Eventi

Comune di Firenze, Assessorato alla Cultura

ARCHITETTURA E POSTMODERNITÀ
a cura di Patrizia Mello

organizzazione: Gruppo Quinto Alto
in collaborazione con: Laboratorio nuova buonarroti

17-18 marzo 2001
Sala dei Consoli
Palagio di Parte Guelfa
via di Capaccio 3
Firenze

Ingresso libero

Informazioni:
Patrizia Mello
tel/fax: 055 44 4815 
patrizia.mello@navita.it
[19feb2001]
PRESENTAZIONE
Architettura e postmodernità. 17-18 marzo 2001

> PROGRAMMA
Il titolo di questo convegno è certamente una piccola provocazione… ho usato il termine postmodernità dato che esso da tempo si è prestato ad essere terreno fertile per tutta una serie di problematiche emerse in vari campi disciplinari, in particolare a partire da quella che Lyotard chiamò "la fine dei Grandi Racconti".

Progressivamente, di tale fine si è alimentato il concetto di postmodernità, fino al proliferare di atteggiamenti di volta in volta indirizzati alla valorizzazione del frammento, della circostanzialità di contenuti, della allocazione fortuita, attraversando momenti di forte espressività materica ma anche di totale cancellazione dei contenuti a favore del pastiche, dell'elasticità gratuita, della forzatura grammaticale.

Di questo termine si è dunque abusato oltre misura. Ma poiché in campo costruito è stato come una specie di bomba al neutrone, ho voluto comunque conservarne in occasione di questo incontro l'iniziale carica emotiva, per poi incontrarne l'inconsistenza ad un'analisi proteiforme di fatti, di eventi, cuciti attorno al concetto di postmodernità ma che in realtà farebbero parte di un magnifico piano crudele di "scambiabilità" dei contenuti, mercificazione dei pensieri e, naturalmente, nel nostro caso, dell'architettura che di tanto in tanto si presta ad essere anche usata, vissuta, ridicolizzata, osannata o magari demolita! 

Nel 1972 verrà demolito il complesso residenziale Pruitt-Igoe a Sant-Louis, progettato da Minoru Yamasaki nel 1952-'55 e improntato ai criteri di housing, zoning, tipologie di blocchi, ecc., tipici dell'urbanistica razionalistica: simbolicamente ciò avrebbe dovuto significare la fine del moderno in architettura, ossia la fine di un piano di sviluppo unitario della città, basato sull'uniformità e razionalità di ciascuna parte componente, dagli edifici agli oggetti d'uso quotidiano.

In realtà un efficace piano di demolizione va ben oltre l'abbattimento di un edificio; esso fa parte della intima necessità che avremmo di mettere sempre in discussione ciò che riceviamo dal passato. Se così non fosse infatti rischieremmo di chiuderci in una sorta di acriticità, di asservimento storico. Allora il termine "postmodernità" ci serve più che altro a riscattare il nostro pedissequo asservimento alla storia. Oggi, del resto, il postmoderno sarebbe già agonizzante se ad esso volessimo pensare ancora come ad un coagulo di proliferazioni linguistiche, di atteggiamenti, di precipitazioni dell'essere, poiché molte di tali precipitazioni sono già passate alla storia, stanno via via rientrando in essa e finiranno col diventare citazione storica, dunque atteggiamento concluso. Anche la più informe delle manifestazioni presenti finirà prima o poi per assumere una veste storica. Mentre è improbabile che la volontà formativa delle cose tenga testa alla storia presente, ossia alla connessione simultanea di fatti, eventi e personaggi…

Il Moderno in architettura aveva posto la questione di una forma costruita consequenziale alla funzione di riferimento ("la forma segue la funzione" ironicamente trasformata da Peter Blake in "la forma segue il fiasco"…) e di un controllo unitario della forma urbana. Ma è proprio il concetto di "forma" che risulta non gestibile nel tempo in rapporto alla sua "esposizione" iniziale perché presupporrebbe la messa in opera di un piano esaustivo di elementi, di possibilità, di margini di sopravvivenza, margini di intesa e di intensità tra le parti, assolutamente utopistico. La forma, infatti, non può essere intesa come assunzione netta di alcune sembianze, poiché -si sa- non appena quelle si manifestano il loro destino è comunque di essere "gettate", di essere modificate dal contesto ambientale, culturale e sociale nel quale andranno a manifestarsi.

Così è stato per l'ipotesi forma-funzione della città, città-giardino, centro-città, ecc. Basterà considerare la realtà del centro storico e le continue pressioni e modifiche a cui le forme del passato sono sottoposte, se non altro dal punto di vista degli scenari possibili: il cambiamento di scenario è forse uno dei punti di forza oggi del centro storico sulla base di molti e più s-fondi accattivanti: preservazione, commercializzazione, pedonalizzazione, museificazione… Così come è stato per edifici nati con una certa intenzione e immaginazione nella mente del progettista e poi articolati in modo del tutto non programmato e inaspettato.

In un recente saggio dal titolo "Verità o radicalità in architettura", Jean Baudrillard nota come il Centre Pompidou, ideato per rispondere a sollecitazioni positive come la cultura e la comunicazione, abbia finito per soccombere alla realtà, all'iperrealtà, dell'oggetto stesso. L'uso da parte della massa ha finito per contraddire tutti gli scopi umani e culturali del progetto. I suoi spazi flessibili, la sua trasparenza che si credeva essere in sintonia con l'uomo moderno ben presto ha dovuto fare i conti con un uso massiccio da parte degli utenti, tanto da rendere quest'opera opaca, pesante. 

In questo caso è la contraddizione -afferma Baudrillard- la carta vincente del progetto: essa costituirà una specie di destino per il Pompidou. (*)

"L'oggetto architettonico reca in sé una certa fatalità da cui è difficile fuggire". Questo chiamerebbe in causa colui che crea, dunque il progettista, e la possibilità che avrebbe di controllare la sua opera. In realtà, proprio quando egli stabilisce l'identità di un luogo, assegna ad esso una funzione, dunque interviene sullo spazio secondo un piano preciso, tutti gli altri, usandolo, finiranno per ricreare un luogo legato all'uso personale, un non-luogo forse, finiranno per svuotarlo di significato, per inventare un'altra regola del gioco. "Questo è in un certo senso immorale -afferma Baudrillard- . Ma non è certo la moralità né un sistema di valori positivi che permette a una società di avanzare, ma piuttosto l'immoralità e il vizio".

"Siamo tutti giocatori. Vale a dire che ciò che speriamo intensamente è che le concatenazioni razionali di tanto in tanto si disfino e che si installi, sia pure per breve tempo una sequenza inaspettata, di altro ordine, un crescendo meraviglioso di avvenimenti, una successione straordinaria come predestinata, dove avere l'impressione che le cose fino ad allora mantenute forzatamente a distanza, all'improvviso si ritrovino non lasciate al caso ma spontaneamente convergenti e concordanti alla stessa intensità grazie alla loro stessa concatenazione.Il nostro mondo sarebbe invivibile senza questa potenza di deviazione, senza questa radicalità proveniente da un'altra parte, proveniente dall'oggetto e non più dal soggetto, senza questo strano processo di attrazione".

È lo stesso oggetto architettonico che fa il suo destino, lo contiene, a volte ne contiene più di uno, a volte ne nascono di consequenziali, a volte di contraddittori, a volte di sorprendenti. Più destini imprevedibili esso contiene più la sua natura -forse- ci interessa e ci attira, anche verso il nulla per brevi periodi o verso la pienezza più assoluta per giornate intere.

È su questa potenza di deviazione dei diversi processi ideativi e costruttivi -architettonici-, nelle diverse forme con cui si caratterizza, con l'entità che in certi casi potrà assumere rispetto allo svolgersi quotidiano degli eventi, che credo si possa riflettere insieme, confrontandone portata emotiva, rimandi, resti, possibilità evolutive, segni, dentro l'attuale sviluppo urbano, assolutamente non lineare, dove spesso è la mercificazione di contenuti a prevalere, fino ad una sempre più aleatoria presenza dell'architettura, o al maturare di un genere di operatività protesica, o alla capacità - ancora - di raccontare la nostra esistenza, attraverso i suoi fitti muri o le sue assolute trasparenze, inospitali stanze, ridondanti nicchie ancestrali.

Mettere tali indici di manifestazione-concatenazione dell'architettura sotto il segno di una postmodernità costante o della costante della postmodernità, dovrebbe essere uno stimolo a trattarli sempre nuovamente, come se ogni volta a partire da un segnale di "modernità", se ne manifestasse "subito dopo" un altro, ancora più moderno, ancora più radicale, ossia capace di s-cambiare la natura di fatti umani e fatti costruiti, di pensieri e azioni dominanti del pensiero.

I relatori invitati sono tutti diversamente interessati all'evoluzione del progetto oggi, in qualche modo esprimono con la loro vocazione professionale certa "radicalità" di posizioni in campo costruito, così come la messa in campo e la messa in discussione di posizioni acquisite nel tempo, o di altre in fase di acquisizione.

Patrizia Mello

(*) Questo progetto rappresenta allo stesso tempo la cultura e ciò a cui essa sta soccombendo sempre più, ossia la fusione e la confusione di tutti i segni. "Letteralmente -dice Baudrillard- è un oggetto scaturito da un disastro oscuro. Precisamente dal disastro oscuro della cultura". Esso non parla né di estetica, né di arte, né di cultura. Parla di circolazione, di stoccaggio, di flusso di individui, di oggetti e di segni.

PROGRAMMA

> PRESENTAZIONE
Sala dei Consoli
Palagio di Parte Guelfa
via di Capaccio 3, Firenze



sabato 17 marzo 2001, ore 15.30

ALBERTO BRESCHI
Vice-direttore del Dipartimento di Progettazione di Firenze
Saluto inaugurale

PATRIZIA MELLO
Architetto
Presentazione dei temi

PIPPO CIORRA
Architetto
Ricorsi isterici: cultura pop e architettura
> abstract

MIRKO ZARDINI
Architetto
Per un ritorno del pittoresco
> abstract

MICHELE SERNINI
Studioso di architettura
L'ideologia della città virtuale
> abstract

GIANNI PETTENA
Architetto
Pensiero e progetto
> abstract



domenica 18 marzo 2001, ore 10.00

PIERO PAOLI
Preside della Facoltà di Architettura di Firenze
Saluto inaugurale

STEFANO BOERI
Architetto
Moltitudine
> abstract

RENATO RIZZI
Architetto
Architetto etico. Architettura estetica
> abstract

ALBERTO BRESCHI
Architetto
Contestualità e progetto: tra innovazione e recupero
> abstract



domenica 18 marzo 2001, ore 15.00

GIANCARLO PABA
Architetto
Insurgent planning: principi ed esperienze di urbanistica radicale
> abstract

PATRIZIA MELLO
Architetto
Architettura merce sacra. Tra progetto, azione e vissuto
> abstract

Seguono: interventi esterni e discussione dei temi.
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