, e ci si sta arrivando con delle microfibre nei rivestimenti,
nel vetro, addirittura nei nuovi marmi, anche le caratteristiche fisiche
delle pareti possono interattivamente cambiare nella grana, nella
porosità, nella capacità di assorbimento del suono o
del colore. E accanto allo scenario ospiti se ne possono avere mille
altri. Cominciare ad applicare queste idee in una prassi più
allargata, adoperarla non solo come è oggi nelle case dei ricchissimi
ma anche e sempre di più negli edifici pubblici, nei musei,
in alcune parti di città è appunto uno degli esiti auspicabili
dell'architettura. E sono quasi certo che nel 2006 vedremo qualcosa
di maturo anche come coscienza "estetica" su questo terreno.
NOX (Lars Spuybroek con Pitupong Choawakul, Norbert
Palz, Wolfgang Novak e Joan Almekinders) con l'artista Q.S. Serafijn,
Interactive tower per la città di Doetinchem, 1998.
Ma oltre alla mutazione effettiva dell'architettura, Interattività
ha appunto altri due livelli più bassi e più semplici da praticare.
L'uno consiste nel fatto che oggi si possono combinare in maniera
una volta impensata il reale e il virtuale. Si tratta dell'avanzamento
di sistemi di proiezione quasi dentro la stessa pelle dell'edificio
che consentono anche di intervenire con una sorta di nuovo illusionismo
mediatico che può permettere di dare vitalità a situazioni degradate
o in cui è impossibile intervenire. Nei siti archeologici o nelle
periferie degradate o in alcune parti dei centri antichi si possono
prevedere alcuni interventi di questo tipo. Si tratta di compiere
un passo decisivo per la presenza dell'informatica nella scena e nella
scenografia della città. Auspichiamo "un barocco informatico": delle
nuove Piazze Navone, delle nuove Fontane di Trevi e delle nuove Trinità
dei Monti del 2006. Ci stiamo lavorando.
Gianni Ranaulo, Media building Pirelli - Milanocentrale
Spa, 1999.
IaN+ (C. Baglivo, L. Galofaro, S. Manna), Museo Sotterraneo,
Villa Medici, Roma.
Infine vi è il terzo livello che è quello che potrà
essere ancora più diffuso. Si tratta dell'interattività
dentro il processo stesso della progettazione architettonica. Oggi,
anche se pochi ne fanno effettivamente uso, ci si può muovere
con velocità e facilità dentro la nuvola di dati interconnessi
che abbiamo descritto, per decidere, di volta in volta, la forma che
a quella nuvola vogliamo dare. Il processo stesso del concepire prima,
costruire poi, e gestire infine l'architettura consente un flusso
di interattività enorme.
Wombat (K. Jormakka, J. Gargus,
F. Jamil, M. Ramirez). Il trailer può
assumere tre posizioni abitabili.
Posizione deleuziana.
Ci stiamo avvicinando al vecchio sogno di Chuck Eastman e di altri
scienziati del Caad negli anni Settanta. Avere un unico database di
informazioni tridimensionali su un edificio, organizzato gerarchicamente
(quindi dinamicamente, come se rappresentasse un'equazione matematica),
legato ai cataloghi esterni, ai prezziari, ai modelli tridimensionali
delle componenti e connesso a sistemi esperti per le verifiche specialistiche.
E non si tratta solo di efficienza. Interattività nel processo
progettuale vuole dire anche avere una maniera sempre più fluida
per cercare di fare ogni volta la migliore architettura possibile.
E certo per il 2006 auspichiamo una migliore architettura "tout-court",
senza aggettivi, di cui questo livello di interattività nel
processo ideativo potrà essere certo il detonatore.
NUOVA SOGGETTIVITÀ. Si capirà ora perché abbiamo
usato nel titolo il termine "Nuova Soggettività"
che di tutti gli auspicabili esiti è quello più decisivo.
Se del Movimento Moderno la formula era, giustamente, Neue Sachlichkeit
(Nuova Oggettività) la formula di oggi non può che essere,
appunto, Nuova Soggettività. Non più Existenzminimum
ma un'esistenza che si espande e che si arricchisce per rendere gli
individui sempre più persone vive e libere e non più
numeri di un annuario statistico.
Peter Anders. Cybrid Space in uno studio di
architettura. Clienti, consultenti e architetti sono
rappresentatti da avatar e stanno esaminando un
modello.
Sia il modello sia lo spazio architettonico
sono cybrids, in parte reali in parte cyberspazi.
Se la trasparenza era l'estetica e l'etica, la ragione e la tecnica,
di un mondo che razionalmente voleva affrontare per le grandi masse
di lavoratori dell'industria un avanzamento di civiltà degli
standard di vita (e vi è riuscito!), auspico che l'interattività
costituisca un punto di coagulo dei pensieri di oggi per una architettura
che, superata l'oggettività dei bisogni, possa affrontare la
soggettività dei desideri.
Antonino Saggio
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[18jul2004] |