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ARCHITETTURA E POSTMODERNITÀ
a cura di Patrizia Mello

[ABSTRACTS]

PATRIZIA MELLO
Architettura merce sacra. Tra progetto, azione e vissuto

[19feb2001]
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Oggi, accanto a manifestazioni costruite che pongono nuovi automatismi al campo delle idee, al campo architettonico (dalle spietate logiche di uso e consumo dell'immagine architettonica -shopping center shopping travel shopping video- alla formulazione elettronica delle diverse forme di architettura -il Guggenheim è tra gli esempi più eclatanti-, manifestazioni che spianano l'avanzare di una città "generica" fatta soprattutto di vuoti e di "vuoti a perdere", ossia quello che Rem Koolhaas definisce "junkspace"/"spazio spazzatura", possiamo ancora scoprire idee tecnologicamente "primitive", figurativamente sorprendenti per chiunque abbia la fortuna di misurarne l'ampiezza o di sperimentarne il grado di emotività e di rapida presa domestica; queste aprono ancora nuovi campi d'azione all'architettura. Come le prime sottoscrivono pensieri -città accumulo di città perifrasi abitative- ma ne descrivono in fondo ancora una mitica spazialità, una "sadomatica" rigorosità, una emblematica dimensione dentro cui abitare.

Ed è così che all'interno di una situazione apparentemente satura di segni può maturare la capacità di sistemi nuovamente organizzati per discutere di materia, di materiali umani, di pensiero codificato dal tempo. 

Come ha recentemente osservato Jean Baudrillard, "c'è un futuro per l'architettura per la semplice ragione che non abbiamo ancora inventato l'edificio, l'oggetto architettonico che porrà fine a tutti gli altri, che porrà fine allo spazio stesso, né la città che porrà fine a tutte le città, né il pensiero che porrà fine a tutti i pensieri. È il nostro sogno fondamentale. Ma finché non si è realizzato c'è ancora speranza".

Nel frattempo, ciò che occorre è mantenere aperta la costante della modernità, di un pensiero in grado di filtrare il presente fino a ribadirne ossessioni o perverse saturazioni (post-post-post). Come osserva Jean Nouvel, essere moderni non significa essere seguaci di Le Corbusier ma avere una sensibilità a tutti i fenomeni di emergenza. "La modernità è qualcosa di vivo, mobile in evoluzione".

In questo senso ogni periodo storico avrà le forme costruite maggiormente rispondenti ad esso dentro un dialogo lungo e articolato, fatto di scambi di idee, di idee che tessono materia pura, di materia inerte che rovescia pensiero puro, ecc.
Patrizia Mello

Nata a Lecce (1963), si è laureata in architettura a Firenze, dove vive e svolge attività di ricerca. Da diversi anni si occupa di teoria del progetto di architettura e di disegno industriale. Su tali argomenti ha tenuto diversi seminari per il corso di Strumenti e Tecniche della Comunicazione Visiva del prof. Egidio Mucci e per la cattedra di Storia dell'Architettura Contemporanea del prof. Gianni Pettena; ha inoltre organizzato convegni e incontri di studio. È dottore di ricerca in Tecnologia dell'architettura. Durante il dottorato si è occupata di problematiche inerenti la progettazione degli ospedali e più in generale il rapporto uomo-spazio-patologia. Attualmente insegna Teorie e tecniche della progettazione architettonica per la cattedra di progettazione del prof. Gian Luigi Maffei. È autrice di numerosi saggi e articoli per riviste di architettura, design, filosofia, arte, letteratura. Tra le sue più recenti pubblicazioni: Philippe Starck. Progetti in movimento, Firenze, 1997; Spazi della patologia Patologia degli spazi, Milano, 1999; L'ospedale ridefinito. Soluzioni e ipotesi a confronto, Firenze, 2000. In uscita: Lo spazio come incidente di percorso. Annotazioni sul divenire metropolitano, Torino, 2001.
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