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ARCHITETTURA E POSTMODERNITÀ
a cura di Patrizia Mello

[ABSTRACTS]

MICHELE SERNINI
L'ideologia della città virtuale

[19feb2001]
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Di fronte alle tante esaltazioni dello "spazio mentale" e della città virtuale, e alla voga estetico-antropologica che spinge una parte consistente degli architetti ad elogiare l'insediamento diffuso sul territorio come fase attuale della non-città, che consente liberi interventi edificatori e libere scelte nel genere di vita, sono possibili alcune critiche.

Vi sono vari ambiti problematici.
- Relativi all'architettura: l'architettura instabile (Archis), l'architettura digitale (Zellner) l'architettura come coreografia ecc.; suscitano perplessità anche tra gli studiosi di architettura, vedendosi nelle architetture istantanee dei limiti.
- Relativi in genere alla quantità sopportabile di dematerializzazione e di velocizzazione del modo di vita, temi su cui sempre insiste Virilio.
- Relativi alla posizione di chi, da urbanista, condannava la "città del capitale" e oggi si mostra così attratto dal modo insediativo del capitale flessibile (l'orientamento antiurbano degli urbanisti dunque prevale sulla valutazione politica; quando l'assetto voluto dal capitale è "non-urbano" improvvisamente piace anche a chi criticava il capitale nelle sue forme passate).
- Relativi alle soluzioni di una fase precipuamente linguistica o lessicale, dove tutto è città nulla è città, tutto è suburbio, il mondo è una città, ma è una rete di città, i nuovi insediamenti sparsi sono la città di oggi ecc., per cui "non c'è problema" e chi vuole vita di tipo urbano sarebbe egualmente accontentato, essendo l'ebrezza del parabrezza, la frequentazione del centro commerciale, la vita in autostrada, la indifferenza tra dotazioni di territorio di fatto che esiste tra usa dove il territorio è 30 volte il nostro e casa nostra, alcune modalità antropologiche per le quali vivere in contesti di tipo urbano moderno (i centri storici museificati sono altra cosa) e in contesti extraurbani sarebbe la medesima cosa.
- Relativi a perplessità anche recenti sul modo in cui è infrastrutturato un territorio diffuso cresciuto molto casualmente.
- Relativi alla necessità di accettazione totale di questa situazione, perché "non ci sono alternative", ipotesi invece respinta da Peter Marcuse.
- Relativi infine alla utilizzabilità politica per così dire alternativa di questo "non-urbano" per costruire società nuova. Ricordare l'ipotesi che invece la "invenzione della città" sia semplicemente il fatto che dentro alla città contemporanea reale gli abitanti si muovono e creano cose anche in modo difforme sia dalla storia passata sia dalle pianificazioni istituzionali.

La "necessità" di un pensiero debole in materia di città e di costruire, conseguenza sia della flessibilità sociale o della casualità e/o caoticità del mondo sia della filosofia generale e dell'epistemologia che siano dedite solo all'effimero oppure alla semiotica, non è una necessità così ovvia, non va da sé, né nei tempi (per esempio, esiste una resistenza della città, temporalità urbane particolari della città e delle singole città; altra accezione: subito mobilizzare tutto il modo di pensare in materia di assetto spaziale, per "adeguarsi" al "dettato" filosofico) né nei modi (per es. totali); in relazione a queste pretese di totalità, ancora:
- contraddizione in chi vuole una specie di dogma della postmodernità che per sua natura poco tollera teorie fisse;
- con quelle pretese, che vengono appunto da teorici o da aspiranti tali, si mette da parte la ancora valida (anche se millenaria, o proprio per questo…) distinzione che, nel sentire comune e nella politica, esiste tra teoria e ragione pratica.
Michele Sernini

Nato a Firenze nel 1936, cresce nelle case popolari di Sassari e di Padova, si laurea in giurisprudenza a Padova, poi lavora nel settore degli elaboratori elettronici e dell'organizzazione degli enti pubblici a Milano. Infine insegna materie legate all'analisi urbanistica, allo sociologia urbana, al diritto urbanistico, nell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, per diventare quindi professore ordinario di gestione urbana nell'Università di Reggio Calabria. Ha scritto Il governo del territorio (1973,77,79), La città disfatta (1988,90,94), Terre sconfinate (1996), Milano. Una forma di città (1998), e molti articoli su varie riviste tra le quali: Archivio di studi urbani e regionali, Città-classe, Scienza Esperienza, Urbanistica, CRU, Millepiani, Abitare Quotidiano, Controspazio, Modo.
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