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Sopralluoghi

I luoghi del superficiale

Gabriele Mastrigli

Alessandro Anselmi. Piano Superficie Progetto

MAXXI - Museo Nazionale delle arti del XXI secolo - Roma
dal 13 marzo al 16 maggio 2004

a cura di
Margherita Guccione

progetto e allestimento:
Alessandro Anselmi con Valerio Palmieri

coordinamento e organizzazione:
Francesca Fabiani



La mostra Alessandro Anselmi PIANO SUPERFICIE PROGETTO, attualmente in corso presso i rinnovati spazi del museo MAXXI di via Guido Reni a Roma, costituisce un prezioso contributo critico e documentale sull'attività di ricerca e sperimentazione che Alessandro Anselmi persegue con tenacia da circa trent'anni. L'esposizione romana è stata fortemente voluta dalla DARC ed è curata da Margherita Guccione co-autrice del catalogo insieme a Valerio Palmieri. ARCH'IT ospita tre contributi diversi: Alessandro Anselmi introduce -attraverso un testo scritto per l'occasione- al progetto di allestimento, svelandone i motivi ispiratori ed il rapporto che questo stabilisce con il carattere complessivo del proprio lavoro; a questa lettura retrospettiva si lega il commento di Valerio Palmieri che pone l'accento sulla matrice ludica dell'installazione pensata per la mostra; Gabriele Mastrigli ripercorre le tappe fondamentali attraverso cui è passata la ricerca architettonica di Anselmi, soffermandosi sugli aspetti compositivi e formali più ricorrenti nelle sua opera. [Carlo Prati]



"In fondo sono un architetto superficiale -ama dire Alessandro Anselmi, giocando a provocare un leggero allarme nel pubblico delle sue conferenze-, dal momento che la mia è un'architettura superficiale".


Nuovo Municipio di Fiumicino (Roma), schizzo.

In tempi in cui l'architettura viene spesso misurata attraverso la "sensibilità" dei suoi materiali e soprattutto dei suoi rivestimenti -quelli che nel gergo dei virtuosi della narrazione (o della tecnologia), diventano "pelli" o "membrane"-, parlare di superficialità significa fatalmente evocarne innanzitutto il significato figurato, piuttosto che la forma geometrica elementare.

[10may2004]



Nuovo Municipio di Fiumicino (Roma), 1997.
Tuttavia è proprio la geometria il luogo in cui l'architettura di Anselmi smette di essere ciò che pure appare -leggera, emozionale, ludica, al limite effimera- ed inizia a manifestarsi in tutta la sua superficiale profondità.
Già Schelling d'altronde riteneva l'architettura, al pari della plastica, una sorta di "musica irrigidita", eternamente modificabile per suo stesso statuto. Pieghe, impronte, flessioni, piuttosto che immutabili idee platoniche ne avrebbero determinato le forme sempre soggette a continuo mutamento, tanto che il filosofo idealista era solito avvicinare l'architettura alla sartoria e chiedersi perché i sarti non fossero considerati al pari degli architetti. Nell'epoca dell'architettura "di moda", Anselmi non si definisce certo un architetto-stilista, quello, per capirsi, che "non disegna più" ma "evoca, gesticola, comanda, racconta, si racconta, si presenta, trapassa da persona a personaggio, e in questo realizza il suo progetto".

Contrariamente all'attitudine da regista, tipica di molte star internazionali, ad Anselmi calza, semmai, la figura dell'architetto-sarto, attrezzato con gli strumenti della disciplina, che modella elementi geometrici bidimensionali a partire dai luoghi, trasformando, come nel recente progetto per Fiumicino, la concreta materialità del piano catastale in una sequenza di superfici che trasfigurano il piano di campagna in una inedita piazza (sub)urbana.


Nuovo Municipio di Fiumicino (Roma), 1997.

Nuovo cimitero comunale di Parabita (Lecce) con P. Chiatante, 1967.
Le architetture di Anselmi sono dunque sempre "muri che si arrotolano, si contorcono, si intersecano", le superfici -curve, sghembe o complesse- insieme ai piani sono gli elementi che dominano la composizione. Il vuoto tra di essi è quindi il tema principale di una architettura di fatto anti-oggettuale (la predilezione per le forme zoomorfe non tragga in inganno). Una architettura bilanciata, leggera e aperta come una scultura di Calder, che rifiuta l'unità e proclama l'apertura geometrica e la costruzione dello spazio per sequenze di immagini architettoniche. È con il municipio di Rezé-les-Nantes che Anselmi declina in questo modo il tema della promenade architecturale. Qui la sequenza, modulata sul grande muro curvo che contiene le diverse funzioni, è immersa in quello che lui stesso definisce uno spazio "liquido", costruito "al negativo" per inquadrare la visuale privilegiata verso l'Unità di abitazione di le Corbusier che si staglia sulla collina retrostante.

Ma come è noto, l'origine della promenade architecturale -reinterpretata negli anni '20 da Le Corbusier alla luce dell'evoluzione delle tecniche fotografiche e cinematografiche- è legata all'architettura del paesaggio, nella quale l'osservatore è stimolato dal variare dell'ambiente naturale lungo il percorso. Per Claude-Henri Watelet -che nel 1774 scrive il celebre Essai sur les jardins e negli stessi anni realizza il primo giardino pittoresco in Francia- il godimento del paesaggio risiede tutto nel continuo variare dell'esperienza sensoriale durante il movimento, trascurando la comprensione delle geometrie ideali o comunque delle relazioni formali interne allo schema concettuale dell'architettura del giardino. Dalle avanguardie del Novecento in poi, l'architetto (e in generale l'osservatore) si muove nel paesaggio contemporaneo, ampliando il potenziale informativo della camera obscura, ma soprattutto introducendo, attraverso il movimento, un inedito carattere narrativo che sposta l'ambito di fruizione reale dell'architettura dalla dimensione dello spazio a quella del tempo.

Attraverso il movimento il punto di vista dell'osservatore (e dell'architetto) si moltiplica generando una sequenza pressoché infinita di immagini. Le leggi che governano lo spazio prospettico e la sua rappresentazione -il disegno unitario e concluso (metà planimetria, metà prospetto) che teneva insieme tutti gli elementi del progetto di Parabita - lasciano il posto da una parte agli schizzi, attraverso i quali Anselmi accompagna e modifica personalmente il progetto durante tutto il suo farsi, dall'altra all'uso del computer che duplica, anticipa e verifica l'architettura senza però mai fissarne i tratti una volta per tutte.


Nuova Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna, Concorso a inviti con P.P. Balbo, B. e S. De Cola, 2001.

Nuovo Hotel de Ville di Rezé-les-Nantes (Francia), 1986 (Concorso a inviti).

Piano, superficie, e quindi paesaggio costituiscono dunque una sequenza lineare, che Anselmi aggiorna continuamente in un percorso che risale indietro sino al cimitero di Parabita, con il momento di massima tensione iconica rappresentato dalle due "volute" ioniche (la cui spirale torna oggi nell'allestimento della mostra relativo alle sezioni Recinto e Frammenti e Lo Spazio prospettico). Che porta in Francia dove la maturità dell'architetto viene raggiunta -e non deve meravigliare perché la Francia non è solo patria putativa per le nozioni di paesaggio e di promenade architecturale, ma anche di quella sublime superficialità che ha in Baudelaire il suo massimo cantore -con il bellissimo progetto per il teatro di Chambery-le-Haut, e la piazza di Sotteville-les-Rouen con la copertura "spinata" del terminal della metropolitana.


Edificio polifunzionale presso la Stazione di S. Pietro, Roma, Progetto, 2002.

E che riconquisti infine i luoghi romani, in cui l'eternità dell'icona -ci dice Anselmi- si fonde con la traccia del sito "sino a diventare essa stessa, unità tra segno e memoria, forma simbolica dell'architettura". È il caso del progetto per l'edificio per abitazioni del quartiere Testaccio, della sistemazione purtroppo non realizzata del piazzale antistante la Basilica di San Giovanni, poi, finalmente, l'edificio di Fiumicino, e ora del travagliato progetto per la Stazione S. Pietro, in elaborazione da diversi anni, del quale auspichiamo una felice conclusione.

Gabriele Mastrigli
gabriele.mastrigli@iol.it

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