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Intervista a NL Architects - 2

Daniele Mancini
SCUOLE E BERLAGE INSTITUTE

 
[in english] DANIELE MANCINI: Sarei curioso di conoscere qualche dettaglio della vostra educazione. Avete studiato a Delft, vero? Chi è stato il vostro miglior insegnante? Perché?

[09mar2004]
> INTERVISTA A NL ARCHITECTS - 1 NL ARCHITECTS: Il sistema scolastico di Delft era piuttosto eccitante. Ogni due mesi era possibile scegliere un progetto e un insegnante. Studenti di anni diversi si mischiavano. Uno studente del primo anno poteva prendere parte in un progetto insieme a quelli degli anni superiori. Era un caos che ispirava. Un'altra cosa bella era che la scuola era a Delft. Siccome era impossibile viverci (noiosa, una piccola città, università tecnica: solo studenti maschi, nerds e nessuna donna), gli studenti facevano i pendolari sia da Rotterdam che da Amsterdam. In questa maniera si poteva incontrare un sacco di gente in macchina e si parlava. È stata l'origine del nostro studio. Il nostro primo studio è stato una Ford Escort Station blu metallico, Il secondo un'Honda Jazz che si cappottò ed era piena di ammaccature, ma tutta accuratamente spruzzata di rosso, come il taxi che quel famoso artista e regista TV, il pazzo uomo Wim T. Schippers "progettò" per Parigi. L'antenna era andata, ma Pieter la sostituì con un porta-abiti. Sorprendentemente funzionava, avevamo una eccellente ricezione! E adesso l'Honda sembra più improvvisata che mai!

Walter e Mark iniziarono a studiare 5 anni prima di me e Peter. Ebbero il piacere di studiare con H. Oudejans, famoso per la sua teoria sui significati. Poteva parlare del culo del gatto spiegando il sublime meccanismo per cui le porte degli sgabuzzini si devono aprire all'infuori. Sono andato solo alla sua lezione di addio: la più intimidatoria performance che mai un architetto abbia fatto e di cui possa testimoniare. Secondo il mito, raccontava di masturbarsi prima di parlare alle donne, per potersi concentrare sul contenuto della conversazione. Era anche conosciuto per servire il tipico piatto olandese Boerenkool (cavolo misto a patate) sedendo dentro la vasca da bagno riempita con la fumante sostanza di cui è fatto. Boerenkol è tradizionalmente servito con salsicce.

Ad un certo punto Koolhaas si mise anche ad insegnare a Delft. Normalmente uno poteva solo segnarsi per uno studio, ma per quella classe bisognava scrivere una motivazione e mostrare un portfolio. Ambiziosi, io e Pieter, decidemmo di provare a fare team e di segnarci al progetto insieme. Facemmo un collage che spedimmo via fax lungo un metro e mezzo a tutte le persone del comitato di selezione, come John Kormeling e Ben van Berkel. Capitò che Ben non aveva il fax a quei tempi! Mi ricordo che gli infilammo il rotolo nella cassetta della posta. In qualche maniera, solo gli amici degli studenti che organizzavano il progetto furono selezionati. Questa è una lezione interessante su come il network funziona.

Di conseguenza finimmo in un altro studio, con Hans Cornelissen. Questo periodo si rivelò cruciale per la nostra collaborazione. Hans era così estremo nella sua ambizione di trovare la soluzione architettonica che risultò ambiguo ed equivoco, tanto che noi tutti ci perdemmo da qualche parte. Era impossibile sopravvivere alla sua visione di "multi readability". Questo era estremamente stimolante. Invitò anche Wiel Arets come visiting critic, e la cosa fu eccitante dal momento che Wiel veniva dal "mondo reale", da fuori della scuola, a guardare i progetti. Hans disapprovava la nostra collaborazione; per ragioni didattiche considerava importante identificare le capacità individuali dei suoi studenti. Questo naturalmente intensificò il nostro spirito di gruppo. La nostra piccola vittoria fu quando Wiel si soffermò sul nostro lavoro, constatando quanto è produttivo lavorare insieme.

In seguito studiammo con Bernard Leupen (un esperto del lavoro di OMA, - qualche cosa non troppo ovvia in quei giorni, il non rispetto per Koolhaas sembra inimmaginabile adesso. Ma c'era una cultura di scetticismo tipicamente Olandese e una ridicola resistenza). La scuola, inoltre, rese possibile a giovani come Winy Maas, Jacob van Rijs e Lars Spuybroek di insegnare. Feci diversi progetti con loro: un clima perfetto.

Grazie al programma Erasmus, migliaia di studenti Europei hanno avuto la possibilità di muoversi in altri paesi e di fare esperienza di nuovi ambienti di insegnamento. Gli studenti di architettura, sono molto orientati verso l'Olanda e specialmente verso la TU Delft, per le ragioni che potete immaginare. Avete avuto la stessa esperienza? Dove?

Veramente nessuno di noi ha sfruttato questa opportunità. Pieter ha combinato un sacco di cose prima di iscriversi alla Facoltà di Architettura; in un certo senso era già la sua seconda o terza vita. Parallelamente alla sua carriera di musicista, di graphic designer di informatico e di imbianchino. E poi ha già un figlio! Quindi non era un cane sciolto. Io invece ero troppo assorbito dal mio computer per pensare di dovermi muovere. Mark ha lavorato a New York per alcuni anni, ma solo dopo essersi laureato.

Dopo la laurea, avete pensato di andare alla AA o alla Columbia o allo UCLA o ad Harvard e allo SCI-Arc, o alla Bartlett per un master? Che rapporto avete con queste scuole?

Nessuno di noi ha mai pensato di continuare a studiare. Mentre eravamo all'università già cercavamo di lavorare. E questa è una delle ragioni per cui ci siamo laureati in sette otto anni. Ci sembrò abbastanza. Comunque sia, in quel momento ci sembrava che la dicotomia tra accademia e pratica potesse essere distrutta. Eravamo tutti eccitati della possibilità di fare la differenza, lavorando nel mondo reale. Ora andiamo in giro per questi e altri istituti a tenere conferenze, presentazioni o per dei workshop. E ci piace molto!

A proposito del Berlage Institute? So che il vostro progetto di ricerca HiperCatalunya / Costa geriatrica è adesso un tema di masterclass. Che ne pensate di Zaera Polo? È bravo come Arets? Quali sono le migliori qualità di Alejandro? Che sta facendo adesso?

Quando Herzberger fondò la scuola, io già c'ero. Non come architetto o studente ma come assistente ad un ragazzo che stava facendo un film sull'istituto. Reggevo un microfono. Un giorno il piano era di andare in barca su un grande lago. E quindi ci dovevamo alzare presto. Gli studenti arrivarono alle sei ed erano pallidi. Avevano un aspetto orribile. La scuola promise una sistemazione ma riuscirono solo a trovare appartamenti in Biilmermeer. A quei tempi era considerata un area pericolosa; gli olandesi pensano a questo posto come il loro unico ghetto. L'area era un incredibile esempio della Ideologia Moderna, un esperimento del CIAM della fine degli anni Sessanta: meravigliosamente ripetitivo. (Ora è demolito, ed è stato sostituito con la mediocrità suburbana dei VINEX). Quello che accadde fu che quella mattina il capitano dovette prendere il primo treno e si imbatté in una scena bizzarra in uno dei garage sulla strada per andare alla stazione. C'era un gran trambusto: un'attività inaspettata, un forte rumore, la gente che urlava. Si dava il caso che quel garage era usato per i combattimenti dei galli. Deve essere stata una esperienza estremamente educativa: in un ambiente che era stato pianificato per essere ultra igienico, caratterizzato da un design che avrebbe dovuto provvedere al sogno di luce aria e spazio del ventesimo secolo, si era sviluppato un costume quasi medievale!

Il Berlage ha sempre giocato un ruolo importante nella mia vita. Per Amsterdam fu cruciale che fosse lì; portava molto eccitamento e contenuto. Ho insegnato allora e lo faccio adesso. Ho veramente apprezzato lavorare con Wouter Vanstiphout e Rients Dijkstra al Toyota Home studio. La richiesta fu quella di sviluppare una abitazione freestanding che potesse essere prodotta in massa come alternativa alla onnipresente banalità delle case dei cataloghi.

L'istituto ha orientato le sue attenzioni verso la ricerca, negli ultimi anni. Che penso fu di grande valore. Penso che sia molto interessante cercare di capire come sia la nostra società. L'Istituto come Discovery Channel. Penso che invece Alejandro sarà molto più sensibile all'aspetto tattile e tettonico: le abilità "originali" di un architetto. Spero che possa anche riportare una maggiore consapevolezza del progetto e del suo aspetto strutturale. Almeno, ha iniziato con una domanda molto importante: cos'è un architetto nella società di oggi?



CONCORSI - EUROPAN

Possiamo chiamare la vostra generazione la generazione Europan, per il fatto che la maggior parte dei giovani team degli anni 90, ha iniziato la professione costruendo i progetti Europan. Quando avete vinto l'Europan? Avete costruito il progetto? Avete mai scelto una località fuori dall'Olanda? Che ne pensate di Europan? Avete mai tentato di partecipare insieme ad altri architetti Europei? A proposito del prossimo Europan? State partecipando? Quale location avete scelto?

Europan è veramente grande. Permette alla prossima generazione di fiorire. La prima volta che partecipammo fu ad Haarlem nel 1993. Lavorammo insieme a Michiel Snalder su un concetto assolutamente eccitante. Il risultato fu una piazza di asfalto sulla cima di case a patio di due o tre piani. Si poteva parcheggiare sul tetto e qualche volta le rampe entravano negli appartamenti. "I fari rendono l'ambiente percepibile e creano profondità: un tetto giardino illuminato da riflettori Swareflex e marcato da strisce di Scotch fluorescente. Miraggi creati dal vapore sulle rampe, proveniente dal sistema di riscaldamento".

Dal vostro punto di vista, in che senso i concorsi di architettura sono importanti? Ogni hanno quanti concorsi fate?

Non ne facciamo molti. Non siamo invitati abbastanza spesso. E il problema fondamentale con i concorsi è la mancanza di comunicazione tra il cliente e i potenziali utenti, che è un aspetto della professione che consideriamo molto di ispirazione. Allo stesso tempo i concorsi possono essere molto fruttuosi proprio per la mancanza di comunicazione: diventano manifesti, espressioni di una pura visione. Quando vincemmo il secondo premio in una piccola competizione a Hilversum 10 anni fa, eravamo molto ottimisti; avemmo l'impressione che normalmente il secondo premio potesse essere realizzato (il che si rivelò falso in questo caso). Qualche volta i progetti perdenti diventano più influenti di quelli realizzati, come la Très Grande Biblioteque di Koolhaas.



GENERAZIONE

In questa intervista non possono assolutamente mancare domande sui rapporti tra generazioni. Vorrei iniziare con le relazioni che i contatti tra gli studi e team della vostra stessa generazione: a vostro avviso quali sono i vostri concorrenti più vicini? Datemi qualche nome. Per esempio conosco i SeArch, VMX, DP6, DAF Architekten, MAX.1. Come vi differenziate da loro?

Si è appena chiusa al New Arcam Gallery di Amsterdam una mostra chiamata Elite of Tomorrow? I partecipanti sono della nostra generazione: Blue Architects, Daf, K2, Atelier Kempe Thill, MADE, Next, Onix, Pero Puljiz + Branimir Medic, e molti altri. In qualche maniera studi come Bosch, Arons en Gelauf, VMX, ONE, SeARCH, NL and René van Zuuk (l'architetto che ha progettato il padiglione) non sono inclusi. Sinceramente non capisco quale criterio sia stato adottato. Forse questo è un buon segno, e magari noi siamo già considerati l'Elite di Oggi? Nel caso peggiore siamo quella di Ieri.

Bart Lootsma mi disse qualche anno addietro quanto difficile era trovare nuovi studi in Olanda rispetto alla fine degli anni Novanta. La sua ipotesi era che tutte le volte che l'economia gira bene, è facile essere assorbiti in uno studio grande e avere molte responsabilità combinate con una certa libertà: un prospetto di carriera ideale. Quindi tutte le volte che c'è un boom edilizio quelli bravi si attaccano alle compagnie che sono fuori controllo a causa della loro fortunata espansione. E come tali sono l'ambiente ideale per coltivare le loro ambizioni. Non appena l'economia declina, l'"aria" è spinta fuori dai grandi studi e diventa tempo di aprire il proprio studio che opera concordemente alla propria sensibilità.

Alcuni di loro hanno fatto esperienza da Koolhaas o i Mecanoo etc. Questo significa più successo? Come aiuta aver lavorato in un grande studio? Per la pratica professionale? Per gli "strumenti per pensare" che si imparano? Per la visione? Per i contatti?

Se inizi a lavorare in uno studio assorbi l'esperienza, "gli strumenti" e i contatti. Questo naturalmente ti da la possibilità di iniziare dalla fine. La maniera organica in cui il nostro studio è nato, implica che abbiamo dovuto inventare la ruota.

Mappare la generazione giovane Olandese è molto complicato per il fatto che molti studi si rassomigliano per i temi di ricerca, gli approcci architettonici e le soluzioni. Riconosco il vostro lavoro molto originale e provocativo, ma per essere onesto, il messaggio degli MVRDV è molto più forte... ditemi qualche cosa di voi e degli MVRDV.

Il loro lavoro e la loro energia ci hanno sempre molto ispirato. Immaginano le soluzioni più funky e trovano la maniera di realizzarle. Il loro rigore nel fare scelte genera risultati molto espliciti. Mi piace molto questa cosa. Ad un certo punto ho detto a Winy che sembrava che il loro lavoro fosse una matrice prescritta. Ogni nuovo progetto sembrava riempire un vuoto in questa matrice. Hai l'impressione che persino prima che sia concepito, il progetto sia già lì, virtualmente. Il paradosso bizzarro è che ovunque riempiano il vuoto, ancora qualcosa di completamente inaspettato può capitare. Questo è molto potente...

E a propositivo delle relazioni tra voi e la generazione precedente? Mecanoo, Rem Koohlaas, Wiel Arets, Koen van Velsen, Erik van Egereet, ben van Berkel, cosa avete imparato da loro?

Rem ha aperto tutte le porte che abbiamo iniziato a bussare.

Per concludere, vorrei domandarvi del vostro rapporto con la generazione dei nonni. Aldo van Eyck è ancora un modello? Credete del patrimonio dei Maestri Olandesi?

Aldo van Eyck chi? Quello dei famosi ristoranti pancake? Maaskant rules!



PUBBLICAZIONI E CRITICA

Recentemente avete pubblicato il vostro primo libro con 010 Publisher, che contiene progetti del 1998 al 2000: in realtà questa non è la vostra prima pubblicazione! Voi vi siete autoprodotti il primo NL booklet dal 1997. È molto strano che voi abbiate persino scritto la presentazione per NL 98 99 00 da soli. Perché non l'avete domandato a qualche critico? Non vi fidate dei critici?

.NL T/M WOS 8 e .NL 98 99 00 sono veramente solo brochure, flyers, quasi volantini pubblicitari. Contengono solo le descrizioni dei progetti. Nessuna meta-storia, nessuna teoria, nessuna informazione sul background solo possibili 'risposte' a specifiche domande. Quasi tutta le generalizzazione è guardata con scetticismo. Tutte le dichiarazioni possono essere negate. Speriamo che le nostre motivazioni filtrino direttamente attraverso questi progetti e che le nostre opinioni e passioni siano visibili come una lastra ai raggi X.



Teniamo queste descrizioni a casa finché il testo diventa progetto e il progetto il testo. Il testo e l'immaginazione sono la stessa cosa. Sono ancora piuttosto scontento di aver pubblicato il nostro primo booklet (.NL T/M WOS 8) in Olandese. Abbiamo preso suggerimenti dai nostri mentori troppo sul serio. Dissero: "Andiamo ragazzi, volete costruire il Olanda, allora il vostro booklet dovrebbe essere in Olandese".



La dimensione dei booklet è tale da poter essere nel formato standard di un foglio da stampa. La dimensione da cartolina permette che siano facili da spedire o sfogliare, quasi come un biglietto da visita. Siamo molto felici di averli fatto, ma non siamo sicuri se completeremo la terza versione (.NL NOW!). Non siamo completamente convinti dell'utilità del formato: sembrano essere un po' flimsy e scompaiono troppo facilmente; non funzionano nelle librerie.

Quindi immagino che il prossimo libro sarà completamente diverso. Sarebbe molto più interessante sviluppare un libro tematico. Per il progetto finale (Parkhouse/Carstadt) abbiamo fatto un libro molto divertente sulla mobilità. Una collezione di frammenti dai giornali, libri, dati tecnici, regolamenti e molte altre risorse da tutte le direzioni. Abbiamo incluso leggi, statistiche, riassunti di articoli che leggevamo, pubblicità, osservazioni e commenti; una raccolta totalmente confusa di dati e dichiarazioni tipo: abbiamo riservato nel più costoso garage della città e a proposito di Frauenplatzen e "poliziotti che dormono" (speedbumps), la percentuale di macchine vendute nel 1995 etc. Un cocktail pazzesco di pro e contro della cultura della machina: pazzia. Il tutto fu in olandese a parzialmente basato sulla condizione locale, concentrandoci su Amsterdam. Questo ha reso difficile immaginare di pubblicarlo (l'Olanda è un mercato piccolo). Non ci siamo mai presi troppo seriamente da prepararlo per il mercato internazionale. È un peccato. L'Architetto e la Macchina sarebbero stati una lettura divertente. Stiamo pensando ora, a come produrre un magazine sul invecchiamento? Penso che sia un argomento esplosivo per i prossimi anni.

Dal momento che non riveliamo le nostre strategie o non diamo un manuale per progettare, e dal momento che non teorizziamo la pratica, penso che il nostro, lavoro sia relativamente inaccessibile e impredicibile per i critici (e anche per i clienti). Non offriamo a dir la verità maniglie e appigli. Ma penso che è allo stesso tempo una grande opportunità.

Che ne pensate delle critica di architettura come disciplina? Qual è la vostra rivista di architettura preferita? Perché?

Dovrebbe funzionare come la coscienza della professione. Essere libera da tutta la zavorra che si porta dietro la produzione dell'architettura, può aiutare ad avere una vista chiara. Dovrebbe funzionare come sorta di guida; settare i parametri per soluzioni progettuali. Ti può rendere consapevole dei riferimenti storici e delinearti gli effetti di un certo periodo storico. Qualche volta ha la capacità di rompere con il linguaggio interno della disciplina. E può ispirare, listare, documentare, collezionare, rivelare, dischiudere. Tutta la critica indipendente e l'intelligenza aggiunta è benvenuta.

Sono ossessionato dalle riviste. Un sottoprodotto dell'essere nelle riviste adesso e poi, è che ti mandano le copie. Ora abbiamo un immensa pila sempre crescente di riviste in un siamo presentati. Completamente sproporzionata rispetto alla nostra opera costruita o alle dimensioni dello studio. C'è una tale fantastica gamma di riviste per ogni stato d'animo. Ci sono quelle eccellenti come El Croquis, e l'Architecture d'Aujourd'hui. Domus è stata la mia prima rivista, un numero con Memphis(!). Mi ha fatto iniziare. Mi piace moltissimo Arch+, un terremoto, underground e profonda. Mi piacciono i brevi messaggi con cui apri De Architect, ma grazie a Interweb, mozziconi di informazione fresca sembrano essere roba di ieri. Sono sempre ansioso dell'ultimo numero di Wienderhall: un giornale profondo fondato dal grande Joost Meuwissen con a volte testi allucinogeni.

L'equivalente olandese del fantstico Detail non è completamente convincente, ma penso che sia un'informazione cruciale e spero che acquisti corpo. Lo scorrere libero delle informazioni (tecniche) è importante per lo sviluppo della nostra professione che strutturalmente sembra essere svanita. Spero anche che venga presto sviluppato un format che lanci informazioni sulle regole, le leggi, i pareri legali etc., e che mostri i limiti e le scappatoie: in definitiva totalmente noiosa ma estremamente eccitante allo stesso tempo.



ITALIA

Vorrei concentrarmi sulle vostre relazioni con l'Italia, perché mi sembra che siano stranamente frequenti per un gruppo di architetti come il vostro: nel 2000 avete realizzato NL Lounge per la Biennale di Venezia, la Biennale di Fuksas per intenderci, e poi alla Biennale del 2002, il vostro progetto per lo showroom 'Mandarina Duck', è stato mostrato nel Padiglione Olandese come entry per il NAI Prize. Inoltre, i vostri progetti appaiono sulle riviste italiane DOMUS, 2A+P, AREA e ABITARE con una certa frequenza. Si conclude che gli architetti italiani, sono più o meno abituati alla vostra architettura. Ma per quanto riguarda la direzione opposta? Quanta familiarità avete invece voi con l'architettura italiana? La Biennale e il rapporto con le case editrici, vi hanno dato qualche indizio sulla nostra attuale condizione? Potreste citarmi 5 team under 40? E invece 5 grandi studi? Avete mai pensato a delle collaborazioni internazionali?

Sono profondamente mosso dal lavoro di Giovanni Michelucci. La Chiesa dell'Immacolata Maria Vergine a Longarone è spettacolare. Una chiesa come uno stadio. Ha pure una sezione di fuori!

La Biennale è sempre meravigliosa già per la sua posizione. Venezia è incredibilmente bella. È un simbolo per il fatto che gli architetti si ritrovano, specialmente in Italia. Il surplus è quello della bellezza storica, della popolazione ristretta e della città come un parco a tema. Di che cosa ha bisogno la nuova architettura? Mio padre ebbe un infarto mentre visitava Firenze per una "vacanza di lavoro" (era un pittore affascinato dal paesaggio delle "crete" e dal "palio" che disegnava dal vero –si! Era veloce! E furioso-. Fu portato a Santa Maria Nuova, il primo ospedale in Europa. Costruito del XV secolo e ancora lì! Che opportunità si ha come architetti se ciò che realizzi dura così a lungo? Ogni tanto penso a come potrebbe apparire Venezia se il trasporto fosse privatizzato e liberalizzato ancora. Venezia potrebbe essere rivitalizzata ancora permettendo a tutti di usare il proprio scooter e la propria barca?



È frustrante rendersi conto che all'età di 50 anni si è ancora 'giovani' architetti, specialmente in Italia. Michelangelo aveva 24 anni quando scolpì la Pietà. È molto improduttivo escludere il potenziale dei giovani. Mies a 18 anni costruì la sua prima casa. È molto strano che i giovani non si prendano più seriamente.

Comunque, grazie ad eventi come Archilab e la Biennale di Venezia, ti metti in contatto con molte persone da molti paesi a background. Questo è molto importante ed eccitante. in una maniera strana, non ci sembra di essere popolari tra gli architetti olandesi e gli studenti così l'80% dei collaboratori è arrivato da fuori. Questo in qualche maniera deve lasciare tracce. Siamo ancora Olandesi?



La terza maniera è incontrando la gente che lavora ad Amsterdam ma arriva da tutte le parti e che va allo stesso Bar Bep come facciamo noi. La quarta è attraverso l'insegnamento.

Parzialmente la Biennale funziona come un gruppo di ambasciate; le regole del paese locale applicate ad ogni padiglione: un gioco nazionale in un paese straniero. In questo senso potrebbe essere interessante aprire un coffe shop nel padiglione di Rietveld (più o meno quello che facemmo nel 2000) per catalizzare gli scambi. Ma non eravamo allora, parte dell'esposizione più internazionale.

Si pensa che un evento come la Biennale funzioni come un catalizzatore per i partecipanti. Come è successo che siete stati scelti per il Padiglione Olandese? La Biennale è stata una situazione favorevole per estendere il vostro network professionale? Avete incontrato architetti interessanti? Avete trovato la Biennale di Fuksas provocatoria? Cosa dovrebbe rappresentare la Biennale per giovani architetti come voi?

Kristin Feireiss, l'energetica curatrice della partecipazione olandese che ha messo insieme una vasta gamma di persone e idee, ci ha selezionato per la progettazione del padiglione. È stato Matthijs Bouw –che era coinvolto sin dall'inizio al livello dei contenuti e del processo e che ha partecipato con un video mostrato nel padiglione, che se ne uscì col titolo: "NL Lounge, private city/public home".

Less aesthetics more ethics è stato un tema molto provocatorio. Massimiliano sembrò interessato di più al processo, a come si genera l'architettura, quali sono i tuoi punti di partenza e come puoi fare la differenza come architetto. A come puoi afferrare lo sviluppo di una società. Limitarti alle domande puramente stilistiche, non aiuta. Rispondemmo a questa idea facendo un'installazione che era un 1:1, eliminando la rappresentazione (come si fa una mostra di architettura, comunque?) Installando una library-bar-furniture-shop-book-store-livingroom-workstation-lobby-square, un reale motore per alcuni di questi processi si avviò. L'installazione sollevò la domanda su come affrontare la privatizzazione avanzante. Suggerimmo di avere un buttafuori alla porta per escludere parte dei visitatori, per rendere tangibile che lo Spazio Formalmente Conosciuto Come Pubblico, sempre di più diventa esclusivo e discriminatorio. All'interno del campo collettivo della NL Lounge, la questione principale era quella della capacità dell'appropriazione individuale; la regolazione della luce, dell'audio, della temperatura, dell'input e dell'output. Il sistema di Docce Sonore era lo stratagemma per portare un po' di relax nella cacofonia che normalmente una collezione di queste scelte libere tradizionalmente porta. Queste Docce Sonore hanno l'unica e sconvolgente capacità di rendere chiari differenti output in un'informazione comprensibile, di far diventare uno spazio pubblico uno spazio privato. Bordi invisibili definiscono territori acustici perfettamente diretti e intimi. La Louge è stata un miracolo tecnico, più di quello che i visitatori possono avere immaginato. Funzionò così bene che nemmeno lo notavi! L'installazione funzionò in una maniera sottile e ambigua in differenti livelli: la Lounge fu confortevole e alienante allo stesso tempo.



La domanda recentemente posta dal Berlage può essere compresa in una maniera simile: come partecipa alla costruzione della società l'architetto oggi? La mia generazione ha semplicemente fatto pulizia del surplus di etica che oscurava il pensare; l'etica come pregiudizio. Invece di lavorare con la convinzione che si possa fare una società secondo idee ottimistiche sull'umanità, cercammo di trovare cosa veramente c'era e come si poteva foggiarla, massaggiarla, sedurla in ogni desiderata direzione. O abbracciarla perché era lì!. Creò una libertà immensa, ogni cosa, tutte le direzioni potevano essere esplorate. Questa leggerezza divenne insostenibile per Roemer van Toorn che, in Fresh Conservatism suggerisce che è tempo per un nuovo impegno. Per me l'impegno è quello di perseguire queste opzioni radicalmente e trasformarle in domande. Il nostro impegno è quello di presentare alternative sulla maniera in cui la gente vive e lavora e usa il suo spazio.



Pubblicare sulle riviste di architettura ha, dal mio punto di vista, due valori: il più banale è che lo studio acquista una maggiore visibilità, l'altro è che le idea sviluppate nello studio cominciano a circolare stimolando il dibattito. Qual è la vostra impressione in questo senso a proposito delle pubblicazioni italiane, per esempio Casabella, Domus, Ottagono, Abitare, Area, Lotus, Il Progetto? Come le considerate, in termini di contenuti e progetti editoriali, rispetto alle riviste olandesi?

Dopo la realizzazione, pubblicare è la cosa più bella. Può essere molto appagante presentare le tue idee ad un'audience più estesa. Quando siamo stati invitati a partecipare alla mostra di Europan, decidemmo di stampare cartoline in maniera tale che ognuno si potesse portare a casa una parte della mostra. La gente le avrebbe potute spedire ai loro amici. In questa maniera potemmo raggiungere un gran numero di persone. Questo sembrò importante dal momento che il cosiddetto Mercato iniziò a regolamentare la produzione di architettura. In questo senso per noi è molto più interessante raggiungere gente al di fuori della professione che i nostri amici in tutte le parti del mondo e stimolare il dibattito tra di noi. Volevamo stare nelle riviste femminili. Oppure nelle riveste di automobili o persino sui quotidiani. È veramente meraviglioso vedere l'impatto della TV. Una copertura molto più grande! Abitare Uno, Domus Due! Quindi ci sono tre tipi di pubblico a cui ci si rivolge: colleghi, possibili clienti e mercati future. Offrendo alternative sperammo che si sarebbero creati Nuovi Mercati. Ma queste alternative devono essere disseminate in qualche maniera. Questo processo si è rivelato molto più lento di quanto pensassimo.

In questo senso Domus, Ottagno, Abitare e Casabella sono veramente efficaci perché molta gente al di fuori della professione le legge. Ma la maggior parte delle riviste sono troppo basate sui progetti e se vogliamo evocare il reale progresso dell'architettura, questo da solo non basta. Tuttavia è già molto incoraggiante se un gran numero di persone si interessano all'architettura. La mia speranza è che si occupino ancora di più dell'organizzazione urbana, della pianificazione e dell'ambiente. In questo senso il grande potenziale di una rivista come Wallpaper non può essere sottostimato. Potrebbero persino popolarizzare Bijlmermeer; farlo diventare anche piacevole (che peccato, è troppo tardi, l'hanno già demolito!).

Alla fine, potreste citare cinque importanti capolavori dell'architettura italiana?

Il Lingotto, Casa Malaparte, il Pantheon, San Pietro (specialmente lo spazio tra la cupola interna e quella esterna che è saturato dalla promessa non solo della meravigliosa vista su Roma ma anche della possibilità di una vista dell'Occhio di Dio dall'interno), le Terme di Caracalla per il fatto che sia stato "il più grande Figlio di Puttana" (usando il contributo molto benvenuto di Ariaan Geuze sull'Architecture Dictionary)

E ancora 5 libri scritti da autori italiani?

Scusami, ma perdo il mio tempo a guardare la TV! (Ma non prendo Rai Uno!). Ho letto qualche cosa di Italo Calvino. Adesso il mio libro preferito è Asfalto: il carattere della città, a cura di Mirko Zardini. Che non è ancora tradotto in inglese, quindi non lo posso ancora leggere. Ma il libro irraggia piacere e eccitazione e amore per l'argomento!



(2. fine)

Intervista redatta da Daniele Mancini nel periodo maggio 2003-gennaio 2004. Tutti i diritti riservati: Daniele Mancini e NL Architects (Pieter Bannenberg, Walter van Dijk, Kamiel Klaasse and Mark Linnemann), 2003.

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