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A10 (1)

studio gecko
RICOGNIZIONI… & DEPOSITI

Sono viaggi in territori inesplorati... certe volte inaccessibili... alla "fine del mondo di una strada" e poi oltre... ai margini. Periferie, bordi... derive... aree franche, luoghi di libertà... nascosti, rifugi rispetto ad un "tempo di super produzione", pause, isole remote, eremi... Esistono terreni... risacche... dove il concetto di nomadismo prende corpo, lontani dallo status quo... ricognizioni antropologiche che registrano le risposte alternative... già nell'Architettura Radicale si era percorsa questa strada con esploratori come Mario Terzic, UFO, La Pietra, Pettena, Merz, Kriesche... E gli isolati Vito Acconci, Gianni Emilio Simonetti, Claudio Costa... che come guide Apache perlustravano deserti inesplorati... ed ancora... le straordinarie ricognizioni di Luciano Francalanci (su in n. 7, 1972, pp. 32-41) sul "consumo" di territori e dei selciati veneziani in una "legalità e illegalità nell'uso autoterapeutico della struttura urbana" come già sosteneva Gianni Pettena o ancora meglio "i gradi di libertà" sottolineati da Ugo La Pietra... Può esistere una "controimmagine della città" (come nelle visualizzazioni del gruppo Libidarch)... o condensazioni di partecipazione... dove l'immagine è la coralità espressa in una "festa di eventi"... Questo per introdurre il lavoro dello studio gecko (composto dagli architetti Roberta Volpone e Alessandro Chiossone).

A10 è un lavoro sottosopra... un'indagine sul sotto i ponti dell'autostrada che costituirà un "deposito" nei castelli della Valle di Millesimo ormai individuati da Marco Ciarlo come "osservatori delle movimentazioni" ovvero "ricognizioni & depositi". Un modo oltre Multiplicity... un luogo "deposito", spazi per un seminario continuo... Così si avvicenderanno i Cliostraat, gli Stalker, Elena Rosa, Emanuele Piccardo, Jean Pierre Giovanelli, Actiegroep... ed in continuo altri su esplorazioni, identificazioni... di ritagli, frammenti di spazi non identificati ma caratteristici. La lettura che Roberta e Alessandro propongono è la pittoresca realtà di una situazione diffusa, l'uso di un sottoponte autostradale, un uso spontaneo, naturale ed intuitivo che si sovrappone ad alcune immersioni progettuali come quelle dello Studio Labirinto (mi riferisco alla pagina 202 de "La città di carta", edizioni Kappa, con gli appunti per un restauro autostradale) ma ancora più vicino s'intarsia alle incorporazioni minardiane ed ancora ricalca la teoria anglosassone della stratificazione. Avverto che sono tempi importanti per l'ascolto, da questi ed altri segni minoritari, nella complessità & globalizzazione la teoria del progetto si sposta più che sulla fissità dello spazio come definizione alla fluida mobilità di formazioni di densità del vuoto che diventa pieno... in questa visione è stimolante il virtuoso e anticipatore schizzo (schema delle dinamiche del piano per il Centro di Philadelphia) tracciato da Louis I. Kahn... dove si sottolineano le energie dei flussi... mi ricorda l'albero che pur sbattuto dal vento mantiene la sua figura nella mobilità descrivendo uno spazio più ampio del suo posizionamento... Questo lavoro, a seguito del libro già presentato di Elena Rosa, apre assieme ad altre investigazioni già iniziate da Spazio&Società un mondo teorico-antropologico fondativo di grande attualità per intervenire in territori supermetropolitani in continua mutazione camaleontica e frattale.

Brunetto De Battè
bdebatte@libero.it







1. Il titolo della ricerca è A10 (scritto rovesciato, a dimostrazione che il tracciato infrastrutturale è stato osservato dal basso, punto di vista inconsueto per chi percorre l'autostrada in auto). Il materiale raccoglie gli "stili di vita" registrati in corrispondenza dei piloni di sostegno infrastrutturali (16 immagini scelte fra le 102 che costituiscono l'indagine completa, più un testo, più un logo/titolo. Nella versione completa della ricerca è compreso anche un sonoro rilevato sotto uno dei viadotti dell'autostrada A10). Le immagini non seguono una sequenza ordinata in base alla loro precisa collocazione geografica (potrebbe essere Voltri, potrebbe essere Vado Ligure, potrebbe essere Imperia). Il nome scelto per il gruppo di lavoro, che a oggi si compone di Roberta Volpone e Alessandro Chiossone, è studio gecko. Una dedica ad un piccolo rettile che spesso incontriamo sul davanzale del nostro ambiente di lavoro. Un animale mediterraneo, schivo ma curioso, pigro ma all'erta.
L'indagine che proponiamo si concentra lungo la fascia di territorio sottostante i viadotti autostradali della A10 Genova–Ventimiglia. Uno scenario che non si percepisce percorrendo in auto il tracciato autostradale sopraelevato, ma che esiste ed è fatto di spazi intimi e provvisori che solo gli abitanti che hanno la loro residenza sotto il corso autostradale conoscono bene. Il tentativo è quello di fornire, attraverso una raccolta d'immagini e testimonianze, informazioni su un modo di vivere contemporaneo. Uno sguardo ravvicinato per capire, per rivelare il rapporto tra gli spazi fisici e la comunità che li occupa. I fenomeni riscontrati riguardano una moltitudine di manufatti e oggetti addossati ai piloni di sostegno, costruzioni precarie, tracce di vita quotidiana lasciate su porzioni di territorio interstiziali da una comunità di utenti, che da oltre trent'anni vive a stretto contatto con i supporti all'infrastruttura. L'intensità, la presenza numerosa, la ripetizione sul paesaggio urbano di questi elementi monolitici, attrattori verticali, ci ha consentito di definire un catalogo di comportamenti.

"Guarda là, proprio vicino al cancello, una volta da lassù è caduta una borsa. Era di una francese, forse qualcuno l'ha gettata dalla macchina, io e mia moglie le abbiamo rispedito i documenti a casa".

L'ambiente antropico ligure è caratterizzato da un territorio urbanizzato compresso fra gli Appennini e il mare e dalla presenza forte di un tracciato infrastrutturale autostradale, in gran parte collocato in quota, costituito da un'alternanza di gallerie e viadotti con un numero elevato di elementi di sostegno (i viadotti della A10 sono 102. In termini di densità territoriale la Liguria ha una media di 157 Km lineari di strada per ogni 100 Km2 di territorio, la più alta fra le regioni italiane, e la densità autostradale, in particolare, è più che tripla rispetto alla media nazionale).

[08apr2003]
La fascia sottostante i viadotti è di natura privata, di proprietà della Società Autostrade. Limitandoci a definire quali siano i tratti giuridici dello spazio analizzato ne assumeremmo però un'informazione molto parziale; una cosa è, infatti, definire spazi privati di proprietà di singole famiglie, di piccoli soggetti, altro è far riferimento a spazi privati amministrati da società che gestiscono porzioni di territorio molto estese. Lo spazio d'analisi risulta piuttosto di natura ibrida (né pubblico, né privato, oppure contemporaneamente pubblico e privato), è "terra di nessuno", spazio residuale, sorprendentemente disponibile ad ospitare pratiche singole o collettive.

"Una volta qui c'erano altre baracche, poi sono venuti loro e le hanno fatte smontare, qui l'unica cosa che è mia è il mio cane".




















Segni fragili, spesso impercettibili, attività, desideri, che occupano il suolo con o senza ambizioni fondative, a volte radicando la loro presenza, altre senza promuovere un antagonismo nell'uso dello spazio. Luoghi intimi, di affezione, dove si evidenziano pratiche tipiche di una dimensione del "far da sé". Il risultato di una lettura fondata su tali indicatori è l'immagine di un territorio "temporaneo", i cui presidi esprimono provvisorietà quasi fossero in perenne attesa di nuovi e mai duraturi cambiamenti.

In alcuni casi il pilastro -che si colloca all'interno degli spazi cintati delle villette, a pochi metri dal portone d'ingresso ai condomini, nel centro della piazza di quartiere- diventa elemento d'appoggio o d'affissione, i processi d'uso e di appropriazione si manifestano in forme appena percettibili che comunque sono manifeste di un atteggiamento: una scala a pioli appesa, una sedia, una gabbia per uccelli, cassette per le lettere, panni stesi, una mensola con un vaso di fiori. Piccoli gesti locali in grado di attivare trasformazioni.

Nella maggior parte dei casi il pilastro e lo spazio circostante sono di supporto alla realizzazione di costruzioni, installazioni temporanee o permanenti (se si estremizza il concetto quasi una parete aggiunta, un esempio d'uso domestico dello spazio urbano). Strutture prodotte e gestite da soggetti diversi, che plasmano lo spazio attraverso la libera composizione di materiali di recupero, assemblati in un insieme che sembra appartenere alla pratica del bricolage.

"Al pomeriggio io vengo qui, ho il mio orto, lo faccio per passare il tempo. Questo recinto e quella baracca li abbiamo costruiti noi, con le persiane, vedi là, e con gli altri pezzi che ho trovato nel fiume".

Ogni singola costruzione cresce per aggiunte successive e spesso alla prima fa seguito, per graduali accostamenti, la realizzazione di altri manufatti che arrivano a costituire un organismo unitario. Le baracche sono impiegate come deposito per materiali, rifugio per animali domestici, ricoveri provvisori, espressioni di piccoli frammenti del vivere quotidiano. In altri casi sono le amministrazioni pubbliche a gestire lo spazio circostante l'attacco a terra dei piloni provvedendo a corredarlo con svariati elementi di arredo urbano: pensiline per la fermata dell'autobus, panchine e aiuole, cartelli informativi, cabine telefoniche, lampioni e dissuasori per il traffico, pavimentazioni in autobloccanti. Forse, il timore che gli spazi sfuggano al controllo e alla gestione programmata e si trasformino in luoghi "marginali e trascurati", spinge gli amministratori a mettere in atto marcate operazioni di cosmesi, di camuffamento conferendo a questi luoghi una forte connotazione urbana a spazio pubblico.












In ogni caso, qualunque sia l'atteggiamento, l'esperienza di questi luoghi ci restituisce un modello di non prevedibilità, di sorpresa. Effetto prodotto dal binomio pilastro-deposito, pilastro-panchina che separatamente non hanno nulla di particolare, ma assieme diventano un evento, o meglio una stratificazione di eventi, fuori della norma e da ricordare, una condizione insieme famigliare e perturbante, che altera il rapporto fra funzione e spazio. Le immagini raccolte cercano di raccontare i modi di vita di una comunità che, per azioni di singoli o di gruppo, ha occupato piccole porzioni di territorio. Protagonisti di una stessa scena urbana, ognuno con le proprie storie, con le proprie convinzioni, ma animati dalla stessa energia e dalla stessa volontà. Lbbbbbbbba ripetizione di un numero ridotto di modi di comporsi, fatto di poche regole, rivela nell'infinita sequenza dei manufatti un atteggiamento comune, che li rende simili ovunque, quasi fossero plasmati da un unico autore.

L'opera di installazione che proponiamo è una proiezione di diapositive corredata da l'ascolto di un sonoro registrato sotto uno dei viadotti della Genova-Ventimiglia. Un viaggio sotto la A10 che, anziché produrre visioni in movimento, si traduce in un'alternanza di immagini statiche, come fotogrammi di un filmato, che mettono in scena gli aspetti di uno spazio e i modi di abitarlo. Per riflettere su cosa sia oggi una città, i suoi molteplici codici e le sue infinite interpretazioni.

"Una volta abitavo vicino alla ferrovia, lì era diverso, al rumore dei treni ti ci abitui perché è sempre uguale, ero io che dovevo stare attento per capire se ne passavano ancora. Abito qui da trent'anni e a volte di notte mi sveglio. Qui il rumore non è mai lo stesso".

studio gecko
ale.chio@libero.it

> BAGELLA: PAESAGGI IN EVOLUZIONE/SOTTOVIADOTTI

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