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Manuela Gatto
All'apertura dell'anno accademico 2003-2004 l'Architectural Association di Londra traccia il fronte di ricerca per l'anno corrente. L'agenda programmatica dei vari corsi, dalla Foundation School ai master di specializzazione, raccoglie i frutti di un anno di studio. Paolo Cascone introduce i diversi itinerari di sperimentazione della scuola. Tra i temi ricorrenti: Iperarticolazione ed Emergenza di Filippo Innocenti; Form finding di Marco Vanucci. Per approfondire la metodologia didattica, Manuela Gatto, corresponsabile del corso di Intermediate Unit 3, descrive il programma del nuovo anno accademico: 'Inter-active Fluid Space'. Chiude il servizio un'intervista di Alessandra Belia a Patrik Schumacher, condirettore del Master in Design Research DRL, sul ruolo della scuola nell'avanguardia dell'architettura contemporanea e sugli orizzonti aperti dall'applicazione della robotica alla progettazione dell'architettura "responsive". [Filippo Innocenti, SPIN+]



[in english] Intermediate Unit 3 fa parte della famiglia di corsi di progettazione della sezione Undergraduate dell'Architectural Association di Londra. Il corso è aperto a studenti del secondo e terzo anno.

Inter 3 basa la sua ricerca sul tema della "responsive architecture", o architettura "reattiva", definibile come insieme di artefatti ambientali in grado di registrare l'attività delle persone, processarla sotto forma di input, ed in seguito calibrare la propria performance sulla base dei dati acquisiti. Nonstante l'aspetto di calcolo di un ambiente reattivo consista esclusivamente in hardware e software (sensori/computer/piattaforma software), l'interfaccia utente ha natura puramente spaziale ed architettonica. Lo "sparire" della tecnologia dovuta alla miniaturizzazione dell'hardware ed alla tecnologia wireless ha dato luogo ad uno scisma fra tecnologia ed architettura, liberando l'architettura da numerose antiche limitazioni causate alle necessità delle sue componenti tecniche. In tal senso, se si considera la velocità con la quale si sta evolvendo l'aspetto digitale dell'architettura reattiva (per esempio la ricerca nel campo della nano-tecnologia), è ovvio che l'interfaccia utente diviene un urgente quesito di natura architettonica.

La risposta di un ambiente reattivo si modula sulla base delle caratteristiche ed aspettative delle persone che lo esperiscono. Per questo, complessità della risposta aumenta all'aumentare degli utenti: l'interazione di tipo lineare fra un'architettura reattiva e l'utente singolo funziona nel contesto di un ambiente domestico, ma fallisce nel contesto pubblico. In quest'ultimo intervengono modalità d'interazione di gruppo che richiedono un livello di complessità di grado maggiore, in cui il sistema si trova a dover negoziare con input molteplici e contraddittori.

Tre anni fa la ricerca di Inter 3 è iniziata investigando la risposta uno ad uno che trova luogo all'interno di un ambiente di tipo domestico, continuando nel corso del secondo anno con l'interazione complessa di un'architettura con utenti multipli all'interno di un contesto di tipo commerciale. Al momento, la ricerca tocca un altro aspetto dell'architettura interattiva, che prende in considerazione non solo gruppo instabili di persone o utenti ma anche imprevedibili fattori di natura ambientale: un genere di architettura "sensibile" che e' costantemente in grado di adattarsi alle instabili condizioni urbane ed ambientali in cui si trova, e di influenzarle a propria volta.

[10feb2004]
I cosiddetti "ambienti sensibili" rivelano condizioni ambientali naturali o artificiali attraverso il medium architettonico. L'architettura può interagire con l'ambiente urbano in modo statico, ovvero per mezzo delle sua mera presenza geometrica e materiale, oppure attraverso la sua capacità di generare una risposta dinamica (kinetic response).

Quando la risposta è volta a stimoli di natura urbana, invece che a impulsi umani, la reazione può essere tale da ridurre o esaltare la natura della causa iniziale, similmente a quanto succede in biologia nei casi di feedback negativo o positivo.
Per esempio, il Blur Building di Diller e Scofidio reagisce all'ambiente che lo circonda (il lago di Neuchatel) vaporizzandone le acque ed innalzando così il livello di umidità globale.

In generale, i fattori ambientali generativi possono essere molteplici, per esempio il livello di rumore, esposizione a sole e vento, variazioni di marea, pioggia e nebbia, onde di varia natura trasmesse attraverso il suolo (per esempio oscillazioni derivanti del moto del treno o della metropolitana), livelli di inquinamento dell'aria e dell'acqua, vari tipi di informazione verbale (da ascensori, automobili, mezzi di trasporto pubblico, altoparlanti di supermercati...), e possono variare in un lasso temporale che va dall'ora, al giorno, all'arco di un anno.



Questo tipo di architettura è in grado di incrociare, enfatizzare ed alterare i dati registrati nell'ambiente urbano per mezzo di rielaborazioni digitali, oppure può ibridare i dati raccolti con input completamente artificiali.

Gli ambienti "incrementati", come ad esempio i paesaggi sonori, sono campi di ricerca preferenziale per i più importanti produttori di software presenti sul mercato oggi. Laboratori d'avanguardia come il Sony Computer Science Laboratory di Parigi sono al lavoro per implementare sistemi musicali intelligenti e proporre modi nuovi di accedere alla musica, in interazione con il suono, al fine di sviluppare ambienti d'ascolto più adattabili per il futuro. Microsoft sta lanciando Windows Media 9, un tentativo che vale 500 milioni di dollari di costruire una piattaforma software per digital media, così come Windows è una piattaforma per strumenti produttivi.

Quest'anno Inter 3 ha scelto di condurre la propria esplorazione nel campo dell'architettura reattiva concentrandosi sull'acqua come elemento ambientale.
L'esplorazione dell'acqua e delle sue qualità materiali ci ha portato a ricercare il campo dei flussi e dei sistemi emergenti. Questo tema sta diventando la chiave delle nostre incursioni progettuali nel tema degli ambienti reattivi.



I primi passi della nostra ricerca hanno riguardato le varie configurazioni che l'acqua assume sotto l'influsso di forze fisiche quali vortici, getti, gorghi, correnti.
Queste formazioni liquide vengono analizzate in qualità di organizzazioni emergenti (1), così come un vortice scaturisce come entità unica dal comportamento collettivo di singole particelle d'acqua. Abbiamo chiamato questa fase wet model ("modello umido").

Wet model è un modello fisico che simula e reinterpreta le proprietà materiali e dinamiche osservate nel comportamento dei fluidi. Il modello fornisce la base per un esercizio di rappresentazione diagrammatica svolto con vari mezzi (disegno, animazione digitale, fotografia, video). In seguito, il wet model evolve divenendo dry model ("modello asciutto"). Il dry model rappresenta un tentativo di tradurre l'insieme delle informazioni sul comportamento dell'acqua, precedentemente raccolte, in una configurazione materiale radicalmente differente (dry), attraverso l'uso di modelli fisici e digitali.



Un esempio ben noto di possibile evoluzione da wet a dry model è rappresentata dalle bolle di sapone. Una bolla di sapone è un sistema energetico minimo (che minimizza la quantità di energia da esso impiegata) in quanto è la superficie che a parità di volume interno utilizza la minore area superficiale esterna. Quando si raggruppano, le bolle si auto-organizzano, e ciascuna negozia la propria posizione relativa tendendo a "riempire i buchi" (2) (closest packing), secondo un'organizzazione strutturale di intrinseca stabilità geometrica. Le bolle equilibrano la distanza fra i loro centri, e si connettono reciprocamente tramite lamine dall'inclinazione costante –120°, 109° 28'– al fine di soddisfare la condizione di minima energia potenziale. Di conseguenza, le lamine di sapone rappresentano un impeccabile strumento di ottimizzazione geometrica, un perfetto diagramma architettonico in potenza.

All'interno di Inter 3, questi esperimenti forniscono la base per una conoscenza progettuale che in seguito troverà traduzione spaziale in veste di isola artificiale sul Tamigi, un oggetto indipendente in grado di rispondere e reagire a stimoli molteplici (dagli abitanti alla folla che popola le rive londinesi del Tamigi nel fine settimana), e a condizioni ambientali mutevoli, quali le condizioni meteorologiche variabili di Londra.

Manuela Gatto
m@ramtv.org
1. "L'auto-organizzazione è un processo per cui l'organizzazione globale di un sistema emerge esclusivamente della numerose interazioni fra le componenti di grado minore del sistema stesso. Inoltre, le regole che specificano le interazioni fra le componenti del sistema sono eseguite utilizzando solo informazioni di tipo locale, senza riferimento diretto all'organizzazione globale". Scott-Camazine et al, Self-Organisation in Biological Systems, Princeton University Press, Princeton 2001.

2. Michele Emmer, La perfezione visibile. Matematica ed arte. Edizioni Theoria, Roma-Napoli 1991.

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