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approfondire
Ci sono delle prove certe dell'uso dello specchio in Caravaggio. Nell'inventario
degli oggetti abbandonati nel suo studio romano, oltre all'apparentemente
inspiegabile danno di sfondare il tetto, tra le poche cose lasciate vi è "un
specchio grande (...) e un scudo a specchio" (il documento originale è citato
da Sandro Corradini, Caravaggio. Materiali per un processo, Alma, Roma
1993 ed è riportato in Robb 2001 p. 288) Lo specchio curvo è dipinto
dal Caravaggio nel quadro Santa Marta converte Maddalena (1597, Detroit
Institute of Arts).
L'attentissimo Peter Robb scrive diverse pagine (Robb 2001, pp. 287-298)
in cui giustamente ipotizza che quegli specchi trovati nello studio fossero
usati professionalmente. Robb lascia intuire un rapporto fondamentale
con questo strumento, ma come esattamente non dice e glissa quasi completamente
sulla camera oscura. Longhi nel 1952 aveva, come abbiamo detto, già elaborato
molto sull'uso dello specchio e aveva fatto appunto un'ipotesi veloce
sulla conoscenza anche della camera oscura.
Torniamo ad un fatto certo e cioè che Caravaggio, fermato in una
notte dalla polizia viene trovato nei pressi di Piazza Navona con due
compassi, probabilmente grandi visto che destarono l'allarme delle guardie. "Portava
la spada senza licentia, et un paro de compassi" (documento in Fiora
Bellini, Tre documenti per Michelangelo da Caravaggio, "Prospettiva",
n. 65, 1992, citato in Robb 2001, p. 779). È questo che state
leggendo il primo testo (a quanto mi risulta) che associ i compassi all'uso
dello specchio in pittura e che propone un'ipotesi sul perché dell'uso
di "due" compassi.
Un'altra cosa certa è che il protettore di Caravaggio, il cardinale
Francesco Maria Borbone Del Monte, si occupava di proiezioni e lenti
e specchi. Conosceva Galileo e aveva tutti i dettagli sulle lenti e uno
dei pochi cannocchiali realizzati. Un'altra cosa certa è che Caravaggio "non
disegnava", ma incideva sulla tela delle forti linee di bordo, dei
marker o linee di controllo, e poi procedeva rapidamente con una specie
di pre-pittura fatta con biacca sullo sfondo scuro (è una tecnica
ben nota in cui molti studiosi si sono soffermati; con particolare continuità Mina
Gregori, Michelangelo Merisi da Caravaggio, catalogo della mostra, a
Roma Palazzo Ruspoli, Electa, Milano 1991. Un utile compendio dei diversi
aspetti tecnici è in Debora Bincoletto, "La tecnica di esecuzione
di Caravaggio nel periodo romano") Lo si capisce dalle radiografie,
ma alcuni di questi marcatori sono visibili a anche occhio nudo. Aumentiamo
ora gli indizi. Il pre-scienziato Giacomo della Porta aveva scritto un
trattato in cui spiegava i concetti della Camera oscura ed è pressoché certo
che l'erudito Del Monte ne fosse a conoscenza e ne avesse parlato al
suo pittore.
A questo punto, ma siamo nel 2001, entra in scena un altro pittore che
scrive un libro fantastico e meraviglioso. Si chiama David Hockney e
il libro si intitola The secret knowledge. Cosa scrive e illustra Hockney?.
Una cosa semplicissima in realtà, ma che equivale a dire "il
Re è Nudo". Hockney scandalizzando generazioni di storici
dell'arte che rarissimamente si occupano di strumenti (ma non Longhi!)
dice, in estrema sintesi, quanto segue: che a partire all'incirca dal
1425 alcuni artisti hanno capito come utilizzare sistemi proiettivi per
dipingere. Il concetto è semplice. E basta provare come ho descritto
rapidamente anche nel testo. Prendete uno specchio curvo (indi che ha
una focale che fa convergere i raggi invece di mandarli paralleli), io
ho preso quello che Caterina usa per truccarsi e che ingrandisce. Vedrete
che se questo specchio rifrange un'immagine molto illuminata, potete
proiettare l'immagine su un muro. Sarà di certo sfocata ma, l'immagine è effettivamente
proiettata! A questo punto, spiega Hockney, se si sviluppa bene la tecnica
(grande luminosità fuori e soltanto un forellino in una stanza
buia e poi anche l'uso di una lente per la messa a fuoco e di uno specchio
a 45 gradi per il ribaltamento) si ha la camera oscura. Indi, sostiene
Hockney vi è tutto uno sviluppo di dipinti che in qualche modo
(ma lui è dettagliatissimo) usano questa capacità ottica
per creare dei disegni e dei quadri. All'ovvia domanda "ma come
mai questa tecnica è tenuta cosi segreta?". Risponde, come
accennavo nel testo, con il pericolo gravissimo di persecuzioni e con
il fatto che in seguito, allentate le morse dell'inquisizione, si vedono
effettivamente raffigurate negli autoritratti degli artisti le camere
oscure tra i loro strumenti.
Tornando al Caravaggio, gli stessi contemporanei, praticamente descrivono
la sua camera oscura. Ecco cosa scriveva Giacomo Mancini a pochi anni
dalla morte del pittore.
"Proprio di questa schola è di lumeggiar con lume unito che
vengo d'alto senza riflessi, come sarebbe in una stanza da una finestra
con la pariete colorite di negro, che così, avendo i chiari e
le ombre molto chiare e molto oscure, vengono a dar rilievo alla pittura,
ma però con modo non naturale, né fatto, né pensato
da altro secolo o pittori più antichi, come Raffello, Titano,
Correggio et altri. Questa schola in questo modo d'operare è molto
osservante del vero, che sempre lo tien davanti mentre ch'opera..."
Giulio Mancini, 1617-1621 ca. (in molte fonti tra l'altro in Robb 2001)
A queste osservazioni vorrei aggiungere alcuni altri elementi che credo
nuovi e che mi sembra, rimanessero al lettore dei dubbi, supportano ancora
di più la convinzione dell'uso dello specchio e della camera oscura
in Caravaggio.
A. Non si conoscono dipinti di Caravaggio prima dell'età di circa
23 anni. Un'età già avanzata per un pittore, in particolare
per quel tempo. Uno dei primo noti "Ragazzo che sbuccia un frutto" del
1592 per alcuni versi sembra proprio come riflesso in un vetro come è quasi
certamente quello subito dopo, il famoso "Bacchino ammalato" ormai
unanimemente considerato un autoritratto e per forza di cose specchiato.
Per non parlare del ritratto di Mario come "Bacco" che tiene
il calice con la sinistra. Perché non si conoscono quadri di Caravaggio
prima di questa data? Una possibile risposta è che forse la sua
tecnica fosse così mutata dall'introduzione nel suo lavoro dell'uso
dello specchio da rendere praticamente irriconoscibili i dipinti precedenti.
B. Come mai Caravaggio non dipinge con la tecnica della a-fresco, cosa
invece comunissima a quasi tutti i pittori del tempo? La risposta a questo
ordine di ragionamento è ovvia. L'unico quadro che si trova su
una volta è in realtà un olio ed è realizzato per
il Casino dell'Aurora a Roma, nel gabinetto alchemico del Cardinale Del
Monte. L'ardimentoso scorcio di Giove Nettuno e Plutone, sembrano essere
tre autoritratti a figura intera realizzati con uno specchio posto sul
pavimento.
C. Alcuni dei pochissimi ritratti certi del Caravaggio (per esempio quello
del monsignor Maffeo Barberini) appaiono nel viso molto poco caravaggeschi.
L'ipotesi è che Caravaggio quando doveva ritrarre un personaggio
importante non potesse rivelare tutto lo spettro della sue tecniche.
D. All'opposto, il fatto di ricorrere spessissimo ad un gruppo ristretto
di amici come modelli (e a volte dello stesso modello per più personaggi
nello stesso dipinto) è spiegabile anche per la presenza della
camera oscura. L'ovvia ragione è quella di non diffondere oltre
lo strettamente necessario una tecnica sotto molti punti di vista pericolosa.
E. Nella fase tarda della sua pittura, quando spesso dipingeva nascosto
e protetto in conventi e monasteri, lo stile cambia e si scioglie sia
per ragioni espressive sia forse per la mancanza della camera.
F. Infine, come detto, il fatto che a Caravaggio di notte, nei pressi
di Piazza Navona fossero stati trovati dei compassi è secondo
noi da legare alle sue tecniche pittoriche. Abbiamo ipotizzato anche
nel testo che Caravaggio usasse i compassi per prendere le distanze tra
l'immagine riflessa nello specchio e la raffigurazione pittorica, forse
aiutato da un'assistente (che ne teneva uno misurando l'immagine sullo
specchio e dava al pittore la distanza che il pittore tarava sul proprio
compasso e poi riportava sulla tela).
Voglio concludere queste note bibliografiche citando integralmente il
passo del 1952 di Longhi che fa venire i brividi per la forza della intuizione.
"Cosi egli venne a scoprire -e fu quasi scoperta scientifica, fu
in ogni caso un'esperienza- la sua personale, empirica camera ottica,
cio che meno sorprende ai tempi di Del Porta e, ormai, di Galileo. La
sua ostinata deferenza al vero poté confermarlo nell'ingenua credenza
che fosse l'occhio della camera a guardar lui e a suggerirgli tutto.
Molte volte dovette incantarsi di fronte a quella magia naturale, e ciò che
più lo sorprese fu di accorgersi che allo specchio non è punto
necessaria la figura umana, se uscita questa dal suo campo, essa seguita
a specchiare il pavimento inclinato, l'ombra sul muro, il nastro caduto
a terra. Che potesse conseguire a questa risoluzione di procedere per
specchiatura diretta della realtà, non è difficile intendere.
Ne conseguiva la tabula rasa del costume pittorico del tempo che, preparandosi
gli argomenti in carta e matita e per via di erudizione storico-mitologica
e di astrazione stilizzante, aveva elaborato una partizione in classi
del rappresentabile, che, trasposta socialmente, non poteva idoleggiarne
che i gradini più alti. Ma il Caravaggio si rivolgeva alla vitra
interna e senza classi, ai sentimenti semplici e persino all'aspetto
feriale degli oggetti, delle cose che valgono, nello specchio, al pari
degli uomini, delle figure."
La chiave potentissima della frase di Longhi è l'idea che lo specchio
continui a riflettere anche senza di noi! Il telaio senza l'occhio umano
non vede: traguarda e incornicia, ma non crea immagine, lo specchio si!,
Lo specchio specchia comunque. Allo specchio "non è punto
necessaria la figura umana, se uscita questa dal suo campo, essa seguita
a specchiare il pavimento inclinato, l'ombra sul muro, il nastro caduto
a terra...". Questa scissione, questo portare al centro l'autonomia
dell'oggetto e della visione, questa nascita oggettiva, analitica, riflessiva
della visione come altro da sé e altro dall'uomo stesso, è uno
degli aspetti di quella che poi si chiamerà modernità e
si afferma in tutta la sua forza molti secoli dopo. Noi, oggi, siamo
ancora e di molto oltre. Il nostro specchio è ritornato ad essere
soggettivo, ipersoggettivo e non meccanicamente oggettivo, il nostro
tempo è doppio e triplo e non strappato per un attimo di flash
al buio dell'universo, i nostri fotogrammi non sono nitidi ma continuamente
mobili e intimamente sfocati e vibrati. Ma l'immensità del Caravaggio
supera e annulla le differenze e si lancia ben oltre tutte queste contingenze
perché è nell'immortalità stessa del pensiero umano.
abbreviazioni
Longhi 1952 – Roberto Longhi, Caravaggio, Editori Riuniti, Roma 1952.
Robb 2001 - Peter Robb, M L'enigma Caravaggio, Oscar Mondadori, Milano 2001 (prima
edizione 1998).
Marini 2004 - Maurizio Marini, Caravaggio. Pictor praestantissimus, Newton Compton,
Roma 2004.
Hockney 2006 – David Hockney, Secret Knowledge Rediscovering the lost
techniques of the Old Masters, Thames&Hudson, London 2006 (prima edizione 2001).
legenda dipinti citati in dettaglio
Caravaggio, Ragazzo che sbuccia un merangolo (1592-1594),
75,5x64,4. Galleria privata, Roma.
Caravaggio, Bacchino ammalato (1592-1593), 67x53. Galleria
Borghese Roma.
Caravaggio, Bacco (1593), 85x95x53 Galleria degli Uffizi
Firenze.
Caravaggio, Santa Marta converte Maddalena (1597), 100x134,5
Detroit Institute of Arts (qui dettaglio dello specchio e intero).
Caravaggio, Maddalena (1593-1594), 122,5x98,5, Galleria Doria
Pamphily, Roma.
Caravaggio, Giove, Nettuno e Plutone (1597), 316x152, Casino
dell'Aurora a Villa del Monte (oggi in villa Boncompagni Ludovisi) Roma.
Caravaggio, Ritratto di Monsignor Maffeo Barberini (1598-1599),
124x90, Collezione privata Firenze.
Caravaggio, San Giovanni disteso (1610), 106x179,5, Collezione
privata, Monaco di Baviera (qui intero).
Caravaggio, Resurrezione di Lazzaro (1608-1609), 380x275,
Messina museo regionale (qui intero) |
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